Nel convento di San Fortunato a Montefalco

Il frate psicologo
che segue i candidati al sacerdozio


di Elisabetta Galeffi

Il 13 giugno 2008 Benedetto XVI approvava un documento della Congregazione per l'Educazione Cattolica recante Orientamenti per l'utilizzo delle competenze psicologiche nell'ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio. Un aiuto ai formatori vocazionali, in cui si sottolinea appunto la necessità, in determinate situazioni, dell'ausilio delle scienze psicologiche.
Padre Bruno è il primo minore francescano della provincia della Custodia di Terra Santa ad avere deciso di approfondire la sua preparazione di formatore con una laurea in psicologia. "È stato il custode, padre Pizzaballa, a suggerirmi questa scelta". Padre Bruno guida il convento di San Fortunato, a Montefalco, in Umbria. È tornato in Italia cinque anni fa, dopo gli undici passati tra Gerusalemme e Betlemme. È uno dei frati che nel 2002 ha vissuto l'assedio alla basilica della Natività. Il convento di San Fortunato è destinato alla formazione dei futuri religiosi dell'ordine. Un luogo dove vivono giovani provenienti da ogni parte del mondo.

Lei non può però esercitare la sua professione di psicologo all'interno del suo convento, non è vero?

Gli Orientamenti escludono, considerata la particolare delicatezza di questo tipo di indagini, che la figura del formatore possa coincidere con quella dello psicologo, che deve essere esterno. Io svolgerò il mio lavoro all'esterno del mio convento. Attualmente sto frequentando presso la Pontificia università salesiana a Roma, la specializzazione in psicologia clinica.

Quanti siete a San Fortunato?

Siamo tre frati residenti e tre frati che ci aiutano per le celebrazioni. Ospitiamo undici giovani. Nei fine settimana arrivano altri giovani per fare una breve esperienza in convento.

Tante culture diverse non rendono troppo complesso il compito del formatore?

La vocazione per tutti è la stessa. È dalla vocazione che inizia il mio lavoro. La psicologia aiuta chi viene da me per comprendere la forza della sua vocazione, a rispondere in modo efficace, libero, autentico alla chiamata che ha già ricevuto. Il mio compito è guardare alle motivazioni profonde. La scienza, la psicologia in questo caso, deve essere utilizzata come strumento per conoscere la propria umanità, per tirar fuori da ognuno i propri talenti. Padre Gemelli diceva:  "La vocazione e la psicologia sono due momenti diversi".

Lei, però, può decidere sull'autenticità di una vocazione religiosa. Una decisione difficile, specie in un momento come questo di grande crisi delle vocazioni.

A noi non interessa la quantità, ma la qualità delle vocazioni. Nello svolgere il mio compito mi limito ad aiutare la crescita umana dei postulanti. Lo psicologo naturalmente deve valutare se ci sono problemi più gravi:  dovuti a psicosi, a schizofrenia, per esempio. Non sono ammesse in convento persone che hanno questi problemi. Comunque la mia esperienza di formatore mi fa ritenere che le vocazioni di oggi sono autentiche, forse più che in passato. Si cercano nella Chiesa valori che nella società laica non si riescono a trovare.

Sappiamo che Benedetto XVI è particolarmente intenzionato a combattere lo scandalo degli abusi sessuali all'interno dei conventi.

Non a caso nel documento della Congregazione per l'Educazione Cattolica anche un'identità sessuale confusa o non ancora ben definita è considerato un elemento d'impedimento al cammino vocazionale. L'orientamento sessuale deve esser valutato alla luce della necessità per il religioso di vivere "in fedeltà e gioia, il carisma del celibato, quale dono totale della propria vita a immagine di Cristo Capo e Pastore della Chiesa".

Quando nel percorso verso la vita religiosa è necessario l'aiuto di uno psicologo?

Il formatore fa il primo discernimento. Il suo aiuto e quello del confessore possono anche essere sufficienti a superare eventuali ostacoli insiti nelle contraddizioni tra l'ideale di oblazione cui coscientemente il candidato aspira, e la sua vita concreta. Ma il testo degli Orientamenti di cui stiamo parlando rileva che coloro che oggi vogliono entrare in seminario "riflettono in modo più o meno accentuato, il disagio di un'emergente mentalità caratterizzata da consumismo, da instabilità nelle relazioni familiari e sociali, da relativismo morale (...) da una sistematica opera di negazione dei valori, soprattutto da parte dei mass media". Vi possono essere perciò situazioni che hanno lasciato "ferite non guarite e che provocano disturbi, sconosciuti nella loro reale portata". Si tratta di "casi eccezionali" che possono aver necessità, più di quanto accadeva in passato, di colloqui con esperti in psicologia.

Esperti laici o religiosi?

Non si fa differenza. E comunque gli psicologi sono soprattutto dei laici. Studio con molti professori laici. Considero miei maestri:  Rogers, Kalkhoff, Franklin. Quest'ultimo era un professore ebreo.



(©L'Osservatore Romano 9 aprile 2010)
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