A colloquio con il sotto-segretario del dicastero per i migranti

Donne e bambini i più vulnerabili
nella mobilità umana


di Gianluca Biccini

A confronto quotidiano con "una realtà vasta e complessa" - quella della mobilità umana - "che tocca quasi un miliardo di persone". Così interpreta il compito affidatogli da Benedetto XVI lo scalabriniano Gabriele Ferdinando Bentoglio, nominato il 6 maggio scorso sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti. Insegnante allo Scalabrini International Migration Institute, di cui è divenuto anche preside, è stato inoltre professore invitato della Pontificia Università Urbaniana, vice-rettore dell'Istituto Teologico Scalabriniano, consigliere, procuratore e segretario generale della sua congregazione. Ora, in stretta collaborazione con il presidente e il segretario del dicastero, questo sacerdote bergamasco è impegnato a dar voce ai diritti di quelle donne, di quegli uomini e, purtroppo, anche di quei tantissimi bambini che abbandonano i luoghi di origine inseguendo il sogno di una vita migliore e che troppo spesso finiscono vittime dei pregiudizi e dell'intolleranza o peggio dello sfruttamento e della violenza.

Benedetto XVI l'ha promossa sottosegretario del dicastero in cui già lavorava come officiale. Com'è cambiato il suo ruolo?

Prima mi occupavo solo del settore migranti, cioè di quanti lasciano la propria patria e si recano in altri Paesi alla ricerca di migliori condizioni di vita per sé e per i propri cari. Parliamo di 214 milioni di individui, secondo stime attuali. Di questi, il 56,3 per cento lavora o risiede in Paesi in via di sviluppo, mentre il restante 43,7 si trova in quelli sviluppati; 96 milioni sono gli adulti economicamente attivi e impegnati nel processo produttivo, con una presenza femminile pari al 49 per cento. Poi, vi si devono aggiungere circa trenta, quaranta milioni di irregolari. Oggi, come sottosegretario, sono a confronto con una realtà più vasta e complessa, che tocca quasi un miliardo di persone in movimento, per libera scelta o forzatamente. Si tratta sempre, comunque, di assistere il Papa nella sua "sollecitudine pastorale alle particolari necessità di coloro che sono stati costretti ad abbandonare la propria patria o non ne hanno affatto", secondo quanto prevede la Pastor Bonus, all'articolo 149; come pure nei riguardi delle persone che, per diverse ragioni, sono lontane dalla residenza abituale. Dunque, mi sento maggiormente coinvolto nella promozione e nel coordinamento della pastorale specifica della Chiesa nei differenti aspetti del mondo della mobilità umana.

Infatti il Pontificio Consiglio si occupa di migranti, rifugiati e sfollati, studenti internazionali, turismo, pellegrinaggi e santuari, apostolato del mare, aviazione civile, nomadi, circensi, fieranti e lunaparchisti, pastorale della strada. A quale di queste categorie intende dedicarsi maggiormente?

Il dicastero desidera essere voce di donne e uomini che, purtroppo, non hanno possibilità di farsi sentire e versano in condizioni di sofferenza e, a volte, sono vittime del pregiudizio e dell'intolleranza, fino alla xenofobia e al razzismo. Tutti i settori della nostra sollecitudine pastorale meritano uguale attenzione. Certo, nel vasto fenomeno della mobilità, è sotto gli occhi di tutti che maggiormente soffrono coloro che sono costretti ad abbandonare la propria terra a motivo della violenza, della persecuzione, delle catastrofi causate dalla natura o dalla cattiva gestione delle risorse naturali. Donne e bambini sono il volto più vulnerabile di tali movimenti e, se ciò sarà possibile, affronteremo con opportuna serietà la pastorale di quelli che, nel linguaggio delle organizzazioni internazionali, chiamiamo forcibly displaced persons.

Del resto le crisi umanitarie che provocano contini flussi di sfollati si susseguono ininterrottamente.

Agli inizi di luglio, ho seguito con preoccupazione la sorte dei cittadini eritrei che hanno vissuto drammatiche situazioni in Libia, chiedendo legittime garanzie e assistenza umanitaria. Segnalo inoltre la ripresa degli attraversamenti irregolari del Mediterraneo, la triste sorte di migliaia di persone che tentano di passare il confine tra gli Stati dell'America Latina e di quella Centrale verso gli Stati Uniti d'America, il fenomeno della pirateria che torna a colpire le rotte marittime e le crescenti piaghe del traffico di esseri umani, del cosiddetto turismo sessuale e delle nuove forme di xenofobia.

Quali saranno gli impegni dopo la pausa estiva?

Accenno soltanto ad alcuni importanti avvenimenti in cantiere per il dicastero:  il secondo congresso mondiale di pastorale dei pellegrinaggi e dei santuari, che si terrà a Santiago de Compostela, dal 27 al 30 settembre; l'incontro continentale di pastorale della strada per Asia e Oceania, che si svolgerà a Bangkok, dal 19 al 23 ottobre; il convegno dei gerarchi orientali d'Europa, a Sofia, in Bulgaria, dal 4 al 7 novembre, con l'intervento dell'arcivescovo presidente del nostro dicastero, monsignor Antonio Maria Vegliò, su "Strutture pastorali per i migranti cattolici delle Chiese Orientali". Dal 17 al 20 novembre, poi, ci sarà, a Bogotá, in Colombia, un incontro continentale latinoamericano sulla pastorale delle migrazioni, in collaborazione con il Celam. Infine, è in programma l'ottavo congresso internazionale della pastorale per i circensi e i fieranti, a Roma dal 13 al 17 dicembre.

Il messaggio del Papa per la Giornata del migrante quest'anno riguarda i rifugiati minorenni. Qual è la realtà di questo fenomeno?

Il rapporto 2009 del Centro ricerca Innocenti dell'Unicef conferma che i bambini nati da almeno un genitore immigrato - negli Stati Uniti, in Australia e in altri sei Paesi europei - costituiscono una parte significativa del numero complessivo dei bambini che abitano in tali Paesi. In Svizzera, dunque, sono il 39 per cento, in Australia il 33 e in Germania il 26, mentre negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi costituiscono il 22 per cento. In Francia sono il 17 per cento, nel Regno Unito il 16, mentre in Italia sono il dieci per cento. In Italia, alla data di settembre 2006, il Comitato dei minori stranieri registrava 6.551 minori stranieri non accompagnati, ma questa rappresenta solo una cifra approssimativa poiché un gran numero di minori vive nella irregolarità cercando di sfuggire alle autorità, in condizioni spesso misere e soggetti al crimine, alla prostituzione e allo sfruttamento. Un fenomeno, quindi, difficilmente quantificabile. Resta vero, comunque, che i minori costituiscono una categoria a cui va assicurata un'attenzione speciale, in ragione della loro particolare vulnerabilità e delle loro peculiari esigenze. Di conseguenza, invece di favorire l'integrazione sociale o programmi di rimpatrio assistito per i minori, si cerca di impedire il loro ingresso, oppure questi vengono rispediti nel Paese d'origine senza assicurarsi che ciò corrisponda al loro effettivo "interesse superiore".

E voi cosa fate in concreto?

Le iniziative del nostro dicastero, in questo ambito, si concretizzano in molteplici attività a sostegno dell'adozione di nuove procedure internazionali e piani di cooperazione, soprattutto in sinergia con le Conferenze episcopali e con gli operatori pastorali sul territorio, in vista dell'eliminazione delle cause dell'emigrazione dei minori.

Lei ha mai toccato con mano la realtà della vita del migrante?

Per sei anni ho insegnato materie bibliche a Londra, svolgendo anche attività pastorale nelle diocesi di Southwark, Westminster, Arundel and Brighton, soprattutto nelle comunità di migranti italiani. Nell'ultimo censimento se ne contavano ancora centoseimila, di cui novantanovemila in Inghilterra, quattromila in Scozia e tremila nel Galles, tenendo comunque conto che circa la metà dell'intera collettività italiana risiede a Londra. Ho conosciuto persone di straordinaria sensibilità umana, con grande senso di onestà e spirito di solidarietà. Parmigiani, veneti, lombardi e, soprattutto, siciliani e campani:  con il duro lavoro si sono conquistati un'alta reputazione e una dignitosa posizione nella società. Ricordo con soddisfazione la creazione di alcuni  comitati  culturali  e  religiosi, con il concorso di giovani e meno giovani. In particolare, nel comprensorio di Woking abbiamo costituito un gemellaggio con la città di Mussomeli, in Sicilia, con la devozione alla Madonna dei Miracoli, e il comitato di Padre Pio, in occasione della canonizzazione del Santo frate di Pietrelcina.

Quale contributo originale può dare al governo della Chiesa universale il carisma dei figli spirituali del beato Giovanni Battista Scalabrini?

Il nostro fondatore, nella sua straordinaria sensibilità alla questione - umana, sociale e religiosa - dell'emigrazione, la definiva uno dei fenomeni più importanti della vita moderna, anzi una legge di natura e un diritto inalienabile. Purtroppo essa può diventare un male se "la si lascia andare così senza legge, senza freno, senza direzione, senza efficace tutela", come egli disse nella sua prima conferenza su questo tema, nel 1891. Il beato Scalabrini vedeva anzitutto l'importanza di difendere la persona del migrante - uomo, donna, bambino o anziano - come una delle vie privilegiate per esprimere l'annuncio evangelico, considerando lo strettissimo rapporto tra fede, cultura e civiltà. Egli, poi, suggeriva una lettura di fede della storia secondo il piano divino che in essa si rivela, per cui le migrazioni manifestano pure elementi di positività, spirituali e culturali, pur senza misconoscerne il costo umano accanto alle molteplici incidenze sociali, economiche, politiche e religiose. Alla scuola di questo grande maestro, gli scalabriniani possono aiutare la Chiesa del nostro tempo a proporre gli elementi fondamentali della sua dottrina sociale, come la centralità della persona umana, la difesa dei suoi diritti fondamentali, la tutela e la valorizzazione delle minoranze, nella società civile ed ecclesiale, il valore delle culture nell'opera di evangelizzazione.

Che significa oggi tutto ciò?

Mettere in evidenza i temi della solidarietà e dell'accoglienza, senza dimenticare di individuare i doveri anche per i migranti. Si deve, inoltre, parlare di reciprocità nel senso che l'integrazione non impegna solo chi accoglie ma anche chi viene accolto. Infine, si qualifica la distinzione tra il diritto di emigrare, che non può essere limitato, e il diritto di immigrare, che può essere regolato in vista del bene comune. Insomma bisogna lavorare al servizio della causa di milioni di uomini e donne in mobilità, oltre a favorire il magistero della Chiesa e la sua opera di evangelizzazione nella promozione umana.



(©L'Osservatore Romano 8 agosto 2010)
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