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Conferenza di S.E.R. Mons. Dario Castrillon Hoyos

Yamoussoukro - martedì 8 luglio 1997

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CRISTO IERI, OGGI E SEMPRE

 

Siamo qui riuniti, provenienti dai diversi continenti, in questa terra africana, terra di santi e di martiri, che abbellisce il mondo con i suoi crocifissi d'avorio, terra che fa gioire la Chiesa con la lussureggiante vegetazione dei tropici e con il profondo messaggio del grande Agostino, di Cirillo Alessandrino, di Cipriano e di Tertulliano. Ci riuniamo convocati da Cristo, come famiglia di redenti e araldi della vera libertà, nel vincolo di quella comunione che è caratteristica del sacerdozio e che si fonda sull'unicità del Capo, Pastore e Sposo della Chiesa, che è Cristo (cfr. S. Agostino, Sermo 46, 30). Sentiamo profonda la comunione affettiva ed effettiva con il Santo Padre, Pastore della Chiesa universale, fondamento visibile dell'unità della Chiesa e dell'Ordo sacerdotale.

E poichè, in forza del sacramento dell'Ordine "ciascun sacerdote è unito agli altri membri del presbiterio da particolari vincoli di carità apostolica, di ministero e di fraternità" (Pastores dabo vobis, 17), insieme gustiamo, in questi giorni, quell'unità che costituisce una vera famiglia nella quale i legami non vengono dalla carne o dal sangue ma dalla grazia dell'Ordine (cf Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, n.25).

In questo clima di ferividi sentimenti fraterni, riflettiamo insieme, in chiave sacerdotale, sul tema:

1. Cristo è lo stesso "ieri, oggi, sempre" (Eb 13,8).

E' evidente, Cristo è Dio, pertanto è sempre lo stesso. Ecco perchè la verità è immutabile, perchè la verità non è una cosa ma è una Persona viva da incontrare, è Lui, Via, Verità e Vita; è Lui per il quale tutto quello che è, è stato fatto (cf Ef 1,13; Col 1, ); è Lui verità di ogni cosa; è Lui che è "la" Verità.

E la Verità non si supera ma si approfondisce proporzionatamente alla propria umiltà e purezza di vita. Più si è umili e puri, più si ha "intelligenza" e, allora, lo Spirito Santo, progressivamente, introduce nella Verità tutta intera. Più si entra nella Verità e più si entra in Cristo.

Ogni piccola verità (nei vari campi) è una tessera di un immenso mosaico. Lo sguardo di insieme di tutte le tessere è come uno splendido catino absidale dove troneggia Cristo Re, Alfa e Omega, Signore della storia. E' importante saper cogliere il Tutto da ogni singola tessera.

In quel Pantocrator è la risposta a tutto, è la ragione e il fine di tutto, è la realizzazione e la felicità di ciascuno.

Mediante il mistero della sua Incarnazione salvifica, Gesù illumina la grande storia della quale è chiave di volta, ed illumina la nostra storia personale. Noi sacerdoti ci spieghiamo specchiandoci nel suo mistero. Non si tratta di una conoscenza fredda, afferente soltanto alla nostra cerebralità, ma di un tipo di conoscenza che è esperienziale e che affonda le proprie radici nell'humus della comunionalità. Si va dunque alla grazia del Battesimo e dell'Ordine. Siamo in quel punto per cui si sperimenta l'autoconfessione paolina: "per me vivere è Cristo" (Fil 1,21).

Egli, per volontà del Padre, si è fatto uno di noi e per la salvezza del mondo è morto e risorto.

Cristo è lo stesso ieri, oggi, sempre! Dunque la Verità è sempre la stessa. A cambiare siamo noi perchè limitati ed imperfetti. Cambiamo perchè di quell'unica ed immutabile Verità, possiamo, sotto la luce del Paraclito, comprenderne sempre di più, ed affinchè questo fruttuosamente avvenga, si deve, ovviamente, procedere "in eodem sensu" (cf.S.Vincenzo di Lerino). Se mutasse il senso, la Verità non sarebbe più tale e noi brancoleremmo nel buio di un soggettivismo letale, sballottati da ogni vento.

 

 

2. Gesù Cristo è la Verità del nostro essere e, per di più, come sacerdoti, troviamo in Lui solo la nostra identità e, in questa, il senso e lo stile della nostra missione. In Lui il nostro "esse" e il nostro "agere". Noi, per l'imposizione delle mani episcopali e la preghiera consacratoria, siamo ontologicamente assimilati a Lui.

La sacra ordinazione - il cui ricordo rimane in benedizione e che rivivremo domenica concelebrando la S.Messa nella quale....diaconi di alcune Chiese africane accederanno al presbiterato - crea "un legame ontologico specifico che unisce il sacerdote a Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote e Pastore" (PDV 11).

La nostra vera identità consiste in una partecipazione specifica al sacerdozio di Cristo, in una continuazione di Cristo stesso, Sommo ed Unico Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza. Risvegliamo, cari amici, la nostra fede in quel mistero esaltante di cui siamo depositari: noi siamo un'immagine vivente e trasparente del Cristo Sacerdote, "una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Pastore" (PDV 12.15).

 

 

3. Così ben comprendiamo che dicendo, con la Rivelazione, "Cristo ieri, oggi e sempre", diciamo pure dell'"alter Christus" ieri, oggi e sempre.

Mutano le contingenze storiche che noi, per dovere pastorale, dobbiamo sapientemente leggere e conoscere, ma mai potrà mutare l'essenza, mai potrà cedere l'essenziale. C'è un progresso, certamente e positivamente ma, per essere tale, deve essere "in eodem sensu".

Pensiamo, per esempio, alla fondamentale dottrina sul sacerdozio ministeriale nel Concilio di Trento, nel Concilio Vaticano II, nell'Esortazione apostolica postsinodale "Pastores dabo vobis", nel "Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri".

Un Concilio, e così un documento ufficiale, non può contraddirne un altro, bensì lo completa, lo svolge ulteriormente nella fedeltà. Non commettiamo mai il gravissimo errore, focolaio di tanti e tanti mali, di opporre un atto di magistero autentico ad un altro.

Un tale modo di pensare sarebbe decisamente antiecclesiale.

 

In tali casi si diventa vittime di una grande, più o meno occulta, orchestrazione, senza neppure accorgersene. Questa orchestrazione intende presentare un Cristo dimezzato, un semplice uomo di grande sensibilità e di forte tensione ideale, da omologare con una galleria di personaggi di tutte le estrazioni, una morale costituita da un mazzo di "valori comuni", una Chiesa tutto fuorch'è missionaria, un clero funzionale a tale Chiesa e così via.

E' importante che noi, grondanti di intimità divina, afferrati da Cristo, immersi nella preghiera e nel mistero della "communio" gerarchica e concentrica, viviamo una grande libertà interiore, ricordando che "veritas liberabit vos" (Gv 8,39).

 

Tra un pullulare di notizie anche insignificanti o "curiose", che sovente riempiono le cronache, non mancano di martellare ripetitivamente, alcune "idee forti", che costituiscono attualmente i contenuti della "coscienza globale". Occorre fare attenzione perchè queste idee "forti" potrebbero entrare anche nella nostra mentalità, nelle nostre assemblee, nei nostri organismi e nelle prassi pastorali.

Attenzione perchè la nostra "idea forte" è "Cristo, ieri, oggi e sempre"! Lui è l'Unico a non poter essere mai superato, Lui solo è il nostro criterio e tutte le strade passano solo attraverso di Lui. Noi dobbiamo essere come delle rocce inattaccabili sotto la pioggia martellante delle "idee forti" correnti.

Non è il mondo il "luogo teologico" per pensarci e per ispirare il nostro ministero pastorale, che fa un tutto unico con noi. Il luogo teologico è il metro di valutazione, il criterio di giudizio, la fonte normativa con cui si stabilisce la verità della fede. Il nostro luogo teologico non può essere se non nella Scrittura, nella Tradizione, nel "sensus fidelium", nel Magistero.

Insomma il nostro riferimento è Cristo, "cristo ieri, oggi e sempre"!

 

4) Egli, per volontà del Padre, si è fatto uno di noi e per la salvezza del mondo è morto e risorto. Si è fatto uno di noi! L'incarnazione non è una semplice idea ma un fatto, anzi è "il" fatto della storia, il fatto talmente grande che la stessa sensibilità artistica dei grandi compositori musicali classici, quali Mozart o Haydn, Schubert o Bruckner, ecc, alle parole "et incarnatus est" del "Credo", le loro partiture si fanno talmente soavi, delicate, direi incantate, da avere la sensazione che la stessa musica voglia inginocchiarsi ed adorare tanto mistero.

La Seconda Persona della Trinità Santissima si è fatta quasi uno di noi, per cui ogni autentico cristiano è testimone di Cristo, del Verbo Incarnato, è una lettera di Cristo decifrata agli uomini. Ma in modo specialissimo, testimone di Cristo è il sacerdote e lo è, anzittutto, a motivo della sacra ordinazione. Cristo trasfonde la sua potestà sacerdotale in ogni sacerdote, consacrandolo indelebilmente testimone del suo sacerdozio.

In virtù del carattere che imprime, il sacerdozio ministeriale rende testimonianza all'unico sacerdozio di Cristo, poichè "uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini; l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza l'ha data nei tempi stabiliti" (1 Tm 2,5-6).

Ci ha associati al suo ministero e siamo noi stessi Cristo incarnato presente oggi, come ieri, domani e sempre; siamo assimilati a Cristo Pastore e Capo, che converte, santifica e guida. Noi siamo inviati a convertire, a santificare, a guidare.

Cristo desidera ardentemente condividere con gli uomini il suo unico sacerdozio. Perciò quando prese posto a tavola nell'ultima Cena, disse agli Apostoli: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi prima della mia passione".

Dopo aver espresso questo ardente desiderio, "preso un pane rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me" (Lc 22, 15-19).

"In memoria di me". In lingua ebraica ed aramaica queste parole rivestono un significato ben più ricco che nel nostro vocabolario. Essere memore, in lingua ebraica, significa non solo ricordare quanto è accaduto, ma far sì che l'accaduto si attualizzi, si faccia nuovanete presente.

Nella lingua ebraica e in quella aramaica, usata da Cristo, la memoria crea e non soltanto evoca ricordi.

"Fate questo in memoria di me". Sulla bocca del Salvatore queste parole significano che Egli conferisce il potere, unitamente al dovere, di rinnovare e rendere presente quanto accaduto nel cenacolo, con tutti gli stessi effetti.

Così "Cristo è sempre presente nella sua Chiesa" (S.C.,n.7), grazie ai suoi sacerdoti.

Il sacerdote agisce "in nome di Cristo, e nella persona di Cristo" (L.G.,n.28).

 

5) Chi annuncia il Vangelo? Il sacerdote? Certo, ma non da solo. E' Cristo che parla attraverso la bocca del sacerdote. Ecco perchè S.Agostino diceva che "Cristo annuncia Cristo". Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato che "è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura" (S.C.,n.7).

Chi è ad offrire l'Eucarestia? Il sacerdote? Sì, ma non da solo. E' Cristo, per mezzo del sacerdote. Cristo, "il medesimo che offertosi una volta sulla croce rinnova questa oblazione attraverso l'azione del sacerdote" (Concilio Tridentino, Sess. XXII). Dopo quattrocento anni da questa affermazione del Concilio di Trento è stata ripetuta con immutato vigore dal Concilio Vaticano II (S.C.,n.7). Per tale ragione S.Gregorio Magno esclamava che durante la S.Messa non è tanto la mano del sacerdote che si vede sull'altare, quanto piuttosto la destra tesa di Cristo. Quanto ci fa riflettere questo, fra l'altro, sulla dignità delle nostre celebrazioni liturgiche!

Chi impartisce l'assoluzione sacramentale dalle colpe commesse? Il sacerdote? Certamente, ma non da solo. E' Cristo ad impartirla, per mezzo del sacerdote. "I sacramenti sono azioni dello stesso Cristo" (Pio XII, enc. Mediator Dei, AAS 39, 1947,p 533), insegna Pio XII nell'enciclica "Mediator Dei" del 2 dicembre 1947. Cristo è presente nei sacramenti e, "attraverso di essi, ci reca ogni giorno" la sua grazia, come membri del Corpo Mistico di cui è il Capo.

Questa verità suscitava in S.Ambrogio una forte emozione: "Cristo morì realmente una sola volta per i peccati del popolo, ma perchè potesse rimettere ogni giorno questi peccati" (S.Ambrogio, Expositio Evang. secundum Lucam, 10,8, PL 15, 1806,n.8).

Cristo si serve dei sacerdoti come "amministratori dei misteri di Dio" (1 Cor 4,1). Il sacramento, infatti, è un mistero che ha per autore Cristo; il sacerdote ne è solo l'amministratore.

Il sacerdote è "un altro Cristo"! E non si tratta di una metafora bensì di una forte realtà mistica.

Grazie all'ordinazione il sacerdote è, in senso ontologico, testimone di Cristo, e il servizio della Parola e dei sacramenti è, in pari tempo, la reale testimonianza di Cristo, l'unico sacerdote.

Con l'ordinazione, nel sacerdote avviene una trasformazione ontologica. Al momento dell'ordinazione egli riceve un nuovo "esse", una nuova esistenza (sacerdotale) di tipo mistico.

 

6) In virtù dell'ordinazione il sacerdote è contrassegnato con il carattere sacerdotale, che è un reale segno spirituale, incancellabile. Il carattere ci fa rassomigliare a Cristo sacerdote, nel nome e nella persona del quale operiamo.

Gesù disse: " il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6,51). Cristo fece però osservare che la promessa si sarebbe adempiuta in virtù del sigillo con cui era stato contrassegnato dal Padre. Perciò agli ebrei stupìti il Salvatore disse ancora: "Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perchè su di Lui il Padre, Dio ha messo il suo sigillo" (Gv 6,27).

Dio Padre contrassegnò Cristo con il suo sigillo, con il sigillo eucaristico, con il sigillo del sacerdozio eucaristico. Questo sigillo, Cristo l'ha condiviso con noi, imprimendo nelle nostre anime il carattere sacerdotale. In virtù del carattere sacerdotale, ognuno di noi, grazie al suo essere sacerdotale, è un "altro Cristo", trasformato ontologicamente in testimone di Cristo "ex opere operato".

Per noi sacerdoti, la verità del carattere sacerdotale, cioè del fatto che siamo "segnati da uno speciale carattere che ci configura a Cristo sacerdote, in modo da poter agire in nome e nella persona di Cristo capo" (P.O.,n.2), ha un fondamentale significato.

Noi sacerdoti dobbiamo credere nel carattere sacerdotale per poter essere noi stessi, per conservare la nostra specificità, per non perdere la nostra tessere d'identità; e nel caso l'avessimo perduta, dobbiamo ritrovarla. Certamente non trascurabile importanza - poichè siamo in carne ed ossa, nello spazio e nel tempo - rivestono la stessa psicologia e i nostri sensi: penso ai segni percepibili esternamente. Ne abbiamo bisogno noi e ne ha bisogno il popolo.

 

7) Credo in Gesù Cristo che, per opera dello Spirito Santo, si è incarnato misticamente in me, perchè potessi partecipare al suo unico sacerdozio.

Credo nella reale, mistica incarnazione di Cristo sacerdote in me, per virtù dello Spirito santo. Credo nel carattere sacerdotale che è e sarà sempre incancellabile, eterna e benedetta testimonianza di questa incarnazione.

La fede è la bussola della vita umana. La fede nel carattere sacerdotale è la bussola della vita sacerdotale. Essa ci indica un unico orientamento della vita, il medesimo assegnato a Cristo da Dio Padre. La fede nel carattere sacerdotale fa sì che il sacerdote si immerga in Gesù sacerdote, si dimentichi di sè, della sua vita personale, delle sue stesse aspirazioni individuali. Così il sacro celibato entra in questa stupenda logica cristiforme.

La realtà del carattere sacerdotale è talmente grande e solenne che la nostra singola persona scompare. Nell'assimilazione ontologica a Cristo Signore sta la ragione chenotica del nostro scomparire e la ragione della nostra grandezza.

Il mondo che ci circonda è pieno di rumori; quante parole, quanto parlare e, spesso, senza nulla concludere! Questo frastuono potrebbe insinuarsi anche nei nostri ambienti, moltiplicando strutture, sovrastrutture, assemblee, fori e un certo parlarsi addosso in "ecclesiastichese". Talvolta, forse, può accadere che parliamo troppo anche di noi stessi. Pensiamo di più alla nostra condizione di "configurati a Cristo" (Cf P.O.,n.2).

La nostra apprezzabile, nobile moderazione e sobrietà trova la propria sorgente nella riflessione sul carattere sacerdotale, sulla carta d'identità del sacerdote, i cui connotati si riassumono in due parole: "alter Christus".

 

8) Ci è necessaria una profonda fede anche nella dimensione sociale del nostro carattere sacerdotale. Dobbiamo credere che, in virtù di tale carattere, siamo posti a servizio degli uomini e in tale compito nessuno potrà mai sostituirci. Nessuno, infatti, può sostituire Gesù Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini, unico sacerdote, il quale ci ha scelti per essere amministratori dei suoi misteri.

E' Cristo, dunque, che per mezzo del ministero che adempiamo nel suo nome e nella sua persona, vuol far nascere gli uomini a nuova vita per condurli alle altezze dell'umanità divinizzata.

Si tratta di un servizio autentico, che ci impegna a tenerci lontani da qualsiasi atteggiamento anche solo involontariamente demagogico e che cointende una vera e propria, responsabile "leadership". Essa richiede di servire e guidare nell'amore e nella fortezza.

"Esercitando la funzione di Cristo Capo e Pastore per la parte di autorità che spetta loro, i presbiteri, in nome del vescovo, riuniscono la famiglia di Dio come fraternità animata nell'unità, e la conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo" (P.O.,n.6 a).

La legittima e doverosa "leadership" del presbitero, lontana da una concezione meramente sociologica di capacità organizzativa, scaturisce anch'essa dal sacerdozio sacramentale: "in virtù del sacramento dell'Ordine, ad immagine di Cristo, sommo ed eterno sacerdote (cf Ebr 5,1-10; 7,24; 9,11-28), sono consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti del Nuovo testamento" (L.G.,n.28 a).

 

Attraverso il carattere sacerdotale, il perdono e la grazia discendono nelle anime, e per mezzo di essi il peccatore torna nuovamente uomo divinizzato e si eleva alle altezze dell'umanità redenta.

Il carattere sacerdotale è un magnifico servizio all'umanità, perchè è sacramento di salvezza universale (Cf L.G.,n.48).

E' tale anzittutto attraverso il servizo sacerdotale, specialmente con la S.Messa, durante la quale Cristo versa il suo sangue "per molti in remissione dei peccati" (Mt 26,28).

Anche per sempre meglio celebrare il divino Sacrificio, ricordiamoci che una sola celebrazione di esso è il più grande bene sociale che esista, il più grande beneficio per l'umanità. I suoi frutti non conoscono confini.

Infinita è la dimensione sociale del sigillo del sacerdozio eucaristico, con il quale Dio ha insignito Cristo e, in Lui, noi suoi ministri. Solamente nell'eternità conosceremo quanto bene per gli uomini di tutti i tempi, per le generazioni, i popoli, le etnìe, le nazioni, abbia operato la testimonianza del sacerdozio sacramentale di Cristo, attraverso i ministri che Lui ha scelto e ai quali ha trasmesso la sua autorità sacerdotale.

 

9) Il sacerdote che crede nel carattere sacerdotale e, conseguentemente, si sforza di essere sacerdote al cento per cento, senza sconti, si sentirà sempre necessario per gli uomini, non solo "scelto fra gli uomini", ma anche sempre "costituito per il bene degli uomini" (Eb 5,1). Mai si sentirà smarrito, frustrato, emarginato. Tutti tristi sentimenti che emergono dov'è scarsa la coscienza della propria identità e non è più reperibile il buon spirito ecclesiastico che anima la missione.

Teniamo ben presente che il carattere sacerdotale, con tutte le sue conseguenze di vita e di stile ministeriale, lungi dal separarci dall'umanità, al contrario, ci pone proprio al suo centro. Infatti il carattere sacerdotale ci inserisce nel sacerdozio di Cristo, il quale è "la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana" (G.S.,n.10), "l'alfa e l'omega" (ibid., n.45).

 

Conclusione:

 

Così si vive il "semper idem" di Cristo "ieri, oggi e sempre", nelle diverse circostanze di tempo e di luogo; così si "permette" a Cristo di essere prolungato nel tempo e nello spazio, di vivere situazioni da Lui non vissute duemila anni fa in Palestina. Così l'Amore misericordioso del Buon Pastore si curva benefico su ogni infermità, su ogni miseria, su ogni necessità dei nostri fratelli. Si tratta di un Cristo inedito ma sempre "lo stesso ieri, oggi e sempre".

Ciò significa che noi possiamo conoscere rettamente Gesù Cristo, quando Lo comprendiamo in unità con il Cristo di "ieri" e quando, attraverso il Cristo di "ieri" e di "oggi", vediamo il Cristo eterno. Per l'incontro con Cristo, al quale siamo ontologicamente configurati, vanno sempre insieme le tre dimensioni del tempo - passato, presente, futuro -e il superamento del tempo stesso!

Modelliamo così in Cristo, ogni giorno, la sua Chiesa, "di buon animo, ... fatti modelli del gregge" (Cfr. 1 P 5, 3). Con Agostino, il grande africano, ricordiamoci che "Ognuno possiede lo Spirito Santo tanto quanto ama la Chiesa di Dio" (S.Ag. in Io. tract.32,8: P.L.35,1646). E noi, per l'impresa di nuova evangelizzazione che urge alle soglie del Terzo Millennio, abbiamo bisogno dello Spirito Santo che fa nuove tutte le cose.

Con la mano generosa dell'operaio evangelico, con la mano stessa di Cristo, saremo il lievito del mondo affinchè esso, giusto e in pace, venga consacrato a Dio.

 

Grazie!

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