Resi noti i risultati degli studi sul Dna di Tutankhamon

Claudicante e figlio di un eretico
ma signore dell'Egitto


Gli scienziati hanno stabilito che Amenothep IV (Akhenaten) era il padre del giovane faraone

di Alessia Amenta

Era gracile e menomato, morì a 19 anni per una cancrena ed era il figlio di Akhenaten, il faraone "eretico". Dopo due anni di studi e di indagini, Zahi Hawas, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità Egiziane, ha reso noto i primi importanti esiti relativi al "Family of Tutankhamun Project". Finora sono state indagate sedici mummie reali della XVIII dinastia, tra le quali rientra appunto Tutankhamon-"Tut". Sono divise in due gruppi:  il primo ne comprende undici, tra cui "Tut" e verosimilmente solo suoi parenti (1390-1324 prima dell'era cristiana), e il secondo conta cinque individui poco più antichi (1550-1458 prima dell'era cristiana). I risultati annunciati si riferiscono agli esiti della tomografia assiale computerizzata (Tac) e dell'estrazione di frammenti del dna umano e patogeno. Negli ultimi anni infatti gli studi molecolari hanno fatto passi da gigante nell'archeologia e sono utilizzati per comprendere sia le relazioni parentali attraverso lo studio del dna umano, sia per diagnosticare la presenza di patologie infettive, attraverso la detezione del dna patogeno.
Già nel gennaio 2005 Zahi Hawass aveva fatto eseguire la Tac sulla mummia di "Tut" per scoprirne definitivamente le cause del decesso:  l'8 marzo la comunicazione ufficiale della morte per cancrena fulminante, a seguito della frattura del femore sinistro procurata il giorno prima, escluse così definitivamente la morte per causa violenta che aleggiava da sempre sulla leggenda del faraone bambino. Nel maggio dello stesso anno fu presentata anche la ricostruzione del volto di Tut, elaborata dalle 1.700 scansioni ad alta risoluzione ricavate dalla Tac. Tut oggi riposa all'interno della sua tomba (Valle dei Re numero 62) in una nuova teca, che Hawass ha fatto realizzare a seguito di tali indagini, per mostrare al pubblico il suo vero volto.
Una mummia rappresenta di fatto una vera e propria biblioteca di informazioni, che le moderne tecnologie sono in grado di decifrare. Attraverso indagini non-distruttive e micro-distruttive possono essere approfonditi aspetti diversi legati all'esistenza di un individuo:  quale vita egli ha condotto ed eventualmente il tipo di società di appartenenza, l'età alla morte e la causa del decesso, patologie e malformazioni, qualità della dieta, legami parentali con altri individui, identificazione della razza, ricostruzione dei rituali funerari.
Il professor Albert Zink, direttore dell'Istituto per le Mummie e l'Iceman (Eurac, Bolzano), ha collaborato con Zahi Hawass al progetto di studio delle mummie reali e rappresenta un'autorità nel campo della bioarcheologia molecolare, disciplina che mira a rispondere a quesiti archeologici e medici attraverso l'analisi del dna antico.

Per focalizzare il punto sugli esiti di questo importante lavoro di équipe sulle mummie reali, non possiamo non cominciare da Tut. Era davvero un re-bambino? A che età è morto e perché?

Un fanciullo assai gracile, alto circa 165 centimetri, affetto da diverse patologie come la scoliosi, la sindrome di Koehler ii - necrosi asettica del secondo e terzo metatarsale del piede sinistro - un piede equino sinistro e di conseguenza un piede destro piatto. Era dunque menomato nel camminare e doveva certo fare uso di un bastone, come testimonierebbero i 130 (!) bastoni da passeggio ritrovati nella sua tomba, molti dei quali con evidente traccia di usura. Tut morì a circa 19 anni a seguito di una grave frattura al femore sinistro, forse per una caduta da cavallo o da un carro; una cancrena fulminante che andò ad aggiungersi a un quadro critico, essendo il re già affetto da malaria.

Si ha quindi la prova concreta che la popolazione dell'antico Egitto soffrisse di malaria, cui lo storico Erodoto sembrerebbe alludere?

È stato individuato il dna dell'agente causativo della malaria, il Plasmodium falciparum, nella mummia di Tut e in diverse mummie della sua famiglia. La più antica attestazione genetica di questa malattia, ben 3300-3400 anni fa!

E chi erano i genitori di Tut? Hanno anch'essi oggi un volto certo?

Senza ombra di dubbio Akhenaten è suo padre, e non un suo fratellastro come si ipotizzava in precedenza, e la "giovane donna" ritrovata nella tomba numero 35 nella Valle dei Re era sua madre. La "anziana donna", sempre da quella stessa tomba, era invece sua nonna. Grazie alle analisi è possibile infatti ricostruire con precisione l'albero genealogico di Tut per ben cinque generazioni!

È stata dunque finalmente identificata la mummia del faraone eretico?

Si tratta della misteriosa mummia ritrovata nella mitica "tomba 55" della Valle dei Re, scoperta nel 1907. Il corredo funerario rinvenuto accanto presentava in maggior quantità i cartigli del faraone Akhenaten e di sua madre Teye, ma anche di suo padre Amenhotep iii e di Tut. Le ipotesi di attribuzione sono state le più diverse, addirittura in un primo momento che fosse una donna, o piuttosto Smenkhara o Akhenaten. Ipotesi quest'ultima generalmente scartata per il  atto che la mummia sembrava appartenere a un individuo di circa 20-25 anni, troppo giovane quindi per essere Akhenaten - che regnò comunque diciassette anni. Le indagini di Zahi Hawass e il suo team hanno invece stabilito che la "mummia 55" è un uomo di 35-45 anni, il cui dna lo identifica come il padre di Tut. Si svela così uno dei misteri della Valle dei Re!

Si confermano deformazioni o particolari malformazioni sulla mummia di Akhenaten, come farebbe ipotizzare la sua iconografia?

Assolutamente no. Il suo aspetto androgino era stato a lungo dibattuto tra gli studiosi e ricondotto a una qualche forma di ginecomastia, vale a dire una disfunzione genetica che attribuisce a soggetti maschili alcuni caratteri specificatamente femminili, ipotizzando la sindrome di Froehlich, di Marfan, di Wilson-Turner, o di Klinefelter, solo per citarne alcune. O altrimenti si è vagheggiato di una qualche forma di craniosinostosi, quale la sindrome di Antley-Bixler. Ma, come ho detto, la mummia di Akhenaten, come quelle indagate di alcuni suoi stretti familiari, non presentano alcuna patologia di questo tipo. Le peculiarità artistiche del periodo di Amarna, che tanto affascinano studiosi e appassionati, sono frutto esclusivamente di un processo speculativo, che intendeva raffigurare i tratti maschili e quelli femminili nella stessa persona del sovrano in quanto simulacro del dio unico e demiurgo.

Professor Zink, per concludere, in che cosa consistono gli studi sul dna antico?

Si tratta di ricerche relativamente recenti, in quanto il primo sequenziamento avvenne nel 1984 su reperti di un antenato del cavallo. Con l'invenzione della reazione di polimerizzazione a catena (Pcr), che ha permesso l'amplificazione di frammenti di dna, è stato possibile potenziare questo tipo di ricerche, in particolar modo per quanto riguarda la determinazione del sesso, le relazioni parentali tra individui, e infine la presenza di organismi patogeni, come per esempio la tubercolosi, la malaria e la leishmaniosi. Per citare alcuni tra i casi più noti risolti attraverso lo studio del dna antico, si ricorda il caso dei resti della famiglia Romanov, identificati grazie a frammenti di dna estratti dai reperti ossei. Oltremodo importante aver ritrovato per esempio che già nell'antico Egitto esisteva un agente causativo della tubercolosi di tipo "moderno", che con ogni probabilità sostituì un ceppo più antico; risultati di enorme interesse biomedico, che, nel caso specifico del dna batterico, permettono di comprendere l'evoluzione delle malattie e quindi di ottenere dati concretamente utilizzabili nelle ricerche mediche.



(©L'Osservatore Romano 18 febbraio 2010)
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