Intervista al cardinale Dionigi Tettamanzi

Solidarietà, sobrietà, giustizia
I tre doveri in tempo di crisi


di Alberto Manzoni

O il futuro sarà abitato dalla solidarietà o per la comunità umana non ci sarà futuro. Ma la solidarietà non può crescere se non è accompagnata dalla giustizia, dalla sobrietà e dal rispetto della persona. In un'intervista a "L'Osservatore Romano", l'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, parla del suo ultimo libro - Non c'è futuro senza solidarietà. La crisi economica e l'aiuto della Chiesa - e dell'iniziativa che lo ha fatto nascere, ovvero il Fondo famiglia-lavoro, annunciato in Duomo a Natale, durante la messa di mezzanotte.
Gli occhi della fede - scrive il porporato - ci fanno individuare il vero fondamento della solidarietà, anzi il fondatore, Gesù Cristo, rivelatoci nella Parola di Dio, dove la solidarietà è un filo conduttore che attraversa i libri storici, sapienziali e profetici. Oggi la solidarietà deve essere applicata al mondo dell'economia e della finanza e investire l'ambito familiare e il rapporto con i migranti, all'insegna della responsabilità, della giustizia, della carità.

Eminenza, nel libro dedica un intero capitolo al tema della sobrietà. Com'è possibile proporre questo valore all'uomo di oggi, immerso in una mentalità consumistica?

Giustizia, solidarietà e sobrietà formano una terna inscindibile. Benedetto XVI, nella sua omelia del 31 dicembre 2008, ha lanciato un appello:  la crisi "chiede a tutti più sobrietà e solidarietà per venire in aiuto specialmente delle persone e delle famiglie in più serie difficoltà". La sobrietà è virtù che nasce e cresce attraverso un sapiente e coraggioso discernimento, che la mantiene intimamente collegata con la sua finalità:  essere via privilegiata che conduce alla solidarietà, alla condivisione vera e concreta di tutto ciò che è necessario per vivere secondo la dignità umana, che è di tutti, senza alcuna discriminazione. È una sfida, quella che il Papa lancia, per cambiare in modo radicale una cultura degli stili di vita costruiti sul consumismo. La sobrietà è virtù non apprezzata, forse perché spesso fraintesa o applicata solo alla sfera economica. Sobrietà è confusa con un vissuto che sa di risparmio minuzioso, di astensione dai consumi.  Ma  la  sobrietà  autentica è tutt'altro, è uno stile di vita complessivo:  sobrietà nelle parole, nell'esibizione di sé, nell'esercizio del potere, nel vissuto quotidiano. La sobrietà intende guarire il nostro comportamento quotidiano dagli eccessi, riconducendolo alla "giusta misura".

Quindi c'è un rapporto molto stretto tra sobrietà e solidarietà?

Non si può essere solidali senza essere sobri:  altrimenti, si condividerebbe solo ciò che eccede alle personali necessità. Occorre dare ben più del superfluo, secondo l'esempio della "vedova povera" del capitolo 21 del Vangelo di Luca, che ha saputo condividere tutto. Solo da queste premesse è possibile intendere correttamente anche la solidarietà, che non è da confondere con un atteggiamento volontaristico o con la filantropia. La solidarietà trova la sua origine nell'essere tutti legati "in solido" dallo stesso legame che ci unisce nell'unico genere umano. E ne abbiamo una riprova dal fatto che la solidarietà è uno dei valori sui quali si fonda la Costituzione della Repubblica italiana, che all'articolo 2 la considera un "dovere inderogabile". Vivere la solidarietà  è  anzitutto e fondamentalmente un dovere di giustizia - ecco la terza parola - prima ancora che segno di virtù.

Come giudica, a oggi, l'andamento del fondo diocesano?

La raccolta diocesana ha superato i quattro milioni e mezzo di euro. Al milione di euro stanziato inizialmente e proveniente in parte dalla quota dell'otto per mille da destinare alle opere di carità, da offerte che mi erano già pervenute, si è aggiunto un milione di euro donato dalla Fondazione Cariplo. Da singole contribuzioni personali e dalle iniziative delle parrocchie sono giunti - al 15 giugno - altri due milioni e mezzo di euro. Una somma non da poco. Ma la diocesi è grande, la crisi è forte, i bisogni che si prospettano enormi. Mille famiglie ricevono già un sussidio grazie a questo fondo.

Al di là della congiuntura economica attuale, quale eredità di valori e di impegno potrebbe essere lasciata nei prossimi anni?

I soldi non sono l'unica e nemmeno la più grande parola che dobbiamo e possiamo portare. Le comunità cristiane, con la loro rete discreta, capillare e efficace possono intercettare e aiutare ben altri bisogni:  le solitudini, le angosce, i timori che questa crisi sta generando. La parola del Vangelo e la sua testimonianza viva sono una presenza di speranza che vale più di un sussidio economico. Potremo uscire da questa crisi purificati negli stili di vita se impareremo l'autentica virtù della sobrietà, e rafforzati se sapremo rinnovare il legame della solidarietà.



(©L'Osservatore Romano 25 giugno 2009)
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