A colloquio con il Patriarca Ignace Youssif III Younan

Un'occasione
per riscoprire l'unità


di Mario Ponzi

"Basta sofferenze per i cristiani in Medio Oriente. Che i loro diritti siano riconosciuti al pari dei diritti di ogni uomo, ovunque egli viva. Mi auguro possano essere questi alcuni dei frutti della prossima assemblea sinodale". Sono gli auspici espressi da Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri cattolici, nell'intervista rilasciata al nostro giornale alla vigilia della celebrazione dell'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi. Il Patriarca ha colto l'occasione per esprimere innanzitutto la sua solidarietà ai cattolici dell'Iraq, molti dei quali si rifugiano in Libano per sfuggire a veri e propri atti persecutori.

Eccellenza, il Libano è spesso teatro delle tensioni che si sviluppano nella regione. Questa situazione quale sfide comporta per la vostra missione pastorale?

Direi che oggi ce ne è una su tutte:  la sorte dei nostri fedeli costretti a emigrare dall'Iraq. Tanti si rifugiano da noi. Per questo siamo testimoni del dramma che vivono sulla loro pelle. È una situazione penosa che ci fa molto soffrire e per la quale vorremmo fare qualcosa di risolutivo. Invece spesso finiscono per risentire ancora di più delle tensioni che scuotono l'intera regione.

Si aspetta qualcosa, in questo senso, dall'assemblea sinodale?

Non so di preciso cosa riusciremo a concludere. Sarebbe già una grazia se riuscissimo a pensare con onestà e con maggiore autenticità alla grave situazione delle comunità cristiane in Medio Oriente, in particolare a come aiutare quella parte del mondo islamico che non è ancora riuscita a impegnarsi per liberarsi dai pregiudizi e dalla violenza, in modo tale da accettare anch'essa l'esistenza dei diritti degli altri; diritti che hanno lo stesso, identico valore per chiunque.

Lei invoca la solidarietà del mondo cristiano per i cattolici del Medio Oriente. A volte però si sente parlare della necessità di una maggiore solidarietà proprio tra le comunità cattoliche medio-orientali. Potrà il sinodo essere un'occasione per rilanciare l'unità fra le Chiese cattoliche, ancor prima di cercare l'unità con gli altri cristiani?

Continuiamo a pregare per questo. Non smettiamo però di sperare e di pregare affinché lo Spirito Santo acceleri l'unità visibile di tutti i cristiani. Dobbiamo essere tutti uniti se vogliamo continuare a sperare nel vederci riconosciuto il diritto di esistere come cittadini, con pari dignità e con gli stessi diritti civili riconosciuti alle maggioranze.

C'è consapevolezza dell'evento sinodale tra i cattolici del Patriarcato di Antiochia?

Quando nel giugno scorso rientrai da Cipro, dove ricevetti dal Papa l'Instrumentum laboris, mi intervistarono diversi giornalisti, così ebbi modo di spiegare il significato di questo evento. Poi a livello ecclesiale abbiamo riflettuto a lungo e abbiamo messo a punto gli argomenti che proporremo in questi giorni agli altri padri sinodali.

Cosa è rimasto del messaggio che il Papa ha lanciato alle Chiese del Medio Oriente in occasione del suo viaggio a Cipro?

Tanto entusiasmo. I nostri fedeli sono rimasti particolarmente colpiti dal fatto che il Papa abbia riconosciuto ed esaltato la forza di quella fede che aiuta i cattolici orientali a reagire e a sopravvivere in questi nostri tempi difficili.

Che cosa l'ha colpita di più di questa visita?

In realtà ho avuto soltanto l'opportunità di concelebrare con il Papa la messa del 6 giugno a Nicosia e di condividere con lui il pasto successivo. Sino al giorno prima del suo arrivo mi trovavo a Iskenderun, in Turchia, dove avevo incontrato monsignor Luigi Padovese, appena ventiquattro ore prima della sua orribile uccisione. Personalmente, durante la messa concelebrata con il Papa, ripensando a quel tragico episodio, mi sono sentito pervadere da diversi sentimenti. Mi sono chiesto in che modo avremmo potuto continuare a offrire la nostra testimonianza di cristiani in un oceano di persone piene di odio, che non solo vogliono il nostro male, ma spesso cercano, anche con mezzi violenti, di rendere il mondo indifferente alla nostra sorte in Medio Oriente. Non possiamo più ignorare la realtà delle sofferenze dei cristiani nei Paesi a maggioranza musulmana.

L'omicidio di monsignor Padovese ha provocato mutamenti nella vita della vostra comunità?

La perdita di Padovese è stata un evento gravissimo. Difficile dire se sia cambiata o no qualcosa. Di fatto c'è che i fedeli cristiani oggi hanno più paura.

E dopo la visita del Papa ha notato qualche cambiamento nella percezione del ruolo della minoranza cattolica nella società fra i cittadini di altre religioni?

La gente comune sembra più interessata a capire perché i cristiani si lamentano tanto, di cosa soffrono. Molti cominciano a chiedersi perché ai cristiani vengano negati persino diritti comuni.



(©L'Osservatore Romano 9 ottobre 2010)
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