Intervista al cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, presidente delegato dell'assemblea sinodale

In ombra nei media
la vera immagine dell'Africa


di Nicola Gori

Africa e Aids. Africa e guerre. Africa e genocidi. Africa e fame. Africa e corruzione dei governanti. È solo questa la realtà del continente? È solo questa l'immagine che ne hanno data i padri sinodali? Se ne è lamentato pubblicamente il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, parlando con i giornalisti nel corso della conferenza stampa settimanale, il 14 ottobre scorso. "L'Africa - ha detto - è molto di più. Custodisce valori e capacità tali da poter offrire, anche al resto del mondo, il contributo di questa sua ricchezza spirituale". Solo che per i mass media, è la sua denuncia, esiste solo il male dell'Africa. Le cose buone non fanno notizia.

Africa tradita dai media dunque?

Il discorso è molto più complesso di quanto appare a prima vista. Innanzitutto bisogna fare una precisazione:  io non ho assolutamente generalizzato. Ho parlato solo di alcuni mezzi di comunicazione sociale che riportano soltanto aspetti negativi. Anche quando parlano della Chiesa ne parlano con toni negativi. Mi riferisco soprattutto a quando si parla dell'Hiv e dell'Aids. Penso in particolare a quei media che attribuiscono alle indicazioni della Chiesa contrarie all'uso dei preservativi il mancato successo della lotta contro l'Aids. Non riconoscono l'impegno della Chiesa nell'opera di prevenzione e nell'assistenza a chi soffre. La Chiesa vuole intervenire nella lotta contro l'Aids e lo sta facendo portando avanti direttamente delle attività che possono ricondursi a quattro. La prima è promuovere la conoscenza dell'Hiv, fornendo informazioni accurate sul modo in cui si contrae il virus e su come evitarlo. La seconda è l'assistenza vera e propria ai malati attraverso cure domiciliari e la formazione di persone che possano aiutare all'interno della famiglia coloro che hanno contratto il virus dell'Hiv. La terza è l'assistenza attraverso programmi specifici. La quarta è l'assistenza agli orfani e ai bambini.
Oltre a queste quattro attività, ve ne è una quinta, ovvero quella di prevenzione. Ci stiamo concentrando nell'esortare i giovani a rispettare se stessi e gli altri, ad astenersi dal sesso se non sono sposati e se sono sposati a essere fedeli al loro coniuge.

Però nel corso dei dibattiti al Sinodo i padri hanno dato un'immagine negativa dell'Africa. I giornali si sono limitati a registrare quanto detto.

Il fatto è che stiamo cercando di descrivere la realtà africana e, purtroppo, va riconosciuto che in molte parti del continente ci sono problemi gravi. Basti dare uno sguardo:  il Congo orientale è un'area disastrata così come il Darfur e il Sudan meridionale, lo stesso si può dire delle zone intorno all'Uganda settentrionale, del Sudan meridionale, della Repubblica Centrafricana in cui è attivo il Law resistence army. È un disastro per chi ci vive. Dobbiamo sensibilizzare la comunità internazionale riguardo alle aree in cui vi sono delle crisi in atto e vi è bisogno di intervento. E questo è innegabile. Esistono, però, anche delle realtà positive:  in Rwanda, il cammino verso la completa riconciliazione sociale procede spedito. Una delle suore uditrici ha raccontato di aver incontrato la persona che aveva ucciso i suoi genitori e il resto della sua famiglia e di essersi riconciliata con lui. Si sono così liberati del peso di quell'esperienza. In molti Paesi procede anche il cammino della democrazia. Adesso è possibile svolgere le elezioni libere, dove un tempo vi erano dittature che lo impedivano.
Ecco quali sono le immagini positive di quanto sta accadendo in Africa. Ci sarebbe poi da parlare della creazione di commissioni di riconciliazione e verità in molte regioni, per risolvere il problema dei conflitti e delle violenze tribali. Il Burundi sta per istituire una commissione di riconciliazione e verità. Lo Stato della Sierra Leone ha già avviato il processo e non è il solo. Molte Conferenze episcopali che nel 1994 non possedevano commissioni di giustizia e pace per far riconoscere i diritti ai cittadini, ultimamente le hanno istituite. Sarebbe bene che i giornalisti ci aiutassero a far conoscere cosa stanno facendo i vescovi veramente. Se ne ricaverebbe un'immagine migliore dell'Africa. Anche nel mio Paese, il Sud Africa, le cose ora vanno molto meglio di qualche tempo fa. Ma a volte non interessa più il nostro cammino che ci ha portato alla democrazia.

Considera esportabile in altri Paesi africani il processo di democratizzazione del Sud Africa?

Dipende dalle situazioni. Nel nostro caso si è verificata una convergenza di circostanze. L'unica cosa certa è che Dio aveva un disegno speciale per noi e crediamo che l'abbia attuato. Per almeno 13 o 14 anni tutta l'Africa meridionale ha pregato per un cambiamento pacifico nel nostro Paese. Semmai c'è da chiedersi perché è accaduto solo da noi? Forse abbiamo potuto contare sulla persona giusta al momento giusto. Mi riferisco a Nelson Mandela. Persino dal carcere in cui era stato relegato è riuscito a stimolare il Governo al cambiamento. Fortunatamente i governanti lo hanno ascoltato. Non a caso, mentre era ancora in prigione, aveva già avviato negoziati, proseguiti quando poi è stato liberato, insieme con gli altri leader del movimento. Le migliori menti del Paese si sono riunite nella Convention for a democratic South Africa (Codessa). Tra i protagonisti c'erano Nelson Mandela e Frederik Willem de Klerk. Entrambi avevano alle spalle validi collaboratori che li aiutarono nel processo di negoziazione. Ma chi ne parla?

Cosa vorrebbe dire a chi gestisce i mass media?

Dovremmo chiedere ai mezzi di comunicazione sociale di annunciare buone notizie. Ecco un esempio:  l'altro giorno qualcuno mi ha chiesto:  "Quali sono le notizie positive del Sinodo?". Ho risposto che più di 200 vescovi sono riuniti per discutere del continente e per esaminare l'attività della Chiesa. La buona notizia era la crescita e l'approfondimento della fede. Il giornalista mi ha fissato e ha chiesto:  "Sì, d'accordo, ma qual è la buona notizia sull'Africa che arriva da questo Sinodo?".
Penso, quindi, che abbiamo bisogno di giornalisti che ascoltino, osservino e, a volte, leggano anche fra le righe, quello che viene detto veramente. A volte, quando diciamo che stanno accadendo cose brutte, pensiamo che in altri luoghi vi sono aspetti positivi.

Pensa sia stato sufficiente lo spazio che hanno dato al Sinodo i mass media in generale e quelli africani in particolare?

Assolutamente no. È stato molto poco. In Sud Africa solo un giornale, peraltro quello cattolico, si è occupato del Sinodo. In altre parti dell'Africa se ne parla solo se ci sono stazioni radiofoniche cattoliche. Prendiamo l'esempio del Sud Africa:  abbiamo un'emittente radiofonica, Radio Veritas, gestita da un padre domenicano:  è l'unica che sta seguendo il Sinodo con molta attenzione. Per quanto riguarda il resto della stampa non credo stia facendo molto. Le cose spirituali, le cose religiose non vengono riportate, a meno che non si tratti di questioni controverse. Allora si che le pubblicano!



(©L'Osservatore Romano 23 ottobre 2009)
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