Intervista a don Aldo Armellin

Il Papa e la popolazione valdostana


di Mario Ponzi

Messaggi fatti recapitare a mano con la complicità di chi ha la fortuna di potersi accostare alla sua residenza, a Les Combes; ninnoli e altri oggetti dell'artigianato locale inviati come gesto d'omaggio all'illustre ospite; dolcetti e torte tipiche fatte in casa per esprimere l'atmosfera di familiarità con la quale viene vissuta la sua vicinanza. Così, sino a oggi, i valdostani hanno testimoniato, da lontano, il loro affetto rispettoso a Benedetto XVI. Ora si preparano a stringersi intorno a lui anche in modo più concreto quando, venerdì 24, scenderà in città per la preghiera dei vespri. Per la verità occasioni d'incontro per alcuni di loro ci sono già state. L'ultima, in ordine di tempo, quella che si è presentata mercoledì pomeriggio a un gruppetto di bambini di una frazione di Introd.
Sul come i valdostani vivono questa esperienza, ormai ultradecennale, della presenza del Papa tra loro, abbiamo parlato con don Aldo Armellin, il sacerdote incaricato dalla diocesi di tenere i contatti con la residenza di Les Combes.

Come è vissuta dalle comunità valdostane la presenza del Papa in queste giornate?

Direi che la vivono come un momento di grazia. È la tredicesima volta che un Papa viene in vacanza in Valle d'Aosta. Iniziò a farlo Giovanni Paolo II, che era innamorato delle nostre montagne. Per Benedetto XVI si tratta della terza volta. Il rinnovarsi di questa, che vorremmo ormai poter definire una bella consuetudine, potrebbe forse apparire come un momento abituale. Ma la presenza del Pontefice in questi luoghi rimane, per tutti noi, sempre un evento capace di infondere nuove emozioni.

Alla vigilia dell'arrivo del Papa la parola d'ordine era "garantirgli riservatezza e riposo assoluto". Invece sembra che le occasioni di poter incrociare il Papa si ripetano con una certa frequenza, anche se in qualche caso, del tutto imprevista e certamente fortuita. Come ci si sta preparando invece all'incontro fissato per venerdì sera in cattedrale?

Per la verità gli incontri programmati, o almeno i grandi appuntamenti, sono due. Il primo appunto è per la celebrazione dei vespri in cattedrale. Il vescovo aveva chiesto al Papa un incontro per i sacerdoti, i religiosi e le religiose. Benedetto XVI invece ha voluto che l'invito fosse esteso a tutta la comunità ecclesiale e ai valdostani. Dunque sono attese circa quattrocento persone, per la maggior parte laici. Ma siamo certi che saranno molti di più quelli che si sistemeranno nella Piazza antistante la cattedrale per ricevere il saluto del Papa al termine della liturgia dei vespri, e tanti ancora saranno a far da corona lungo le strade che percorrerà il corteo. Il secondo appuntamento è fissato per le dodici di domenica 26 luglio per la preghiera dell'Angelus, dove pensiamo si registrerà la maggior parte delle presenze. Ci saranno naturalmente soprattutto i valdostani; ma certamente si aggiungeranno i tanti turisti in vacanza in queste zone.
Per i gruppi organizzati c'è la consapevolezza che si tratta di momenti di preghiera, di occasioni per ascoltare la parola del Papa, mai scontata e sempre densa di significati per quanto riguarda la fede e la vita cristiana. Dunque da parte loro c'è molta attesa.

Lei, che fa un po' da trait d'union tra la residenza del Papa e la comunità valdostana, che idea si è fatto di questa convivenza, sino ad oggi, sperimentata a distanza?

La convivenza è sempre stata rispettosa delle esigenze del Santo Padre. Il Papa viene per un periodo di vacanza e la comunità aostana lo accompagna nella preghiera, rispettando il suo riposo e accogliendo le eventuali possibilità di incontro come un dono. E come si vede i doni del Papa non mancano mai. Anzi sono sempre più ricchi di quanto ci si possa aspettare. E sono in tanti a poterlo testimoniare anche in questi giorni.

Le hanno affidato qualche messaggio particolare per il Papa, qualche dono, qualche pensier0 da riferirgli in questi giorni?

In effetti sono in tanti quelli che cercano di accostarsi al Papa anche soltanto attraverso un messaggio, o che cercano di manifestargli gratitudine inviandogli un dono simbolico, o quanti intendono dimostrare concretamente l'affetto e la familiarità con i quali lo accolgono facendogli arrivare un dolce tipico, fatto da loro stessi. In genere i messaggi che gli vengono recapitati provengono da persone ammalate, sofferenti o in difficoltà. E sono in tanti. Per questo il Papa ha deciso di incontrare alcuni di loro venerdì sera, dopo i vespri, passando per Introd.

Tra la gente si nota più curiosità, più devozione o più indifferenza?

Non è facile discernere i sentimenti delle persone. Sicuramente c'è una grande devozione per il successore di Pietro. Ma non si può escludere una certa curiosità data l'eccezionalità della presenza del Papa. Non capita tutti i giorni di poter cogliere una simile occasione.

La religiosità delle popolazioni valdostane, secondo lei, deriva da una tradizione popolare o piuttosto da una fede convinta, vissuta?

Quella della nostra gente è una religiosità convinta, che si esprime anche in manifestazioni di fede popolare. Questo non toglie che anche noi siamo toccati dalla secolarizzazione e che tante certezze religiose del passato siano messe in discussione. Credo che sia una grande sfida per la Chiesa valdostana, come per quella universale, fare incontrare la bellezza della vita cristiana e dell'annuncio evangelico con i ritmi della vita del nostro tempo che presenta tante opportunità.

Lei definirebbe, quella della Chiesa di Aosta, una comunità giovane per la sua vivacità, adulta per la maturità raggiunta, o antica per la pigrizia della consuetudine?

Non sono facili da definire le caratteristiche della comunità valdostana. In alcuni settori presenta indubbiamente elementi di vivacità. Penso per esempio agli oratori, ai volontari della Caritas, ai catechisti eccetera. Ci sono anche tracce di vita cristiana vissuta come consuetudine, routine, ma credo che sia la realtà di ogni altra diocesi del mondo.



(©L'Osservatore Romano 24 luglio 2009)
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