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CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA

SIMPOSIO EUROPEO "LE SFIDE DELL'EDUCAZIONE"

OMELIA DEL CARD. ZENON GROCHOLEWSKI

Sabato, 3 luglio 2004

 

1. I problemi fondamentali che si pongono a noi cattolici in relazione al tema dell'educazione - di qualsiasi livello si tratti, sia scolastico che universitario - riguardano sempre il da fare perché l'educazione abbracci la persona in tutte le sue dimensioni, integralmente, nonché come trasmettere i valori perenni, ossia come arricchire di questi valori il concreto ambito di educazione con cui ognuno di noi ha a che fare. In altre parole, a livello ecclesiale la questione non può che essere affrontata nella prospettiva educativo-pastorale. Altrimenti correremmo il rischio di tradire Cristo e la missione affidataci da Lui. È in questa prospettiva pastorale, che mira ad avvicinare la persona umana nella sua integrità alla fonte della verità e del bene, che intendo fare la mia breve riflessione.

Il realismo di san Tommaso Apostolo

2. L'odierna festa di san Tommaso Apostolo costituisce lo sfondo. L'Evangelista Giovanni lo presenta in diverse situazioni, nelle quali appare un gran realismo e l'onestà di Tommaso. Quando Gesù decise di andare in Giudea da Lazzaro già morto, i discepoli lo avvertirono: "Rabbi, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?" Di fronte alla decisione di Gesù, Tommaso, realista, non facendosi illusioni sulla sorte che attendeva Gesù a Gerusalemme, disse ai condiscepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!" (Cfr Gv 11, 1-16).

Nel cenacolo, quando Gesù parlò della sua partenza ("E del luogo dove io vado, voi conoscete la via"), Tommaso confessò apertamente la propria ignoranza o dubbio: "Signore, non sappiamo dove vai e come posiamo conoscere la via?", provocando la famosa risposta: "Io sono la via...". (Gv 14, 4-6). Anche nell'odierno Vangelo (Gv 20, 24-29), Tommaso, realista come era, non si accontenta della testimonianza di altri discepoli circa un fatto incredibile, e dice: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". Ma quando Gesù gli dà la prova, esprime la sua fede incondizionata: "Mio Signore e mio Dio!".

3. Noi siamo in una situazione diversa da quella di Tommaso. Siamo membri della Chiesa, già costruita - come ci dice la prima lettura (Ef 2, 19-22) - "sopra il fondamento degli apostoli [...], e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù", morto e risorto. Nel Magistero vivo della Chiesa, che agisce "nel nome di Gesù Cristo" e sotto l'azione dello Spirito Santo, la Provvidenza ci ha lasciato il garante della corretta interpretazione della parola di Dio scritta e trasmessa (Cfr Conc. Vat. II, Dei Verbum, n. 10). Siamo, quindi, in una situazione, da un certo punto di vista, migliore di quella in cui si trovava Tommaso.

Ma anche per il nostro operare nel campo dell'educazione ci vuole realismo, per non stare nelle nuvole, per non farsi illusioni, e soprattutto per non faticare invano. Ci vuole realismo, evidentemente illuminato e sostenuto dalla fede.

Festeggiare o fare la pastorale

4. Nei tempi odierni in diversi campi della pastorale si fanno tanti convegni, simposi, incontri, che poi hanno poca rilevanza nella vita quotidiana. Anzi, può sembrare strano, ma anche i convegni o simposi possono distoglierci dal realismo pastorale, possono addormentare la nostra vigile operosità quotidiana, quella cioè che veramente conta. Qualcuno mi ha detto: "Si moltiplicano i convegni che assorbono tutte le nostre forze, e così si indebolisce il nostro impegno di ogni giorno. Facciamo tanto chiasso, ma forse inutile". Si corre, infatti, talvolta il rischio piuttosto di festeggiare la pastorale nei convegni che di farla realmente; un rischio di attaccarsi alla torta della festa, piuttosto che al pane quotidiano dell'operosità pastorale.

Il festeggiare è più vistoso, fa più rumore, forse fa più guadagnare punti nell'opinione pubblica o davanti ai superiori, ma l'efficacia del lavoro pastorale dipende dall'impegno di ogni giorno, dipende dal pane quotidiano semplice, meno vistoso, umile, quasi nascosto, ma assolutamente necessario per una buona salute della pastorale effettiva, per una pastorale fruttuosa.

5. Evidentemente non sto parlando contro i convegni. Ci vuole, infatti, anche il festeggiare, ci vuole anche la torta della festa, ci vogliono momenti di riflessione, è necessario approfondire certe questioni, per essere efficaci nella fatica quotidiana, ma dobbiamo essere consapevoli che tutto questo serve soltanto se nutre, se e in quanto sia un sostegno, un aiuto, un arricchimento reale del lavoro da realizzare giorno per giorno senza chiasso, da realizzare prima nel proprio cuore e poi nei confronti di altri. Al contrario, tutta l'attività congressista è inutile quando, invece di essere sostegno alla pastorale diretta quotidiana, praticamente quasi si sostituisce ad essa.

Ovviamente sempre si proclama che un convegno o simposio è orientato a servire, ad alimentare la pastorale quotidiana. Ma talvolta non ci illudiamo forse? Alle volte ci si domanda: veramente non sappiamo che cosa fare? o semplicemente non lo facciamo?

L'Eucaristia in ordine all'efficacia di un convegno

6. Di fronte a questo problema, la celebrazione dell'Eucaristia diventa di estrema importanza per ogni convegno che vuole essere davvero cristiano, che vuole portare frutti nella operosità di ogni giorno.

L'Eucaristia infatti - come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1324) richiamando il Concilio - è "fonte e apice di tutta la vita cristiana". Di conseguenza, "tutti i ministeri ecclesiastici e tutte le opere di apostolato (quindi anche quelle che si riferiscono all'educazione) sono strettamente uniti alla Santissima Eucaristia e ad essa sono ordinati". Essa è il cuore della vita della Chiesa (Cfr ivi, n. 1407). Non ci può essere quindi una fruttuosa educazione cristiana distaccata dall'Eucaristia.

Giustamente ha osservato Giovanni Paolo II: "Dovunque noi prestiamo l'opera nostra [...] - non importa quale sia la nostra occupazione -, l'Eucaristia è una sfida alla nostra vita quotidiana" (Omelia a Phoenix Park di Dublino, 29 settembre 1979, n. 5b, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II/2 [1979], p. 417).

7. Vorrei rilevare specificatamente tre elementi o aspetti dell'Eucaristia che ci costringono a non illuderci, a porre l'accento su ciò che è essenziale, a essere realisti nella nostra attività pastorale nel campo educativo.

L'Eucaristia in primo luogo ci costringe all'esame di coscienza. Lo dobbiamo fare all'inizio della Messa, per accostarci fruttuosamente alla partecipazione al Sacrificio di Cristo, distaccandoci dal male, dal peccato, dalle omissioni, prendendo coscienza del nostro impegno cristiano, anche quello nel campo educativo. Lo stesso in qualche modo necessariamente ritorna nel nostro colloquio con il Signore dopo averLo ricevuto nella Santa Comunione. Per celebrare rettamente l'Eucaristia non possiamo omettere l'esame di coscienza. Esso non sia un momento di distrazione. Si tratta infatti dell'importante attimo di verità, di realismo. Ci aiuti questo esame a stare con i piedi sulla terra, a impegnarci nella nostra vita quotidiana, anche se essa non è vistosa.

Il secondo elemento importante è che siamo invitati nell'Eucaristia ad unire al sacrificio di Cristo il nostro sacrificio, a offrire noi stessi (cfr Enc. Ecclesia de Eucharistia, n. 13b). Questo nostro sacrificio è tanto più rilevante quanto più è "pane quotidiano" sorretto dall'umiltà, quanto più è reale, quanto più ci costa, e quanto più è costante, quanto più è l'espressione della nostra vera preoccupazione per la pastorale effettiva, realizzata più che festeggiata o reclamizzata.

Il terzo aspetto è che l'Eucaristia ci dà la forza per una pastorale reale ed efficace. Essa, infatti, è il nutrimento del nostro impegno cristiano. Gesù stesso ci ha assicurato: "La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda" (Gv 6, 55). E Gesù si presenta nell'Eucaristia nella forma del pane, che è il cibo quotidiano, e non nella forma di una torta festosa. Lui ci nutre perché anche noi diventiamo pane nella nostra attività educativa, perché diventiamo cioè nutrimento semplice ed umile, nutrimento di ogni giorno, ma sostanziale e assolutamente necessario per la vita, per la salute e per l'operosità quotidiana.

Conclusione

8. Vi auguro, e prego il Signore, che questo Convegno, insieme con la costante e diligente partecipazione all'Eucaristia, vissuta con intensità, contribuisca a far sì che il vostro impegno quotidiano nel campo educativo diventi sempre più solido ed efficace.

Gesù, che - con il sacrificio della croce - sei diventato per noi pane sempre disponibile, aiutaci a diventare pane, a diventare - con il nostro umile sacrificio personale - vero e consistente nutrimento nell'attività educativa giorno per giorno.

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