Una prima bozza sottoposta all'assemblea plenaria del Pontificio Consiglio

Pronto un nuovo documento pastorale
sulle comunicazioni sociali


Un nuovo documento pastorale che, a distanza di quasi vent'anni dalla Aetatis novae, aggiorni gli indirizzi pastorali di una comunicazione che, nel frattempo, ha cambiato non solo passo, ma - in qualche caso - anche natura sarà esaminato in questi giorni dai partecipanti all'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, riunita a Roma da lunedì mattina 26 ottobre. Tra l'altro per l'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente, è la prima plenaria che si svolge sotto la sua presidenza. Di questa sua nuova esperienza ne parla in questa intervista al nostro giornale.
"Sì, dopo circa tre anni di permanenza al dicastero - conferma l'arcivescovo - mi trovo ad affrontare la mia prima plenaria. È un impegno che, anche per questo motivo, avverto in maniera particolare. Sarà indubbiamente un passaggio importante, dal momento che si tratterà anche di una verifica di un nuovo corso che è nei fatti:  ai vertici del Pontificio Consiglio si è avuto un avvicendamento pressoché totale e questo fatto, unitamente ai rapidissimi mutamenti nel mondo della comunicazione, pone di fronte  a una realtà del tutto diversa e, quindi, a prospettive del tutto inedite".

Sarà quindi anche l'occasione di un primo bilancio?

In parte sì, poiché ai membri e ai consultori che prenderanno parte all'assemblea verrà offerto il quadro di un lavoro già avviato. Le linee di impostazione sulle quali il dicastero ha cercato di muoversi in questi ultimi tempi sono abbastanza chiare e, direi, ben definite. Ma il nostro sguardo è ora più che mai, proiettato in avanti. Le frontiere della comunicazione - semmai esistono - sono sempre aperte e a noi tocca percorrerle senza tentennamenti ma avendo sempre ben presenti i veri obiettivi.

Vale a dire?

Siamo appassionati della comunicazione ma in un modo tutto speciale:  in senso interessato, oserei dire, poiché da essa si può puntare direttamente all'uomo, alla sfera delle sue conoscenze, ai suoi modi di vita, alla sua cultura. Il tempo che viviamo, largamente modellato dallo sviluppo di nuove tecnologie, è andato ben oltre il limite di semplici relazioni, dal momento che la comunicazione ha fatto irruzione non come elemento esterno, bensì come fatto costitutivo di una nuova realtà che ogni giorno si configura in modo diverso:  "comunica" in senso lato, trasformando - come un laboratorio sempre all'opera - fatti ed eventi in tendenze e comportamenti culturali. Parlare di "società della comunicazione", alla fine, non significa altro, pur se l'accento, generalmente, è messo piuttosto sull'incidenza dei mezzi. Anche a questo tipo di società a noi è dato il compito - per la natura ecclesiale del nostro impegno - di guardare dentro e oltre:  dentro, dove c'è l'uomo, figura centrale di tutti i processi di comunicazione; oltre nel momento in cui l'uomo realizza la sua vocazione a essere via della Chiesa.

E quale sarà il tema dei lavori?

Sappiamo bene che anche le idee migliori hanno bisogno di apporti concreti. E questo soprattutto nel campo della comunicazione che, non a caso, presenta un suo imponente schieramento di "mezzi". Siamo ben determinati a mettere sul tavolo, per un'ampia consultazione, le situazioni e i problemi reali che stanno davanti al nostro cammino; a cominciare da quelli del nostro dicastero. Partiamo, in questo senso, con un'innovazione:  la plenaria non avrà un tema specifico e stabilito e questo proprio perché ci è sembrato necessario prendere atto della realtà in atto e confrontarci a viso aperto con le nuove sfide. Una, in particolare, emerge sulle altre:  l'esigenza di un dialogo a tutto campo con quella che il Santo Padre, Benedetto XVI, ha definito la "cultura digitale". In questo campo siamo chiamati a un compito particolarmente impegnativo, poiché si tratta non solo di accogliere in senso positivo l'apporto delle nuove tecnologie, ma di conferire a questo nostro atteggiamento un valore pastorale. Se una corretta comunicazione deve porsi al servizio dell'uomo, solo la dimensione pastorale ha la capacità di porla al servizio dell'evangelizzazione. Anzi:  di quella "nuova evangelizzazione" della quale parla a più ripresa il Papa e che viene definita "nuova" proprio sotto l'influsso che i nuovi media esercitano nei modi di vita, nel costume e nella cultura di una società in rapido e, direi, perenne cambiamento.

Quali sono state, allora, le tappe di avvicinamento a un tale appuntamento?

Abbiamo iniziato dal giorno in cui ho messo piede nel dicastero. Ho fatto come l'apprendista che si guarda in giro e la mia prima preoccupazione è stata quella di confrontarmi con le prospettive alte di un settore che, più di ogni altro, ha bisogno di un equilibrio tra la sua imponente fase operativa e il suo non meno importante livello teorico e di studio. Perciò i miei primi contatti sono stati con le istituzioni universitarie e particolarmente con i decani delle facoltà di comunicazione. È nata così l'idea di un congresso internazionale che ha visto riuniti, per la prima volta qui a Roma, i decani delle facoltà di comunicazione delle università cattoliche nel mondo. Proprio in questo incontro è emerso, tra l'altro, che in non poche università era assente o poco sottolineata la dimensione etica-antropologica nella formazione degli studenti. A questo primo congresso ne sono seguiti altri, a livello nazionale e a livello continentale. Una particolare attenzione è stata rivolta alle radio cattoliche e mi piace sottolineare un tale dato proprio alla conclusione del Sinodo sull'Africa. Posso aggiungere che non è mai mancata una nostra presenza in tutti quegli incontri, in ogni parte del mondo, dove l'attenzione alla comunicazione chiamava in causa l'impegno del nostro Pontificio Consiglio. Né posso evitare di rimarcare il particolare impegno che tutto il dicastero ha posto nell'accoglienza ai vescovi in visita ad limina. Si è trattato sempre di incontri di reale e documentato approfondimento sulle realtà nazionali delle comunicazioni. Quando si è avuta la possibilità siamo intervenuti anche in maniera concreta, aiutando - con borse di studio - la formazione di operatori presso le università pontificie. Il tema della formazione è, infatti, di primaria importanza.

Quali risultati, allora, attende dalla sua prima plenaria?

Un obiettivo, per noi particolarmente significativo, è già all'ordine del giorno:  la stesura di un nuovo documento pastorale che, a distanza di quasi vent'anni dalla Aetatis novae, aggiorni gli indirizzi pastorali di una comunicazione che, nel frattempo, ha cambiato non solo passo, ma - in qualche caso - anche natura. I membri e i consultori troveranno già una bozza di tale documento:  è il frutto dell'esperienza di questi anni di tutto il Pontificio Consiglio. Non bisogna dimenticare che, accanto a una più marcata linea di indirizzo, il dicastero ha settori operativi importanti, come, per esempio, gli audiovisivi, la gestione della mondovisione, la Riial e, particolarmente nell'anno del suo cinquantenario, la filmoteca vaticana.
Al Papa offriremo un dvd di pregevole fattura sulla storia di questa importante istituzione. E ancor più metteremo nelle sue mani tutto l'impegno di questi giorni che, indubbiamente, vivremo con particolare intensità.



(©L'Osservatore Romano 26-27 ottobre 2009)
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