A colloquio con il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici

La scommessa sui giovani
E così 25 anni fa nacquero le Gmg


di Gianluca Biccini

Avvenimenti ecclesiali, non festival pop o esibizioni trionfalistiche. È questo da venticinque anni, per il cardinale Stanislaw Rylko, lo spirito che anima le Giornate mondiali della gioventù (Gmg). "Al centro ci sono Cristo e la sua croce", non rockstar e valori effimeri:  dunque un messaggio di speranza che dura per sempre, spiega il porporato polacco, che è stato a capo della sezione giovani, poi segretario e infine presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. E da questa lunga esperienza ha maturato un fermo convincimento:  "Le Gmg non si possono ridurre ai soli momenti di festa. L'evento internazionale a cadenza fissa, costituisce lo stimolo, il momento della semina. Ma poi bisogna coltivare a livello locale quanto seminato".

Venticinque anni fa per iniziativa di Giovanni Paolo II nasceva la Gmg. Cosa faceva all'epoca il futuro cardinale Rylko?

Ero vicerettore del seminario di Cracovia e docente di teologia pastorale all'Accademia Teologica dell'arcidiocesi. Lavoravo con i giovani seminaristi. E seguivo perciò con attenzione le problematiche del mondo giovanile.

Come accolse da sacerdote appena quarantenne questa idea così innovativa?

Non ignoravo quanto i giovani e la pastorale giovanile stessero a cuore al nostro arcivescovo, il cardinale Karol Wojtyla. Egli aveva il dono di saper stare con i giovani, di riuscire a comunicare con loro. Perciò non mi sorpresi quando, divenuto Papa, puntò tutto sui giovani. Le parole che rivolse loro quel 22 ottobre 1978, all'inizio del pontificato:  "Voi siete la speranza della Chiesa. Voi siete la mia speranza" non erano davvero retoriche, racchiudevano bensì un preciso programma pastorale. Ed è da esso che scaturì la sua profetica decisione d'istituire nella Chiesa le Gmg. Giovanni Paolo II considerava i giovani alleati fondamentali per l'evangelizzazione del mondo. Si fidava di loro, credeva nel peso del loro contributo.

E le Gmg furono l'espressione concreta di questa fiducia...

E furono il frutto di tre grandi scommesse vinte da Giovanni Paolo II. La prima:  in un'epoca in cui si guardava ai giovani con scetticismo, lui li cercò e diede loro credito. La seconda:  in un tempo in cui i grandi raduni venivano visti con sospetto, come espressione di trionfalismo nella Chiesa, il Papa "venuto da lontano" li scelse coraggiosamente come canale di evangelizzazione, che si è rivelato di straordinaria efficacia. Per Papa Wojtyla le schiere di giovani radunati per le Gmg non erano una massa informe, ma un popolo; ognuno di essi doveva sentirsi personalmente guardato e interpellato. La Gmg divenne così per i giovani un'esperienza della Chiesa universale e giovane, piena della gioia della fede e capace di arginare la solitudine di tanti di loro. E, infine, la terza:  radicare le Gmg ai piedi della Croce, quella dell'Anno Santo del 1984, che egli affidò ai giovani con la consegna di portarla nel mondo, annunciando che solo in Cristo c'è salvezza e redenzione.

Che contributo ha dato Benedetto XVI alle Gmg?

A Colonia, nel 2005, partecipando alla sua prima Gmg da Pontefice, Papa Ratzinger ha conquistato i giovani con il suo sorriso, con il suo amore di padre, con le sue parole profonde ed esigenti:  perché cambia la persona del Papa, ma non il cuore del successore di Pietro, chiamato a edificare la Chiesa di oggi e di domani.

Un successo confermato a Sydney nel 2008 nonostante l'enorme distanza dalla vecchia Europa cristiana?

Anche in Australia la presenza e l'insegnamento di Benedetto XVI sono stati determinanti. In primo luogo, per il suo autorevole richiamo a che le Gmg non perdano di vista la loro finalità ultima:  aiutare i giovani a incontrare Cristo e a scoprire la bellezza di essere cristiani e di essere Chiesa, cioè "una compagnia di amici". E ancora, per l'accento posto sulla ragionevolezza della nostra fede, sulla necessità di quel dialogo tra fede e ragione che così importante è per i giovani di oggi. Lo vediamo da tante piccole cose:  le nuove generazioni hanno bisogno di trovare ragioni, risposte vere agli interrogativi suscitati da un mondo segnato da superficialità e confusione, per arrivare alle radici dell'essere umano con le sue aspirazioni più profonde. Infine, Benedetto XVI ha confermato che le Gmg non si possono ridurre ai soli momenti di festa. La preparazione di questi grandi raduni e il seguito da darvi nella pastorale ordinaria hanno infatti un'importanza capitale. La festa, l'evento internazionale a cadenza fissa, costituisce lo stimolo, il momento della semina. Basti pensare alla primavera vocazionale sbocciata in Australia dopo le giornate di Sydney. Ma poi bisogna coltivare quotidianamente nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle associazioni quanto seminato. Il Pontefice lo ha spiegato bene quando ha detto che le Gmg non sono espressione della cultura pop, "una variante della moderna cultura giovanile, come una specie di festival rock modificato in senso ecclesiale con il Papa quale star", ma sempre avvenimenti ecclesiali.

Ritiene che lo schema collaudato dei raduni internazionali necessiti di qualche aggiustamento?

La struttura portante resterà invariata anche a Madrid, sede della prossima Gmg. Certo, questi venticinque anni hanno registrato un notevole arricchimento a livello di contenuti e proposte pastorali. E nel tempo ci sono stati cambiamenti, aggiustamenti. Ma è bene tener presente che il ricambio generazionale è molto rapido e che per le nuove leve la Gmg costituisce sempre una novità assoluta. Il deja vù è una categoria che vale solo per noi adulti. E se guardiamo agli elementi locali, agli apporti dei Paesi ospiti, risulta evidente che ognuno di essi dà un contributo originale e specifico. L'unico elemento davvero invariabile e che ogni Gmg è una sfida pastorale da raccogliere sempre di nuovo.

Perché la Chiesa continua ad aver bisogno delle Gmg?

Esse sono portatrici di un messaggio di speranza per tutta la Chiesa. Perché la Chiesa ha bisogno di riscoprire costantemente il proprio volto giovane. Nella realtà di un cristianesimo troppo spesso stanco e scoraggiato, le Gmg portano un soffio vitale di energia e di gioia. Strumento di evangelizzazione di straordinaria efficacia, esse vedono protagonisti i giovani che, come ha scritto Papa Wojtyla nella Christifideles laici, hanno molte cose da dire alla Chiesa. Bisogna, dunque, saperli ascoltare e saper comunicare con loro. E direi che è proprio da questo punto di vista che le Gmg si sono dimostrate un canale formidabile di presenza ecclesiale nel mondo dei giovani.

Dieci anni fa a Tor Vergata ci furono due milioni di presenze e gli organizzatori di Madrid contano quantomeno di eguagliare la cifra. Aspettative verosimili?

Sgombriamo subito il campo da un equivoco:  l'aspetto quantitativo è importante, ma non è tutto. Come ci ricorda spesso Benedetto XVI, la legge dei grandi numeri non è determinante per la Chiesa. Per noi è importante ogni singolo giovane. La quantità conta, ma conta di più la qualità, A Tor Vergata non ci hanno colpito solo gli oltre due milioni di giovani, ma soprattutto la qualità della loro presenza. Quell'incontro fu l'apice dell'Anno Santo, un fiore sbocciato da tutto il memorabile Giubileo del 2000.

Come sono cambiati i giovani in questi anni e com'è mutato il loro rapporto con le istituzioni ecclesiali?

Il susseguirsi delle generazioni è rapido così come i mutamenti sociali, anch'essi celeri quanto profondi. Le Gmg si sono rivelate sismografo sensibilissimo ai cambiamenti che si registrano nel mondo dei giovani. Ma il loro vero merito è di aver dato vita a una nuova generazione di giovani, diversa da quella di cui parlano i media. Sono i giovani che rifiutano i fasulli e deludenti paradigmi della postmodernità per dire sì a Cristo e sì alla Chiesa, camminando sulle orme del successore di Pietro, nel quale riconoscono una guida sicura e un amico.

E la Chiesa si è adeguata?

Direi di sì. Perché con questa nuova generazione di giovani è andata crescendo pure una nuova generazione di operatori pastorali:  sacerdoti, religiosi e laici più sensibili ai bisogni e alle attese della gioventù di oggi, non più permeabile alle ideologie. Uomini e donne che sanno capire e dare risposte non solo alla testa ma anche al cuore.

Cosa fa il Pontificio Consiglio per i Laici per celebrare questo venticinquennale?

Ogni edizione della Gmg è un rendimento di grazie al Signore per questo dono prezioso che ci è giunto tramite Giovanni Paolo II e che sta portando nella vita della Chiesa e di tanti giovani frutti abbondanti. Poiché quest'anno la celebrazione della Gmg ha carattere diocesano, abbiamo ritenuto opportuno lasciare alle Chiese locali l'iniziativa di commemorare questo anniversario secondo le modalità da esse ritenute più adeguate. E vorrei qui cogliere l'occasione per congratularmi con la diocesi di Roma e con il suo Vicario per la bellissima celebrazione commemorativa organizzata giovedì scorso in San Pietro con la partecipazione, attorno al Papa, di migliaia di giovani di Roma e del Lazio. Credo, poi, che la Gmg di Madrid nel 2011 sarà un momento particolarmente appropriato per ricordare con gratitudine questo anniversario.

Che cosa ci si aspetta dalla prossima Gmg che si celebrerà a Madrid nel 2011?

La Chiesa che vive in Spagna ha un'esperienza collaudata nell'organizzazione della Gmg, che ospiterà per la seconda volta, dopo Santiago de Compostela nel 1989. E noi nutriamo fiducia che il Signore voglia farci dono di un grande evento ecclesiale, di una convincente testimonianza della fede da parte dei giovani della quale il mondo e soprattutto l'Europa hanno oggi estremo bisogno.



(©L'Osservatore Romano 28 marzo 2010)
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