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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

della Commissione per l'informazione della
X ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
30 settembre-27 ottobre 2001

"Il Vescovo: Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo"


Il Bollettino del Sinodo dei Vescovi è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico e le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

06 - 02.10.2001

SOMMARIO

 

TERZA CONGREGAZIONE GENERALE (MARTEDÌ, 2 OTTOBRE 2001 - ANTEMERIDIANO)

 

Alle ore 09.05 di oggi martedì 2 ottobre 2001, memoria dei SS. Angeli Custodi, alla presenza del Santo Padre, con il canto dell’Ora Terza, ha avuto luogo la Terza Congregazione Generale, per la continuazione degli interventi dei Padri Sinodali in Aula sul tema sinodale Espiscopus Minister Evangelii Iesu Christi propter Spem Mundi. Presidente Delegato di turno Em.mus D.nus Card. Bernard AGRE, Archiepiscopus Abidianensis (Abidjan).

In apertura di questa Congregazione Generale è intervenuto il Presidente Delegato di turno, in occasione della festa odierna.

A questa Congregazione Generale che si è conclusa alle ore 12.25 con la preghiera dell’Angelus Domini erano presenti 247 Padri.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELEGATO

In apertura della Quarta Congregazione Generale il Presidente Delegato di turno ha espresso gli auguri per l’onomastico dei Padri sinodali in occasione della festa odierna:

Oggi la Chiesa ha la memoria liturgica del rito latino dei S. Angeli custodi.

La dottrina è: Il Signore, col ministero degli angeli custodi illumina, custodisce, regge e governa non solo le singole persone, ma tutta la Chiesa, popoli, città o comunità.

Perciò vogliamo pregare gli Angeli custodi affinché custodiscano anche la nostra comunità e ci guidino e proteggano tutti nel nostro comune percorso che è il Sinodo.

Ugualmente, preghiamo per i nostri confratelli che hanno preso dal Battesimo il nome degli angeli. Essi sono Sua Em.za Card. Angelo Sodano, Segretario di Stato, e S. Ecc.za Mons. Angelo Massafra, Arcivescovo di Scodro in Albania.

A questi porgiamo i nostri più fervidi auguri.

 INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)

Quindi, sono intervenuti i seguenti Padri:- S.E.R. Mons. José Mario RUIZ NAVAS, Arcivescovo di Portoviejo, Presidente della Conferenza Episcopale (Equador).

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:

S.E.R. Mons. José Mario RUIZ NAVAS, Arcivescovo di Portoviejo, Presidente della Conferenza Episcopale (Equador).

Il Concilio Vaticano II ha proposto la collegialità episcopale come forma autentica dell’esercizio del ministero episcopale insieme al Successore di Pietro. Sono stati fatti grandi passi in avanti. Ciononostante, è possibile migliorare il modo di mettere in pratica la collegialità e di vivere lo spirito o affetto collegiale.

In riferimento ai Sinodi dei Vescovi e al funzionamento delle Conferenze Episcopali, il Papa afferma che "molto si è fatto (...) ma certamente molto resta da fare, per esprimere al meglio le potenzialità di questi strumenti della comunione" (Novo millennio ineunte, 44).

Mi pare che il fulcro della riflessione riguardo alle Conferenze Episcopali in "Apostolos suos" e nell’Instrumentum laboris sia il tema del loro potere.

Spetta ad ogni Vescovo applicare nella Chiesa particolare le linee pastorali concordate nella Conferenza Episcopale, ma non può ignorarle. Non può esserci un veto da parte di pochi.

Il punto è che le Conferenze Episcopali debbono essere "casa e scuola di comunione" (n. 43), che siano un luogo d’incontro con Cristo Vivo, che invitino - con i loro gesti e le loro parole - alla conversione, alla comunione e alla solidarietà.

Occorre, soprattutto, che queste stesse potenzialità si manifestino nelle relazioni abituali tra le Conferenze Episcopali e la Sede di Pietro e non solo nelle relazioni di ogni Vescovo.

Bisogna cambiare il fulcro d’interpretazione delle Conferenze Episcopali dal potere - pur senza negarlo né minimizzarlo - alla comunione.

Sinodo. Sottopongo all’attenzione del Papa se giudichi conveniente che l’Assemblea Sinodale stessa esprima in un testo finale le sue conclusioni, tenendo conto che il Papa può pronunciare una parola orientativa in qualunque momento delle deliberazioni. Il testo risulterebbe meno organizzato e meno completo, ma rappresenterebbe il frutto più chiaro della collegialità dei Vescovi con il Papa. L’attesa del documento sminuisce l’entusiasmo.

La visita ad Limina apostolorum. Come già si fa molte volte, sembra opportuno che la Conferenza Episcopale organizzi collegialmente riunioni con i Dicasteri per meglio analizzare le sfide nei diversi campi della pastorale e tragga già da questo dialogo degli orientamenti.

[00034-01.02] [in016] [Testo originale: spagnolo]

S.Em.R. Card. László PASKAI, O.F.M., Arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria).

Mi sembra opportuno parlare in un capitolo separato dell’ufficio e del servizio del Successore del Beato Apostolo Pietro. a) Da una parte, perché in questo modo si può esprimere più chiaramente la dottrina della Chiesa nel nostro tempo, in cui il comune sentimento è contro l’autorità e la gerarchia. b) D’altra parte, la persona e il servizio del Sommo Pontefice hanno dato grande forza spirituale e forza d’animo ai fedeli in passato, in occasione della persecuzione dei cristiani. Questo fatto è stato espresso anche dal Sommo Pontefice in occasione del suo ultimo viaggio pastorale.

Vorrei osservare quanto si dice al punto 131 dell’Instrumentum laboris, che parla dell’ecumenismo: a) in alcuni luoghi oltre alla liturgia ecumenica del Verbo di Dio si riscontra anche l’esigenza, anzi la prassi della liturgia ecumenica dell’Eucaristia, che tuttavia è frutto della piena comunione. - b) A questo punto posso inserire anche le parole del Metropolita Kyrillos, delegato del Patriarca Ortodosso di Mosca, che nel mese di agosto mi ha reso visita e fra l’altro ha detto: Nel nostro tempo sono presenti molte sfide, come l’indifferenza, il relativismo, il secolarismo ecc. Possono rientrare nell’ecumenismo risposte moderne e odierne secondo l’antica tradizione comune, risposte che possono rafforzare i fedeli delle diverse comunità cristiane di fronte a tali sfide.

[00035-01.04] [in017] [Testo originale: latino]

S.E.R. Mons. Nikol Joseph CAUCHI, Vescovo di Gozo (Malta).

Nei documenti del Concilio Vaticano II, i vescovi sono chiamati "araldi della fede," "dottori autentici" e "testimoni della verità divina e cattolica." Dice infatti la Costituzione Lumen Gentium (n.25) "I vescovi, quando insegnano in comune col Romano Pontefice, devono essere da tutti ascoltati con venerazione, quali testimoni della verità divina e cattolica; e i fedeli devono accettare il giudizio del loro Vescovo, dato a nome di Cristo in cose di fede e morale, e aderirvi con religioso rispetto."

Il Codice di Diritto Canonico al canone 756 par. 2, prescrive che: "Nei riguardi delle Chiese particolari loro affidate, esercitano tale funzione (di annunciare il Vangelo) i singoli vescovi, i quali in essa sono i moderatori di tutto il ministero della parola." Ovviamente, tale ministero della parola riguarda anche la Dottrina Sociale della Chiesa.

E' un fatto noto, che la Chiesa in ogni epoca ed in ogni situazione, svolge un triplice ruolo nella società in cui esiste: (1) annuncia la verità intorno alla dignità ed ai diritti dell'uomo, (2) denuncia le situazioni ingiuste e (3) contribuisce all'attuazione di cambiamenti positivi nella società.

L 'enciclica Sollicitudo Rei Socialis al numero 41 dice che "All'esercizio del ministero dell'evangelizzazione, in campo sociale, che è un aspetto della funzione profetica della Chiesa, appartiene pure la denuncia dei mali e delle ingiustizie. Ma conviene chiarire che l'annuncio è sempre più importante della denuncia." L'enciclica continua a dire che "L'insegnamento e la diffusione della dottrina sociale, fanno parte della missione evangelizzatrice della Chiesa" e quindi anche di quella dei Vescovi. Se è vero che col loro insegnamento, i vescovi devono guidare la condotta morale delle persone a loro affidate, ne consegue, che devono dare pure il loro supporto, in favore, "dell'impegno per la giustizia."

[00036-01.03] [IN018] [Testo originale: italiano]

S.E.R. Mons. Carlos AGUIAR RETES, Vescovo di Texcoco (Messico).

L’Instrumentum laboris descrive il vescovo come "profeta della speranza" (n. 12) e la missione episcopale come servizio, prima di tutto e soprattutto, per la promozione della speranza nel mondo (nn. 13 e 14). Per questo, il vescovo deve orientare tutta l’opera di evangelizzazione al servizio della speranza (nn. 34 e 46).

Stiamo vivendo in un’epoca di cambiamenti, in cui i riferimenti tradizionali (culturali, morali, religiosi), a causa del dinamismo sociale, sono spesso allontanati, messi da parte o addirittura respinti.

La situazione attuale (nn. 18-24), mostra la complessità di questo momento, che rende difficile la missione del vescovo (nn. 56, 144 e 148), e soprattutto l’esercitarla come testimonianza di speranza (nn. 32-34).

Al n. 77 dell’Instrumentum laboris, intitolato "Elezione e formazione dei vescovi", si fa un breve riferimento alla formazione permanente dei vescovi, al fine di promuovere l’aggiornamento dottrinale, pastorale e spirituale, insieme a un incremento della comunione collegiale, di cui beneficerà la pastorale delle rispettive diocesi.

Occorre riconoscere che noi vescovi abbiamo bisogno gli uni degli altri, che non possiamo svolgere la nostra missione isolatamente (n. 67). Tuttavia non abbiamo bisogno gli uni degli altri solo per mettere in comune i nostri progetti e piani pastorali, ma anche per ricreare lo spirito del Collegio Apostolico nella dimensione umana e spirituale (Mc 3, 24). Dobbiamo accettare con umiltà che noi vescovi abbiamo bisogno di una formazione permanente per ravvivare il dono di Dio che ci è stato conferito con l’Ordinazione Episcopale (2 Tm 1, 6).

Se tutti i membri della Chiesa la chiedono, (cfr. Christifideles Laici, cap. V; Pastores Dabo Vobis, cap. VI; Vita Consecrata, nn. 69-71), noi vescovi dobbiamo, a maggior ragione e con particolare impegno, occuparci della nostra formazione permanente.

[00037-01.04] [in019] [Testo originale: spagnolo]

S.Em.R. Card. Zenon GROCHOLEWSKI, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (Città del Vaticano).

Il munus docendi, che l'Instrumentum laboris mette in risalto, non comprende soltanto l'insegnamento personale del vescovo, ma sostanzialmente anche molti altri impegni diretti ad assicurare che la parola di Dio venga fedelmente ed efficacemente insegnata. Si tratta in speciale modo della cura per i centri della formazione dei collaboratori nell'insegnamento, ossia per le scuole e università cattoliche, per le università e facoltà ecclesiastiche, per gli istituti di scienze religiose, e per la fruttuosa collaborazione con i teologi. La presenza necessaria e la responsabilità del vescovo in tali istituzioni esige di essere sottolineata.

Fra questi impegni nell'ambito del "munus docendi", comunque, al primo posto porrei la cura per l'adeguata e solida preparazione dei sacerdoti. Essi, infatti, sono i principali collaboratori del vescovo nell’insegnamento e nella pastorale in genere. Oltre ai seminari, qui entrano in gioco anche le facoltà teologiche. Lo scopo primario di esse, infatti, rimane la preparazione dottrinale dei sacerdoti.

Sarebbe utile far emergere la responsabilità dei vescovi per avere nei seminari formatori idonei che si distinguano per le loro eccellenti virtù sacerdotali ed umane, per la loro fedeltà al Magistero della Chiesa, per il loro zelo pastorale e per il loro continuo aggiornamento.

Si dovrebbe anche richiamare la necessità di salvaguardare la propria specifica configurazione del seminario, come istituzione che forma veramente sacerdoti consapevoli della loro identità, della loro propria spiritualità, della loro responsabilità, della loro alta e insostituibile missione.

Strettamente connesso con la preparazione dei sacerdoti ed inserito nel "munus docendi" del vescovo è senza dubbio l'obbligo di promuovere le vocazioni sacerdotali. Il successo dipende da diversi fattori connessi fra di loro. Penso però che in primo luogo si deve oggi porre l'accento sull'insegnamento circa l'identità del sacerdozio ministeriale, il suo insostituibile ed importante ruolo specifico nella Chiesa. Il sacerdote viene talvolta mischiato fra tanti altri ministeri ecclesiastici, senza percepire che il sacerdozio comune dei fedeli (al quale si riferiscono tutti gli altri ministeri) e il sacerdozio ministeriale "essentia et non gradu tantum differ[ u ]nt" (LG 10b); che il sacerdozio ministeriale è necessario perche tutti gli altri, laici e persone consacrate, possano adeguatamente svolgere il loro apostolato. La confusione in materia certamente è di ostacolo ad affrontare efficacemente la promozione vocazionale.

[00038-01.03] [IN020] [Testo originale: italiano]

S.Em.R. Card. Paul POUPARD, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (Città del Vaticano).

L’obiettivo determinante della pastorale della cultura è stato chiaramente definito dal Santo Padre, quando ha dato vita, quasi vent’anni fa, al Pontificio Consiglio della Cultura: "Una fede che non diviene cultura è una fede che non viene pienamente accolta, interamente pensata e fedelmente vissuta.". Per rispondere a questa affermazione, il Pontificio Consiglio della Cultura ha presentato ai Vescovi il documento: "Per una pastorale della cultura", simbolicamente pubblicato nella Solennità della Pentecoste 1999, nella convinzione che: "l’obiettivo di una pastorale della cultura è di restituire l’uomo alla sua pienezza di creatura "a nostra immagine, a nostra somiglianza" (Gn 1, 26) strappandolo alla tentazione antropocentrica di considerarsi "indipendente dal Creatore" (n.2). Non si tratta solo di radicare la fede nelle culture, ma anche di ridare vita ad un mondo privato del valore del cristianesimo, in cui spesso gli unici riferimenti cristiani sono d’ordine culturale.

Forums "che colmano il divario tra il Vangelo e la società contemporanea". I Centri Cattolici Culturali, di cui la seconda edizione dell’Annuario pubblicato dal Pontificio Consiglio della Cultura contiene più di mille indirizzi forniti dalle Conferenze episcopali, sono dei "luoghi d’ascolto, di rispetto e di tolleranza" che permettono alla Chiesa "di far conoscere diffusamente, in un dialogo creativo, le convinzioni cristiane sull’uomo, la donna, la famiglia, il lavoro, l’economia, la società, la politica, la vita internazionale, l’ambiente". Questi centri dalle molte sfaccettature sono dei veri laboratori della fede dove avviene l’incontro con le culture vive e spesso con quanti noi chiamiamo i non credenti e si stabilisce un dialogo fecondo tra il Vangelo e gli uomini di scienza, gli artisti, i credenti di altre religioni, particolarmente dei paesi del bacino mediterraneo, dell’Africa , dell’Asia.

Se la mancanza di fede, soprattutto nelle società occidentali, non è più quella di una volta, l’ateismo riflesso si incontra piuttosto nelle scienze della vita, nelle scienze umane, e nella cultura mediatica. Una visione del mondo completamente atea genera un ateismo d’assuefazione in un orizzonte mondano dove Dio sembra essere scomparso, non solo dalla ragione ma anche dalla memoria. Dio considerato come superato dalla ragione, incompatibile con un pensiero critico, è diventato del tutto superfluo per centinaia di milioni di uomini e di donne, vera apostasia silenziosa, nascosta dietro l’indifferenza tranquilla di una cultura immanentista che invade intere fasce dell’Occidente e si propaga attraverso i continenti. Servitori del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo, cosa saremmo noi se non facessimo del nostro meglio per dare una risposta a tutto ciò?

Le cinque Assemblee straordinarie continentali del Sinodo dei Vescovi ci hanno presentato un panorama delle condizioni di vita e della cultura dei loro paesi, dove si trovano mescolati Gaudium et spes, Luctus et angor hominum hujus temporis, da cui risulta l’urgente necessità della proclamazione della Parola di Dio al cuore delle culture degli uomini e delle donne di oggi.

Una vera pastorale della cultura è decisiva per la nuova evangelizzazione. Questo Sinodo sul ministero del Vescovo, profeta di speranza per il mondo nel nome di Cristo, proporrà soluzioni idonee, vecchie e nuove, per questo gigantesco compito, ispirato dallo Spirito Santo, che rinnova il volto della terra. Evangelizzare la cultura significa anche spegnere i focolai incandescenti della contro cultura della morte, e creare, con tutti gli uomini di buona volontà, questa civiltà dell’amore dove gli uomini di tutte le culture sapranno vivere come fratelli, se noi li aiuteremo a riscoprirsi in Gesù Cristo figlio di Dio Amore, Padre di tutti gli uomini.

[00061-01.03] [in011] [Testo originale: francese]

S.E.R. Mons. John Patrick FOLEY, Arcivescovo titolare di Neapoli di Proconsolare, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (Città del Vaticano).

Nella terribile tragedia avvenuta in America, i mezzi di comunicazione hanno contribuito a riunire non solo i cittadini di un’unica nazione, ma anche i popoli del mondo, e i mezzi di comunicazione si sono spesso concentrati sul Santo Padre, mentre guidava le persone nella preghiera per le vittime della tragedia, per i loro familiari e per la pace nel mondo.

Gli attacchi terroristici avvenuti in un giorno e la copertura riservata loro per molti giorni dai mezzi di comunicazione hanno ricordato alla gente che le nostre città non sono eterne e che tutti noi dobbiamo essere pronti ad affrontare il giudizio di Dio, e che possiamo essere uniti a coloro che soffrono nella preghiera e negli atti di carità.

La maggior parte delle persone, perlomeno nella società occidentale, non nega l’esistenza di Dio; molti non ci pensano nemmeno.

Secondo me, non esiste mandato più chiaro nel Nuovo Testamento delle parole: "ammaestrate tutte le nazioni". Per fare ciò, dobbiamo comunicare.

Dobbiamo comunicare non solo con coloro che hanno la fede, in modo da rendere questa fede più profonda e forte. Dobbiamo soprattutto comunicare con quanti non hanno la fede, con quanti cercano la verità e il significato della vita e, probabilmente soprattutto con quanti non cercano perché non sanno di essersi persi.

L’esame di coscienza serale di noi vescovi dovrebbe includere ogni giorno le domande: "Che cosa sto facendo per comunicare la buona novella di Gesù Cristo e della sua Chiesa? Che cosa non sto facendo? Che cosa potrei fare meglio?".

Un documento sull’etica nella pubblicità è stato largamente apprezzato e ci ha dato un modo per evangelizzare un mondo che in precedenza era stato piuttosto chiuso per la Chiesa.

La Chiesa si è occupata di pubblicità per 2000 anni; noi la chiamiamo evangelizzazione, e offriamo molto di più di una garanzia a vita.

Successivamente abbiamo pubblicato un documento sull’etica nelle comunicazioni e attualmente stiamo lavorando su due documenti riguardanti Internet: l’etica in Internet e i possibili usi ai fini pastorali di Internet da parte della Chiesa.

Vorrei suggerire di rileggere l’istruzione pastorale Aetatis Novae, "All’alba di una nuova era", che contiene elementi per sviluppare un piano pastorale nelle comunicazioni.

Stiamo rendendo la formazione nella comunicazione una priorità nei nostri seminari, nelle case religiose e nei programmi di formazione permanente dei sacerdoti, dei religiosi e dei fedeli laici?

Incoraggiamo la creatività? Non basta garantire l’ortodossia di un messaggio se nessuno lo ascolta. È importante avere ragione; è anche importante non venire ignorati.

Non dobbiamo dimenticare l’importanza dei mezzi di comunicazione più ovvi nella vita della Chiesa: cartelli all’esterno delle chiese, che riportino gli orari dei servizi e rivolgano un benvenuto a tutti; bollettini informativi parrocchiali, giornali diocesani, che possono fare tanto nel promuovere un senso d’identità come famiglia diocesana e nell’offrire un’educazione cattolica permanente; programmi radiofonici cattolici, che possano portare informazione religiosa e consolazione nelle case, nei luoghi di lavoro e addirittura nelle automobili; una distribuzione efficace di videocassette e libri cattolici.

Dobbiamo anche ricordare l’importanza delle pubbliche relazioni, l’accesso ai mezzi di comunicazione e l’onestà con essi; la creatività nell’offrire ai mezzi di comunicazione spunti per delle storie interessanti; riflettere su come rendere accessibili eventi e cerimonie religiosi a un pubblico più vasto.

Attraverso i mezzi di comunicazione non possiamo raggiungere solo tutte le nazioni, ma anche ogni persona. Il nostro messaggio è importante e urgente; non dobbiamo fallire come messaggeri.

[00039-01.04] [in021] [Testo originale: inglese]

S.Em.R. Card. Joachim MEISNER, Arcivescovo di Köln (Germania).

La crisi di fede nella Chiesa è espressione della più grande crisi della cultura, ma anche conseguenza di una forma di auto-secolarizzazione, per la quale sono corresponsabili gli organi della Chiesa, ad esempio anche coloro che esercitano il ministero episcopale. Non pochi Vescovi infatti misconoscono la gravità della situazione, altri interpretano le tendenze di separazione nella fede come tensioni feconde che potrebbero giungere nel futuro ad una nuova sintesi, e riconoscono il loro ministero come "ufficio di moderazione" tra le varie posizioni opposte.

Tale comprensione del ministero episcopale è talmente diffusa che l'episcopato di fatto soffre non soltanto di una perdita di autorità che viene dall'esterno, ma che - involontariamente - favorisce anche la rinuncia all’ autorità che viene dall'interno. Di conseguenza, il ministero pastorale del Vescovo viene minimizzato, riducendolo alla cura umana per i fedeli, alla cortese comprensione e al riconoscimento dei carismi presenti nei fedeli laici. In tal modo si misconosce l'essenza di tale ministero che implica un chiaro e inequivocabile dovere di governo, incluso anche l'elemento di giurisdizione.

Da quest'analisi deriva 1'urgenza di una testimonianza forte e autorevole da parte dei Pastori. Il Vescovo non è un pio credente privato, ma un testimone pubblico. Egli deve affrontare i problemi presenti nel mondo ecclesiale, non soltanto per salvare se stesso, ma anche per difendere la fede, per correggere gli errori e per approfondire la verità. Egli non può prescindere dalla situazione effettiva della fede nella società, ma deve rendere testimonianza alla fede considerandone anche i pericoli e i danni.

La potestà del Vescovo per il testimonium fidei non si limita alla sola predicazione. A lui spetta anche il giudizio dottrinale che proviene anzitutto dalla potestà di governo e che esige la regolamentazione, la rettifica e il giudizio circa la dottrina della fede. La potestà testandi giunge alla sua pienezza nella potestas iudicandi. Di conseguenza i Vescovi non sono soltanto chiamati a testimoniare, nutrire e curare la fede, ma anche a giudicarla, a disciplinarla e a imporla nella sua forma retta. Ciò però non avviene in piena autonomia e indipendenza, ma esige 1'unità con la potestà giurisdizionale universale del Sommo Pontefice. In quest'ottica, nella discussione sulla fede il Vescovo è chiamato e abilitato a pronunciare, nell'ambito della sua diocesi e in considerazione della dottrina universale della fede, il giudizio su ciò che è vero e ciò che è sbagliato. Sulla base di questa capacità di giudizio operata dallo Spirito, il Vescovo può servire la sua Chiesa come forza giudiziale e illuminante della fede. Da qui trova conferma l'affermazione: "Dov'è il Vescovo, qui è anche la Chiesa".

[00040-01.04] [in022] [Testo originale: italiano]

S.Em.R. Card. William Henry KEELER, Arcivescovo di Baltimore (Stati Uniti d’America).

Le Conferenze episcopali regionali e nazionali sono indispensabili come strumenti di comunione tra i vescovi delle Chiese particolari e la Chiesa universale.

Nell’area della catechesi e del relativo materiale, l’introduzione e l’adattamento negli Stati Uniti d’America del Catechismo della Chiesa Cattolica sarebbero stati impossibili senza il lavoro svolto dalla Conferenza Episcopale. I loro sforzi si sono guadagnati la collaborazione e la gratitudine degli editori di testi catechetici per l’infanzia. Nella comunione della Conferenza Episcopale, i nostri vescovi hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo didattico essenziale.

Nel campo delle attività ecumeniche ed interreligiose, il nostro paese è benedetto da specifiche opportunità e sfide uniche. Abbiamo un campo d’azione ecumenico e interreligioso assai ricco, probabilmente il più ampio del mondo. Tra noi si trovano rappresentanti di quasi tutte le tradizioni cristiane e di religioni non cristiane. Noi adempiamo in modo speciale alle esortazioni che si trovano nel Direttorio Ecumenico del 1993, che affermano che spesso il lavoro più efficace può essere compiuto a livello regionale e nazionale (cfr. nn. 28-34, inter alia). Possiamo fare due esempi:

Il dialogo Cattolico-Luterano, sponsorizzato anche dalla nostra Conferenza Episcopale, ha offerto un contributo significativo alla Dichiarazione sulla Giustificazione per la Fede, di portata mondiale, firmata nel 1999 da rappresentanti della Santa Sede e dalla Federazione Luterana Mondiale.

Nonostante le difficoltà tra cattolici e Ortodossi a livello internazionale, la consultazione teologica nazionale Cattolico-Ortodossa e il Comitato dei Vescovi Cattolico-Ortodossi degli Stati Uniti, si incontrano regolarmente. Le consultazioni continuano a produrre documenti di natura dottrinale e pratica. Questi vengono accolti con favore dalla nostra Conferenza Episcopale e sono di aiuto e sostegno al nostro impegno internazionale per il dialogo. Il coordinamento nazionale del lavoro di tanti dialoghi, che coinvolge un gran numero di nostri vescovi, è allo stesso tempo necessario e fruttuoso.

La Liturgia rappresenta un’espressione viva della fede e della vita della comunità cattolica. Attraverso di essa il compito magisteriale della Chiesa viene costantemente esercitato, anche se in modo meno evidente. Tuttavia, la traduzione e le decisioni riguardo all’applicazione della Costituzione sulla Liturgia e i successivi documenti romani, sarebbero impossibili senza la collaborazione dei vescovi di una data regione attraverso le loro Conferenze Episcopali.

Nel corso degli anni la Conferenza ha pubblicato importanti documenti riguardo la Giustizia Sociale e la Pace, e questi hanno avuto un impatto significativo sia nel nostro paese che altrove.

Tutte queste attività implicano una dimensione magisteriale del ministero dei vescovi che fanno parte della comunione della Conferenza Episcopale. Per questo suggerisco che le proposizioni che presenteremo al Santo Padre comprendano la richiesta, proseguendo le indicazioni iniziate da Apostolos suos (1998), di uno studio più approfondito del ruolo delle Conferenze Episcopali a sostegno della comunione della Chiesa, uno studio che possa anche approfondire la nostra comprensione del compito specifico di tali Conferenze nell’insegnamento della fede cattolica al popolo di Dio dei nostri giorni.

[00041-01.03] [in023] [Testo originale: inglese]

Rev. P. François EID, O.M.M., Superiore Generale dell’Ordine Maronita Mariamita (Unione dei Superiori Generali)

L’aggravarsi della situazione religiosa nel mondo rende particolarmente drammatica la vita dei cristiani in terra d'Islam; infatti, come conseguenza delle loro delusioni, l’Islam si mostra più fondamentalista e più fanatico. Tutto questo si trasforma in una fonte di profondo malessere e di timori per le minoranze cristiane.

In questo contesto, al Vescovo viene affidata una missione urgente, quella di essere un promotore di dialogo.

La coesistenza tra cristiani e musulmani deve rappresentare il punto essenziale di ogni dialogo, in quanto è nella vita quotidiana che le persone si incontrano, si conoscono, collaborano, si capiscono e si amano.

Attraverso il dialogo delle azioni, il Vescovo sarà la guida e l’esempio nella lotta per la giustizia, la pace, la libertà, la difesa della vita, della famiglia e della dignità dell’uomo, nella carità, nella fratellanza e nel rispetto inalienabile della libertà di fede e di coscienza. È in questo spirito di collaborazione che il Vescovo orienta i suoi fedeli a sviluppare un’autentica educazione alla pace.

Il dialogo teologico dovrà essere diretto dal Vescovo con diligenza, senza pregiudizi e con una profonda conoscenza delle specificità dell’altro, insistendo sulla ricerca sincera delle verità comuni.

La religiosità vissuta dai credenti delle due grandi religioni fa loro raggiungere l’intimità con Dio e forma un capitale unico di esperienza religiosa.

Ne consegue, per il Vescovo, l’impegno di uscire allo scoperto e aiutare i fedeli a liberarsi dall’ignoranza e dai pregiudizi verso l’altro, di sgombrare il discorso religioso da ogni aggressività generatrice di tensioni, di incoraggiare i fedeli ad attaccarsi alla propria terra, alla propria patria e ad accedere alle istituzioni dello stato per la salvaguardia dei diritti degli individui e delle comunità.

In questo modo cristiani e musulmani potranno allentare le loro tensioni e conflitti per una vita di cooperazione al servizio dell’umanità.

[00060-01.02] [in024] [Testo originale: francese]

S.E.R. Mons. Gheorghi Ivanov JOVČEV, Vescovo di Sofia e Plovdiv (Bulgaria).

Nel suo intervento ha espresso grande apprezzamento per la scelta del tema della speranza, di cui il popolo bulgaro sente particolarmente bisogno dopo la caduta delle utopie e 1'avvento di un capitalismo senza regole.

Ha ricordato il fulgido contributo dei Vescovi martiri suoi predecessori ed ha illustrato 1'impegno attuale della Chiesa Cattolica nel suo Paese per la fedele recezione degli insegnamenti conciliari e post-conciliari e per la piena rivitalizzazione di tutte le componenti della comunità cristiana, che intende partecipare attivamente alle grandi sfide che attendono la Chiesa Cattolica nel mondo di oggi.

Ha quindi suggerito 1'opportunità di una più approfondita trattazione sia dell'origine neotestamentaria dell'Episcopato sia dell'importanza del sacramento della Confessione. Concludendo, ha augurato a tutti i Vescovi di essere "ministri buoni e fedeli" della Beata Vergine Maria "Donna della speranza".

[00059-01.03] [in025] [Testo originale: italiano]

S.E.R. Mons. Nestor NGOY KATAHWA, Vescovo di Kolwezi (Repubblica democratica del Congo).

L’ingresso nel terzo millennio si presenta come un appello lanciato alla Chiesa e all’umanità perché si rinnovino. Questa Assemblea Sinodale, che tratta il tema dei Vescovi, viene a dirci che il rinnovamento in questione deve cominciare dall’Ordine dell’Episcopato. Noi Vescovi dobbiamo quindi rinnovarci all’inizio di questa nuova era. Il mio intervento si limita a esporre alcuni argomenti che illustrano l’esigenza, per noi Vescovi, di convertirci.

Con il nostro titolo di "Principi della Chiesa", siamo piuttosto portati a coltivare la ricerca degli onori e dei privilegi umani, mentre il Re di cui noi siamo i "Principi" trova la sua glorificazione nella Croce.

L’esercizio del nostro ministero di santificazione si riduce generalmente a delle pratiche rituali senza anima, superficiali e sbrigative, senza molta interiorizzazione da parte nostra. La teoria dell’efficacia ‘ex opere operato’ tende a farci credere che noi saremmo dispensati dall’essere in stato di santità per un’amministrazione fruttuosa dei sacramenti e dei riti sacramentali.

Nella predicazione della parola di Dio, abbiamo la tendenza a rivolgere il messaggio agli altri non considerando che questa parola si riferisce prima di tutto a noi stessi.

Il nostro ministero di governo del popolo di Dio è spesso caratterizzato dalla pratica del favoritismo e della discriminazione sociale: ci sentiamo di più a nostro agio con coloro i quali detengono il potere e con i ricchi che con i poveri e gli oppressi. E il fatto che esercitiamo da soli il potere legislativo, esecutivo e giudiziario è una tentazione a comportarci come dittatori, tanto più che il nostro mandato non ha limiti.

Non è raro che lo stesso Vescovo ritenga che la devozione a Maria, la Madre di Gesù, sia facoltativa.

Come possiamo essere ministri, amici e fratelli di Gesù Cristo senza essere figli di Maria?

Dobbiamo veramente fare attenzione, nella nostra vita e nel nostro ministero, a non trovarci staccati dalla Croce di Cristo che è la fonte della nostra identità cristiana. Altrimenti rischiamo di trovare altri maestri come la Rosacroce, la massoneria, la magia, la stregoneria... La Chiesa Cattolica è accusata di aver pervertito l’umanità di oggi. Siamo noi, i Vescovi, che siamo presi di mira direttamente.

Questo Sinodo è per noi l’occasione di fare un profondo esame di coscienza e di convertirci. È iniziato il giorno successivo alla festa degli Arcangeli che combattono le forze del male, e andrà avanti per tutto il mese di ottobre, mese di Maria, che schiaccia la testa del Serpente. Cerchiamo di comprendere questi segni. Grazie alla nostra conversione la Chiesa ritroverà maggior vigore nella sua missione e la faccia della terra si rinnoverà.

[00058-02.03] [in026] [Original text: French]

S.E.R. Mons. Jesús PÉREZ RODRIGÚEZ, OFM, Vescovo di Sucre (Bolivia).

Tra le funzioni costitutive ed essenziali che formano una parte indispensabile del ministero episcopale c’è quella di "insegnare", vale a dire, di "annunciare il Vangelo di Cristo".

Questa è la ragione fondamentale e profonda che qualifica il Vescovo come primo catechista della Chiesa particolare a lui affidata, in comunione con il Collegio Episcopale e il Vescovo di Roma.

Viviamo in un mondo caratterizzato da tremende disuguaglianze sociali, dal contradditorio fenomeno della globalizzazione, dall’emarginazione, dalla povertà e dall’esclusione di centinaia di milioni di esseri umani che invocano il cielo per la loro liberazione integrale. Allo stesso modo, il progresso umano, le conquiste illimitate della tecnologia e delle scienze, la cultura mediatica e le note conseguenze socioeconomiche e politiche che ne derivano, fanno parte delle molte sfide che si presentano oggi all’evangelizzazione e alla catechesi.

Occorrerebbe tenere conto della dimensione ‘politica’ del ministero episcopale, delle situazioni caratterizzate da conflitti sociali permanenti o prolungati in certi paesi e aree geografiche. Il Vescovo dovrebbe contrapporre l’impegno - assunto pubblicamente - del Dio della vita con i più poveri, esclusi dai benefici della creazione, per assicurare la loro liberazione.

Lo sviluppo del ministero episcopale, così come la vita e la missione di tutta la Chiesa, non si collocano ai margini di questa realtà. Al contrario, costituiscono lo spazio dell’annuncio e della crescita del Regno di Dio.

Questi fatti contribuiscono a configurare, legittimare, qualificare e dare un profilo ad un determinato modo di essere e di agire del Vescovo.

[00057-01.03] [in027] [Testo originale: spagnolo]

Rev. P. Ab. Thierry PORTEVIN, O.S.B. Subl., Presidente della Congregazione Benedettina Sublacense (Unione dei Superiori Generali).

Essendo l’unico monaco tra i delegati dell’Unione dei Superiori Generali vorrei attirare l’attenzione del Sinodo sulla vita monastica.

Da sempre il Magistero ha insistito sul ruolo centrale e unico che la vita monastica ricopre all’interno della Chiesa. Il cuore della sua missione è, lo sappiamo, di cercare Dio vivendo il Vangelo in comunità, obbedendo alla regola e a un Abate, nel chiostro del monastero, servendosi, come mezzi primari ed essenziali della lectio divina, della preghiera comunitaria, di quella personale e della vita comune. Senza questo nucleo centrale, al quale "Niente deve essere preferito", tutte le altre attività materiali o spirituali sono vane. Ricordare ciò a tutta la vita religiosa e cristiana è uno degli aspetti della missione profonda della vita monastica nel mondo e nella Chiesa.

Per aiutare a promuovere e proteggere quella parte della vita religiosa che è la vita monastica, visto che è compresa nel compito pastorale dei Vescovi (cfr. Instrumentum laboris n. 92), vorrei attirare la vostra attenzione su due punti.

Le visite canoniche.

Le visite canoniche istituite dal Diritto e dalle Costituzioni hanno come scopo di incoraggiare e aiutare la vita delle comunità monastiche. Ora, l’esperienza ci dimostra che questo obiettivo è più facilmente raggiunto se quelli che effettuano la visita conoscono dall’interno la vita monastica. Inoltre, poiché il Vescovo incaricato di fare la visita canonica a una comunità di monache di clausura non ha questa esperienza, converrebbe o, che vi si faccia accompagnare, per l’occasione, da un monaco o da una monaca di clausura o, che deleghi un monaco o una monaca di clausura a compiere la visita (che richiede in particolare del tempo, tempo che il Vescovo non sempre ha, come è comprensibile).

Non prendere un abate per farne un Vescovo. In effetti un buon abate può avere all’interno e all’esterno del suo monastero, un’influenza più grande e più profonda nella Chiesa rispetto a un monaco-Vescovo, che è un’altra vocazione. È sempre rischioso non rispettare una vocazione. L’esperienza dimostra anche che allontanare un abate può compromettere la vitalità di una comunità monastica e quindi recare danno a tutta la Chiesa. Infine, se questo si deve fare, una tale scelta richiede prudenza, concertazione, dunque poterne parlare, e libertà, in particolare libertà dell’interessato di rifiutare.

In linea con questo secondo punto, il principio stesso dell’Abate Ordinario non potrà non creare dubbi in molti monaci e sacerdoti.

Grazie del rispetto e della comprensione che molti vescovi hanno per la vita monastica.

[00056-01.03] [in028] [Testo originale: francese]

S.Em.R. Card. Agostino CACCIAVILLAN, Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Città del Vaticano).

Il Cardinale Cacciavillan esordì notando che un "Instrumentum laboris" di un'Assemblea Sinodale che ha per tema il Vescovo non può non parlare dei Sacramenti, con riguardo sia alla vita spirituale del Vescovo, che da un Sacramento nasce e di Sacramenti si nutre nella sua chiamata alla santità personale, sia al ministero del Vescovo stesso, che Sacramenti celebra per gli altri e conferisce agli altri nello svolgimento del suo "munus sanctificandi" il popolo di Dio. I Vescovi hanno anche la responsabilità di vigilare che abusi non entrino nella disciplina ecclesiale, soprattutto nella celebrazione dei Sacramenti. Il Cardinale Cacciavillan ha quindi segnalato i vari punti dell"'lnstrumentum laboris" riguardanti i Sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione, i due, su sette, che pongono un problema, ed invero una esigenza di frequenza. È responsabilità dei Vescovi assicurare la disponibilità da parte dei sacerdoti e promuovere la partecipazione all'Eucaristia e la richiesta della confessione da parte dei fedeli. Nel programma di "impegno spirituale e pastorale" (n. 3) a cui il Santo Padre ci invita nella Lettera Apostolica "Novo millennio ineunte" a conclusione del Grande Giubileo, l'Eucaristia domenicale (nn. 35-36) e il sacramento della Riconciliazione (n. 37) vengono proposti come una priorità. Nei nn. 35-36 il Papa ricorda la Lettera Apostolica "Dies Domini" del 1998, e nel n. 37 l'Esortazione Apostolica post-sinodale "Reconciliatio et paenitentia" del 1984. Altro potrebbe essere segnalato del magistero pontificio in materia, a partire dalla Lettera Enciclica "Redemptor hominis" del 1979, nella quale c'è un ampio n. 20 dedicato a Eucaristia e Penitenza. Questo è un campo di enorme importanza, in cui riflessione dottrinale, disciplinare e pastorale deve spingere a prendere il largo, accogliendo l'appello del Sommo Pontefice.

[00055-01.03] [in029] [Testo originale: italiano]

S.Em.R. Card. William Wakefield BAUM, Penitenziere Maggiore (Città del Vaticano).

Il ministero dell’insegnamento rappresenta il momento centrale dell’Ufficio del Vescovo. L’esercizio di tale ufficio da parte dei Vescovi, sia residenziali che titolari, deve essere effettuato in completa armonia con il Vescovo di Roma. Nella Chiesa particolare ciò si rende ancor più evidente dal modo in cui il Vescovo esercita il proprio ministero. Egli deve essere visto come maestro preminente e capo spirituale in seno alla propria diocesi.

Il Vescovo deve incontrarsi spesso con i suoi sacerdoti per affrontare problemi dottrinali e per assisterli nell’approfondire la loro comprensione del mistero della fede. Questo ministero di insegnamento deve innanzi tutto presentare chiaramente ed esplicitamente la verità su Gesù Cristo. Ai nostri tempi abbiamo affrontato sfide alla dottrina della fede, che riguardavano il mistero della Santissima Trinità e di Gesù quale Verbo Incarnato - vero Dio e vero uomo e unico Salvatore del mondo. Nulla deve essere detto o tollerato che metta in questione, relativizzi o neghi questa verità fondamentale. A tal fine siamo profondamente grati per il recente documento Dominus Iesus, che affronta questi errori.

Per molte ragioni e per le pressioni esercitate su di lui, un Vescovo può esitare o diventare debole nell’esercizio dell’ufficio del magistero e nel correggere gli errori. Se egli è fedele alle proprie responsabilità, diventerà inevitabilmente bersaglio di molte critiche e a volte verrà ridicolizzato da persone sia all’interno che fuori dalla Chiesa. Dobbiamo essere pronti a seguire i passi di Pietro, di Paolo, degli Apostoli e dei grandi Vescovi che ci hanno preceduto.

Per quanto riguarda l’Ufficio del Vescovo, soprattutto al paragrafo #48, i Vescovi dovrebbero esaminare individualmente la propria coscienza, soprattutto riguardo al loro ministero di insegnamento. Quante volte, per accidia o timidezza, non abbiamo proclamato la verità su Cristo e la verità sulla condizione umana. Questa assemblea sinodale è in sé un’opportunità che Dio ci offre - un momento di grazia - per esaminare nuovamente noi stessi. Per noi Vescovi, come pure per tutti coloro che serviamo, la confessione fa bene all’anima.

[00054-01.05] [in030] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Héctor Miguel CABREJOS VIDARTE, O.F.M., Arcivescovo di Trujillo, Vice- Presidente della Conferenza Episcopale (Perù).

Il Vescovo, Maestro della fede.

Per vocazione, Cristo ci ha affidato la missione di essere maestri della fede, menti dell’evangelizzazione, pedagogisti della sua dottrina. Essere ministro del Vangelo significa portare alla salvezza gli uomini e le donne che Dio ci ha affidato, instradarli nel cammino della santità.

Educazione per la famiglia. L’indebolimento dell’istituzione matrimoniale ci deve portare ad affrontare solidamente, nelle nostre diocesi, sin dall’adolescenza, una formazione al matrimonio che presenti l’ideale dei grandi valori cristiani, che sensibilizzi i giovani con l’attrattiva del modello di famiglia unita che si basa sull’amore. Per questo è necessario che, nei programmi di preparazione alla confermazione, includiamo questa formazione in vista della famiglia futura. Allo stesso modo dobbiamo sviluppare programmi di educazione sessuale per le scuole cattoliche, programmi che non si accontentino di offrire una semplice informazione sessuale, ma che si orientino a formare gli alunni al senso autentico dell’amore umano, del dono reciproco, della generosità.

La bioetica. Si tratta di un tema che dobbiamo affrontare sin d’ora con programmi formativi rivolti specialmente a medici, infermiere, biologi, ricercatori, ecc. Molti di loro sono cattolici che si trovano ad affrontare gravi problemi etici con una formazione catechetica di basso livello, talvolta persino con una conoscenza della dottrina cattolica che è rimasta alla preparazione per la Prima Comunione, e hanno bisogno di approfondirsi in materia di fede e di morale al livello che esigono le decisioni che debbono prendere ora.

Università Cattoliche. Questi sforzi, però, richiedono un presbiterio e un laicato ben formati. Soltanto partendo dall’eccellenza accademica che rende in grado i nostri agenti di pastorale di comprendere gli uomini di oggi e proporre loro il Vangelo secondo modalità adeguate si può offrire un servizio efficace all’uomo e alla verità. Inoltre, le università cattoliche danno un grande contributo alla formazione permanente del clero.

Il Vescovo, Pastore del suo gregge.

La promozione vocazionale e l’importanza del seminario. Occorre riprendere la direzione spirituale dei giovani, specialmente di quelli che presentano inquietudini vocazionali, i ritiri che portano i giovani a riflettere e approfondire il senso della loro vita aprendoli al dialogo con Dio in un ambiente propizio per loro. Questo deve entrare nel nostro programma di priorità come Vescovi.

Rapporto con le Conferenze Episcopali. Dobbiamo approfittare degli organismi di comunione, perché servano da sostegno alla pastorale dei Vescovi, evitando che noi pastori ci convertiamo in portavoce di un gruppo di esperti che operano all’ombra della Conferenza Episcopale. La Conferenza Episcopale rappresenta l’ambito naturale perché i Vescovi, estendendo la coro cooperazione con altri Vescovi, si aiutino l’un l’altro ad assolvere i loro compiti in modo opportuno e fruttuoso.

Rapporto con i religiosi. L’obbedienza al Vescovo non si contrappone all’ideale di vita religiosa, al contrario, è fonte di grazie per la Chiesa che si rafforza intorno al suo pastore e costituisce un elemento importante nella sequela di Cristo poiché, tramite essa, il sacerdote religioso obbedisce a quello che Cristo ha istituito per guidare questa porzione della sua Chiesa. Il Santo Padre ci ha invitati nella lettera apostolica Novo millennio ineunte a fare della carità il centro del nostro ministero. Prendiamo sul serio questo invito del Santo Padre e confidiamo nella sua guida. Egli è Pietro, il Pastore che ci conferma nella fede e ci dirige nella Verità e nella Vita. Cristo Via ce lo offre come suo Vicario, come capo della sua Chiesa. Noi, suoi figli, lo amiamo in Lui e ci sforziamo di vivere nell’amore testimoniandolo davanti agli uomini.

[00053-01.03] [in031] [Testo originale: spagnolo]

S.E.R. Mons. Jorge Enrique JIMÉNEZ CARVAJAL, C.I.M., Vescovo di Zipaquirá, Presidente del Consiglio Episcopale Latino Americano (C.E.L.A.M.) (Colombia).

Dal punto di vista istituzionale, l’aspetto più interessante dei decenni che seguirono la conclusione del Concilio è rappresentato dallo sviluppo delle Conferenze Episcopali. Non soltanto tali organismi conobbero una significativa moltiplicazione, ma soprattutto acquisirono un effettivo prestigio, finendo per rappresentare, in molte occasioni, il punto di riferimento per la vita delle Chiesa locali e anche per i rapporti con la società. Inoltre le Conferenze Episcopali hanno dato impulso ad altri organismi di comunione a livello continentale, come nel caso del Consiglio Episcopale Latino Americano (CELAM), il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, la Federazione delle Conferenze dei Vescovi Cattolici di Oceania, la Confederazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia e il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar.

È indubbio che la maturità che oggi mostrano le Conferenze Episcopali nella nostra Chiesa, è debitrice al Conciclio Vaticano Secondo, che soprattutto nella Costituzione Lumen Gentium ha dato impulso alla chiesa-comunione e, con essa, alla collegialità episcopale come forma autentica di esercizio del ministero episcopale insieme al Successore di Pietro.

La riflessione teologica non è stata facile e i cambiamenti che il tema ha comportato, nelle strutture della Chiesa o nel suo funzionamento, sono suscettibili di ampi sviluppi. Giovanni Paolo II, in Novo millennio ineunte, ha gettato una nuova luce su questo e altri temi e ci ha invitati a rivedere - dal punto di vista della comunione - gli ambiti e gli strumenti che occorrono "per assicurare e garantire la Comunione" (cfr. NMI 44, 1). Egli considera che in questo campo "si è fatto molto... ma certamente vi è ancora molto da fare per esprimere nel modo migliore le potenzialità di questi strumenti di Comunione" (cfr. NMI 44, 2).

Lo sviluppo della proposta del Santo Padre appare molto suggestivo e sarà di grande importanza in vari settori, per quella che è chiamata ad essere la nostra Chiesa cattolica in questo inizio del terzo millennio. Tra questi settori si possono segnalare: lo sviluppo di un’autentica spiritualità di Comunione; trasformare le Conferenze Episcopali e tutte le strutture delle nostre Chiese in "case e scuole di comunione" (NMI 43" e luoghi di incontro con Gesù Cristo vivo; fare del Sinodo dei Vescovi un autentico organismo di collegialità; preparare nella nostra Chiesa un terreno fertile affinché si trasformi in realtà l’iniziativa di Giovanni Paolo II di offrire alle altre chiese un dialogo sul ministero di Pietro.

[00062-01.03] [in032] [Testo originale: spagnolo]

AVVISI

 

BRIEFING PER I GRUPPI LINGUISTICI

Il secondo briefing per i gruppi linguistici avrà luogo mercoledì 3 ottobre 2001 alle ore 13.10 (nei luoghi di briefing e con gli Addetti Stampa indicati nel Bollettino N. 2).

Si ricorda che i Signori operatori audiovisivi (cameramen e tecnici) sono pregati di rivolgersi al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali per il permesso di accesso (molto ristretto).

POOL PER L’AULA DEL SINODO

Il terzo "pool" per l’Aula del Sinodo sarà formato per la preghiera di apertura della Sesta Congregazione Generale di giovedì mattina 4 ottobre 2001.

Nell’Ufficio Informazioni e Accreditamenti della Sala Stampa della Santa Santa Sede (all’ingresso, a destra) sono a disposizione dei redattori le liste d’iscrizione al pool.

Si ricorda che i Signori operatori audiovisivi (cameramen e tecnici) e fotoreporters sono pregati di rivolgersi al Pontificio Consiglio per le Comunicazione Sociali per la partecipazione al pool per l’Aula del Sinodo.

Si ricorda che i partecipanti al pool sono pregati di trovarsi alle ore 08.30 nel Settore Stampa, allestito all’esterno di fronte all’ingresso dell’Aula Paolo VI, da dove saranno chiamati per accedere all’Aula del Sinodo, sempre accompagnati da un ufficiale della Sala Stampa della Santa Sede, rispettivamente dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali.

BOLLETTINO

Il prossimo Bollettino N. 7, riguardante i lavori della Quarta Congregazione Generale dell’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi di questo pomeriggio, sarà a disposizione dei Signori giornalisti accreditati, domani mercoledì 3 ottobre 2001, all’apertura della Sala Stampa della Santa Sede.

[b06-01.04]

 
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