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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

XI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
2-23 ottobre 2005

L'Eucaristia: fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa


Questo Bollettino è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico.
Le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

14 - 08.10.2005

SOMMARIO

♦ COMMEMORAZIONE DEL XL ANNIVERSARIO DELL’ISTITUZIONE DEL SINODO DEI VESCOVI

Questo pomeriggio, sabato 8 ottobre 2005, alla ore 16.30, con la preghiera dell’Adsumus, ha avuto inizio la Speciale Congregazione Generale per la Commemorazione del XL Anniversario dell’Istituzione del Sinodo dei Vescovi.

In apertura, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, S.E.R. Mons. Nikola ETEROVIĆ ha introdotto i lavori con il seguente discorso:

Sinodo dei Vescovi:espressione privilegiata della collegialità episcopale

Beatissimo Padre, Venerabili Padri Sinodali, Carissimi Fratelli e Sorelle.

È una grande grazia di Dio Uno e Trino celebrare il 40° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi nel corso di un’Assemblea sinodale. Tale provvidenziale coincidenza situa i partecipanti a questo atto commemorativo in medias res. Infatti, è superfluo descrivere dettagliatamente l’attività sinodale a coloro che vi stanno prendendo parte attivamente.

Tuttavia il 40mo anniversario del Sinodo dei Vescovi è un’occasione per approfondire la natura teologica e giuridica di questa istituzione che, nata nel Concilio Vaticano II, ha cercato di mantenerne lo spirito e la metodologia di lavoro adattata alle sue proprietà. Non entrando nei risultati concreti, tema che oltrepassa queste parole d’occasione, per 4 decadi, il Sinodo dei Vescovi ha avuto il grande merito di sviluppare la dimensione sinodale del corpus episcoporum, di fomentare la collegialità episcopale tra i Vescovi e con il Santo Padre, Vescovo di Roma e Capo del collegio stesso in un ambiente di profonda comunione ecclesiale. Nelle Assemblee sinodali si sperimenta la vera collegialità episcopale, anche se in modo diverso che nei concili ecumenici.

Prima di ascoltare la parola degli Em.i Oratori, vorrei indicare alcuni dati statistici concernenti il Sinodo dei Vescovi.

Istituito il 15 settembre 1965, il Sinodo dei Vescovi ha finora avuto 4 Presidenti, quattro Pontefici: Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Sua Santità Benedetto XVI sta presiedendo per la prima volta un Sinodo dei Vescovi. Durante il breve pontificato, Giovanni Paolo I non ha praticamente avuto modo di esercitare l’ufficio di Presidente del Sinodo. Pertanto, Paolo VI e Giovanni Paolo II sono due Romani Pontefici che hanno segnato la storia del Sinodo dei Vescovi. Di 11 Assemblee Generali Ordinarie, finora celebrate, 4 hanno avuto luogo nel corso del Pontificato del Servo di Dio Paolo VI, rispettivamente nel 1967, nel 1971, nel 1974 e nel 1977. Lo stesso Pontefice ha tenuto 1 Assemblea Generale Straordinaria nel 1969.

Per numero di assemblee sinodali celebrate, il Servo di Dio, Giovanni Paolo II può essere denominato il Papa del Sinodo. Egli ha presieduto 6 Assemblee Generali Ordinarie, nel 1980, nel 1983, nel 1987, nel 1990, nel 1994 e nel 2001; 1 Assemblea Generale Straordinaria, nel 1985, e 8 Assemblee Speciali: 1980 per l’Olanda; 1991 I per l’Europa; 1994 per l’Africa; 1995 per il Libano; 1997 per l’America; 1998 per l’Asia; 1998 per l’Oceania e 1999 II per l’Europa.

Nella sua ormai insigne storia, il Sinodo dei Vescovi ha avuto 4 Segretari Generali: dal 1967 al 1979 Sua Eccellenza Mons. Ladislao Rubin; dal 1979 al 1985 Sua Eccellenza Mons. Jozef Tomko; dal 1985 al 2004 Sua Eminenza il Card. Jan Pieter Schotte, C.I.C.M. Dall’11 febbraio 2004, tale ufficio è ricoperto da Sua Eccellenza Mons. Nikola Eterović.

Risultato delle esperienze sinodali sono state, tra l’altro, 8 Esortazioni Apostoliche post-Sinodali: l’Evangelii nuntiandi; Catechesi tradendae; Familiaris consortio; Reconciliatio et paenitentia; Christifideles laici; Pastores dabo vobis; Vita consecrata e Pastores gregis.

Occorre, poi, menzionare le 6 Esortazioni Apostoliche post-Sinodali delle Assemblee Speciali: Ecclesia in Africa; Una speranza nuova per il Libano; Ecclesia in America; Ecclesia in Asia; Ecclesia in Oceania; Ecclesia in Europa.

I menzionati documenti hanno avuto un grande influsso sulla vita della Chiesa Cattolica.

In tutte le 21 Assemblee sinodali hanno partecipato 3.972 padri, di cui in 11 Assemblee Generali Ordinarie 2.474, in 2 Assemblee Generali Straordinarie 311 e in quelle Speciali 1.187. Il numero più ridotto riguarda il Sinodo per l’Olanda con 19 padri sinodali. Il numero più elevato si riferisce all’attuale 11a Assemblea Generale Ordinaria con 256 padri sinodali.

Il Sinodo dei Vescovi ha avuto il privilegio che due cardinali Relatori Generali delle Assemblee Generali Ordinarie, rispettivamente del 1974 e del 1980, siano diventati Pontefici. Si tratta dell’Em.mo Card. Karol Wojtyła e, poi, di Sua Eminenza il Card. Joseph Ratzinger.

Nei 40 anni il Sinodo dei Vescovi ha conosciuto varie modifiche nella metodologia di lavoro. In quest’assemblea stiamo sperimentando l’ultima, fatta secondo le sagge indicazioni del Santo Padre Benedetto XVI, che ha grande esperienza sinodale.

Il Sinodo dei Vescovi è al servizio della comunione ecclesiale attraverso il collegio episcopale che ha per capo il Vescovo di Roma. Come la Chiesa è sempre viva e giovane, per la grazia dello Spirito Santo, così anche il Sinodo dei Vescovi rimane aperto all’ispirazione dello Spirito del Signore risorto e presente nella Sua Chiesa, soprattutto nel sacramento dell’Eucaristia, per la gloria di Dio Padre e la salvezza del mondo.

Il segno tangibile della giovinezza del Sinodo è pure il fatto che oltre la metà dei padri sinodali dell’XI Assemblea Generale Ordinaria partecipa per la prima volta ad un’assemblea sinodale. È un segno di speranza per il futuro della Chiesa che, nonostante le avversità di varia indole, piena di fiducia nella divina provvidenza, continua a svolgere la missione affidatale dal Signore Gesù: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo” (Mt 28, 19).

[00201-01.02] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

Quindi, sono state presentate in Aula le seguenti relazioni e comunicazioni:

I. RELAZIONI

● Il Sinodo dei Vescovi ha 40 anni - Aspetti teologici del Sinodo dei Vescovi
S.Em.R. Card. Jozef TOMKO, Prefetto emerito della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli; Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali

● Quattro decenni di sviluppo istituzionale - Aspetti giuridici del Sinodo dei Vescovi
S. Em. R. Card. Péter ERDÖ, Arcivescovo di Esztergom-Budapest


II. COMUNICAZIONI

● Il Sinodo Particolare per Batavia - Assemblea Speciale per i Paesi Bassi
S. Em. R. Card. Adrianus SIMONIS, Arcivescovo di Utrecht (Membro dell'Assemblea sinodale)

● Convocation of the Special Assembly -Assemblea Speciale per l'Africa
S. E. R. Mons. Paul VERDZEKOV, Arcivescovo di Bamenda (Membro dell'Assemblea sinodale e del Consiglio postsinodale)

● Le Synode des Évêques dans son Assemblée Speciale pour le Liban - Assemblea Speciale per il Libano
S. E. R. Mons. Cyrille Salim BUSTROS, M.S.S.P., Eparca di Newton, Stati Uniti d'America (Relatore Generale dell'Assemblea sinodale e membro del Consiglio postsinodale)

● Frutos del Sínodo de América - Assemblea Speciale per l'America
S. Em. R. Card. Juan SANDOVAL IÑIGUEZ,Arcivescovo di Guadalajara (Relatore Generale dell'Assemblea sinodale e membro del Consiglio postsinodale)

● Some positive results of the Special Assembly for Asia of the Synod of Bishops - Assemblea Speciale per l'Asia
S. Em. R. Card. Paul SHAN KUO-HSI, S.I., Vescovo di Kaohsiung (Relatore Generale dell'Assemblea sinodale e membro del Consiglio postsinodale)

● The Special Assembly of the Synod of Bishops for Oceania - Assemblea Speciale per l'Oceania
S. E. R. Mons. John Atcherley DEW, Arcivescovo di Wellington (Membro dell'Assemblea Speciale) leggi il testo del Cardinale Thomas S. Williams, Arcivescovo emerito di Wellington (Presidente delegato dell’Assemblea Speciale)

● II Assemblea Especial para Europa del Sínodo de los Obispos - I e II Assemblee Speciali per l'Europa
S. Em. R. Card. Antonio Maria Rouco V ARELA, Arcivescovo di Madrid (Relatore Generale della II Assemblea speciale e membro del Consiglio postsinodale)


Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale delle relazioni e comunicazioni presentate in Aula in italiano e una presentazione degli altri interventi (tutti i testi integrali sono stati pubblicati nell’edizione plurilingue del Bollettino, nella lingua in cui sono stati presentati in Aula):

I. RELAZIONI

● Il Sinodo dei Vescovi ha 40 anni - Aspetti teologici del Sinodo dei Vescovi
S.Em.R. Card. Jozef TOMKO, Prefetto emerito della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli; Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali


Introduzione

Il Sinodo dei Vescovi ha compiuto quarant'anni. Paolo VI lo ha annunciato nella sua allocuzione all'inizio dell 'ultima sessione del Concilio Vaticano II e lo istituì con il motu proprio "Apostolica sollicitudo" del 15 settembre 1965. Da allora, esso è ormai entrato nella vita della Chiesa cattolica come un organismo vivo che esprime, qualifica e anima la vita della Chiesa. Oggi ringraziamo Dio per la sua esistenza.
Sono stato chiamato dalla fiducia del Santo Padre Benedetto XVI, su proposta dell'Eccellentissimo Segretario Generale, a commemorare questo anniversario illustrando gli aspetti teologici del Sinodo dei Vescovi. Ringrazio per la gradita designazione che è per me non solo un onore ma soprattutto un'occasione di rendere la personale testimonianza della vitalità dell'istituto sinodale, come l'ho sperimentata nei lunghi anni. Ho potuto assistere alla prima assemblea generale del Sinodo nel 1967 come uno dei cinque segretari speciali. Nel luglio 1979 il giovane Papa Giovanni Paolo II mi ha chiamato a sostituire il primo Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Mons. Wladyslaw Rubin, nominato Cardinale. In sei anni di attività ho potuto organizzare sotto la personale guida dell'amato Pontefice due Assemblee generali (sul matrimonio e la famiglia e sulla riconciliazione e la penitenza) e l'Assemblea particolare per l'Olanda, lanciando la preparazione di due altre Assemblee: quella generale ordinaria sui laici e l'altra straordinaria sugli adempimenti del Concilio Vaticano II. Nell 'aprile del 1985 ho passato le redini della Segreteria Generale del Sinodo al compianto Cardinale Jan Schotte, ma in seguito ho potuto assistere quale Prefetto del Dicastero missionario a tutte le Assemblee sinodali, con funzione di Presidente Delegato per l'Assemblea speciale per l'Asia.
Mi sia concessa venia se menziono queste esperienze per poter di più corroborare la mia gioiosa testimonianza sul Sinodo dei Vescovi. Il tempo assegnatomi mi obbliga ad essere fin troppo sintetico sull'istituzione sinodale che concentra varie realtà teologiche, in specie ecclesiologiche. Dividerò il discorso in seguenti temi: 1° Fonti, origine e sviluppi del Sinodo dei Vescovi, 2° Struttura e finalità, 3° Basi ecclesiologiche: communio e collegialitas, 4° Rappresentanza dell'intero Episcopato, 5° Il voto collegiale al Sinodo, 6° Conclusione.

1. Fonti, origine e sviluppi del Sino do dei Vescovi

Come ha rilevato Giovanni Paolo II, il Sinodo dei Vescovi è germogliato nel fertile terreno del Concilio Vaticano II ed ha potuto vedere il sole grazie alla sensibile mente di Paolo VI. Pur avendo qualche limitata analogia con altre forme collegiali come i sinodi romani, medievali, regionali, patriarcali, il "sobor" e il "synodos endemousa" delle chiese orientali, il Sinodo dei Vescovi è un'istituzione nuova, diversa da queste forme e anche dal Concilio Ecumenico [1].
Paolo VI ha colto un'imprecisa idea, che girava nell'ambiente conciliare, di un consiglio stabile dei Vescovi che affiancasse il Papa e la Curia Romana nel reggere la Chiesa universale, e nell'aprire l'ultima sessione del Concilio Vaticano II ha, in data 15 settembre 1965, con il motu proprio "Apostolica sollicitudo" solennemente istituito il Sinodo dei Vescovi, per "rafforzare con più stretti vincoli la Nostra unione con i Vescovi,... affinchè non Ci venga a mancare il sollievo della loro presenza, l'aiuto della loro prudenza ed esperienza, la sicurezza del loro consiglio, l'appoggio della loro autorità", nonché "per dare ai medesimi la possibilità di prendere parte in maniera più evidente e più efficace alla Nostra sollecitudine per la Chiesa universale"[2]. Dopo questa introduzione, Paolo VI ha dato in 12 articoli un solido impianto teologico e giuridico al nuovo istituto sulle basi dei decreti conciliari già approvati.
Il Sinodo dei Vescovi ha potuto trovare ancora la menzione nei due Decreti votati nella susseguente ultima sessione del Vaticano II, e cioè nel Decreto sui Vescovi "Christus Dominus", al n.5, e in quello sulle missioni "Ad Gentes", al n.29.
Giovanni Paolo II, che si riteneva "cresciuto nel Sinodo" [3], ne ha approfondito la teologia, consolidata l'autonomia, accresciuta l'autorità e collegialità. Membro di tutte le Assemblee sinodali, presente in tutte da Arcivescovo o da Papa, salvo in una (per solidarietà con il Cardinale Wyszynski, impedito dal governo), relatore al Sinodo del 1974, Egli ha elaborato un'elevata "visione" teologica e giuridica sull'istituzione sinodale ed ha voluto sottolinearne l’autorità collegiale anche nel titolo delle Esortazioni apostoliche con l'aggiunta "post-sinodali". Già nel 1972 il giovane Arcivescovo Karol Wojtyla ha pubblicato sul settimanale cattolico "Tygodnik powszechny" un lungo e penetrante studio teologico sul Sinodo dei Vescovi [4] che è stato tradotto in italiano nel 1980[5]. In prossimità del ventennio del Sinodo il Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo ha dedicato cinque giorni, dal 26 al 30 aprile 1983, allo studio della natura e del funzionamento del Sinodo [6]. Alla fine della riunione il Papa ha rivolto ai partecipanti un denso discorso che è una profonda sintesi del suo pensiero. In esso accenna alle tre fasi del Sinodo dei Vescovi: preparativa, assembleare e la terza che chiama "post-sinodale" e individua nell' applicazione concreta che viene data alle conclusioni sinodali. Più tardi, nel 1994, il Sinodo speciale, continentale, sull' Africa gli ha fornito l'occasione per considerare come terza fase, - cioè "celebrativa" come l'ha chiamata -, la solenne consegna delle conclusioni alle particolari chiese direttamente interessate.
Un ulteriore sviluppo si è avuto con il nuovo Codice di Diritto Canonico nel 1983, che tratta succintamente del Sinodo dei Vescovi nei canoni 342-348, rimandando per i dettagli al "diritto peculiare", cioè al motu proprio "Apostolica sollicitudo" (AS) e al Regolamento del Sinodo dei Vescovi.

2. Struttura e finalità del Sinodo

Riprendendo quasi letteralmente il voto espresso nel Decreto del Concilio Vaticano II "Christus Dominus" (num.5), Paolo VI ha istituito il Sinodo come " consiglio permanente di Vescovi per la Chiesa universale", soggetto direttamente al Papa, ed ha precisato la sua natura come:
"a) un'istituzione ecclesiastica centrale, b) rappresentante tutto l'episcopato cattolico, c) perpetua per su natura" (AS, art.I). Le finalità sono descritte nell'art.II dell'AS. Nell'art.III viene assegnata al Sinodo la sua funzione: "Al Sinodo dei Vescovi spetta per sua natura il compito di dar informazioni e consigli. Potrà anche godere di potestà deliberativa, quando questa gli sia stata conferita dal Romano Pontefice, al quale spetta in tal caso ratificare le decisioni del Sinodo".
Il nuovo Codice di Diritto Canonico delimita la struttura e le fmalità del Sinodo nei primi due dei sette canoni. Nel can.342 ne presenta quasi una definizione giuridico-teologica: "Il Sinodo dei Vescovi è un' Assemblea dei Vescovi i quali, scelti dalle diverse Regioni dell'orbe, si riuniscono in tempi determinati per favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi stessi, e per prestare aiuto con il loro consiglio al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell'incremento della fede e dei costumi, nell'osservanza e nel consolidamento della disciplina eccleiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l'attività della Chiesa nel mondo". Voglio notare che il Decreto del Concilio Vaticano II Ad Gentes" attribuisce al Sinodo il compito poco menzionato nella prassi di "seguire con particolare sollecitudine l'attività missionaria" (AG,n.29). Il can.343 stabilisce: "Spetta al Sinodo dei Vescovi discutere sulle questioni proposte ed esprimere dei voti, non però dirimerle ed emanare decreti su tali questioni, a meno che in casi determinati il Romano Pontefice, cui spetta in questo caso ratificare le decisioni del Sinodo, non gli abbia concesso potestà deliberativa".
Queste descrizioni sono essenziali anche sotto l’aspetto teologico.

3. Basi teologiche: communio e collegialitas.

Come si colloca l'istituzione del Sinodo dei Vescovi nella Chiesa? Su quali basi teologiche ed in specie ecclesiologiche poggia?
Paolo VI nel Documento costitutivo del Sinodo lo definisce come "uno speciale consiglio permanente di sacri pastori" e parla genericamente della "viva unione (del Papa) con i Vescovi", sperimentata durante il Concilio che potrebbe portare anche dopo il Concilio al popolo cristiano la larga abbondanza di benefici" [7]. Senza menzionare espressamente la collegialità, egli la utilizza nel significato elaborato nella Costituzione dogmatica "Lumen Gentium" e nella "Nota praevia".
Giovanni Paolo II trova la fondazione teologica del Sinodo dei Vescovi remotamente nell 'unità della Chiesa che si esprime concretamente e dinamicamente nella vita di comunione tra le singole chiese locali, e di collegialità tra tutti i Vescovi, incluso in particolare quello di Roma. Le due realtà intimamente collegate, la comunione e la collegialità, tornano continuamente nei suoi discorsi sul Sinodo, ma con particolare vigore e rigore nell' Allocuzione al Consiglio della Segreteria Generale del 30 aprile 1983. Egli afferma: "Il Sinodo è lo strumento della collegialità ed un potente fattore della comunione...Si tratta di uno strumento efficace, agile, tempestivo, puntuale a servizio di tutte le chiese locali e della collegialità" [8]. L'unità dinamica ossia la "communio" ecclesiale è per Giovanni Paolo II l'ultimo fondamento in cui si radica il Sinodo dei Vescovi che sorge come un'esigenza dell'unità e della comunione. Ma allo stesso tempo il Sinodo, una volta esistente e funzionante, diventa uno strumento che trova nell'unità e nella comunione ecclesiale la sua più profonda finalità. Attraverso la viva collegialità dei Vescovi, compreso quello di Roma, il Sinodo dei Vescovi raggiunge la comunione dei fedeli tutti nelle chiese particolari.
La ricca visione del Sinodo dei Vescovi del grande Papa parte quindi dalla esigenza della comunione e tocca una delle note fondamentali della Chiesa e cioè la sua unità, esigenza nella quale questo Organismo trova le sue radici ultime e ad essa contribuisce. Ma la base immediata della "sinodalità" è la collegialità, o come Egli si esprime nella prima Enciclica "Redemptor hominis ", "il principio della collegialità"[9]. Per Giovanni Paolo II il Sinodo dei Vescovi è "un'espressione particolarmente fruttuosa e lo strumento della collegialità" [10], ed anche "un'espressione privilegiata della collegialità episcopale, con la quale i pastori delle diocesi partecipano con il Vescovo di Roma alla sollecitudine per tutte le chiese" [11].
Però di quale collegialità parlava Giovanni Paolo II e parliamo noi in rapporto al Sinodo dei Vescovi? Come è ben noto, il Concilio Vaticano II nella Costituzione dogmatica "Lumen Gentium" e nella "Nota praevia" parlano del Collegio dei Vescovi e del suo potere nel senso di una stretta collegialità. Come si esprime Giovanni Paolo II, "tutti i Vescovi della Chiesa con a capo il Vescovo di Roma, successore di Pietro, "perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità" (LG,23) dell 'episcopato, formano il collegio che succede a quello apostolico con a capo Pietro. La solidarietà che li lega e la sollecitudine per l'intera Chiesa si manifestano in sommo grado quando tutti i Vescovi sono radunati "cum Petro et sub Petro" nel Concilio ecumenico. Tra il Concilio e il Sinodo esiste evidentemente una differenza qualitativa, ma, ciò nonostante, il Sinodo esprime la collegialità in maniera altamente intensa seppur non uguale a quella realizzata dal Concilio" [12].
Secondo il Concilio Vaticano II il Collegio dei Vescovi "esercita la potestà sulla Chiesa universale anche mediante l'azione congiunta dei Vescovi sparsi nel mondo, se essa come tale è indetta o liberamente recepita dal Romano Pontefice, così che si realizzi un vero atto collegiale" (CJ.C., can.337, §2 e LG,22). Il Concilio ammette tuttavia, oltre la collegialità nel senso stretto anche altre forme di collegialità nel senso più largo. Giovanni Paolo II si muove nel contesto di questa collegialità che si può applicare, con varia gradualità e intensità, a diverse forme in cui può trovare la sua espressione "l' affectus collegialis" (che non è un semplice sentimento!) dei gruppi più ristretti dei Vescovi, come per esempio il Collegio cardinalizio, le Conferenze episcopali e altre strutture collegiali a carattere internazionale o continentale (cfr. Enc. “Redemptor hominis”, 5).

4. Il Sinodo dei Vescovi come rappresentanza dell'intero episcopato

Ma come si deve allora intendere la qualità attribuita da Paolo VI nello stesso Documento costitutivo al Sinodo dei Vescovi come "rappresentante di tutto l’episcopato cattolico" (AS, art.I) e come si spiega alla luce del Decreto conciliare "Christus Dominus" la natura collegiale del Sinodo dei Vescovi "che rappresentando tutto l'episcopato cattolico, insieme dimostra che tutti i Vescovi sono partecipi, in gerarchica comunione, della sollecitudine della Chiesa universale" (CD, 5) ? L'inciso, per di più, è stato omesso nella descrizione strettamente giuridica del Sinodo nel Codice di Diritto Canonico (del 1983), can.342. Nel primo ventennio si discuteva se i Vescovi partecipanti con il Papa al Sinodo rappresentassero l'intero episcopato cattolico, ossia il collegio dei Vescovi nel senso proprio, oppure soltanto nel senso morale. Nel primo caso il Sinodo potrebbe agire a nome del Collegio episcopale ed avere il potere deliberativo per sua natura (suapte natura). Nel secondo caso bisogna intendere questa rappresentanza nel senso che attraverso i Vescovi scelti e partecipanti viene rispecchiata la composizione dell'intero episcopato anche nella sua distribuzione geografica, per cui questo gruppo di Vescovi al Sinodo non può avere il potere deliberativo di per sé ma solo per delega del Papa.
Il vero significato dell'inciso è stato chiarito nel senso morale-teologico e non nel senso proprio giuridico sulla base degli Atti del Concilio Vaticano II, ed in specie della Relazione del Vescovo Mons.J.Gargitter, Relatore per questa parte del Decreto "Christus Dominus". Anche la Costituzione dogmatica "Lumen Gentium" esclude ai singoli Vescovi la possibilità di decidere con atti di giurisdizione sulle altre chiese particolari (LG, 23), ciò che vale pure per i gruppi di Vescovi. La loro sollecitudine riguarda la promozione e la difesa dell'unità della fede e della disciplina comune, la propagazione della fede e l'amore per tutto il Corpo mistico, in specie per le membra povere, sofferenti e perseguitate (Cfr.ibid.). La rappresentanza dell'intero episcopato cattolico al Sinodo deve essere intesa in tal senso. Non si vede come questa "rappresentanza" sia di tale natura da poter - senza un ricorso speciale ai poteri primaziali petrini- essere considerata capace di un atto strettamente collegiale dell'intero collegio, oppure vincolare l'intero collegio e tutta la Chiesa. Né si vede come il Sinodo con tali poteri deliberativi "suapte natura" differisca dal Concilio ecumenico.
Pur riconoscendo che il numero dei Vescovi necessari per "rappresentare" l'intero episcopato non può essere stabilito secondo un criterio rigidamente matematico (in alcuni Concili ecumenici era piuttosto basso), sembra fuori ogni misura supporre che 200 Vescovi possano obbligare con le loro deliberazioni 4. 700 Vescovi e più di un miliardo di cattolici, senza che un tale potere venga loro delegato da colui che è il principio dell'unità nella Chiesa, cioè dal Papa.
Il Card.Ratzinger l'ha espresso in maniera lapidaria in una frase: "La suprema autorità su tutta la Chiesa, di cui gode il Collegio dei Vescovi unito al Romano Pontefice può essere esercitata solo in due modi: in modo solenne nel Concilio Ecumenico, in altro modo con un atto comune dei Vescovi sparsi per tutta la terra (LG, 22). Ma secondo la tradizione cattolica, orientale e occidentale, non si può concepire che i Vescovi possano concedere ad alcuni Vescovi da loro scelti questa loro facoltà partecipativa al governo della Chiesa universale" [13]
In conclusione, i Vescovi nel Sinodo rappresentano l'episcopato cattolico del mondo in maniera morale e manifestativa e il loro voto è per sé consultivo, potendo diventare deliberativo soltanto per delega del Romano Pontefice.

5. Il voto consultivo al Sinododei Vescovi

Il Card. Wojtyla si è soffermato sull'importanza teologica del voto sinodale fin dal 1972, vedendo il suo peso "principalmente nel modo collegiale di pronunciarsi, come pure in ciò che viene dichiarato" [14]. A distanza di undici anni ha sviluppato questa riflessione affermando: "Tale collegialità si manifesta principalmente nel modo collegiale di pronunciarsi da parte dei pastori delle chiese locali. Quando essi, specialmente dopo una buona preparazione comunitaria nelle proprie chiese e collegiale nelle proprie Conferenze episcopali, con la responsabilità per le proprie chiese particolari ma assieme con la sollecitudine per la Chiesa intera, testimoniano in comune la fede e la vita di fede, il loro voto, se moralmente unanime, ha un peso qualitativo ecclesiale che supera l'aspetto semplicemente formale del voto consultivo"[15].
In tale maniera teologica il grande Papa supera il lato puramente formale e giuridico del voto sinodale e lo colloca nel contesto della Chiesa come organismo di comunione di fede. Ho avuto modo di sperimentarlo in concreto, quando Egli domandava se tutte le proposizioni approvate dal Sinodo fossero incluse nei relativi progetti dei Documenti finali. Egli, inoltre, desiderava che tali Documenti fossero anche nel titolo designati non solo come suoi ma anche come sinodali. Da qui si è avuta la serie delle Esortazioni non solo "apostoliche" ma anche "post-sinodali".
Questa impostazione delle proposizioni approvate nel Sinodo è quindi considerata dal Papa teologicamente e qualitativamente più vincolante che una semplice consultazione qualsiasi. Ma essa è anche più esigente nei riguardi delle Conferenze episcopali, dei Vescovi partecipanti e di tutti i Vescovi del mondo, sia nella preparazione collegiale e comunitaria delle assemblee sinodali, che nell'applicazione delle loro conclusioni. Così "il Sinodo fa risaltare il nesso intimo tra la collegialità e il primato"[16].

Conclusione.

Attraverso l'istituzione del Sinodo dei Vescovi il primato valorizza l' episcopato e la collegialità, ma quasi di ritorno ne esce valorizzata la stessa funzione primaziale, a beneficio dell' intero organismo vivo della Chiesa. Vorrei concludere con un'immagine
Il Sinodo dei Vescovi è come un cuore, cioè come una pompa che raccoglie prima nelle e dalle comunità del corpo ecclesiale i suggerimenti e le esperienze positive e negative della vita della fede nelle chiese particolari del mondo, appunto come il cuore aspira dalle membra il sangue consumato per ossigenarlo e rimandarlo come fonte di nuove energie nelle membra. Così pure nelle assemblee generali e nei circoli si opera il confronto e il discernimento evangelico delle esperienze ecclesiali alla luce della fede, e nello spirito della comunione si formulano le direttive che, con l'autorità del Papa, principio visibile dell'unità, vengono rifuse come sangue ossigenato e rinnovato, verso le chiese particolari a profitto della vita ecclesiale in tutte le parti del Corpo mistico di Cristo Una meravigliosa osmosi ecclesiale che si compie da quarant' anni per opera della provvidenziale istituzione del Sinodo dei Vescovi. Perciò il nostro augurio per questo "cammino insieme" ("syn-odos") dei Vescovi è: vivat, crescat, floreat !

Note:
[1] La bibliografia sul Sinodo dei Vescovi è ormai ampia. Si veda in: F.DUPRE LA TOUR OSB, Le Synode des Eveques dans le contexte de la collégialitè, Rome 2002, 325-344, più breve in: J.TOMKO, Il Sinodo dei Vescovi, natura-metodo-prospettive, Libreria Editrice Vaticana, 1985, p.13,n.1.
[2] PAOLO VI, Motu proprio "Apostolica sollicitudo", AAS, 57 (1965), p.776.
[3] GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, 16 dicembre 1978, AAS, 71 (1980), p.107.
[4] K. WOJTYLA, O Synodzie Biskupov, in: Tygodnik powszechny, 5 marzo 1972.
[5] "Il Sinodo dei Vescovi", traduz.ital. di A.Kurczab, in: "Karol Wojtyla e il Sinodo dei Vescovi" (a cura di G. SARRAF), Libr.Ed Vaticana 1980, p.305-311
[6] J.TOMKO ha curato, nell'opera citata, la pubblicazione dei principali contributi di questa riunione di studio: TOMKO J., Il Sinodo dei Vescovi e Giovanni Paolo I/, p.13-44; RATZINGER J., Scopi e metodi del Sinodo dei Vescovi, p.45-58; ANTON A., La collegialità nel Sinodo dei Vescovi,p.59-111; MARRANZINI A., Sinodo dei Vescovi e collegialità, p.112-120; CAPRILE G., Il Sinodo dei Vescovi e il suo funzionamento, p.121-157.
[7] PAOLO VI, Motu proprio "Apostolica sollicitudo ", introduz.
[8] GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, 30 aprile 1983, AAS, 75 (1983), p.649.
[9] GIOVANNI PAOLO II, Enc. "Redemptor hominis", n. 5, AAS, 71 (1979), p.264-265.
[10] GIOVANNI PAOLO II, Omelia per l'Ordinazione episcopale di J. Tomko, 15 settembre 1979, L'Osservatore Romano, 17 -18 settembre 1979
[11] GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, 23 febbraio 1980, in L 'Osserv.Rom., 25-26febbraio 1980.
[12] GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione al Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, 30 aprile 1983, cit., p.651
[13] J.RATZINGER, Scopi e metodi del Sinodo dei Vescovi, in: J. TOMKO, Il Sinodo dei Vescovi, o.c., p.48.
[14] K. WOJTYLA, Il Sinodo dei Vescovi, in: Tygodnik powszechny, 5 marzo 1972.
[15] GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione del 30 aprile 1983, cit., p.651 (16) Ibid, p.651

[Testo integrale - 00164-01.05] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

● Quattro decenni di sviluppo istituzionale - Aspetti giuridici del Sinodo dei Vescovi
S. Em. R. Card. Péter ERDÖ, Arcivescovo di Esztergom-Budapest


I. OSSERVAZIONI PRELIMINARI

La natura teologica del Sinodo dei Vescovi è stata appena presentata in modo autorevole. Tra le basi teologiche immediate delle norme giuridiche che regolamentano l'istituto quarantennale del Sinodo dei Vescovi spiccano i principi che si trovano nei testi rispettivi del Concilio Vaticano II sul collegio dei Vescovi, specialmente il numero 22 della “Lumen Gentium” con le sue "Nota explicativa praevia", la menzione concreta fatta sul Sinodo dei Vescovi nel decreto “Christus Dominus” (5) che è stato approvato dopo l'istituzione pontificia del Sinodo, avvenuta nel Motu Proprio “Apostolica sollcitudo”[1], nonché nel ricco magistero di Papa Paolo VI e di Giovanni Paolo II, il quale aveva a cuore in modo particolare l'istituto del Sinodo dei Vescovi, al cui sviluppo ha contribuito sostanzialmente durante i decenni del suo grande pontificato. Dato che le caratteristiche fondamentali dell'istituto del Sinodo sono state presentate in occasione del ventesimo anniversario di questa istituzione[2], alla luce della visione di Giovanni Paolo II, dal Cardo Jozef Tomko, allora Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, ci limiteremo alla breve presentazione della fisionomia giuridica del Sinodo dei Vescovi secondo il diritto canonico vigente, cercando di riflettere sulla sua natura giuridica come organo e anche sulle sue singole forme, funzioni e manifestazioni che si sono cristallizzate nella prassi degli ultimi decenni. In conclusione, cercheremo di individuare alcune linee maestre del suo sviluppo ed alcuni punti centrali del suo ministero nella promozione della collegialità episcopale e della comunione, nonché nello studio e nella soluzione dei problemi connessi con la missione della Chiesa nel mondo attuale.

II. LA NATURA GIURIDICA DEL SINODO DEI VESCOVI

1. Secondo i primi documenti costitutivi del Sinodo

Dopo diverse discussioni teoriche[3] oggi risulta pacifico che il Sinodo dei Vescovi per sua natura non è un organo provvisto di potestà di governo nella Chiesa. La sua natura e i suoi compiti sono stati descritti già nel Motu Proprio “Apostolica sollicitudo” e precisati nell'Ordo Synodi Episcoporum”[4].
Il documento pontificio costitutivo del Sinodo precisa la sua natura descrivendo il Sinodo come: "a) un'istituzione ecclesiastica centrale; b) rappresentante tutto l'episcopato cattolico; c) perpetua per sua natura”[5]. Le finalità del Sinodo, sempre secondo il Motu Proprio, sono: "a) favorire una stretta unione e collaborazione fra il Sommo Pontefice e i Vescovi di tutto il mondo; b) procurare un’ informazione diretta ed esatta circa i problemi e le situazioni che riguardano la vita interna della Chiesa e l'azione che essa deve condurre nel mondo attuale; c) rendere più facile l'accordo delle opinioni almeno circa i punti essenziali della dottrina e circa il modo di agire nella vita della Chiesa”[6]. Circa la funzione del Sinodo il Motu Proprio stabilisce: "Al Sinodo dei Vescovi spetta per sua natura il compito di dar informazioni e consigli. Potrà anche godere di potestà deliberativa, quando questa gli sia stata conferita dal Romano Pontefice, al quale spetta in tal caso ratificare le decisioni del Sinodo"[7].

2. Secondo il vigente Codice di Diritto Canonico

Il vigente Codice di Diritto Canonico dedica un intero capitolo al Sinodo dei Vescovi (cann. 342-348) inserendolo nella I Sezione del Libro II che tratta della Suprema Autorità della Chiesa. La regolamentazione adottata dal Codice riporta fedelmente le disposizioni del Motu Proprio e dell' “Ordo Synodi Episcoporum”[8] o rimanda al diritto peculiare (cioè a questi stessi documenti). Si osserva comunque un certo sviluppo nel Codice rispetto ai testi precedenti. Mentre il Motu Proprio parla di tre tipi di Assemblee sinodali[9], cioè di Assemblea generale, straordinaria e speciale, il Codice distingue due tipi principali: Assemblee generali e quelle speciali, sottodistinguendo poi le Assemblee generali in ordinarie e straordinarie (can. 345). All'Assemblea speciale è da "assimilare"[10] quella particolare praticata per i Vescovi olandesi[11]. L'uso della parola "particolare" per indicare tali Assemblee sembra essere in armonia con il linguaggio canonistico, nel quale le leggi si chiamano "particolari" se si riferiscono soltanto ad un territorio determinato, mentre la legge "speciale" riguarda un gruppo di persone determinate secondo un criterio diverso da quello del territorio. Le Assemblee "speciali" convocate per diversi continenti potrebbero essere chiamati pure "Assemblee particolari". L'aspetto particolare, in ogni caso, va crescendo e le Assemblee non generali (continentali ed altri) costituiscono ormai nella prassi una forma importante del funzionamento dell'istituto del Sinodo dei Vescovi.

a. La questione della rappresentatività

Già questa importanza dell'aspetto particolare spiega, perché il Codice, a differenza del Motu Proprio e del decreto Christus Dominus, nella definizione giuridica generale del Sinodo, data nel canone 342, non dice più che il Sinodo è "l'Assemblea dei Vescovi che rappresenta tutto l'Episcopato cattolico"(totius Episcopatus catholici partes agens). I motivi dell'omissione dell'inciso utpote totius catholici Episcopatus partes agens nel testo del canone 342 vengono indicati in allegato della risposta della Pontificia Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico del 20 settembre 1983[12]. L'autore di questo allegato è stato Mons. Willy Onelin, Segretario aggiunto e Relatore del coetus "De sacra Hiererchia". I motivi da lui addotti sono:
1) L'espressione "rappresentante dell'Episcopato cattolico" è "imprecisa giuridicamente", mentre, naturalmente "in una dichiarazione teologica si presuppone, ed esattamente, come affermazione di quella sollecitudine che tutti i Vescovi hanno non solo della propria Chiesa particolare, ma anche delle altre Chiese e della Chiesa universale", poiché secondo la Lumen Gentium (22-23) e il Christus Dominus (6), "per divina disposizione e comando del dovere apostolico ognuno, insieme con gli altri Vescovi, è garante della Chiesa [13]. Dal punto di vista strettamente giuridico invece non si può dire che un Vescovo abbia dei ruoli nelle altre Chiese, perché la stessa Costituzione Lumen Gentium (23) dichiara che "i singoli Vescovi, che sono a capo di Chiese particolari, esercitano il governo pastorale sulla porzione del popolo di Dio affidata loro, non sulle altre Chiese né su tutta la Chiesa". Teologicamente si può dire che i Vescovi nel Sinodo devono avere sollecitudine anche di quelle Chiese cui non presiedono, ma in senso giuridico "non si può dire che i Vescovi nel Sinodo dei Vescovi rappresentano anche le altre Chiese o sono delegati dalle stesse”[14]. Riflettendo oggi sulla terminologia del Codice possiamo aggiungere, che i Vescovi diocesani son rappresentanti ipso iure delle loro diocesi (can. 393), ma non delle altre.
2) Come secondo argomento Mons. Onclin aggiunge che, se il Sinodo dei Vescovi rappresentasse veramente tutti i Vescovi, sarebbe come il Concilio ecumenico e dovrebbe avere voto deliberativo, cosa che il diritto canonico vigente non contempla.
3) Come terzo argomento viene indicato un fatto che oggi, con la cresciuta importanza delle Assemblee particolari, diventa sempre più attuale, e cioè che delle Assemblee speciali fanno parte soprattuto dei Vescovi scelti da quelle regioni per le quali il Sinodo è stato convocato. Non si può parlare quindi di rappresentanza di tutto l'Episcopato cattolico come nota essenziale del Sinodo dei Vescovi in generale.
Per tutto ciò è chiaro che nel Sinodo dei Vescovi non agisce l'intero Collegio dei Vescovi, per cui i suoi atti non sono atti da attribuire giuridicamente all'intero Collegio. (Synodus Episcoporum, Dec. Part., Pastor Aeternus, 1967. X. 27, nr. II, 2: Leges IV, 5669: "Celebratio Synodi Episcoporum proprie actus Collegii Episcoporum dici nequit"). Secondo il parere autorevole del Cardo JozefTomko, questa doveva esser stata la ragione per cui Papa Paolo VI, nel Motu Proprio Apostolica Sollicitudo ha evitato in modo assoluto l'uso della parola "collegialità", "intesa troppo spesso nelle discussioni conciliari nel senso stretto canonico"[15].
Se confrontiamo la posizione giuridica del Sinodo con le forme dell' esercizio della suprema potestà del Collegio dei Vescovi stesso che vengono elencate nel canone 337, la differenza risulta chiarissima. Oltre al Concilo ecumenico si danno due altre forme dell' esercizio di questa suprema potestà: le azioni dei Vescovi dispersi nel mondo che vengono indette o accettate come tali dallo stesso Sommo Pontefice (§ 2), o altri modi scelti dal Papa per l'esercizio collegiale di queste funzioni potestative (o altre funzioni del Collegio dei Vescovi) (§ 3). Siccome il diritto che costituisce e regolamenta l'istituto del Sinodo dei Vescovi dice espressamente di non dare come regola generale potestà "decisionale" cioè potestà di governo nel senso tecnico del Codice vigente al Sinodo (can. 343), certo che il Sinodo non entra nella categoria accennata nel § 3 del canone 337 per l'esercizio della potestà suprema del Collegio dei Vescovi. Senza il consenso del Papa, iVescovi del mondo non potrebbero neanche delegare dei rappresentanti per esercitare questa funzione potestativa del Collegio, perché già la delega dovrebbe essere un atto dell'intero Collegio che non si dà senza il consenso del suo capo[16]. I membri eletti del Sinodo dei Vescovi vengono eletti, inoltre, non da tutti i Vescovi cattolici[17] del mondo, cioè da tutti i membri del Collegio dei Vescovi (cf. Lumen Gentium 22; can. 336), ma dalle Conferenze Episcopali nazionali[18], delle quali non sono membri di diritto i Vescovi emeriti (can. 450) che proprio negli ultimi tempi cominciano costituire una parte importante dell’Episcopato e che sono naturalmente membri di pieno diritto del Collegio dei Vescovi (can. 336). Questo rimane vero anche se, secondo la risposta del 10 ottobre 1991 della Pontificia Commissione per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, i Vescovi emeriti (cf. can. 402 § 1) possono essere eletti a membri dell'Assemblea del Sinodo dei Vescovi[19].
Per quanto riguarda la questione della rappresentanza delle Conferenze Episcopali che scelgono diversi membri del Sinodo, è stato ufficialmente precisato che i Vescovi delegati al Sinodo "possono esprimere il loro parere personale e nella votazione votare secondo la propria scienza e coscienza”[20]. Questo sembra ancor più necessario se prendiamo in considerazione la natura delle Conferenze Episcopali e della loro funzione magisteriale, chiarita nel Motu Proprio Apostolos suos del 21 maggio 1998[21]. Appartiene inoltre alla fisionomia del Sinodo dei Vescovi una mutua comunicazione. Come aveva formulato l'allora Cardinale Wojtyla nel suo intervento nell'Aula sinodale, il 15 ottobre 1969: "Comunione...indica anche una certa comunicazione reciproca...Una tale comunicazione consiste in un dare non semplicemente esterno dei beni, ma implicante anche un'interna partecipazione delle persone stesse. Essa consiste, altresì, nel ricevere i beni”[22]. Questo processo così ricco di scambio di beni non può essere pieno, se il risultato delle discussioni non si esprime anche nel voto. Un mandato vincolato dei padri sinodali, limitato da qualche Conferenza Episcopale, sarebbe quindi una diminuzione delle funzioni del Sinodo stesso.

b. Potestà del Sinodo dei Vecovi?

Come abbiamo già accennato, il Sinodo dei Vescovi come tale non ha potestà di governo ecclesiastico. Bisogna aggiungere però che il chiarimento tecnico della nozione della potestas regiminis nella Chiesa è avvenuto in modo autorevole con la promulgazione del Codice di Diritto Canonico del 1983 (soprattutto nei cann. 129-135). Prima si parlava spesso di potestas iurisdictionis e potestas ordinis o - nel contesto dell' insegnamento del Concilio Vaticano II - anche di una sacra potestas. Nel linguaggio giuridico-canonico attuale si cerca di evitare l'uso della parola potestas per funzioni o capacità che non entrano nell'ambito della potestà di governo. Per alcune autorizzazioni che sono connesse con l'esercizio del sacramento dell'ordine il Codice preferisce l'uso della parola facultas, dove il Codice Pio - Benedettino parlava ancora di giurisdizione. È stato precisato già nella Nota explicativa praevia aggiunta alla Costituzione “Lumen Gentium” che, benché ogni Vescovo riceva con l'ordinazione episcopale una partecipazione ontologica speciale alla tria munera, alla triplice funzione o missione di Cristo (n. 2), ha bisogno di una determinazione giuridica da parte dell'autorità competente per poter esercitare concretamente una potestà. Secondo il canone 129 del Codice vigente con l'ordinazione si dà una capacità ad ottenere la potestà di governo (potestatis regiminis..habiles sunt, qui ordine sacro sunt insigniti). Nel diritto canonico attuale si evita ormai di chiamare "potestà" le capacità ontologiche o i diritti soggettivi semplici.
Per tutto questo sviluppo secondo la terminologia giuridico-canonica attuale non si potrebbe più dire in senso tecnico - come a fatto ha suo tempo Bertrams[23] - che il Sinodo ha una "potestà consultiva" che sarebbe inoltre "propria ed ordinaria" di questo organo della Chiesa. Il Codice vigente conosce la divisione di "potestà ordinaria e delegata" soltanto per quanto riguarda la potestà di governo (can. 131). Per tutto ciò non ha senso usare concetti tecnici come quello della potestà per analizzare la funzione consultiva veramente tipica ed importante del Sinodo dei Vescovi [24]. Il Sinodo ha il prezioso diritto di far conoscere al Papa i suoi pareri che sono stati accettati secondo un modello collegiale, ma questo diritto non può chiamarsi potestà di governo[25].
Abbiamo già costatato sopra, che il Sinodo dei Vescovi non ha neanche potestà delegata dal Collegio dei Vescovi. Qui bisogna aggiungere che esso non può avere neppure una vera potestà di governo delegata dai singoli Vescovi, dato che, secondo il canone 135 § 2 la potestà legislativa non può essere delegata che dalla Suprema Autorità della Chiesa, ma anche per la potestà esecutiva e quella giudiziaria vale che i singoli Vescovi diocesani non hanno una potestà di governo propria e concretamente capace ad essere esercitata per altre Chiese particolari o per la Chiesa universale. La Costituzione “Lumen Gentium”, al suo n. 23, infatti, dice: "I singoli Vescovi, che sono preposti alle Chiese particolari, esercitano il loro pastorale governo sopra la porzione del popolo di Dio che è stata loro affidata, non sopra le altre Chiese, né sopra la Chiesa universale".

III. LE FUNZIONI DEL SINODO

1. Oggetti da trattare nel Sinodo

Il Codice vigente riassume le finalità, i diritti e gli obblighi del Sinodo dei Vescovi in un elenco più conciso di quello del Motu Proprio Apostolica Sollicitudo. Non vengono più distinti i fini generali da quelli speciali. Secondo il canone 342 il Sinodo ha per scopo di "favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi" e di "prestare aiuto con...consiglio al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell'incremento della fede e dei costumi, nell' osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica" e inoltre di "studiare i problemi riguardanti l'attività della Chiesa nel mondo". Da questo elenco risulta chiaro che cosa si può trattare nel Sinodo. Tre sono le materie indicate, ma viene precisato nel canone pure il punto di vista della trattazione sinodale.
Sulla fede e sui costumi si deve trattare per la loro salvaguardia e incremento, cioè "non si può mettere in dubbio la fede della Chiesa," ma si può esaminare, cercare le più adeguate espressioni della fede, non solo quelle verbali "ma , in vari modi, reali”[26]. Così non possono essere oggetto di discussione i documenti del Sommo Pontefice come tali, "poiché l'autorità del Sinodo proviene da quella del Papa, ma anche il Concilio Ecumenico, come assemblea del Collegio dei Vescovi, non ha nessuna autorità attualmente o potenzialmente opposta al suo Capo”[27]. Ciò non impedisce la ricerca di dare una spiegazione più chiara o una più profonda esposizione all'argomento. Per quanto riguarda l'esame dei documenti dei dicasteri della Curia Romana approvati in forma semplice dal Sommo Pontefice, una discussione rispettosa sembra pensabile. Il Sinodo certamente potrebbe esprimere - come scrisse Papa Benedetto XVI, allora Cardinale Joseph Ratzinger - un consiglio anche per confermare o modificare una disposizione disciplinare[28]. Così siamo arrivati all'aspetto disciplinare della funzione del Sinodo.
Quanto all'osservanza e al consolidamento della disciplina, dalla formula usata nel Codice si vede che non si tratta, tra i compiti del Sinodo, di indebolire la disciplina, ma neanche di riformare soltanto per il cambiamento stesso. Una modifica a qualche norma giuridico-canonica non è scopo di sè, ma deve consolidare quella disciplina che risponde alla realtà teologica della Chiesa, alla realtà dei sacramenti e, in generale, alla missione della Chiesa considerata teologicamente con sensibilità anche per le situazioni che si presentano nella vita quotidiana. Per la conoscenza di queste situazioni il Sinodo può essere un quadro istituzionale utilissimo, prestando occasione allo scambio di informazioni ed esperienze, per fornire notizie dalle chiese particolari al Romano Pontefice, dal Sommo Pontefice ai singoli Vescovi, ma anche tra i Vescovi. Quanto al carattere giuridico e alla forma di questa attività del Sinodo, il canone 343 chiarisce che al Sinodo non spetta dirimere le questioni "ed emanare decreti su di esse, a meno che in casi determinati il Romano Pontefice, cui spetta in questo caso ratificare le decisioni del Sinodo, non gli abbia concesso potestà deliberativa". Per tale concessione però non conosciamo alcun esempio nella storia di questa istituzione. In conformità a quello che abbiamo detto sulle questioni dottrinali, vale anche in materia disciplinare che il Sinodo non può mettere in discussione delle norme disciplinari di diritto divino. In questi casi può trattarsi piuttosto dei modi migliori della loro esecuzione. Per norme di puro diritto umano sono pensabili delle proposte di modifiche, indirizzate al Romano Pontefice.
Il terzo campo in cui il Sinodo è chiamato a prestare aiuto al Successore di Pietro è lo studio dei problemi riguardanti l'attività della Chiesa nel mondo. In questo settore sembra ancor più necessario lo scambio di informazioni e notizie, e ciò non soltanto per i Vescovi e per le chiese particolari che sono direttamente interessate nella questione trattata, ma anche per tutti gli altri che possono organizzare aiuti spirituali e materiali per i più bisognosi e possono vedere la propria situazione nel contesto più grande della Chiesa universale e del mondo. Tale confronto sembra pure utilissimo per poter valutare o, se del caso, anche ridimensionare conflitti o pretese teologicamente problematiche che si presentano nella propria chiesa locale. Benché il Sinodo debba dare i suoi consigli al Romano Pontefice, può sembrare a volte necessario che esso alzi la sua voce nell'unità sui grandi problemi del mondo. La forza di tali manifestazioni è tuttavia più grande se anche queste prese di posizioni vengono dirette non ai 'mass-media, ma al Papa, il quale potrà poi rilasciare una dichiarazione con riferimento anche al consiglio sinodale. Quando tuttavia il Sinodo dei Vescovi o qualsiasi altro organo ecclesiale prende posizione in queste questioni generali del mondo, bisogna tener presente che tali organi partecipano all'esercizio della missione della Chiesa stessa. La competenza della Chiesa, infatti, si estende in questo campo a due ambiti principali, come riassume, in base al n. 76 della Gaudium et spes, il canone 747 § 2. Essi sono l'esposizione dei principi morali circa l'ordine sociale, e la facoltà di giudicare le attività umane, in quanto lo esigono i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime.
La situazione del mondo può essere trattata anche da un altro punto di vista, cioè sotto l'aspetto dell'attività della Chiesa che deve svolgersi a volte tra circostanze straordinarie o del tutto nuove. Così può essere a volte opportuno che il Sinodo, oltre a proporre delle dichiarazioni di tipo teologico-morale, suggerisca al Romano Pontefice qualche norma giuridico-canonica perché l'attività della Chiesa possa rispondere meglio alle circostanze del mondo. 2. Il modo di esercitare le funzioni del Sinodo

La formula usata nel canone 342 chiarisce che i Vescovi partecipanti al Sinodo danno i loro consigli al Romano Pontefice, cioè non al Collegio dei Vescovi, nè direttamente all'intero popolo di Dio e neanche alle autorità politiche o al mondo. A questo accento giuridico risponde in modo eccellente il genere delle esortazioni apostoliche post-sinodali, nelle quali il Sommo Pontefice utilizza la ricchezza dei consigli del Sinodo e si rivolge all'intera Chiesa o ad una parte di essa. Benché il Motu Proprio “Apostolica Sollicitudo” abbia accennato al fatto che i Vescovi radunati al Sinodo "apportano al Supremo Pastore della Chiesa un aiuto”[29], parlando dei consigli esso non precisava ancora che questi consigli vanno dati al Romano Pontefice[30]. La più chiara precisazione adottata nel Codice è in armonia con quella affermazione generale che si trova nel canone 334, dove parlando del Romano Pontefice viene ribadito che il Sinodo dei Vescovi (insieme con il Collegio dei Cardinali o anche con altre istituzioni come sarebbero, secondo gli interpreti, gli organi della Curia Romana) è una delle espressioni dell'aiuto e della collaborazione che i Vescovi prestano al Succesore di Pietro. Non ci sono però casi o questioni indicati nel diritto canonico, nei quali il Papa dovrebbe consultare il Sinodo dei Vescovi. Il Sinodo quindi ha il diritto di esprimere la propria opinione o il proprio desiderio verso il Romano Pontefice, se egli lo domanda, ma il Pontefice non è giuridicamente obbligato a chiedere un consiglio sinodale. Per conseguenza non esistono atti pontifici, per la validità dei quali sarebbe necessaria una tale consultazione nel senso del canone 127.
"Il fatto che il Sinodo abbia normalmente una funzione solo consultiva - come ribadisce Giovanni Paolo II, nella sua esortazione apostolica post-sinodale “Pastores gregis”[31] - non ne diminuisce l'importanza. Nella Chiesa, infatti, il fine di qualsiasi organo collegiale, consultivo o deliberativo che sia, è sempre la ricerca della verità o del bene della Chiesa. Quando poi si tratta della verifica della medesima fede, il consensus Ecclesiae non è dato dal computo dei voti, ma è frutto dell'azione dello Spirito, anima dell'unica Chiesa di Cristo".
Quanto al metodo concreto che si è sviluppato lungo i decenni, possiamo costatare che esso è interamente collegiale nel senso che tutto il dinamismo sinodale viene animato da tale spirito. Seguendo l'elenco del Cardo Jozef Tomko e confrontandolo con lo sviluppo degli ultimi anni si delinea il quadro seguente:
l. La scelta del tema viene fatta in modo collegiale, perché la Segreteria del Sinodo chiede alle Conferenze Episcopali di presentare temi per la futura assemblea. Le proposte vengono studiate dal Consiglio della Segreteria generale. Il Consiglio presenta poi il risultato delle sue analisi con i propri suggerimenti al Santo Padre.
2. Successivamente il Consiglio elabora i Lineamenta che si inviano alle Conferenze Episcopali. Sin dalla preparazione del Sinodo del 1983 sulla riconciliazione e sulla penitenza, i Lineamenta vengono pubblicati. Questo favorisce certamente una discussione più larga dell' argomento.
3. Le reazioni e i suggerimenti vengono sintetizzate dalle Conferenze Episcopali, dai Sinodi delle Chiese cattoliche orientali sui iuris, dai Dicasteri della Curia Romana, dall'Unione dei Superiori Maggiori e mandate alla Segreteria del Sinodo. In base a questo il Consiglio della Segreteria generale del Sinodo con l'aiuto di esperti elabora l' Instrumentum laboris. Tale documento serve come base per il lavoro del Sinodo. Così è logico che lo ricevono generalmente quei Vescovi che sono stati eletti dalle Conferenze Episcopali come partecipanti al Sinodo e i presidenti delle Conferenze Episcopali. Dal 1983 esso è stato mandato a tutti i Vescovi, ed è stato anche pubblicato, nonostante il suo carattere preliminare e sussidiario. Ma il fatto della pubblicazione indica che la discussione pubblica del tema del Sinodo può anche aiutare quello scambio di esperienze e suggerimenti che è uno degli scopi del Sinodo stesso. Negli anni successivi sono stati pubblicati anche altri Instrumentum laboris[32].
4. I Vescovi partecipanti al Sinodo possono quindi, oltre alle loro riflessioni personali, rendere noti all'assemblea anche i suggerimenti dei Vescovi del loro paese, anche se non sono mandatari nel senso giuridico più stretto della loro Conferenza Episcopale, ma hanno un voto libero (vedi sopra). L'opinione di una Conferenza Episcopale come tale in materia dottrinale sarebbe del resto molto problematica sia per quanto riguarda la maggioranza necessaria che per la qualità della presa di posizione stessa[33]. Più importante sembra ancora la possibilità che i padri sinodali confrontano le loro esperienze concrete della vita di fede e cercano di formulare delle linee direttrici. All'Assemblea generale, sia negli interventi, che dopo nelle discussioni nei circuli minores e finalmente nella formulazione e votazione delle proposizioni o conclusioni è abbastanza largo lo spazio per lo scambio di doni. È anche per questo che non pochi padri sinodali tornano nella loro patria con il senso di aver imparato molto.
5. Lo spirito e il metodo collegiale sono presenti anche alla fine del Sinodo e nella fase successiva che negli ultimi tempi è sempre più collegata con la redazione dei documenti, specialmente dal Consiglio della Segreteria Generale. Questo Consiglio, secondo il canone 348 § 1 è "composto di Vescovi, alcuni dei quali vengono eletti,...dallo stesso sinodo dei Vescovi, altri nominati dal Romano Pontefice; l'incarico di tutti costoro però cessa quando inizia la nuova assemblea generale". Il documento finale o i documenti del Sinodo possono avere varie forme. Alla fine dell'Assemblea generale del 1971 sono state pubblicate due dichiarazioni sinodali con approvazione pontificia[34]. Al Sinodo del 1974 non si è riusciti a redigere un documento finale, ma si è rivolto al Papa chiedendo la composizione di un documento in base ai lavori sinodali. Il documento pontificio è stato chiamato poi ufficialmente "Esortazione Apostolica”[35]. Nei Sinodi del 1977, 1980, 1983 e successivi è stato pubblicato un Messaggio dei Padri sinodali[36], mentre le proposizioni sono state trasmesse al Sommo Pontefice, il quale ha raccolto i frutti del lavoro sinodale in esortazioni apostoliche promulgate con la propria suprema autorità. Questo metodo è stato adottato anche successivamente con la differenza che il documento pontificio che ha seguito il Sinodo è stato chiamato "Esortazione Apostolica post-sinodale", sin dalla “Reconciliatio et paenitentia”. Anche le proposizioni accettate alla fine delle Assemblee generali sono state, sin dal 1987, più volte, abusivamente, pubblicate[37] Mentre la pubblicazione dell' “Instrumentum laboris” sembra per sua stessa natura favorire la preparazione del Sinodo, la pubblicazione delle Propositiones non sembra essere richiesta dalla natura delle cose, perché questo documento si dirige unicamente al Romano Pontefice, non essendo il Sinodo chiamato per dare consigli a tutto il mondo, ma specialmente al Papa. Del metodo e del significato delle esortazioni apostoliche che valorizzano i risultati dei lavori sinodali, a proposito dell'Esortazione Apostolica “Familiaris Consortio”, il Segretario Generale, ha rilevato all' Assemblea generale del 1983, per volontà di Giovanni Paolo II, che questa forma "avrebbe da un lato l'autorità morale di una assemblea così altamente qualificata e dall'altro l'autorità giuridica oltreché morale vincolante per tutta la Chiesa, proveniente ex munere petrino Summi Pontificis adprobantis. Un tale documento potrebbe essere un ulteriore segno della collegialità e della più marcata sinodalità”[38]. Il riferimento al valore giuridico del documento pontificio emanato dopo il Sinodo sembra esprimere prima di tutto l'obbligatorietà anche giuridica delle dichiarazioni magisteriali del Romano Pontefice. Ma implicitamente questa spiegazione della natura del documento pontificio contiene anche la possibilità che il Romano Pontefice, servendosi dei risultati dei lavori di un' Assemblea del Sinodo dei Vescovi, magari ascoltando le notizie delle difficoltà pratiche nelle diverse chiese particolari e le rispettive proposte sinodali, emani una norma giuridica con contenuto strettamente disciplinare. Tale documento potrebbe far riferimento, anch'esso ai lavori sinodali che lo hanno preceduto. In questo senso sembra senz'altro possibile nel futuro anche la promulgazione di un Motu Proprio post-synodale, con contenuto disciplinare-normativo.

IV. CONCLUSIONI

Riassumendo i fenomeni dello sviluppo del Sinodo dei Vescovi risulta prima di tutto che esso rende possibile che i grandi problemi della vita della Chiesa e del mondo vengano affrontati in un ambiente dove tutti hanno la possibilità di esprimere il proprio pensiero. E questo contribuisce al consolidamento dell'unità dei Vescovi intorno al Romano Pontefice. Tutti hanno anche la possibilità di conoscere la posizione della Santa Sede e del Successore di Pietro, e possono scambiare opinioni con gli altri Vescovi. L'esperienza maturata in quarant'anni dimostra che il Sinodo è uno strumento utile che ha reso grandi servizi al rafforzamento della comunione della Chiesa e nel miglioramento dell'esercizio del ministero pastorale[39].
Il fatto che i risultati dei Sinodi vengano pubblicati sempre di più in forma Esortazione Apostolica, e che dalla metà degli anni Ottanta questa porti persino nella sua denominazione ufficiale l'espressione "post-sinodale", sembra molto appropriato, anzi più adatto che le altre forme praticate all'inizio della storia del Sinodo dei Vescovi, perché è veramente il Sommo Pontefice che deve far tesoro dei consigli sinodali che per la natura del Sinodo sono indirizzati a lui e non direttamente al pubblico. Sembra una soluzione fortunata anche il fatto che il Santo Padre fa menzione delle basi sinodali di questi suoi documenti.
Alcuni si lamentano della lunghezza di questi documenti. Tale problema è piuttosto generale nella cultura occidentale. Il pubblico legge meno, e dei documenti lunghi moltissimi si informano attraverso i mass-media. Accontentarsi di tali informazioni non è in nessun modo sufficiente quando si tratta di un'Esortazione Apostolica, ricca di sfumature teologiche e pastorali. L'accessibilità a questi documenti anche su internet aiuta molto nella consultazione diretta. Sembra necessario, però, cercare anche altre forme appropriate perché la voce del Papa e dei Vescovi arrivi ai sacerdoti e ai fedeli del mondo. Questi problemi non riguardano solo il Sinodo dei Vescovi, perché sono tipici della cultura odierna. Da una parte cresce la quantità dell’informazione, dall’altra parte diventa sempre più difficile per i singoli lettori studiare e capire a fondo tutto quello che viene offerto. Eppure è anche necessario per l'effetto sociale di un pensiero una certa quantità di presenza nei mass-media. Anche le consultazioni di diversi gruppi di persone devono avere una certa frequenza e dimensione, malgrado il peso per i partecipanti. Pare che il Sinodo sia riuscito a trovare un giusto equilibrio anche sotto questo aspetto.
Riguardo ai consigli sinodali in materia disciplinare sembrano possibili anche altri generi di documenti con carattere giuridico-normativo, nei quali il Sommo Pontefice, dopo consultazioni così importanti coi Vescovi, come sono i Sinodi, aiuta le chiese particolari nel risolvere i loro problemi disciplinari in unione con la Chiesa universale. Non si tratterebbe qui di una forma collettiva della legislazione, ma di un modo sfumato di approccio della realtà.
Un altro fenomeno caratteristico dello sviluppo dell'istituto del Sinodo dei Vescovi è che le assemblee speciali o particolari, specialmente quelle continentali sembrano diventare ormai regolari. Dato che il Sinodo non rappresenta giuridicamente l'intero Collegio dei Vescovi, risponde bene alla sua natura anche questa nuova forma. L'insieme delle chiese particolari di un continente comincia formare ormai ovunque una realtà speciale di grande importanza pastorale.
Preghiamo con fiducia la Provvidenza divina affinchè il Sinodo dei Vescovi, questo eccellente strumento di comunione, possa portare dei frutti preziosi anche nel futuro.

Note:
[1] PAOLO VI, Motu Proprio Apostolica sollicitudo, 15 settembre 1965: AAS 57 (1965) 775-780.
[2] J. TOMKO, Il Sinodo dei Vescovi e Giovanni Paolo II, in A. ANTON - G. CAPRILE - A. MARRANZINI - J. RA TZINGER - J. TOMKO, Il Sinodo dei Vescovi. Natura, metodo, prospettive, a cura di J. Tomko (Storia e attualità XI), Città del Vaticano 1985, 13-44.
[3] Per un riassunto di queste discussioni vedi per es. TOMKO, Il Sinodo 23-29; G. P. MILANO, Il Sinodo dei vescovi, Milano 1985, 67-68; ID., Il sinodo dei vescovi. Natura, funzioni, rappresentatività, in AA VV., La synodalité. La participation au gouvernement dans l'Église. Actes du VIle congrès international de Droit canonique. Paris, Unesco, 21-28 septembre 1990, Paris 1992 (= L'Année Canonique. Hors série, voI. I), I, 167-182; 1. L ARRIETA, El Sinodo de los Obispos, Pamplona 1987,70-71; F. DUPRÉ LA TOUR, Le Synode des Éveques dans le contexte de la collégia/ité. Une étude théologique de Pastor Aeternus à Apostolos Suos (Pontificia Universitas Sanctae Crucis. Facultas Theologiae. Thesis ad Doctoratum in Theologia), Romae 2002, 217-237.
[4] Ordo Synodi Episcoporum Celebrandae 1966: AAS 59 (1967) 91 ss.; Ordo Synodi Episcoporum Celebrandae Recognitus et Auctus 1969: AAS 61 (1969) 525-539; Ordo Synodi Episcoporum Celebrandae Recognitus et Auctus cum Additamentis, Typ. PoI. Vat. 1971.
[5] PAOLO VI, Motu Proprio Apostolica sollicitudo, 15 settembre 1965, n. I: AAS 57 (1965) 776.
[6] Ibid. n. II, 776-777.
[7] Ibid. n. III, 777.
[8] Per l'iter della codificazione di questa materia vedi M. BRAVI, Revisione e legislazione codiciale (del Sinodo), in Il Sinodo dei Vescovi, P.U.G., Roma 1995, 169-186.
[9] PAOLO VI, Motu Proprio Apostolica sollicitudo, 15 settembre 1965, n. IV: AAS 57 (1965) 777.
[10] TOMKO 17.
[11] AAS 72 (1980) 215-250.
[12] Prot. N. 5150/83, pubblicato con l'allegato in A. ANTON - G. CAPRlLE - A. MARRANZINI - J. RATZINGER - J. TOMKO, Il Sino do dei Vescovi. Natura, metodo, prospettive, a cura di J. Tomko (Storia e attualità XI), Città del Vaticano 1985, 179-181.
[13] Ibid. 180.
[14] Ibid.
[15] TOMKO 20.
[16] Cann. 331,336; Conc. Vat. II, Const. Lumen Gentium 22b; Nota explicativa praevia 4; Decr. Christus Dominus 4, ecc.
[17] O più precisamente: aventi la piena comunione con il Successore di Pietro. Sui diversi sensi della parola cattolico nel diritto vedi P. ERDÖ, Il cattolico, il battezzato e ilfedele in piena comunione
[18] Ordo Synodi Episcoporum Celebrandae Recognitus et Auctus cum Additamentis, Typ. Pol. Vat. 1971, Art. 5, § 1, 1) a.
[19] AAS 83 (1991) 1093.
[20] TOMKO 27; cf. Explicationes quaedam circa "Ordinem Synodi Episcoporum celebrandae recognitum et auctum" (1977), art. 38.
[21] AAS 90 (1998) 641-658.
[22] Citato in TOMKO 32.
[23] W. BERTRAMS, Commentarium in Litteras Apostolicas "Apostolica Sollecitudo", in Periodica 55 (1966) 124. Cf. DUPRÉ LA TOUR218-219.
[24] Questa posizione è stata già fonnulata prima della promulgazione del Codice vigente (cf. W. A YMANS, Das synodale Element in der Kirchenverfassung, Milnchen 1970,255-260), ma è stata confennata in modo decisivo dal testo definitivo del Codice di Diritto Canonico del 1983.
[25] Cf. A YMANS 260.
[26] J. RA TZINGER, Scopi e metodi del Sinodo dei Vescovi, in A. ANTON - G. CAPRILE - A. MARRANZINI ¬J. RA TZINGER - J. TOMKO, Il Sinodo dei Vescovi. Natura. metodo, prospettive, a cura di J. Tomko (Storia e attualità XI), Città del Vaticano 1985,55.
[27] Ibid.
[28] Ibid. (il Sinodo "potrebbe... esprimere un consiglio sia per confermare che per modificare, anche, una disciplina").
[29] PAOLO VI, Motu Proprio Apostolica sollicitudo, 15 settembre 1965, n. I: AAS 57 (1965) 776.
[30] Ibid. n. II: AAS 57 (1965) 776.
[31] N. 58.
[32] Vedi per es. GIOVANNI PAOLO II, Ep., Rursus Episcoporum et Instrumentum laboris, Il tema, 22 aprile 1987: Enchiridion Vaticanum X, 1140-1211, m. 1581-1731.
[33] Cf. GIOVANNI PAOLO II, Motu Proprio Apostolos suos, 21 maggio 1998: AAS 90 (1998) 641-658.
[34] Decl., Ultimis temporibus, 30 novembre 1971: AAS 63 (1971) 898-922; Decl, Convenientes ex, 30 novembre 1971: AAS 63 (1971) 923-942.
[35] Evangelii Nuntiandi, cf. Decl. part., In Spiritu Sancto, 25 ottobre 1974: Leges Ecclesiae V, 6860-6863.
[36] Nuntius part., Cum iam, 28 ottobre 1977: LegesEcclesiae V, 7361-7368; Nuntius part., Nos Patres 25 ottobre 1980: Leges Ecclesiae VI, 8061-8065; Nuntius part., Cor hominum, 25 ottobre 1983: Leges Ecclesiae VI, 8687-8688; Decl. part., Experientia spiritualis, 8 dicembre 1985: Leges Ecclesiae VI, 9238-9247; Nuntius part., Nos episcopi, 8 dicembre 1985: Leges Ecclesiae VI, 9247-9249;. Nuntius, Iam instante, 29 ottobre 1987: Enchiridion Vaticanum X, 1516-1532, m. 2215-2243; Nuntius ad populum Dei, Per viginti et quinque, 28 ottobre 1990: Leges Ecclesiae VIII, 11962-11966; Nuntius, At the end ofthe Synod, 27 ottobre 1994: Leges Ecclesiae VIII, 13238-13244; Messaggio, Riuniti a Roma, 25 ottobre 2001: Enchiridion Vaticanum XX, 1305-1316, nr. 2016-2046.
[37] Propositiones, Post disceptationem, 29 ottobre 1987: Enchiridion Vaticanum X, 1438-1514, nr. 2103-2214.
[38] SYNODUS EPISCOPORUM, Relatio Secretarii Generalis de laboribis Secretariae Generalis Synodi et praesertim Consilii eiusdem Secretariae inter duos Coetus Generales Synodi Episcoporum 1980-1983, Typ. PoI. Vat. 1983, 13. Cit. in TOMKO 22.
[39] Cf. DUPRÉ 322.

[00135-01.07[NNNNN] [Testo originale: italiano]

II. COMUNICAZIONI

● Il Sinodo Particolare per Batavia - Assemblea Speciale per i Paesi Bassi
S. Em. R. Card. Adrianus SIMONIS, Arcivescovo di Utrecht (Membro dell'Assemblea sinodale)


L’origine di questo Sinodo fu determinata dalla situazione molto difficile della Chiesa in Olanda dopo il cosiddetto “Concilio di Noordwijkerhout” degli anni 1966 - 1969, nel periodo che seguì il Concilio Vaticano II e anche dopo il famoso catechismo olandese del 1966. In questo “Concilio di Noordwijkerhout”, organizzato dai vescovi olandesi di allora, furono affrontati tutti quei temi che in seguito avrebbero interessato tutta la Chiesa dell’Ovest: come l’autorità nella Chiesa, la liturgia, il sacerdozio ministeriale in relazione al sacerdozio comune, il celibato, la posizione della donna nella Chiesa, l’ecumenismo e naturalmente la morale sessuale. La tendenza di questo “Concilio” era molto progressista e aveva suscitato la curiosità dei mass-media interessati nelle discussioni che rappresentavano una svolta riguardo al Vaticano II.
Conseguenza fu una grande polarizzazione fra i fedeli, ancora più rafforzata dalla nomina, come vescovo di Rotterdam, alla fine dell’anno 1970, di un certo Cappellano Simonis e, un anno dopo, di Mons. Gijsen. Ambedue erano considerati conservatori e “vassalli di Roma”. Infatti la polarizzazione era anche entrata nella Conferenza episcopale all’interno della quale andava crescendo una situazione di conflitto e incompresione tra gli stessi Vescovi.
Anche il Cardinale Willebrands, il quale adesso ha 96 anni e che saluta cordialmente tutti i presenti, e che nel 1975 era successo al Cardinale Alfrink, non riusciva a ristabilire l’unità. Fu lui a parlare prima con il Papa Paolo VI e poi con il Papa Giovanni Paolo II. Ricordo ancora bene: era un sabato sera quando, insieme, fummo ricevuti da Papa Giovanni Paolo II alla sua tavola. Era il dicembre del 1978. Quella sera il Papa s’interessò solamente alla situazione riguardante le scuole e le università cattoliche, la formazione del clero e la novità dei cosi detti operatori pastorali: laici, uomini e donne con una formazione completa di teologia, in numero sempre più crescente i quali erano considerati come una nuova specie di ministero pastorale nelle parrocchie con tutti i problemi del loro “status” e competenze in campo liturgico e pastorale. Sono convinto che in quella sera naque l’idea del Sinodo Speciale per i Paesi Bassi. Dopo i colloqui personali fra il Papa e tutti i vescovi olandesi il Sinodo fu convocato, dallo stesso Santo Padre dal 14 al 31 gennaio del 1980. Comunque sia, il Papa deve avere capito che la problematica della Chiesa in Olanda avrebbe potuto influire, in futuro, su tutta la Chiesa: la sua fede, la dottrina, la morale e la disciplina. In ogni caso il Papa dedicò più di due settimane del suo tempo prezioso per realizzare questo Sinodo, in cui furono discussi, in segreto ma anche con franchezza, tutti i problemi “caldi” che i Vescovi possono immaginare.
Presenti sempre il Santo Padre stesso, e il Presidente delegato, da lui nominato, il Cardinal Danneels. Con grande stima penso a lui che accettò questa nomina delicata, anche se poche settimane prima era stato trasferito da Antwerpen a Brussel, come successore del Cardinal Suenens. Erano presenti alcuni capi dicasteri, e il Cardinal Tomko, l’allora Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e che certamente può raccontare tanti particolari di quel Sinodo. Presenti erano, naturalmente, tutti i 7 vescovi residenziali, due ausiliari e due rappresentanti dei religiosi, fra cui l’attuale vescovo di Rotterdam Mons. Van Luyn, salesiano.
Il Sinodo stesso fu un evento intenso, una vera scuola di fraternità, di collegialità effettiva ed affettiva. Il risultato del Sinodo venne riassunto in 44 risoluzioni riguardanti i vescovi ed il loro compito, i sacerdoti e il loro significato essenziale, i religiosi, i laici in genere, ed in specie gli operatori pastorali e le loro competenze e, poi, alcuni settori della vita ecclesiale.
Durante la messa conclusiva del 31 gennaio, nella Cappella Sistina, queste decisioni furono sottoscritte in modo solenne da tutti i 17 partecipanti, nove dei quali già sono morti.
Come Vescovi abbiamo vissuto una atmosfera di gioia, ma anche di timore perché sapevamo che le decisioni, dopo la loro pubblicazione, avrebbero incontrato, nella grande maggoranza dei sacerdoti e degli operatori pastorali, un clima di scontento e disapprovazione. Rientrati in patria tutti i Vescovi si adoperarono per incontrare, personalmente, sacerdoti ed operatori pastorali, per spiegare l’importanza di queste decisioni, ma, generalmente, non furono accettate. Così che taluni Vescovi dopo un anno, pubblicamente dichiararono che il Sinodo particolare non aveva giovato. Però, per 14 anni il Card. Schotte, successore del Card. Tomko, convocò ogni anno una Commissione speciale, di cui anche il Card. Danneels ed io eravamo membri, per promuovere l’applicazione delle risoluzioni sinodali. Personalmente penso che il Sinodo particolare ha portato, certamente, una rinnovata chiarezza nel campo della fede e della disciplina nella nostra Chiesa. Ho vissuto questo Sinodo come l’inizio di un processo e di una sicura strada.
E anche se le decisioni non sono ancora pienamente effettuate, lentamente vedo una crescita nell’accettazione, soprattutto dai giovani che non sanno niente del passato della polarizzazione ma vogliono essere cattolici normali. Il Sinodo particolare, tuttavia, rimane attuale per i vescovi odierni nel nostro compito di guidare il popolo di Dio in Batavia, come chiama l’Instrumentum Laboris il nostro paese.

[Testo integrale - 00124-01.07] [NNNNN] [Testo originale: italiano]

● Convocation of the Special Assembly -Assemblea Speciale per l'Africa
S. E. R. Mons. Paul VERDZEKOV, Arcivescovo di Bamenda (Membro dell'Assemblea sinodale e del Consiglio postsinodale)


S. E. R. Mons. Paul Verdzekov, Arcivescovo di Bamenda, ha preso la parola e riferito sull’Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi che aveva come tema “La Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice verso l’anno 2000: ‘sarete miei testimoni’ At 1,8", tenutasi in Vaticano dal 10 aprile all’8 maggio 1994. Essa ha riscontrato un particolare impatto sull’evangelizzazione del Continente Africano avendo avuto come scopo di promuovere “un’organica solidarietà pastorale in tutta l’Africa e nelle Isole limitrofe” e di “esaminare tutti gli importanti aspetti della vita della Chiesa in Africa”, e in particolare temi quali “l‘evangelizzazione, l‘inculturazione, il dialogo, la cura pastorale in campo sociale e i mezzi di comunicazione sociale”.
I Padri Sinodali, ha proseguito il Vescovo, avevano preso in esame i compiti dei leader politici africani mettendoli in guardia dalla conquista violenta del potere, diventata quasi una norma nel comportamento dei potenti, e sottolineando la necessità della democrazia, della lotta alla corruzione e al traffico delle armi e ribadendo che, senza il superamento di questi fenomeni, l’Africa non avrebbe mai potuto avere pace e sviluppo.
Quindi è stato soprattutto posto l’accento sull’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa che aveva come scopo l’applicazione di direttive e orientamenti indicati dal Sinodo: la proclamazione della Parola, l’inculturazione del Vangelo, il perseguimento del dialogo, della giustizia e della pace e il corretto uso dei mezzi di comunicazione sociale.
Inoltre è stata ricordata la famosa frase di Paolo VI, pronunciata in Uganda il 31 luglio 1969: “D’ora in poi, voi africani siete i missionari di voi stessi”.
L’intervento si è poi concluso con l’annuncio della convocazione della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, già prevista da Giovanni Paolo II, e quindi confermata da Papa Benedetto XVI in data ancora da stabilirsi.

[Presentazione - 00123-01.11] [NNNNN] [Testo originale: inglese]

● Le Synode des Évêques dans son Assemblée Speciale pour le Liban - Assemblea Speciale per il Libano
S. E. R. Mons. Cyrille Salim BUSTROS, M.S.S.P., Eparca di Newton, Stati Uniti d'America (Relatore Generale dell'Assemblea sinodale e membro del Consiglio postsinodale)


Il testo del padre sinodale S. E. R. Mons. Cyrille Salim Bustros su “Il Sinodo dei Vescovi nell’assemblea speciale per il Libano” presenta, in forma di rapporto, una riflessione sugli esiti dell’assemblea riunita intorno a papa Giovanni Paolo II nel novembre del 1995. Muovendo dalle cause del conflitto tra cristiani e musulmani scoppiato a Beirut nel 1975, illustra le ragioni della convocazione dell’assise sinodale e le reazioni all’Esortazione Apostolica “Una speranza nuova per il Libano”, promulgata da papa Giovanni Paolo II il 10 maggio 1997. L’Esortazione Apostolica del Santo Padre fu accolta da tutta la società libanese, civile e religiosa. La presenza al Sinodo delle delegazioni ortodossa, protestante e musulmana (Sciiti, Sunniti e Druzi) ha così testimoniato l’unità e lo spirito di collaborazione che la società libanese deve perseguire nello spirito di dialogo e di convivialità tra le religioni. Il Libano, aveva affermato il Papa Giovanni Paolo II, è più che una patria, è un messaggio, per l’oriente e per l’occidente, di convivialità e di collaborazione tra le diverse religioni. Il rapporto presenta, infine, un bilancio dei mutamenti sociali sorti dalla riflessione sinodale e dall’incontro tra musulmani e cristiani.

[Presentazione - 00162-01.07] [NNNNN] [Testo originale: francese]

● Frutos del Sínodo de América - Assemblea Speciale per l'America
S. Em. R. Card. Juan SANDOVAL IÑIGUEZ,Arcivescovo di Guadalajara (Relatore Generale dell'Assemblea sinodale e membro del Consiglio postsinodale)


Nel testo del padre sinodale S. Em. R. Cardinale Juan Sandoval Iñiguez intitolato “Frutti del Sinodo d’America”, si espongono gli aspetti precipui delle varie fasi del Sinodo sul tema “Incontro con Gesù Cristo vivo: il cammino per la conversione, la comunione e la solidarietà in America”. Il Sinodo, convocato dal Papa Giovanni Paolo II nel 1994 in preparazione al Grande Giubileo, fu celebrato in Vaticano dal 16 novembre al 12 dicembre del 1997. Della fase preparatoria dei lavori sinodali si evidenziano gli elementi di unità emersi tra le due Chiese presenti, quella - più recente - degli Stati Uniti e del Canada e quella dell’America Latina. Primo di questi elementi comuni, la fede in Cristo. Si rileva, nel corso dello svolgimento del Sinodo e nel tempo successivo, il sorgere di una stima reciproca, di uno spirito di collaborazione fra le parti, la conoscenza dei problemi comuni e uno scambio di doni spirituali e materiali, frutti dello spirito auspicato per il Sinodo. Si espongono alcuni esempi di attività post-sinodali, che hanno rivelato la volontà di mettere in pratica lo spirito di unità e di comunione espresso nel Sinodo. Si tratta inoltre dell’accoglienza e dell’applicazione della Esortazione Apostolica post-sinodale “Ecclesia in America”, firmata dal Papa Giovanni Paolo II nel 1999. Alla pubblicazione di questa sono seguite in tutto il continente assemblee plenarie per il suo studio, proposte pastorali e progetti comuni animati da uno spirito di solidarietà. Si elencano, infine, alcune esperienze considerate particolarmente significative, come quella promossa dai vescovi delle diocesi della frontiera tra Messico e Stati Uniti, che hanno organizzato riunioni sui migranti.

[Presentazione - 00137-01.07] [NNNNN] [Testo originale: spagnolo]

● Some positive results of the Special Assembly for Asia of the Synod of Bishops - Assemblea Speciale per l'Asia
S. Em. R. Card. Paul SHAN KUO-HSI, S.I., Vescovo di Kaohsiung (Relatore Generale dell'Assemblea sinodale e membro del Consiglio postsinodale)


Il Cardinale Paul Shan, S.J., pur ricordando le difficoltà a riassumere i risultati positivi dell’Assemblea Speciale per l’Asia del Sinodo dei Vescovi, data la grande molteplicità di Chiese particolari con tradizioni diverse e le differenze socio-economiche, geopolitiche, culturali e razziali del continente, sottolinea tuttavia alcuni risultati positivi raggiunti in ambito cristologico, pneumatologico ed ecclesiologico.
Il Cardinale Shan spiega infatti che, dopo l’Assemblea Speciale, che aveva come tema: “Gesù Cristo, il Salvatore, e la sua missione di amore e di servizio in Asia: ‘... perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza’ (Gv 10, 10)”, si è osservato una migliore comprensione, da parte delle Chiese particolari in Asia, del concetto dell’unicità e dell’universalità della salvezza in Cristo. Quindi rileva che, dopo la pubblicazione di “Ecclesia in Asia”, sembrano essere diminuiti gli scritti o gli articoli contrari al consenso dei Padri sinodali e dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale sul fatto che lo Spirito Santo non è un’alternativa a Cristo. Infine, il Cardinale Shan osserva un leggero cambiamento nella posizione delle forze politiche e delle Chiese particolari verso l’accettazione del fatto che non si può transigere per quanto riguarda la dottrina della fede sulla comunione e l’unità della Chiesa cattolica.

[Presentazione - 00163-01.04] [NNNNN] [Testo originale: inglese]

● The Special Assembly of the Synod of Bishops for Oceania - Assemblea Speciale per l'Oceania
S. E. R. Mons. John Atcherley DEW, Arcivescovo di Wellington (Membro dell'Assemblea Speciale) leggi il testo del Cardinale Thomas S. Williams, Arcivescovo emerito di Wellington (Presidente delegato dell’Assemblea Speciale)


Il Cardinale Thomas S. Williams nel suo intervento, dopo avere ricordato i diversi eventi che hanno portato all’Assemblea Speciale per l’Oceania del Sinodo dei Vescovi, che si è tenuta in Vaticano dal 22 novembre al 21 dicembre 1998 con il tema: “Gesù Cristo: seguire la sua Via, proclamare la sua Verità, vivere la sua Vita: una chiamata per i popoli dell’Oceania”, ha ribadito l’importanza che questo Sinodo ha avuto per il discernimento delle priorità pastorali e per la collaborazione tra le diocesi in Oceania.
A quasi sette anni dall’Assemblea Speciale, secondo il Cardinale Williams, la celebrazione per il quarantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi è l’occasione opportuna per valutarne i benefici. Tra questi, il Cardinale ha ricordato il consolidamento dell’identità dell’Oceania come continente a sé e, fatto ancora più importante, l’autentica esperienza di comunione tra le diocesi dell’Oceania e con la Chiesa universale. Il Sinodo, secondo il Cardinale, ha anche messo in evidenza i doni che l’Oceania può offrire alla Chiesa universale, ovvero la giovinezza e la freschezza, la sua esperienza nell’ambito dell’inculturazione, la sua tradizione di condivisione e di ospitalità, l’impegno e la solida formazione dei laici. Il Cardinale ha osservato che, viste le particolari situazioni geografiche di molte Chiese particolari del continente, gli insegnamenti sociali della Chiesa impegnano e sfidano la gente nella vita quotidiana.
Il Cardinale Williams ha quindi rimarcato che l’Esortazione Apostolica Post-sinodale “Ecclesia in Oceania” di Papa Giovanni Paolo II ha consentito alla Chiesa in Oceania di giungere a una comprensione più profonda della “communio” locale e universale e la sua rilevanza nell’ambito dell’inculturazione, dell’evangelizzazione e della pianificazione pastorale. Il Porporato ha ricordato che sono emersi anche altri temi come l’importanza della preghiera e delle Scritture, dell’Eucaristia e del Sacramento della Penitenza, ma anche la preoccupazione per le molte comunità prive di un sacerdote. E ancora: l’apostolato sociale e l’impegno per la giustizia e la pace come parte integrante della missione evangelizzatrice della Chiesa, il rafforzamento della vita familiare, la cura pastorale dei giovani, l’uso dei mezzi di comunicazione sociale al servizio dell’evangelizzazione, il rinnovamento dell’impegno ecumenico, la difesa della vita umana e la tutela ambientale.
L’Esortazione Apostolica Post-Sinodale “Ecclesia in Oceania” è stata diffusa in diversi modi e in diverse lingue ed è stata largamente discussa, dando molteplici frutti, tra i quali anche l’Assemblea Generale Nazionale della Chiesa Cattolica, il cui insegnamento viene ora attuato attraverso le assemblee diocesane. Il documento ha dato nuovo impeto e vitalità al lavoro delle diocesi, divenendo il parametro per determinare le priorità pastorali e dando un orientamento ai sinodi diocesani.
Il Cardinale Williams ha concluso affermando che l’Esortazione Ecclesia in Oceania continuerà ad essere ancora a lungo fonte di ispirazione e di orientamento per la Chiesa in Oceania.

[Presentazione - 00165-01.04] [NNNNN] [Testo originale: inglese]

● II Assemblea Especial para Europa del Sínodo de los Obispos - I e II Assemblee Speciali per l'Europa
S. Em. R. Card. Antonio Maria Rouco V ARELA, Arcivescovo di Madrid (Relatore Generale della II Assemblea speciale e membro del Consiglio postsinodale)


Il Cardinale Rouco Varela ha preso la parola e ha parlato della sulla II Assemblea Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, “Gesù Cristo vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per l’Europa”, della quale era Relatore Generale, svoltasi a Roma dal 1 al 23 ottobre 1999 che, “fu un autentico avvenimento della Chiesa”, sottolineandone l’opportunità, perché avrebbe consentito di riflettere sulla situazione dell’Europa: quasi un esame di coscienza al quale la celebrazione del Grande Giubileo dell’anno 2000 invitava tutta la Chiesa Cattolica.
I 288 partecipanti, di tutte le età e provenienti da tutti i paesi europei, parlavano tutte le lingue d’Europa, provenivano dalle situazioni più diverse, oltre la metà non aveva mai partecipato ad un’assemblea sinodale e non si conoscevano fra di loro: ma tutto questo non impedì che si ritrovasse un’unità cattolica tangibile, sottolinea il Cardinale Rouco Varela, e una sintonia sulla diagnosi della situazione europea nella quale, dopo la riunificazione geografica e politica, era possibile percepire meglio il danno spirituale causato dall’umanesimo immanentista nelle sue diverse versioni ideologiche. Essendo, quindi, “l’ora della verità per l’Europa era proprio per questo l’ora del Vangelo...l’ora dell’annuncio rinnovato del kerygma” e, su questo punto, la convinzione dei padri sinodali era chiara e colma di speranza: anche in Europa era necessario ricominciare dalle radici, da una proposta essenziale e nitida del mistero di Cristo. Si sottolineava anche che la vita sacramentale della Chiesa era parte ineludibile della nuova evangelizzazione, perché la vita cristiana nasce dall’Eucaristia e dagli altri sacramenti.
La nuova evangelizzazione, prosegue il cardinale Rouco Varela, ha i suoi strumenti e il suo stile: il dialogo. Il dialogo con la cultura e la società attraverso istituzioni adeguate come la scuola e l’Università, le istituzioni sanitarie, assistenziali e politiche, il dialogo ecumenico fra le diverse confessioni cristiane, in particolare la necessità della reciproca comprensione e carità fra cattolici e ortodossi, il dialogo fra i nuovi movimenti e le comunità ecclesiali come strumenti che lo Spirito Santo ha donato alla Chiesa per la nuova evangelizzazione e le istituzioni antiche e si invitavano tutti alla comunione con il Vescovo nella Chiesa locale.
Il cardinale Rouco Varela conclude affermando che la Vecchia Europa aspetta parole di futuro e di speranza e che il Sinodo del 1999 e la memorabile esortazione Apostolica di Giovanni Paolo II, Ecclesia in Europa, firmata il 28 giugno 2003, risposero con una proposta ed un appello: Gesù Cristo e la conversione a Lui che ha parole di Vita eterna.

[Presentazione - 00136-01.05] [NNNNN] [Testo originale: spagnolo]

 
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