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CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

PRESENTAZIONE DELLA LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI "MOTU PROPRIO" MISERICORDIA DEI
SU ALCUNI ASPETTI DELLA CELEBRAZIONE
DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. JORGE ARTURO MEDINA ESTÉVEZ

Giovedì, 2 maggio 2002

 

La Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio Misericordia Dei su alcuni aspetti della celebrazione del Sacramento della Penitenza, emanata dal Santo Padre Giovanni Paolo II il 7 aprile scorso, II Domenica nell’Ottava di Pasqua o della Divina Misericordia, non costituisce un atto isolato nell’ambito del Magistero del Papa, ma al contrario si inserisce all’interno di una serie di interventi di carattere dottrinale e pastorale, dai quali sono scaturiti altrettanti provvedimenti di indole canonica per la Chiesa universale, espressioni queste della responsabilità pastorale affidate al successore di Pietro. In tale contesto non possiamo non ricordare alcuni momenti significativi del Pontificato di Giovanni Paolo II, quali la pubblicazione del Codice di Diritto Canonico per la Chiesa latina e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, l’Esortazione postsinodale Reconciliatio et poenitentia, il Catechismo della Chiesa Cattolica e il recente messaggio inviato a tutti i sacerdoti in occasione del Giovedì Santo.

Sebbene la pubblicazione del Motu Proprio Misericordia Dei sia motivata da reali circostanze che rispecchiano un certo indebolimento della coscienza e un rilassamento della vita cristiana, il suo retroterra è costituito dalla dottrina cattolica sul peccato, sulla conversione e sulla giustificazione attraverso l’economia sacramentale e in modo particolare per mezzo della celebrazione del Sacramento della Penitenza o della Riconciliazione.

Nella Chiesa che è mistero, sacramento e strumento universale di salvezza, si esercita la forza salvifica di Dio che ha la sua fonte nella misericordia del Padre, resa visibile ed efficace nell’opera del suo Figlio Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra giustificazione, nell’azione misteriosa dello Spirito Santo. La Chiesa, dunque, è al servizio della salvezza di ogni uomo e questo compito è così essenziale che qualifica l’attività pastorale della stessa, dei suoi ministri e di tutto il Popolo di Dio. Il dono della salvezza, d’altra parte non è possibile senza la conversione, così come la conversione è frutto della grazia di Dio che prende l’iniziativa di sottrarre l’uomo dal potere del maligno e dalla schiavitù del peccato e ricondurlo alla comunione con il Padre, ristabilendo in lui l’immagine originaria di figlio di Dio, membro del corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo.

La Sacra Scrittura sottolinea la spaventosa realtà del peccato paragonandola alla morte, alla lebbra, all’esilio, alla miseria, alla fame e alla schiavitù: immagini queste che stanno a significare i particolari effetti che esso produce nella vita dell’uomo; sono parole ed immagini forti, ma in nessun modo esagerate. Il peccato porta con sé effetti deleteri non solo in ordine alla disgregazione del legame vitale dell’uomo con Dio, ma anche nell’ambito dell’equilibrio relazionale dell’uomo con se stesso e in ordine allo squilibrio dei rapporti sociali. Infatti, il peccato è un’offesa recata alla bontà di Dio, una ferita alla santità della Chiesa e la causa dei disordini che affliggono la società.

In tal senso, l’annuncio della salvezza costituisce il compito primario ed essenziale della Chiesa, così come il ministero della celebrazione dei Sacramenti è la sua missione permanente. Il Sacramento della Penitenza o della Riconciliazione è la secunda post naufragium tabula istituita dal Signore Gesù per venire incontro all’uomo che dopo il Battesimo si è lasciato sopraffare dalla tentazione, aderendo al Maligno e allontanandosi da Dio. Con il peccato l’uomo si è caricato di una colpa che rimane fino a quando, sotto l’influsso della grazia, non si converte riacquistando la partecipazione alla vita divina, pegno della salvezza eterna.

Il Sacramento della Penitenza o della Riconciliazione è stato affidato alla Chiesa e in modo particolare ai Vescovi, quali custodi della comunione ecclesiale, ed ai presbiteri loro stretti collaboratori. Il ministero della riconciliazione non è un privilegio o un esercizio di potere, ma è espressione della responsabilità pastorale che ogni Vescovo e presbitero hanno assunto davanti a Dio il giorno della loro ordinazione, è quindi un servizio doveroso reso ai fratelli quale segno della premurosa sollecitudine della Chiesa verso le pecore smarrite e ferite che hanno bisogno di far ritorno nell’ovile del Buon Pastore. Il fedele e solerte esercizio di questo ministero è segno di autentico zelo pastorale e di presa di coscienza della missione che Dio ha affidato ai suoi ministri, quello cioè di essere al servizio del popolo cristiano. Certamente il ministero sacramentale della Penitenza non è facile e il Santo Padre ne ha spiegato le caratteristiche nella sua recente lettera ai sacerdoti in occasione del Giovedì Santo, nella quale si sottolinea il fatto che i fedeli hanno il diritto di trovare nei sacerdoti, ministri disponibili per ascoltare le confessioni.

Il Motu Proprio Misericordia Dei ribadisce l’insegnamento tradizionale della dottrina della Chiesa, secondo il quale l’unico modo ordinario della celebrazione del Sacramento della Penitenza è quello che comporta la confessione integra dei peccati al sacerdote con l’assoluzione personale. Le cosiddette «assoluzioni collettive» o «generali» sono da considerarsi straordinarie ed eccezionali, alle quali si ricorre solo ed esclusivamente in pericolo di morte o quando è fisicamente o moralmente impossibile la celebrazione del sacramento nella forma ordinaria. Equiparare le «assoluzioni collettive» alla forma ordinaria della celebrazione del Sacramento della Penitenza è un errore dottrinale, un abuso disciplinare e un danno pastorale.

La Chiesa tiene presente l’esempio dei Santi sacerdoti che consacrarono la loro vita all’esercizio del ministero della riconciliazione sacramentale. Si pensi a San Giovanni Maria Vianney, a San Leopoldo Mandic e al Beato Pio da Pietrelcina, del quale riprendo alcune espressioni che sono molto semplici ma nello stesso tempo dense di significato e valore: «Nel tumultuar delle passioni e delle avverse vicende, ci sorregga la cara speranza della inesauribile misericordia [di Dio]: corriamo fidenti al tribunale di penitenza, ove egli con ansia di padre in ogni istante ci attende; e, pur consapevoli della nostra insolvibilità dinanzi a Lui, non dubitiamo del perdono solennemente pronunziato sui nostri errori».

           

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