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CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA

OMELIA DEL CARD. ZENON GROCHOLEWSKI
IN OCCASIONE DELL'INAUGURAZIONE
DELL'VIII FORUM INTERNAZIONALE DEI GIOVANI

Rocca di Papa
Mercoledì, 31 marzo 2004

1. Chiamati alla santità

Dopo il Grande Giubileo del 2000, Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001) fra l'altro ha tracciato il programma pastorale per l'inizio del terzo millennio. Ancora suona nei nostri orecchi, e deve suonare sempre di più, il pressante invito di questa Lettera a porre al primo posto nella nostra vita cristiana la prospettiva della santità, ossia a renderci conto che tutti siamo chiamati alla santità (n. 30), che la santità non implica "una sorta di vita straordinaria, praticabile solo da alcuni "geni" della santità", ma che "le vie della santità sono molteplici, e adatte alla vocazione di ciascuno", che la santità è da realizzare anche "nelle condizioni più ordinarie della vita". E il Santo Padre aggiunge: "è ora di riproporre a tutti con convinzione questa "misura alta" della vita cristiana ordinaria" (n. 31c).

Un mese fa (28 febbraio 2004) ho partecipato al Simposio dedicato a Sanzia Giannina Szymkowiak, che Giovanni Paolo II ha dichiarata beata durante il suo viaggio in Polonia del 2002. Sanzia è vissuta negli anni 1910-1942, è morta dunque a 32 anni. In occasione della sua beatificazione i filologi romanisti polacchi hanno chiesto che venga dichiarata loro patrona. La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti lo ha fatto con il decreto del 19 settembre 2003. Il menzionato Simposio è stato promosso ed organizzato dall'Istituto della Filologia Romanistica dell'Università statale di Poznan, dove Sanzia ha studiato, ma vi hanno partecipato i filologi pure di altri centri di studi della Polonia.

Anche se ha vissuto molti anni prima, la vita di Sanzia sembra proprio una eloquente illustrazione della realizzazione del suddetto invito. Per lei, infatti, la santità non era un vago sogno o un pio desiderio, ma l'oggetto di una chiara scelta e di una ferma decisione. Già come studentessa della filologia, menzionando santa Teresa del Bambino Gesù, ha detto ad una sua amica: "Anche io voglio diventare santa". Poi ha scritto in modo più chiaro e fermo: "Io devo diventare santa ad ogni costo".

È stato giustamente osservato - e ciò vorrei sottolineare - che la cosa straordinaria nella sua santità era proprio la ordinarietà, la semplicità, la normalità. Quasi anticipando le citate parole del Papa, Sanzia molti anni prima ha annotato nel suo diario: "Niente di straordinario deve esserci nella mia vita, tutto ordinario, ma in modo non ordinario. Il pensiero che devo diventare santa ad ogni costo deve essere la mia costante preoccupazione"; e in un altro luogo: "devo cercare di raggiungere la più alta perfezione nelle piccole cose".

Di tale santità nelle circostanze ordinarie era pervasa fortemente anche la sua vita di studentessa universitaria. Erano gli anni più belli della sua vita. E qui si potrebbe dire molto, ma voglio soltanto notare che questa sua santità era contagiosa. Sanzia ha saputo attirare gli altri a seguire una simile strada. Era un autentico testimone di Cristo nell'ambiente universitario. Così, ad esempio, una delle sue colleghe di studi ha deposto durante il processo di beatificazione: "Il mio contatto con lei si strinse presto e tanto più facilmente perché da poco mi era morta la madre. Da parte di Giannina ho trovato la comprensione in quei momenti difficili. Lei mi ha aiutato a fare i primi passi nella lingua francese. A lei devo il mio costante interesse per la letteratura religiosa. Ha saputo mostrarmi la vita dal lato più bello, la vita piena di sacrifici, di mortificazioni, di gioiosi slanci spirituali. Sono felice che, anche se soltanto per un piccolo tratto della mia vita, ho toccato le esperienze spirituali di questa Venerabile Collega".

Carissimi, quanto più sul serio prendete l'invito a realizzare la santità nella vostra vita, tanto più sarete capaci di concretizzare ciò che è oggetto di questo Forum Internazionale, ossia di "testimoniare Cristo nell'ambiente universitario".

Questo è il primo pensiero che Vi voglio porre davanti agli occhi: quanto più mirerete alla santità, tanto più sarete testimoni.

2. Il cammino della verità e della libertà

Il secondo pensiero - che si collega al primo e lo arricchisce - ci è suggerito dalle letture dell'odierna Messa (mercoledì della 5ª settimana della Quaresima).

Il Vangelo (Gv 8, 31-42) dice fra l'altro che la sequela di Cristo, il farsi suoi discepoli, ossia la strada della santità è in realtà un cammino nella verità e nella libertà. Gesù, infatti, dice: "Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi".

Proporre la santità della vita non è altro che proporre la via della verità e della libertà.

a. Il cammino nella verità.

Alla luce della fede, la santità è vita nella verità, nella verità intera, non limitata alle realtà materiali o alla vita soltanto terrena. Infatti, il santo prende in considerazione sia i beni materiali che spirituali; tiene conto della realtà terrena come anche di quella soprannaturale; contempla la propria vita non soltanto nella prospettiva temporale, ma anche eterna. In altre parole, il santo vive nella verità considerando tutti gli aspetti della propria esistenza.

La cosa poi più importante è che chi mira alla santità si apre a Dio che è il bene supremo e la fonte della verità. Gesù ha detto: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14, 6). Ha promesso di mandarci lo Spirito Santo come "lo Spirito di verità" (Gv 16, 13; cfr anche Gv 14, 17; 15, 26), che ci "guiderà alla verità tutta intera" (Gv 16, 13). Ha pregato il Padre per i suoi discepoli: "Consacrali nella verità. La tua parola è verità" (Gv 17, 17; cfr 17, 19). Davanti a Pilato disse: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità" (Gv 18, 37).

Seguendo Cristo radicalmente, camminiamo nella verità, nella verità intera, nella verità che non delude (cfr Rm 9, 33).

A tale riguardo, vorrei sottolineare anche un'altra cosa: la santità della vita e l'apertura alla grazia ci aiutano in realtà a comprendere più profondamente le verità di Dio. San Paolo giustamente nota: "L'uomo naturale [...] non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle" (1 Cor 2, 14). Similmente san Giovanni Evangelista: "Chiunque pecca non ha visto [Dio] né l'ha conosciuto" (1 Gv 3, 6). Anche Giovanni Paolo II nella menzionata Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte rileva: "alla contemplazione piena del volto del Signore non arriviamo con le sole nostre forze, ma lasciandoci prendere per mano dalla grazia. Solo l'esperienza del silenzio e della preghiera offre l'orizzonte adeguato in cui può maturare e svilupparsi la conoscenza più vera, aderente e coerente" del mistero di Dio (n. 20). Per questo motivo ci sorprende spesso la penetrante comprensione delle verità di Dio che dimostrano i santi, anche quelli senza grandi studi.

Sì, la via della santità è un cammino nella verità, nella verità tutta intera.

b. Il cammino nella libertà.

Gesù nel Vangelo dice anche che "la verità vi farà liberi". Il Divino Maestro parla qui della libertà vera, spirituale. In realtà, il cammino nella verità, ossia lo sguardo su tutti gli aspetti della nostra esistenza, ci aiuta a trovare una giusta scala dei valori. Ci aiuta, quindi, a non diventare o rimanere schiavi dei beni materiali e delle nostre concupiscenze, dei vizi, del peccato, ma ci spinge e ci rende capaci di mirare ai valori più importanti, indistruttibili, perenni.

Gesù nell'odierno Vangelo risponde ai Giudei in modo non equivoco: "In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato". Ci vengono in mente tanti giovani che sono oggi schiavi della droga, del sesso, del piacere, del denaro, dell'orgoglio, della pigrizia, dell'invidia ecc. Non sono liberi. Non sono liberi di mirare ai valori più grandi. Del resto, chi di noi non ha sperimentato e non sperimenta in minore o maggiore grado la schiavitù di diversi vizi e debolezze? Sant'Agostino - che dopo una vita assai dissoluta ha dovuto faticare molto per trovare questa libertà spirituale, ossia per spezzare le catene delle sue cattive abitudini e della passione carnale - ha scritto poi con convinzione: "Oso dire che nella misura in cui serviamo Dio siamo liberi, mentre nella misura in cui serviamo la legge del peccato siamo schiavi" (Commento al Vangelo di Giovanni, tratt. 41, 10; cfr CCC, 1733).

Sant'Agostino era anche consapevole che la libertà spirituale non si raggiunge pienamente con le proprie forze, ma soltanto mediante la grazia, mediante l'aiuto del Signore (cfr La correzione e la grazia, 8). Del resto, lo afferma in modo chiaro Gesù nel Vangelo che abbiamo sentito: "se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero". Quindi, saremo liberi davvero, se il Figlio ci farà liberi!

La strada della santità è un cammino verso la libertà, verso la libertà vera, spirituale, che può manifestarsi "perfino in condizioni di costrizione esteriore" (cfr Giovanni Paolo II, Enc. Redemptor hominis, 12c). La condizione della sua autenticità è - come ci insegna Giovanni Paolo II - "l'esigenza di un rapporto onesto nei riguardi della verità [...] tutta la verità sull'uomo e sul mondo" (ivi). Così ci tornano in mente le parole di Gesù dell'odierno Vangelo: "la verità vi farà liberi".

3. L'esempio di Sadrach di Mesach e di Abdènego

L'esempio di un tale cammino nella verità e nella libertà ci è presentato dal bellissimo racconto della prima lettura dell'odierna Messa, dal libro del profeta Daniele (Dn 3, 14-20.46-50.91-92.95). I tre ragazzi, Sadrach, Mesach e Abdènego, per amore della verità, hanno rifiutato di servire i falsi dei e di adorare la statua d'oro che Nabucodonosor aveva fatto innalzare. Ci hanno dato una magnifica dimostrazione della libertà spirituale, sapendo accettare generosamente di essere gettati in mezzo ad una fornace ardente.

Questo gesto si è concluso con il loro trionfo grazie all'intervento di Dio, ed ha attratto perfino Nabucodonosor che prese a dire: "Benedetto il Dio di Sadrach, Mesach e Abdènego". In realtà, il cammino della verità e della libertà si conclude sempre, alla fine dei conti, con il vero trionfo in cielo ed attrae gli altri qui sulla terra.

Conclusione

Chiediamo al Signore di aiutarci a saper prendere sul serio l'invito alla santità nelle nostre ordinarie condizioni di vita, che non è altro che l'invito a camminare nella verità intera e nella autentica libertà.

Questo, infatti, è il modo più efficace di testimoniare Cristo nell'ambiente universitario, e, del resto, non soltanto universitario.

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