A colloquio con l'arcivescovo José Palma, vice presidente della Conferenza episcopale del Paese asiatico

Il ruolo della donna
nella missione della Chiesa filippina


di NICOLA GORI

L'importante ruolo assunto dalla donna nella vita della Chiesa; la stretta collaborazione tra laici, sacerdoti e vescovi; lo spirito di collaborazione che anima il rapporto con la minoranza musulmana fanno della Chiesa nelle Filippine un modello di comunione e di pacifica convivenza tra fedeli di religioni diverse. Ne parla con orgoglio l'arcivescovo di Cebu, monsignor José S. Palma, vice presidente della Conferenza episcopale filippina, in questi giorni in visita ad limina Apostolorum. Definisce la presenza consistente dei laici, una delle "ricchezze più grandi e significative della Chiesa nelle Filippine". Ma è soprattutto sul ruolo della donna che l'arcivescovo insiste nell'intervista rilasciata al nostro giornale. "La donna - sostiene - assume un ruolo fondamentale nella vita non solo ecclesiale, ma anche sociale, per il suo apporto specifico nell'affrontare la quotidianità". È grazie al loro impegno che "nessuno - ci ha detto l'arcivescovo - è lasciato solo, neppure quanti emigrano in altri Paesi per motivi di lavoro. Sono quasi sempre le donne infatti che si preoccupano di mantenere vivi i legami", con quanti restano in patria, affiancate in questa opera dai sacerdoti filippini che seguono gli emigranti nelle loro peregrinazioni per il mondo.

Le Filippine rappresentano un'eccezione nel contesto religioso dell'estremo oriente essendo i cristiani la maggioranza rispetto ai musulmani e ai fedeli di altre religioni. A parte rare eccezioni, si vive nel Paese un clima di rispetto e di pacifica convivenza tra fedi diverse. Potrebbe rappresentare un modello?

Nelle Filippine il dialogo tra le religioni è sempre stato uno stile di vita. Cristiani e musulmani convivono da decenni. In province come Sulu, Tawi-tawi, Maguidanao e Basilan, le scuole, gli ospedali e vari servizi sociali sono gestiti dai cattolici, ma a usufruirne sono anche e forse soprattutto i musulmani. Per promuovere la conoscenza reciproca, abbiamo anche dato vita a programmi e attività come per esempio la riunione Conferenza dei Vescovi - Ulama, presieduta dall'arcivescovo Fernando Capalla della diocesi di Davao. L'obiettivo principale è sempre la promozione del dialogo con i fratelli musulmani. Un'altra iniziativa è il movimento Silslah promosso dai missionari cattolici del Pontificio Istituto Missioni Estere. Organizzano corsi a Zamboanga City sul dialogo tra religioni. Cerchiamo poi di promuovere attività che - come per esempio accade nei campi scuola per i giovani - favoriscono lo stare insieme tra cristiani e musulmani. Sempre nello spirito del dialogo, i cristiani e i musulmani rispettano reciprocamente le ricorrenze religiose del Ramadan, dell'Avvento, del Natale, della Quaresima, della Settimana Santa e della Pasqua.

E in tutto ciò qual è il ruolo dei laici?

I laici sono parte integrante della forza della Chiesa. La qualità della fede e della vita dei cristiani caratterizza la vita e la fede della Chiesa nelle Filippine. Sono stati intrapresi molti programmi spirituali e pastorali per incoraggiare la formazione e per favorire una maggiore partecipazione dei laici alla vita ecclesiale. Ci aspettiamo che, soprattutto le donne, continuino a condividere la missione della Chiesa presente nelle Filippine. Come tutti sappiamo, e come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, fra i valori fondamentali che esprimono le donne, c'è la cosiddetta "capacità per l'altro". Mantengono sempre viva la loro intuizione profonda di ciò che è bene per la propria esistenza e per quella dell'altro. Un dono che discende dalla loro capacità di trasmettere la vita. Nelle Filippine, le donne, per la maggior parte, considerano ancora un privilegio essere madri, e per questo occupano un ruolo nobile nella società. Molte si distinguono in posizioni importanti in politica, nell'educazione, nella scienza e nell'economia.

Qual è l'impegno dei laici nella vita politica?

Nel nostro Paese è duplice. Da una parte c'è chi si candida a cariche pubbliche e ad assumere responsabilità chiave. Dall'altro lato c'è chi è privo del discernimento necessario, che non studia attentamente le situazioni politiche e le loro implicazioni, dunque non è in grado di assumersi responsabilità politiche. Ne consegue che alcuni vengono eletti e si impegnano per il bene del Paese mentre altri prendono possesso di cariche seppure siano inesperti, dimostrando di non avere scrupoli. Quest'ultima anzi è la causa del lento sviluppo e della povertà del Paese.

I vescovi contano sulla presenza dei laici per opporsi ai continui attacchi dei disegni di legge contrari alla dignità della vita umana?

Ci contiamo decisamente. Soprattutto per contrastare leggi che favoriscono l'interruzione di gravidanza e l'eutanasia. In questi ultimi tempi, per fare un esempio, la Conferenza episcopale ha denunciato il programma contro la vita chiamato Reproductive Health Bill (Rhbill). Con l'aiuto di molti laici - medici, esperti in demografia, in diritto costituzionale, in sociologia e in materie finanziarie - abbiamo potuto svolgere un'approfondita opera di informazione dei fedeli e offrire loro del materiale per evidenziare l'immoralità di queste leggi contro la vita. In questo momento, traiamo ispirazione da come i laici continuano a resistere all'insegnamento immorale e a manifestare il proprio disappunto mediante programmi di sensibilizzazione per il resto del popolo filippino.

Dal canto suo la Chiesa affianca il popolo filippino nelle sue necessità?

L'impegno della Chiesa accanto al popolo delle Filippine trova in questo momento la sua manifestazione più evidente nella questione della riforma agraria. Un problema cruciale che riguarda in modo più diretto i poveri delle regioni rurali. Infatti, la povertà in quelle aree e l'insorgenza di vari problemi sono stati spesso collegati a questioni di accesso alla terra e a rapporti di proprietà. L'incidenza della povertà è relativamente elevata fra gli agricoltori senza terra e i coltivatori che hanno piccolissimi appezzamenti di terreno. Di conseguenza, la Chiesa nel Paese ha fatto la sua parte nel sostenere la campagna attiva per una autentica riforma agraria, in particolare durante la marcia di 60 giorni dei coltivatori di Sumilao, da Bukidnon a Manila, nota come "Walk for land, walk for justice". La Chiesa ha anche sostenuto l'ampliamento del programma comprensivo di riforma agraria governativo conclusosi nel 2008. Ha anche organizzato diversi "forum dei vescovi e dei responsabili di governo" per convincere i legislatori a estendere il programma di riforma agraria e a migliorare così anche la vita dei coltivatori e in tal modo sostenere i provvedimenti costituzionali a favore dei poveri e del lavoro. Alla fine, il programma governativo di riforma agraria della terra è stato esteso.

Un'altra realtà caratterizza la Chiesa nelle Filippine, cioè la trasformazione da Chiesa di missione a Chiesa missionaria.

Dobbiamo riconoscere che questa trasformazione è opera dello Spirito Santo, poiché "Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori". Tuttavia dobbiamo anche ringraziare i vari missionari e le varie congregazioni religiose che sono giunte qui per condividere la Buona Novella. Da tanti anni, l'opera di evangelizzazione da parte di questi missionari, l'istituzione di varie strutture missionarie quali parrocchie, università e scuole, programmi di catechesi, formazione cristiana delle famiglie, amministrazione dei Sacramenti e predicazione della Parola di Dio, hanno, di fatto, trasformato questa Chiesa di missione nelle Filippine in Chiesa missionaria. In più i filippini sono, in generale, timorati di Dio. I bambini vengono subito battezzati, educati dagli stessi genitori che partecipano alla vita della Chiesa e li affidano a istituzioni di orientamento cattolico. Evidentemente c'è ancora molto da fare per aiutarli a crescere impregnati dei valori cristiani. Tuttavia il clima generale per il loro sviluppo se non altro non è caratterizzato da indifferenza religiosa né da animosità contro la Chiesa. Nonostante le difficoltà economiche, la maggior parte delle famiglie celebra volentieri le solennità liturgiche e le feste religiose legate ai santi patroni. Rendiamo grazie al Signore perché negli ultimi decenni abbiamo avuto un maggior numero di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Questa ha fatto sì che molti sacerdoti e religiosi ora si possono dedicare alle missioni. Per grazia di Dio anche noi siamo divenuti una Chiesa missionaria che annuncia la fede cattolica in altri Paesi.

Anche grazie ai tanti filippini che emigrano in vari Paesi del mondo?

Indubbiamente rappresentano, se ben formati, ottimi veicoli per la testimonianza del Vangelo.

Quali rapporti mantenete con loro?

Promuoviamo vari programmi per le comunità di accoglienza all'estero. Dal 1955, è attiva la Commissione Episcopale della Conferenza episcopale per la Pastorale dei Migranti e degli itineranti (Ecmi) che incoraggia la creazione di commissioni a livello diocesano. Questo impegno, a sua volta, coinvolge le nostre parrocchie e le comunità ecclesiali di base. Abbiamo anche vari programmi e attività specialmente per i bambini dei lavoratori filippini all'estero. Vi sono sacerdoti, suore e operatori sociali che regolarmente visitano le scuole, in particolare quelle cattoliche, per prendersi cura pastorale degli studenti i cui genitori lavorano all'estero. Grazie al supporto di questi programmi possiamo raggiungerli e renderli consapevoli della sollecitudine che la Chiesa offre loro. Continuiamo anche a occuparci dell'apostolato del mare e invitiamo tutte le nostre parrocchie a mantenere la comunione con quanti sono all'estero, pregando per loro. Anche le comunità cattoliche che accolgono i filippini all'estero offrono loro la cura pastorale, coordinandosi con la commissione episcopale per i migranti e gli itineranti. Per rispondere alle necessità sociali, spirituali e pastorali in rapida crescita dei migranti, la commissione invia con regolarità sacerdoti nei vari Paesi in accordo con i vescovi locali, affinché gli aiuti siano sempre coordinati e controllati.



(©L'Osservatore Romano 18 febbraio 2011)
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