A colloquio con monsignor Aparecido Tosi Marques, presidente della Conferenza episcopale Nordeste1 del Brasile

Dalla Chiesa una parola chiara
sul rispetto della dignità umana


di Nicola Gori

Una Chiesa povera, in un territorio difficile, dove le diseguaglianze sociali condizionano la vita pubblica e privata. Una Chiesa che deve affrontare molti problemi e urgenze, primi fra tutti la miseria e la tutela della dignità della vita. Ma anche una comunità dalle grandi speranze, alimentate dalla fede di un popolo profondamente cattolico e aperto al trascendente. È questa la realtà religiosa e sociale della regione ecclesiale Nordeste 1 del Brasile che emerge in questa intervista rilasciata al nostro giornale dall'arcivescovo di Fortaleza, monsignor José Antônio Aparecido Tosi Marques, presidente  della Conferenza episcopale regionale.

Quali sono le caratteristiche della Chiesa del Nordeste1?

In questa regione la Chiesa è molto viva grazie alle sue comunità, alle parrocchie e alle realtà missionarie, ma anche per merito della pluralità delle iniziative di movimenti e nuove comunità ecclesiali coinvolte in un'intensa azione evangelizzatrice. È una Chiesa tradizionalmente molto cattolica:  quello di Ceará è considerato il secondo Stato più cattolico del Brasile, con circa l'85 per cento della popolazione che si dichiara ufficialmente credente. Le nostre diocesi si trovano interamente in questo Stato, caratterizzato in gran parte dal territorio semi-arido del nordest del Brasile. Già da molti anni, la Chiesa è impegnata nella ricerca di progetti di convivenza con questo territorio, coinvolgendo, oltre alle forze ecclesiali, altri organismi, in reciproca collaborazione con enti di Governo e della società civile. Fortunatamente, abbiamo avuto la gioia di vedere i risultati di alcuni di questi sforzi.

Quali sono le sfide più urgenti che la Chiesa si trova ad affrontare?

La Chiesa nel Ceará deve affrontare sfide quali la disuguaglianza sociale, con gli squilibri che genera, e la necessità di una evangelizzazione più profonda - al di là dell'aspetto devozionale molto presente - affinché la vita cristiana sia testimonianza dei veri valori del Vangelo nelle diverse dimensioni personali e sociali, così da suscitare una presenza incisiva nella società. Attualmente, la principale preoccupazione della Chiesa del Nordeste 1, con le sue nove diocesi, è proprio l'evangelizzazione. Questo comporta la formazione di discepoli missionari che nell'incontro con Cristo, nella sua sequela, nell'impegno evangelico verso i più poveri, costruiscano una società più solidale e fraterna, perché in Cristo tutti abbiano vita in abbondanza.

Il problema della tutela della dignità dei minori e degli abusi nei loro riguardi interpella la comunità cristiana. Quali risposte si danno a questa drammatica emergenza?

La Chiesa si è sempre impegnata nella difesa e nella tutela dei diritti umani. Per quanto riguarda i più piccoli, abbiamo anzitutto diversi ambiti della pastorale a loro dedicati:  oltre alla catechesi sacramentale e all'impulso dato alla realtà dell'Infanzia missionaria, lavoriamo per la pastorale dei fanciulli, dei minori, del popolo della strada e per quella carceraria, rivolta ai minori detenuti. Interpellata dall'appello per la tutela della dignità dei bambini e degli adolescenti contro gli abusi di cui sono vittime, la Chiesa ha avviato molte opere educative per l'accoglienza dei minori in situazioni a rischio, come i bambini e le bambine di strada e i giovani tossicodipendenti. Inoltre, in collaborazione con diverse istituzioni sociali, sta lavorando per affrontare le situazioni più gravi, come le aggressioni dirette contro i minori o il loro sfruttamento sessuale. Sta inoltre svolgendo un'esplicita azione chiarificatrice ed evangelizzatrice rispetto alla dignità umana attraverso l'azione delle Caritas, dei centri di difesa e di promozione dei diritti umani e della commissione brasiliana Iustitia et Pax.

Dinanzi alle ingiustizie sociali, alla povertà e alla corruzione, la Chiesa ha la possibilità di far sentire la sua voce?

La nostra Chiesa ha una lunga tradizione nel campo della lotta a favore della giustizia sociale, per il superamento delle situazioni di miseria sociale e di corruzione. Riguardo alla povertà, sono molte le opere locali di assistenza per rispondere a situazioni di urgenza o croniche, in sintonia con l'azione della Conferenza episcopale brasiliana. Sono anche molte le istituzioni sociali sorte su iniziativa della Chiesa o da essa ispirate, che si dedicano alla promozione umana di diversi soggetti - bambini, adolescenti, giovani, famiglie di zone a rischio, anziani abbandonati, malati - e si impegnano nel campo della formazione professionale e per la creazione di posti di lavoro e di reddito. Sono presenti e operativi nelle diocesi i Centri di difesa e promozione dei diritti umani (Cdpdh) e la commissione brasiliana Iustitia et Pax, sezione Ceará (Cbjp/Ce). La loro azione più incisiva è stata nel campo della lotta all'illegalità, nella formazione della coscienza civile e nella presentazione a livello nazionale di progetti di legge d'iniziativa popolare per combattere la corruzione elettorale. Tutto questo con buoni risultati e grande speranza.

Lo spirito religioso che caratterizza la popolazione può divenire uno strumento utile per l'evangelizzazione?

La Chiesa nel Ceará ha già una lunga storia di evangelizzazione che ha segnato molto il suo popolo, soprattutto nello stile di vita tradizionale delle famiglie e nei ritmi delle celebrazioni dei santi patroni nelle comunità, anche le più distanti, nei pellegrinaggi e nelle devozioni. I valori della fede sono profondamente radicati nel popolo del Ceará. Le sfide del nostro tempo, presenti nella cultura globalizzata, sono vive anche nella nostra società, persino in zone interne, un tempo molto protette. Esse sono essenzialmente:  il pluralismo delle offerte religiose, la perdita dei tratti distintivi dei valori familiari, le molteplici forme di indigenza vissute da un gran numero di cittadini, il disorientamento, i nuovi paradigmi di comportamento personale e sociale, le proposte consumistiche, l'aggressione alla vita, la corruzione.

Le diverse forme di pietà popolare contribuiscono ad avvicinare i credenti all'autentica fede?

Non vi è dubbio che il terreno della pietà popolare è molto adatto a una nuova evangelizzazione, che si rivela necessaria proprio per approfondire l'esperienza cristiana, l'adesione a Gesù e alla sua Chiesa, l'esperienza di una vita coerente con il Vangelo. Da questo nuovo atteggiamento di discepoli ci si aspetta un impegno missionario in grado di trasformare le realtà umane con il fermento del Vangelo. A tal fine le manifestazioni religiose già esistenti costituiscono un'opportunità in  quanto,  accolte  e  illuminate  ancora  di  più dall'autenticità del Vangelo, possono portare a superare la dicotomia,  a volte esistente, fra fede e vita.

Quali  risultati  ha  avuto questa opera di  richiamo  all'autentico  spirito  evangelico?

Sono molte le attività evangelizzatrici che hanno seguito questo cammino, a partire dalle nuove forme di missione e dai nuovi mezzi ed espressioni, sia su iniziativa della Chiesa gerarchica sia grazie ai nuovi carismi e movimenti ecclesiali. C'è però ancora molto da fare. Sarà sempre a partire da una maggiore autenticità della Chiesa stessa che  l'evangelizzazione  diverrà  credibile.

Il turismo offre possibilità di sviluppo e di crescita, ma comporta anche alcuni rischi in termini di sfruttamento e corruzione. Esiste una pastorale specifica in questo campo?

Questo è un campo pastorale nuovo per noi. La realtà del turismo e della mobilità umana ci esorta a creare nuove forme di accoglienza e nuove azioni pastorali. È in tal senso che ci stiamo muovendo. La pastorale del migrante e la pastorale del turismo si stanno a poco a poco rafforzando e stanno trovando la propria strada per rispondere alle sfide che lo sviluppo e la crescita generati dalle nuove situazioni stanno presentando. Già si percepisce comunque che questi nuovi incontri umani sono anche opportunità per una testimonianza accogliente e fraterna, in grado di aprire spazi per la trasmissione della fede e per la vita stessa della Chiesa.



(©L'Osservatore Romano 23 settembre 2009)
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