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Omelia di S.E.R. Mons. DARIO CASTRILLON HOYOS

Pro-Prefetto della Congregazione per il Clero

 

ai Sacerdoti del Molise

presso la Casa di Spiritualità "Villa S. Michele"

 

Matrice, martedì 10 giugno 1997

 

 

"SAPPIAMO CHE QUESTI E' VERAMENTE IL SALVATORE DEL MONDO!"

 

1) Anche noi sappiamo che Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote è il (non semplicemente "un") Salvatore del mondo e non ne esistono altri.

Poiché ben sappiamo che quell'unico sacerdozio salvifico, al quale siamo stati ontologicamente configurati, si prolunga in noi, capiamo allora la grandezza della nostra identità, comprendiamo il dono di cui siamo depositari, intuiamo il fascino e la ricchezza del mistero d'amore misericordioso che è in noi, capiamo la specificità, l'insostituibilità, la missionarietà del nostro ministero pastorale. Cogliamo che tale ministero è indissolubilmente connesso con l'identità e che, nella volontà fondante di Gesù, non è a tempo determinato, non può conoscere soste. L'identità sacerdotale non può subire alcun processo di osmosi con lo spirito del mondo e con le sue mode transeunti e non potrà mai andare in pensione. La malattia, l'anzianità limiteranno alcune azioni pastorali senza, tuttavia, limitare la mediazione sacerdotale salvifica della preghiera e del sacrificio personale. Capiamo che il nostro ministero è - permettetemi l'espressione -impastato con noi, tanto che noi non esistiamo senza di esso, anche perché la sua fecondità, il suo segreto, non è riposto nelle doti umane o nell'efficenza esterna, bensì nella ricchezza interiore. Capiamo che anche un sacerdote infermo può essere splendidamente pastore.

 

2) Gesù è veramente il Salvatore del mondo e tutte le strade passano per Lui. E quale fu la sua missione? Essere "l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo" (Gv 1,29): la sua missione era essenzialmente spirituale ed amorevolmente unita ai sofferenti, agli ammalati, ai prigionieri. Infatti, il "Suo Regno non era di questo mondo" (Gv 18,36) anche se Egli esplicava il suo potere divino taumaturgico per alleviare pure le sofferenze di questo mondo e per dare garanzia e dimostrare la legittimità del suo carattere di "Cristo".

E' indispensabile che ciascuno di noi abbia ben presente il carattere spirituale di quanto Gesù applica a se stesso.

Noi siamo qui insieme, in questa giornata spirituale, per rinnovarci, per "ricaricarci", per rinnovare interiormente le promesse fatte un giorno e per risuscitare in noi tutta la grazia del nostro sacerdozio e la purezza della nostra missione.

Anzitutto sia sopra di noi lo Spirito del Signore! Questo Spirito sia sopra di noi in modo ordinario. Dio fa quello che crede - e nella Sua libera volontà sta sempre il bene dell'uomo - ma noi dobbiamo contare sui carismi ordinari. Di questi sappiamo che, normalmente, non sono rilevabili dalla coscienza psicologica. E allora da cosa rileveremo di averli, sicché sia sopra di noi lo Spirito del Signore? Dalla nostra umiltà, dalla nostra effettiva e cordiale obbedienza, dal nostro spirito di sacrificio. Sono questi i segni sicuri di essere su quella via dove è lo Spirito del Signore. La nostra piccolezza è oggetto della sua magnificenza!

Noi siamo comunità. Ma in questa comunità, dalla quale riceviamo il frutto della comune preghiera e dalla quale riceviamo i doni del culto reso pubblicamente a Dio, noi dobbiamo recare l'apporto della nostra consistenza interiore, della nostra orazione personale, del nostro sentimento motivato, convinto, del nostro pentimento costante. "Cor sempre poenitens"!

 

3) Colui che è veramente il Salvatore del mondo, è venuto ad evangelizzare i poveri. Dunque noi dobbiamo evangelizzare i poveri e, nella nostra povertà, aprirci anche noi, tutti i giorni, al Vangelo.

Nella verità salvifica di Dio, nella Sua grazia, nel merito, "poveri" siamo tutti, nessuno eccettuato. Il primo moto però deve essere per quelli che soffrono di miseria materiale. Questo ci indica il livello e da quel livello ci allontana - magari con grande contraddizione - qualsiasi mondanità che tenta di entrare in noi. E la mondanità assume tutte le spoglie, assume tutti i toni, usa tutte le parole che, di per sé, indicano cose importanti. E' terribilmente facile divenire "mondani"! Ci spinge la cultura dominante (essa si respira attraverso i mezzi di comunicazione, le tipologie "à la pàge", gli "slogans" nello stesso modo di parlare...) e l'ambiente.

 

Gesù doveva occuparsi dei prigionieri. Poiché tutto il discorso è integrale, va inteso principalmente e finalmente in chiave spirituale, si tratta anzitutto di quanti sono moralmente schiavi del peccato, delle passioni, dei cattivi desideri. Allora la prigione appare immensa ed è evidente che non può sciogliere ad altri le catene, chi ne è legato.

 

Gesù doveva ridare la vista ai ciechi, ma la sua opera non finisce con il cieco di Gerico, non si riduce alle ombre delle sue pupille. Il potere di Gesù si indirizza ai ciechi dell'anima. Essi domandano la luce della verità. Sono numerosissimi, consci o inconsci, quelli che la cercano, anche perché, come ha spiegato Gesù a Nicodemo (cf 3E cap. del Vangelo di S.Gv), la capacità di vedere si riduce in proporzione alla immondezza dell'anima.

 

Gesù doveva occuparsi degli oppressi. Certamente di quanti hanno sperimentato l'oppressione, come in Egitto, ma anche degli oppressi impediti dalla loro educazione, dal loro ambiente, dalle ossessioni esagitate, dalla ipnosi delle psicologie di massa. Nessuno potrà sollevare un oppresso se sarà lui pure oppresso.

 

4) Il Salvatore del mondo, il Sommo ed Eterno Sacerdote ci ha additato mete quanto mai impegnative e il popolo ci vuole esattamente così come era Gesù. E' tutto qui e nientemeno che così! Il popolo, anche quello lontano, alla fine, il sacerdote lo vuole così, tutto e solo sacerdote, senza sconti, senza mondanizzazioni nel pensare, nell'agire ed anche nel vestire; lo vuole senza altri interessi che non siano il vero bene delle anime.

Spesso taluni metodi che riteniamo, in buona fede, metodologie pastorali di aggancio - le cosiddette pastorali "di frontiera" - si risolvono nel loro opposto, ovvero in metodi di repulsione. A volte l'aggancio può essere immediato ma, dopo un pò di effimero entusiasmo, il fuoco si spegne perché mancava l'ardore divino e c'era soltanto creatività umana, oppure i frutti non sono di conversione ma solo di "cooperatività" in surrogati e il Regno non si espande se non con la conversione autentica.

Gesù conferma quello che il popolo attende.

 

5) Al momento dell'ordinazione abbiamo fatto delle promesse: non siano solo parole e non siano dette una volta per tutte ma siano riattualizzate quotidianamente. E' nella ferialità, nella fedeltà di tutti i giorni, che si dimostra l'effettività dell'amore.

Il "mondo-mondo", nell'accezione giovannea, pone in atto tutti i tentativi possibili ed immaginabili per ingannarci e farci recedere dall'adesione piena e leale a Gesù e, in Lui, al Magistero, alla disciplina della Chiesa e, financo al buon senso pastorale: resistiamo forti nella fede!

Il "mondo-mondo" vorrebbe intimorirci con complessi di inferiorità innanzi ad esso e con il sussumere in mille modi la non continuità della Chiesa, quasi che la Chiesa di oggi si costruisse sulle macerie di quella di ieri, quella di domani sulle macerie di quella di oggi e così via: resistiamo forti nella fede!

 

6) Siamo intorno all'altare, al nostro luogo "naturale" del nostro "habitat" sacerdotale, dove meglio si legge la nostra identità, da dove sgorga l'energia del nostro ministero e dove esso ritorna: bruciamo su questo altare qualsiasi incoerenza con l'essere ciò che siamo e con l'agire secondo il nostro essere e bruciamo qualsiasi voglia suggerita dal nostro orgoglio e dal nostro egoismo. Questo è il vero incenso che, se bruciato, sale a Dio in odore di soavità ed edifica il popolo a noi affidato. Rinsaldiamo a qualsiasi prezzo i vincoli della nostra carità fraterna fra appartenenti all'Ordo sacerdotale, non partecipiamo mai al facile peccato di coloro che offendono e perfino calunniano i "cristi" del Signore. E che il nostro sacrificio sia anche una rinnovazione per tutti noi.

Con umiltà, con il dovuto pentimento per le nostre personali inadeguatezze a tanta dignità, con proposito santo e con la gioiosa certezza della fede, proseguiamo in questo Divino Sacrificio entro il quale ritroviamo noi stessi e dal quale attingiamo ogni bene.

 

Che Dio ci benedica e la Vergine ci protegga!

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