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Direttorio Catechistico Generale

1971

 

PROEMIO

 

A norma del decreto Christus Dominus, n. 44, viene pubblicato il presente direttorio catechistico generale. La preparazione di questo documento ha richiesto diverso tempo, non solo per le intrinseche difficoltà del lavoro, ma anche per il metodo adottato nella redazione del medesimo. Costituita una speciale commissione di esperti in catechesi, che appartenevano a nazioni diverse e che erano stati scelti d’intesa con alcune conferenze episcopali, per prima cosa sono stati chiesti i suggerimenti e le proposte dei vari episcopati.

 

In base a questi suggerimenti fu elaborato un primo schema sommario di direttorio, che fu sottoposto all’attenzione di una riunione plenaria straordinaria della sacra congregazione per il clero. Redatto poi uno schema più diffuso, sono state di nuovo interpellate le conferenze episcopali affinché esprimessero il loro parere. Sulla base delle proposte di questa seconda consultazione dell’episcopato è stato redatto il progetto definitivo del direttorio, che, prima di essere pubblicato, è stato rivisto da una speciale commissione teologica e approvato dalla congregazione per la dottrina della fede.

 

Questo direttorio ha come finalità la presentazione dei fondamentali principi teologico-pastorali, desunti dal magistero della chiesa e in modo particolare dal concilio ecumenico Vaticano II, con i quali si possa più idoneamente orientare e coordinare l’azione pastorale del ministero della parola. Per questo motivo l’aspetto teoretico del direttorio è prevalente, anche se l’aspetto pratico evidentemente non manca. Si è scelta questa via e questo metodo soprattutto in considerazione del fatto che solo partendo da una giusta concezione della natura e dei fini della catechesi e delle verità che per mezzo di essa si devono trasmettere, nel rispetto dei destinatari e nella giusta valutazione delle condizioni in cui questi si trovano, è possibile evitare quelle deviazioni, che oggi non raramente si constatano nella catechesi. Inoltre la concreta applicazione dei principi e degli enunciati del direttorio è compito specifico dei vari episcopati attraverso i loro direttori nazionali e regionali, i catechismi e gli altri mezzi atti a promuovere un efficace svolgimento del ministero della parola.

 

È evidente che non tutte le parti del direttorio hanno una uguale importanza. Le parti che trattano della divina rivelazione, della natura della catechesi, dei criteri dell’annuncio cristiano e dei suoi più importanti contenuti, hanno valore per tutti. Le parti invece che riguardano le condizioni attuali, la metodologia, il tipo di catechesi per le diverse età, siccome necessariamente vengono in gran parte desunte da scienze umane, teoretiche e pratiche, soggette ad una certa evoluzione, sono da accogliere piuttosto come indicazioni e suggerimenti.

 

I destinatari principali del direttorio sono i vescovi, le conferenze episcopali e quanti, sotto la loro guida, hanno responsabilità nel campo catechistico. La finalità immediata del direttorio è quella di aiutare la redazione dei direttori catechistici e dei catechismi. Proprio in vista della elaborazione di questi strumenti sono state prospettate alcune linee fondamentali dell’attuale situazione, allo scopo di stimolare nelle varie parti della chiesa uno studio attento e profondo delle concrete situazioni e necessità pastorali; sono stati inoltre indicati alcuni principi generali di metodologia e alcune linee di una catechesi secondo le età, per mettere in rilievo quanto siano indispensabili un’arte e una sapienza educativa; infine una particolare attenzione è stata dedicata alla redazione della terza parte, nella quale vengono dati i criteri secondo i quali occorre esporre i contenuti della catechesi, e nello stesso tempo si offre una visione degli elementi essenziali della fede cristiana, allo scopo di mettere nel dovuto risalto come la meta irrinunciabile della catechesi sia quella di proporre in modo integro il messaggio cristiano.

 

Poiché il direttorio è diretto a nazioni che presentano situazioni e necessità pastorali assai diverse, esso necessariamente ha tenuto conto di quella che potrebbe chiamarsi la situazione comune o media. Il direttorio, pertanto, va guardato e giudicato secondo questa sua particolare impostazione e struttura. Lo stesso piano pastorale, che viene prospettato nella VI parte, non è che un piano di massima, che potrà apparire forse inadeguato in quelle regioni, dove la catechesi ha già fatto notevoli progressi, e forse eccessivo in quelle regioni, dove la catechesi è invece ancora ai suoi primi passi.

 

Nel pubblicare il documento, che rivela ancora una volta la sollecitudine della chiesa verso un ministero così importante ed essenziale alla sua missione nel mondo, si esprime il voto che esso possa essere accolto, studiato e approfondito, alla luce delle vere necessità pastorali delle singole comunità ecclesiali, e che esso possa stimolare una ricerca sempre più viva e rispondente fedelmente alle necessità del ministero della parola e alle indicazioni del magistero ecclesiastico.

Parte I

ATTUALITÀ DEL PROBLEMA

Natura e scopo di questa parte

 

I. Poiché la preoccupazione fondamentale della chiesa è quella di annunciare e promuovere la fede nella società degli uomini del nostro tempo, sottoposta a profonde trasformazioni socio-culturali, è utile - avendo presente quanto ha esposto il Concilio Vaticano II - descrivere alcuni tratti specifici della situazione attuale, indicando le ripercussioni che essi hanno nella vita spirituale e gli impegni nuovi che propongono alla chiesa. Con ciò non si vuole minimamente esaurire un argomento che nelle varie parti della chiesa presenta aspetti singolari e spesso profondamente diversi. Sarà compito dei direttori nazionali completare queste indicazioni e adattarle alle esigenze delle singole nazioni o regioni.

LA SITUAZIONE ATTUALE NEL MONDO

L’epoca contemporanea in continua trasformazione

 

2. "L’umanità vive oggi un’epoca nuova della sua storia, caratterizzata da profondi e rapidi mutamenti, che si estendono progressivamente a tutta la terra... Possiamo così parlare di una vera trasformazione sociale e culturale, che ha i suoi riflessi anche nella vita religiosa". Ad esempio, si possono indicare due ripercussioni nella vita di fede, che interessano più da vicino la catechesi: a) In passato la tradizione culturale era più favorevole che oggi alla trasmissione della fede; nel nostro tempo, questa tradizione è mutata non poco, così che è sempre meno possibile potersi appoggiare sulla sua continuità. Perciò per trasmettere la fede alle nuove generazioni, è necessaria una evangelizzazione rinnovata. b) Occorre tener presente che la fede cristiana, perché possa radicarsi nelle culture nuove che si susseguono, ha bisogno di sviluppo e di nuove forme di espressione. Sebbene le aspirazioni e i desideri profondi, propri dell’uomo e della sua condizione umana, permangano profondamente identici, pure gli uomini d’oggi si pongono quesiti nuovi circa il senso e l’importanza della vita. L’uomo credente di oggi non è del tutto uguale all’uomo credente di ieri. Di qui nasce la necessità di assicurare la continuità della fede, ma nel tempo stesso di proporre in modo nuovo il messaggio della salvezza.

 

Oggi bisogna anche avere ben presente la grandissima diffusione dei mezzi di comunicazione sociale; la loro efficacia sorpassa i confini delle nazioni e rende i singoli quasi cittadini di tutto il consorzio umano. Questi mezzi agiscono con grandissima forza nella vita dei fedeli, sia per ciò che insegnano, sia per la mentalità e i modi di comportarsi che favoriscono in loro. È quindi necessario tenere conto con diligente e adeguata attenzione.

L’odierno pluralismo

 

3. "In seguito a tutto questo, mutamenti sempre più profondi si verificano nelle comunità locali tradizionali - come famiglie patriarcali, clans, tribù, villaggi - in gruppi diversi e nei rapporti sociali". Nelle antiche cristianità la religione era considerata quasi il maggiore principio di unità dei popoli. Oggi le cose sono molto cambiate: la coesione dei popoli, che trae la sua origine dal fenomeno della democratizzazione, promuove la concordia delle diverse famiglie spirituali; il " pluralismo " non è più considerato come un male da combattere, ma come un fatto degno di considerazione; ciascuno può prendere le sue decisioni, senza diventare o essere ritenuto estraneo alla società. Quelli perciò che attendono al ministero della parola, non devono mai dimenticare che la fede è la libera risposta dell’uomo alla grazia di Dio che si rivela. E più ancora che nel passato propongano il buon annuncio di Cristo nel suo mirabile carattere di chiave misteriosa che spiega tutta la condizione umana, e di dono gratuito di Dio che si riceve dalla grazia celeste nella confessione della propria insufficienza.

Il dinamismo della nostra epoca

 

4. La costruzione della società umana, il progresso e il graduale compimento dei progetti umani, mobilitano le energie degli uomini del nostro tempo. La fede non deve rimanere estranea a questo progresso umano, che peraltro può essere congiunto con gravi deviazioni. Perciò il messaggio evangelico deve apportare il suo giudizio su questo stato di cose e manifestare agli uomini il senso di questi eventi. Il ministero della parola, attraverso una sempre maggiore scoperta della vocazione umana e divina dell’uomo, deve permettere al vangelo di diffondere i suoi fermenti di autentica libertà e di progresso, di far nascere il desiderio della promozione della persona umana e della lotta contro quel modo di agire e di pensare che indulge al fatalismo. Queste indicazioni vogliono soltanto mostrare come il ministero della parola possa oggi rivolgere la sua azione al mondo attuale: "... dalla chiesa adesso si richiede che immetta nelle vene della comunità umana la forza perenne, vitale e divina del vangelo".

La situazione del senso religioso

 

5. La civiltà scientifica, tecnica, industriale e urbana, distoglie non raramente l’interesse dell’uomo dal divino e rende più difficile la sollecitudine interiore per la vita religiosa. Da non pochi, Dio viene percepito come meno presente, meno necessario, meno valido per dare una spiegazione alla vita personale e sociale: da questo stato di cose sorge facilmente una crisi religiosa. La fede cristiana sperimenta nei suoi seguaci questa crisi, alla pari delle altre confessioni religiose. Di fronte a una cultura secolarizzata e desacralizzata, la fede pertanto ha l’urgente dovere di affermare la sua natura, che trascende ogni progresso culturale, e manifestare la sua originalità.

 

Spetta al ministero della parola scoprire e sviluppare, liberandoli dalle ambiguità, i valori autentici che si trovano nel patrimonio spirituale di quelle culture umane nelle quali il senso religioso si mantiene ancora vivo e operoso, permeando intimamente tutta l’esistenza della vita umana. Una volta le opinioni sviate e gli errori circa la fede e il modo cristiano di vivere toccavano al più un piccolo numero di persone e più di oggi erano circoscritte negli ambienti intellettuali. Ora invece, il progresso umano e i mezzi di comunicazione sociale fanno sì che queste opinioni circolino con maggiore rapidità e abbiano un influsso di giorno in giorno più ampio sui fedeli, specialmente sui giovani, che subiscono più gravi crisi e sono sovente spinti ad assumere modi di pensare e di agire contrari alla religione. Questa situazione richiede adeguati rimedi pastorali.

LA SITUAZIONE ATTUALE NELLA CHIESA

 

Queste note, che caratterizzano la situazione religiosa del mondo, hanno profonde ripercussioni nella vita della chiesa.

La fede "tradizionale"

 

6. La fede cristiana in molti fedeli corre gravi pericoli, specialmente in quei luoghi dove la religione era considerata quasi prerogativa di alcune classi sociali, o dove essa confidava troppo sulle antiche consuetudini e sulla unanimità della professione religiosa. Masse intere si avviano verso l’indifferentismo o corrono il pericolo di conservare una fede priva del necessario dinamismo e di un reale influsso nella vita. Più che conservare le consuetudini religiose, occorre oggi affrontare il problema di una rievangelizzazione delle masse, di una rinnovata loro conversione, di una loro più profonda e matura educazione nella fede.

 

Ciò tuttavia non è da intendersi nel senso che si debba trascurare il sentimento religioso popolare, o che si debba far poco conto della fede genuina conservata in ambienti permeati di cultura cristiana. Il senso religioso continua ad essere vivo in molte parti della chiesa, nonostante il processo di secolarizzazione. Questo senso religioso non può venir trascurato, perché esso è sinceramente professato e autenticamente vissuto da un gran numero di persone. Anzi, il senso religioso popolare costituisce un’occasione e un punto di partenza per l’annuncio della fede. C’è solo da purificarlo, da valorizzarne gli elementi positivi, in modo che nessuno si accontenti di forme pastorali inadeguate, non adatte e forse anche controproducenti.

L’indifferentismo religioso e l’ateismo

 

7. Molti battezzati si sono allontanati dalla religione al punto di professare un certo indifferentismo o perfino l’ateismo. "Molti nostri contemporanei non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano l’intimo e vitale legame con Dio, così che l’ateismo va annoverato tra i fatti più gravi del nostro tempo, e va sottoposto a un più diligente esame". Il concilio Vaticano II ha considerato attentamente il fenomeno e ha trattato espressamente dei rimedi da apportare: "Il rimedio all’ateismo lo si deve attendere sia dalla esposizione conveniente della dottrina della chiesa, sia da tutta la vita di essa e dei suoi membri. La chiesa infatti ha il compito di rendere presenti e quasi visibili Dio Padre e il Figlio suo incarnato, rinnovando se stessa e purificandosi senza posa sotto la guida dello Spirito santo. Ciò si otterrà anzitutto con la testimonianza di una fede viva e matura, vale a dire opportunamente educata alla capacità di guardare in faccia con lucidità alle difficoltà per superarle".

 

Si danno anche dei casi nei quali la fede cristiana può trovarsi come inquinata da una specie di neopaganesimo, sebbene permanga un certo senso religioso e una certa credenza in un Essere supremo. La mentalità religiosa può sfuggire all’influsso della parola di Dio e della vita sacramentale e trovare il suo alimento in pratiche superstiziose e magiche; la vita morale può recedere a un’etica precristiana. A volte è possibile che vengano introdotti nella religiosità cristiana elementi di culti naturisti o animisti, di pratiche divinatorie, col pericolo in alcuni ambienti di cadere in forme sincretistiche. Avviene pure che si diffondano sette religiose che mescolano i misteri cristiani con elementi di antiche visioni mitiche. In questi casi più che mai si richiede che il ministero della parola, soprattutto l’evangelizzazione e la catechesi, siano rinnovati secondo quanto è indicato nel decreto Ad gentes divinitus, nn. 13, 14, 21, 22.

La fede e le differenti culture

 

8. Non mancano neppure cristiani, specialmente fra coloro che hanno ricevuto una formazione culturale più elevata, che sperimentano un certo disagio di fronte al linguaggio della fede, giudicato troppo vincolato a formule superate o troppo legato alla cultura occidentale. Essi sono alla ricerca di un nuovo linguaggio religioso, più confacente con la vita moderna e che permetta alla fede di diffondere la sua luce sulle realtà che angustiano gli uomini d’oggi, consentendo al vangelo di potersi incarnare nelle diverse culture. Certo è dovere della chiesa considerare con la massima attenzione questa esigenza dell’uomo. Ciò che il decreto Ad gentes divinitus dice a proposito delle giovani chiese, vale anche per tutti gli operatori del ministero della parola: "...dalle consuetudini e tradizioni, dal sapere e dalla cultura, dalle arti e dalle scienze dei loro popoli, ricavano tutto ciò che può contribuire a rendere gloria al Creatore, a mettere in luce la grazia del Salvatore, e a ben organizzare la vita cristiana". Pertanto "il ministero della parola, presentando in maniera rinnovata il messaggio evangelico, ha il compito di manifestare l’unità del piano di Dio. Senza cadere in confusioni e in identificazioni semplicistiche, esso deve manifestare l’unità profonda che esiste tra il progetto salvifico di Dio, attuato in Cristo, e le aspirazioni dell’uomo, tra la storia della salvezza e la storia umana, tra la chiesa-popolo di Dio e l’esperienza umana, tra i doni e i carismi soprannaturali e i valori umani".

L’opera di rinnovamento

 

9. In questa situazione profondamente cambiata, qualcuno potrebbe pensare che venga diminuito quello slancio apostolico, che la chiesa si sforza di promuovere. Occorre riconoscere che non può essere messo sotto accusa lo zelo dei pastori e dei cristiani, che rimane grande. Gli impedimenti ad un’azione più efficace sembrano provenire o dalla mancanza di una adeguata preparazione ai nuovi e ardui impegni che vengono proposti al ministero della parola o da una riflessione ancora imperfetta, espressa talvolta in teorie che, invece di favorire, scoraggiano l’iniziativa evangelica. È per questo che il concilio Vaticano II ha moltiplicato i suoi appelli per un profondo rinnovamento del ministero della parola. Ma questo rinnovamento sembra oggi messo in pericolo: - da coloro che non riescono a vedere tutte la profondità dell’auspicato rinnovamento quasi che si trattasse soltanto di porre un rimedio all’ignoranza religiosa. Secondo costoro sarebbe rimedio sufficiente incrementare l’istruzione catechistica. È evidente che un simile rimedio non può essere in alcun modo adeguato alla realtà. Quello che occorre rinnovare è lo stesso discorso catechistico, e si tratta di un rinnovamento che riguarda non solo la catechesi ai fanciulli, ma anche l’educazione permanente degli adulti alla fede; - da coloro che inclinano a ridurre l’annuncio evangelico alle sole sue conseguenze nella esistenza temporale degli uomini.

 

Il vangelo e la sua legge di amore richiedono certamente che i fedeli collaborino con tutte le loro forze - impegnandosi in attività di ordine temporale - ad instaurare sempre più fra gli uomini la giustizia e la fraternità. Ciò tuttavia non può essere sufficiente a dare testimonianza a Gesù Cristo, Figlio di Dio e nostro Salvatore, il cui mistero, che manifesta l’ineffabile amore di Dio, deve essere esplicitamente e integralmente annunciato a coloro che devono essere evangelizzati, e da questi essere accettato. Gli insegnamenti della costituzione Gaudium et spes e della dichiarazione Dignitatis humanae non indulgono ad alcun minimismo circa il servizio diretto della fede attraverso il ministero della parola. Ambedue i documenti mostrano la sollecitudine che si trovi un rimedio alle situazioni sopra descritte. In ogni caso, il rinnovamento del ministero della parola non può essere isolato dal rinnovamento generale della pastorale.

 

Compiti gravi e decisivi dovranno essere realizzati: occorrerà promuovere l’evoluzione delle forme tradizionali del ministero della parola e suscitarne delle nuove; evangelizzare e catechizzare coloro che si trovano a livelli culturali bassi; rispondere alle istanze dell’ " intellighentia " e andare incontro alle sue esigenze; migliorare le forme tradizionali di presenza cristiana e trovarne altre più valide; utilizzare tutte le risorse attuali della chiesa e nello stesso tempo rinunciare a quelle forme che dovessero apparire meno conformi al vangelo. Per svolgere questo compito, la chiesa fa affidamento su tutti i membri del popolo di Dio. Ciascuno - vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, laici - secondo le proprie responsabilità, è tenuto a svolgere la sua missione, tenendo ben presente la situazione del mondo che influisce profondamente sulla vita di fede. Il rinnovamento catechistico, perché possa dare un aiuto efficace a questi operai del vangelo, dovrà avvalersi dell’apporto delle scienze sacre, della teologia, degli studi biblici, della riflessione pastorale e delle scienze umane e così pure degli altri mezzi - soprattutto di quelli di comunicazione sociale - attraverso i quali oggi si diffondono opinioni ed idee.

Parte II

IL MINISTERO DELLA PAROLA

Capitolo I

IL MINISTERO DELLA PAROLA E LA RIVELAZIONE

La rivelazione: dono di Dio

 

10. Nella costituzione Dei Verbum, il concilio ecumenico ha considerato la rivelazione come un atto col quale Dio entra in comunione con noi personalmente: "Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e manifestare il mistero della sua volontà.., per invitare e ammettere tutti gli uomini alla comunione con sé". Dio vi appare come colui che vuole comunicare se stesso, realizzando un progetto ispirato dall’amore. Questo dono dell’amore di Dio è il punto di partenza della catechesi. La fede è l’accettazione e la fruttificazione in noi del dono divino. Questa caratteristica, per la quale la fede è da considerarsi come un dono, tocca intimamente tutto il contenuto del ministero della parola.

La rivelazione: fatti e parole

 

11. Per far conoscere agli uomini il suo progetto, Dio opera per mezzo degli avvenimenti della storia della salvezza e per mezzo di parole divinamente ispirate, che accompagnano e chiariscono questi avvenimenti: "Questa economia della rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere compiute da Dio nella storia della salvezza manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole chiariscono il mistero in esse contenuto". La rivelazione è dunque un insieme di avvenimenti e di parole, che si illuminano a vicenda. Il ministero della parola deve annunciarli in modo da chiarire ulteriormente e comunicare i profondi misteri in essi contenuti. In questo modo il ministero della parola non solo ricorda la rivelazione delle opere mirabili di Dio compiuta nel tempo e nel Cristo portata a compimento, ma interpreta anche, alla luce di questa rivelazione, la vita umana del nostro tempo, i segni dei tempi e le realtà di questo mondo, in quanto in essi si attua il progetto di Dio per la salvezza degli uomini.

Gesù Cristo, mediatore e pienezza di tutta la rivelazione

 

12. "La profonda verità.... per mezzo di questa rivelazione... risplende a noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione". Cristo non è soltanto il più grande dei profeti, colui che con la sua dottrina completò ciò che Dio aveva detto e fatto in precedenza. Egli è il Figlio eterno di Dio, fatto uomo, perciò l’evento ultimo a cui tendono tutti gli eventi della storia della salvezza, colui che compie e manifesta le supreme intenzioni di Dio. "Egli.. compie e completa la rivelazione". Il ministero della parola deve porre in luce questo mirabile carattere dell’economia della rivelazione. Il Figlio di Dio si inserisce nella storia degli uomini, ne assume la vita e la morte, realizza definitivamente in questa storia il suo progetto di alleanza. Come l’evangelista Luca, il ministero della parola ha come primo compito di richiamare ai credenti l’avvenimento-Gesù, di manifestarne il significato, indagando sempre più a fondo questo fatto unico e irreversibile: " Poiché molti si sono accinti a comporre una narrazione degli avvenimenti compiuti in mezzo a noi... è parso bene anche a me, dopo aver fatto diligenti ricerche su tutte queste cose, fin dalle loro origini, narrartele con ordine ".

 

Il ministero della parola pertanto deve appoggiarsi sul racconto divinamente ispirato che dell’incarnazione redentrice ci hanno fornito Gesù stesso, i primi discepoli e soprattutto gli apostoli, testimoni degli avvenimenti. "A nessuno sfugge che fra tutte le Scritture... i vangeli meritatamente eccellono, in quanto costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro Salvatore". Si ricordi inoltre che Gesù, Messia e Signore, è sempre presente nella sua chiesa per mezzo del suo Spirito. Il ministero della parola deve dunque presentarlo non solo come oggetto di studio, ma anche come colui che apre i cuori degli ascoltatori ad accogliere e comprendere il messaggio che viene da Dio.

Il ministero della parola o predicazione della parola di Dio:

atto della tradizione viva

 

13. "Ciò che fu trasmesso dagli apostoli comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del popolo di Dio e all’incremento della fede; e così la chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede". Questa tradizione è legata a degli enunciati, ma essa è più vasta e più profonda degli enunciati stessi. È una tradizione viva, poiché in essa Dio continua il suo dialogo con noi: "Così Dio, il quale ha parlato in passato, non cessa di parlare con la Sposa del suo diletto Figlio, e lo Spirito santo fa risuonare la viva voce del vangelo nella chiesa, e per mezzo di questa nel mondo...".

 

Il ministero della parola può dunque essere considerato come il portavoce di questa tradizione viva, nell’ambito di tutta la tradizione. "Questa tradizione di origine apostolica progredisce nella chiesa con l’assistenza dello Spirito santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un sicuro carisma di verità". Da una parte bisogna distinguere chiaramente la rivelazione divina, che costituisce l’oggetto della fede cattolica e che si è chiusa con il tempo degli apostoli, dalla grazia dello Spirito santo, senza la cui ispirazione e illuminazione nessuno può credere.

D’altra parte Dio, che un tempo aveva parlato agli uomini, rivelando se stesso attraverso gli avvenimenti salvifici e il messaggio dei profeti, di Cristo e degli apostoli, oggi ancora guida misteriosamente la chiesa sua sposa e parla con lei, mediante lo Spirito santo, nella santa tradizione, con la luce e il senso della fede, affinché il popolo di Dio, sotto la direzione del magistero, acquisti una comprensione sempre più profonda della rivelazione.

 

I pastori della chiesa hanno il compito non solo di proclamare e spiegare direttamente al popolo di Dio il deposito della fede che è loro affidato, ma anche di discernere con autenticità le formulazioni e le spiegazioni proposte dai fedeli, così che "nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, concordino i presuli e i fedeli". Ne consegue che il ministero della parola deve presentare la rivelazione divina sia quale si presenta nell’insegnamento del magistero, sia quale si esprime nella viva coscienza e nella fede del popolo di Dio sotto la vigilanza del magistero. In questo modo il ministero della parola non è la pura e semplice ripetizione di un’antica dottrina, ma una riproduzione fedele di questa, adattata ai nuovi problemi e compresa sempre più profondamente.

La sacra scrittura

 

14. La rivelazione divina, per speciale ispirazione dello Spirito santo, è stata espressa anche in forma scritta, cioè nei libri sacri dell’antico e del nuovo testamento, i quali contengono e presentano la verità rivelata da Dio. La chiesa, custode e interprete della sacra scrittura, si mette alla sua scuola, meditando assiduamente e approfondendone sempre più la dottrina. Fedele alla tradizione, il ministero della parola trova nella sacra scrittura il suo nutrimento e la sua norma. Infatti nei libri sacri il Padre che è nei cieli viene amorevolmente incontro ai suoi figli e dialoga con essi. La chiesa, tuttavia, mentre attinge dalla sacra scrittura la norma del suo pensiero, ha anche il potere di interpretarla in forza dello Spirito da cui è animata: "In essa le sacre lettere sono più profondamente comprese e rese ininterrottamente operanti". Il ministero della parola ha quindi il suo punto di partenza nella sacra scrittura e nella predicazione degli apostoli, così come sono dalla chiesa comprese, spiegate e applicate alle situazioni concrete.

La fede: risposta alla parola di Dio

 

15. Con la fede l’uomo accoglie la rivelazione e per mezzo di essa partecipa in modo cosciente al dono di Dio. A Dio che si rivela dobbiamo l’obbedienza della fede, per cui l’uomo aderisce liberamente al "vangelo della grazia di Dio", con pieno assenso dell’intelletto e della volontà. Guidato dalla fede, per dono dello Spirito l’uomo giunge a contemplare e gustare il Dio dell’amore, che in Cristo ha rivelato le ricchezze della sua gloria. Anzi la fede viva costituisce in noi un inizio della vita eterna, nella quale finalmente si potranno conoscere, svelate, le profondità di Dio. La fede, che conosce il progetto di salvezza di Dio, ci guida al discernimento della volontà di Dio a nostro riguardo in questo mondo e alla cooperazione con la sua grazia. "La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo e perciò guida l’intelligenza verso soluzioni pienamente umane".

Il compito del ministero della parola

 

16. In breve, il ministro della parola deve essere pienamente cosciente del compito a lui affidato, cioè quello di suscitare una fede viva che converta la mente a Dio, spinga ad aderire alla sua azione, conduca a una viva conoscenza dei contenuti della tradizione, riveli e manifesti il vero significato del mondo e dell’esistenza umana. Il ministero della parola è l’annuncio del messaggio di salvezza: porta agli uomini il vangelo. Il mistero annunciato e insegnato tocca profondamente quella volontà di vivere, quel profondo desiderio di pienezza, quella viva attesa della felicità futura che Dio ha inserito nel cuore di ogni uomo e che ha elevato con la sua grazia all’ordine soprannaturale. Le verità della fede comportano l’amore per Dio, che tutto ha creato per Cristo e in Cristo ci ha risuscitati. I diversi aspetti del mistero cristiano devono essere presentati in modo tale che l’evento centrale, Gesù - il più grande dono di Dio agli uomini - appaia in primo piano e che le altre verità della dottrina cattolica si ordinino e si gerarchizzino pedagogicamente attorno ad esso.

Capitolo II

LA CATECHESI NELLA MISSIONE PASTORALE DELLA CHIESA

(Natura, scopo, efficacia)

Il ministero della parola nella chiesa

 

17. Il ministero della parola assume forme diverse, in relazione alle condizioni in cui viene esercitato e al fine che intende raggiungere: tra esse vi è la catechesi. Esiste anzitutto una forma detta evangelizzazione o predicazione missionaria, la quale si propone di suscitare quel primo atto di fede, con cui gli uomini aderiscono alla parola di Dio. Segue la catechesi, "che ha lo scopo di ravvivare tra gli uomini la fede e di renderla cosciente e operosa per mezzo di un’opportuna istruzione". Si ha anche la forma liturgica, nell’ambito della celebrazione liturgica, specialmente eucaristica (per es. l’omelia). C’è infine la forma teologica, cioè la trattazione sistematica e l’investigazione scientifica delle verità della fede. Per il nostro fine è importante distinguere queste forme, ciascuna delle quali obbedisce a leggi proprie. Tuttavia, nella realtà concreta del ministero pastorale, esse sono tra loro strettamente collegate. Di conseguenza, tutto ciò che si è detto sinora del ministero della parola in generale, si applica anche alla catechesi.

La catechesi e l’evangelizzazione

 

18. Per sé la catechesi suppone un’adesione globale al vangelo di Cristo, proposto dalla chiesa. Spesso però essa si rivolge a soggetti che, sebbene appartenenti alla chiesa, di fatto non hanno ancora dato una vera adesione personale al messaggio rivelato. Ciò significa che l’evangelizzazione può precedere o accompagnare, secondo le circostanze, il compito della catechesi propriamente detta. In ogni caso si deve ricordare che la conversione è una dimensione sempre presente al dinamismo della fede, e che perciò ogni catechesi deve avere anche una funzione evangelizzatrice.

Forme di catechesi

 

19. L’attività catechistica assume forme diverse, secondo la diversità delle situazioni e la molteplicità dei bisogni. Nei paesi di antica tradizione cristiana la catechesi si presenta spesso come forma scolastica o extrascolastica di insegnamento religioso per i fanciulli e gli adolescenti. In questi stessi paesi si hanno attività varie per la catechesi agli adulti o iniziative di catecumenato per coloro che si preparano a ricevere il battesimo o che, pur battezzati, mancano della debita iniziazione cristiana. Molto spesso la situazione reale di grandi masse di fedeli rende necessaria una evangelizzazione dei battezzati, come forma prioritaria di catechesi.

 

Nelle chiese di recente formazione riveste particolare rilievo l’opera di evangelizzazione nel senso proprio del termine e quindi si ha la forma classica del catecumenato, per coloro che vengono iniziati alla fede in vista del battesimo. In breve, l’azione catechistica può assumere forme e strutture molto varie: sistematiche e occasionali, individuali e comunitarie, organizzate e spontanee, ecc.

 

20. I pastori tengano ben presente il loro dovere di assicurare e di promuovere, per ogni età della vita e per ogni situazione storica, mediante la parola di Dio l’illuminazione della esistenza cristiana, in modo che ognuno, sia il singolo fedele che l’intera comunità, venga raggiunto nello stato spirituale in cui concretamente si trova. Si ricordino anche che la catechesi agli adulti, in quanto è diretta a persone capaci di un’adesione e di un impegno veramente responsabile, è da considerarsi come la forma principale della catechesi, alla quale tutte le altre, non perciò meno necessarie, sono ordinate. Abbiano anche la massima cura, in ossequio alle norme del concilio Vaticano II, di "ripristinare e di meglio adattare ai nostri tempi il catecumenato per gli adulti".

I compiti della catechesi

 

21. Nell’ambito dell’attività pastorale, la catechesi è quell’azione ecclesiale che conduce le comunità e i singoli cristiani alla maturità della fede. Per mezzo della catechesi, le comunità cristiane approfondiscono la conoscenza viva di Dio e del suo progetto di salvezza centrato in Cristo, Parola di Dio divenuta uomo. Esse inoltre si costruiscono nello sforzo di rendere matura e illuminata la loro fede e di farvi partecipare gli uomini che tendono ad essa.

 

Per ogni uomo aperto all’annuncio del vangelo, la catechesi è la via specifica per scoprire nella propria vita il progetto di Dio, per cercare il significato ultimo dell’esistenza e della storia, così da mettere la vita personale e sociale nella luce e sotto le esigenze del regno di Dio, per conoscere il mistero della chiesa come comunità di coloro che credono al vangelo. Tutto questo determina i compiti specifici della catechesi.

La catechesi e la grazia della fede

 

22. La fede è un dono di Dio, che provoca la conversione dell’uomo. "Perché si possa avere questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità". Una comunità cristiana matura nella fede vive in religioso ascolto della parola di Dio, è in continuo atteggiamento di conversione e di rinnovamento, è attenta a cogliere ciò che lo Spirito dice alla chiesa. È compito della catechesi (mediante la parola, accompagnata dalla testimonianza della vita e dalla preghiera) disporre gli uomini ad accogliere l’azione dello Spirito santo e a convertirsi più profondamente.

La catechesi e l’impegno della fede

 

23. La persona matura nella fede aderisce totalmente all’invito di comunione con Dio e con i fratelli, contenuto nel messaggio evangelico, e vive l’impegno che questo invito comporta. La catechesi ha quindi il compito di aiutare gli uomini a entrare in questa effettiva comunione con Dio e di presentare il messaggio cristiano in modo tale che appaia che per esso viene posto in salvo il supremo valore della vita umana. Tutto ciò suppone che la catechesi prenda in considerazione le autentiche aspirazioni degli uomini, il progresso e il pieno compimento dei valori che in esse sono contenuti.

 

La comunione con Dio e l’adesione a lui comportano necessariamente la realizzazione dei compiti umani e il dovere della solidarietà, poiché tutte queste cose sono volute da Dio salvatore. La catechesi deve dunque stimolare e illuminare lo sviluppo della carità teologale nei singoli credenti e nelle comunità ecclesiali, e le opere che da essa promanano negli impegni sia personali che collettivi.

La catechesi e la conoscenza della fede

 

24. La persona matura nella fede conosce il mistero della salvezza rivelato in Cristo, i suoi segni e le opere di Dio che ne attestano l’attuazione lungo tutta la storia umana. Per questo la catechesi non può accontentarsi di suscitare semplicemente una esperienza religiosa, sia pure autentica; ma deve portare a comprendere progressivamente tutta la verità del progetto di Dio, iniziando i cristiani alla lettura dei libri sacri e alla conoscenza della tradizione.

La catechesi e la vita di preghiera liturgica e privata

 

25. "Ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun’altra azione della chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne eguaglia l’efficacia". Quanto più una comunità cristiana è matura nella fede, tanto più vive il suo culto in spirito e verità nelle celebrazioni liturgiche, specialmente eucaristiche. La catechesi perciò deve essere al servizio di una partecipazione attiva, cosciente e autentica alla liturgia della chiesa: non solo illustrando il significato dei riti, ma educando i fedeli all’orazione, al ringraziamento, alla penitenza, alla domanda fiduciosa, al senso comunitario, al linguaggio simbolico, cose tutte necessarie per una vera vita liturgica. "La vita spirituale tuttavia non si esaurisce nella partecipazione alla sola liturgia. Il cristiano infatti, benché chiamato alla preghiera in comune, è sempre tenuto a entrare nella sua stanza per pregare il Padre in segreto; anzi, secondo l’insegnamento dell’apostolo, è tenuto a pregare incessantemente". La catechesi deve quindi educare i cristiani anche a meditare la parola di Dio e a pregare individualmente.

La catechesi e l’illuminazione cristiana dell’esistenza umana

 

26. La persona matura nella fede sa riconoscere in ogni circostanza e in ogni incontro con gli altri l’appello di Dio che la chiama ad attuare il suo piano salvifico. La catechesi ha quindi il compito di illuminare questo impegno, iniziando alla interpretazione cristiana degli eventi umani, specialmente dei segni dei tempi, in modo che i fedeli " possano giudicare e interpretare tutte le cose con senso integralmente cristiano ".

La catechesi e l’unità dei cristiani

 

27. Ogni comunità cristiana, nella situazione in cui si trova, deve partecipare al dialogo ecumenico, e alle altre iniziative destinate a realizzare l’unità dei cristiani. La catechesi pertanto deve collaborare a questa causa, esponendo con chiarezza tutta la dottrina della chiesa cattolica, favorendo una buona conoscenza delle altre confessioni sia nei punti che concordano come in quelli che discordano dalla fede cattolica, evitando espressioni o esposizioni che "possano indurre in errore i fratelli separati e qualunque altra persona circa la vera dottrina della chiesa", rispettando in modo particolare l’ordine o gerarchia delle verità della dottrina cattolica. Gli argomenti in favore della dottrina cattolica siano proposti con carità e con la dovuta fermezza.

La catechesi e missione della chiesa nel mondo

 

28. "La chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano". Essa appare tale nella misura in cui le singole comunità maturano nella fede. La catechesi deve aiutare queste comunità a diffondere la luce del vangelo e a svolgere, nel dovuto rispetto alla libertà religiosa rettamente intesa, un dialogo responsabile e costruttivo con gli uomini e le culture non cristiane.

La catechesi e la speranza escatologica

 

29. La persona matura nella fede orienta i suoi pensieri e i suoi desideri al compimento del regno nella vita eterna. La catechesi pertanto ha il compito di dirigere gli uomini verso la speranza dei beni futuri della Gerusalemme celeste, invitandoli nello stesso tempo a impegnarsi con tutti gli uomini nella costruzione di una società migliore.

La catechesi e il progresso della vita di fede

30. L’unica fede si trova nei singoli fedeli con una intensità più o meno grande, secondo la grazia che ognuno ha ricevuto dallo Spirito santo e che deve sempre chiedere nella preghiera, e secondo la risposta che ognuno dà a questa grazia. Inoltre la vita di fede si presenta diversamente nell’evoluzione della vita di ogni uomo man mano che egli giunge alla maturità e assume le sue responsabilità nella vita. Pertanto la vita di fede ammette diversi gradi, sia nell’accettazione globale della parola di Dio, sia nel suo sviluppo e nell’applicazione ai diversi impegni della vita, secondo la maturità di ciascuno e le diversità individuali. In altre parole questa accettazione, il suo sviluppo e l’applicazione alla vita dell’uomo, è diversa nell’infanzia, nella fanciullezza, nell’adolescenza, nella giovinezza, nell’età adulta. La catechesi ha il compito di favorire il sorgere e lo sviluppo di questa vita di fede lungo tutto l’arco di vita dell’uomo, sino al totale dispiegamento della verità rivelata e al suo inserimento nella vita dell’uomo.

Ricchezza dell’atto catechistico

 

31. La catechesi si rivolge alla comunità, senza trascurare i singoli fedeli. È collegata con le altre funzioni pastorali della chiesa, senza perdere la sua specificità. Svolge contemporaneamente opera di iniziazione, di educazione e di insegnamento. È importante che la catechesi rispetti questa ricchezza di attività, in modo che nessun aspetto venga isolato, a scapito degli altri.

Efficacia della parola di Dio nella catechesi

 

32. Anche per la catechesi vale il detto della sacra scrittura: "Viva ed efficace è la parola di Dio". La parola di Dio nella catechesi passa attraverso la mediazione della parola umana. Perché la parola di Dio diventi efficace e produca nell’uomo sentimenti che allontanino da lui indifferenza e il dubbio e lo spingano a una opzione per la fede, è necessario che la catechesi esprima con fedeltà e traduca opportunamente la parola di Dio. Inoltre per la sua efficacia è molto importante che sia accompagnata dalla testimonianza della vita del catechista e della comunità ecclesiale. La catechesi conseguentemente deve tradurre la parola di Dio, proposta dalla chiesa, nel linguaggio degli uomini a cui si rivolge. Quando Dio si è rivelato agli uomini, ha affidato la sua parola alle parole umane, esprimendola nel linguaggio proprio di una determinata cultura. La chiesa, a cui Cristo ha consegnato il deposito della rivelazione, è impegnata sino alla fine dei secoli a trasmetterlo in modo vivo, spiegandolo e interpretandolo ai popoli di tutte le culture e agli uomini di ogni condizione.

Pedagogia di Dio nella rivelazione

e della chiesa nella catechesi

 

33. Nella storia della rivelazione Dio ha agito secondo una metodologia pedagogica, rivelando il suo disegno di salvezza in modo profetico e con figure nell’antica alleanza, preparando la venuta del Figlio suo, che ha sancito e perfezionato la nuova alleanza. Ora che la rivelazione è conclusa, la chiesa deve comunicare ai catechizzandi tutto il mistero della nostra salvezza in Cristo. Memore tuttavia della pedagogia divina, anch’essa agisce in modo analogo, tale tuttavia da salvaguardare le ulteriori esigenze del suo annuncio. Si preoccupa cioè che questo si adatti alle capacità di chi riceve la catechesi, senza essere adulterato né mutilato. Da una parte, per venire incontro alle modeste capacità di alcuni, espone la dottrina in modo facile e breve, servendosi anche di appropriate formule sintetiche che verranno sviluppate in seguito. Dall’altra parte, cerca di soddisfare le esigenze di chi ha maggior vivacità e capacità d’ingegno mediante spiegazioni più approfondite.

Fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo

 

34. La chiesa attua questo compito principalmente nella catechesi. Attingendo la verità alla parola di Dio, in piena aderenza all’espressione sicura di questa parola, la catechesi intende insegnare la parola di Dio con tutta fedeltà. Tuttavia il suo compito non si limita a ripetere le formule tradizionali, ma esige che queste siano adeguatamente comprese e che, all’occorrenza, ne sia riespresso fedelmente il contenuto in un linguaggio adatto agli uditori. Tale linguaggio sarà diverso secondo le età, le condizioni socio-culturali degli individui, le culture e le forme di civiltà.

Necessità della testimonianza ecclesiale

 

35 La catechesi infine domanda ai catechisti e a tutta la comunità ecclesiale la testimonianza della fede, unita a un autentico esempio di vita cristiana e alla disponibilità al sacrificio. In effetti l’incontro dell’uomo con Cristo non avviene soltanto mediante il sacro ministero, ma passa anche attraverso la mediazione delle singole persone e delle comunità, che pertanto sono tenute ad essere testimoni. La mancanza di questa testimonianza costituisce per gli uditori un ostacolo ad accettare la parola di Dio.

 

La catechesi deve necessariamente appoggiarsi sulla testimonianza della comunità ecclesiale. Essa infatti parla con più efficacia di quello che esiste ed è vissuto di fatto in modo anche visibile dalla comunità. Il catechista è in qualche modo l’interprete della chiesa presso quelli a cui è rivolta la catechesi. Egli legge e insegna a leggere i segni della fede, di cui il principale è la chiesa stessa. Di qui appare quanto sia necessario che le comunità ecclesiali, secondo l’insegnamento della chiesa e guidate dai loro pastori, eliminino o correggano ciò che sfigura il volto della chiesa e costituisce per gli uomini un ostacolo per la fede.

 

Compito dei catechisti perciò non è più solo quello di fare direttamente la catechesi, ma anche di animare la comunità ecclesiale perché possa compiere la sua missione di testimonianza autenticamente cristiana. L’azione catechistica pertanto si inserisce in quella pastorale d’insieme, nella quale tutti i fattori della vita ecclesiale sono tra loro disposti e collegati in modo organico.

Parte III

IL MESSAGGIO CRISTIANO

Significato e scopo di questa parte

 

36. La fede, che la catechesi deve sviluppare fino a piena maturità, può essere considerata sotto due aspetti diversi: sia come adesione totale dell’uomo che, sotto l’influsso della grazia, si abbandona a Dio che si rivela (fides qua), sia come contenuto della rivelazione e del messaggio cristiano (fides quae). Questi due aspetti non possono, per loro stessa natura, venir separati: la normale maturazione della fede esige il loro organico e coerente sviluppo. Possono, però, essere distinti per opportunità metodologiche. In questa terza parte si intende trattare del contenuto della fede in questo modo: nel primo capitolo vengono indicati le norme e i criteri ai quali la catechesi dovrà ispirarsi nel reperimento e nella formulazione dei suoi contenuti. Nel secondo capitolo si tratterà dei contenuti stessi. Esso, però, non ha il compito di esporre le singole verità cristiane, oggetto della fede e della catechesi; e neppure vuole essere un elenco dei principali errori del nostro tempo o delle verità di fede oggi più negate o misconosciute. A questo infatti provvede il magistero ordinario e straordinario della chiesa nei suoi interventi pubblici.

 

Tanto meno si vuole in questo capitolo indicare il modo di ordinare le verità di fede secondo uno schema organico in una sintesi che tenga conto della loro oggettiva gerarchia o delle esigenze degli uomini del nostro tempo, considerate sia dal punto di vista dell’età sia da quello socio-culturale. Questo compito spetta o alla teologia o ai diversi catechismi. In questo secondo capitolo si vogliono invece presentare - mediante formulazioni globali tali da includere ulteriori sviluppi - alcuni fondamentali contenuti del messaggio salvifico, organicamente collegati tra loro, particolarmente in quei loro aspetti che debbono meglio apparire in una rinnovata catechesi, fedele alla sua finalità.

Capitolo I

NORME E CRITERI

Il contenuto della catechesi in relazione alle varie forme

di vita ecclesiale, alle diverse culture

e ai differenti linguaggi degli uomini

 

37. La rivelazione è la manifestazione del mistero di Dio e del suo intervento salvifico nella storia mediante una comunicazione personale di Dio all’uomo, comunicazione il cui contenuto costituisce il messaggio di salvezza da annunciarsi a tutti gli uomini. È compito fondamentale e ineludibile del ministero profetico della chiesa rendere accessibile il contenuto di questo messaggio agli uomini di tutti i tempi, affinché si convertano a Dio per mezzo di Cristo, interpretino alla luce della fede tutta la loro esistenza, nella particolare situazione storica nella quale si trova immersa, e vivano coerentemente alla dignità che la salvezza gli arreca e la fede gli rivela. A questo scopo la catechesi, come momento privilegiato del ministero profetico della chiesa, deve non solo mantenere un contatto continuo con le varie forme di vita della comunità ecclesiale, ma deve pure promuovere una sempre maggiore approssimazione tra le possibili formulazioni del messaggio divino e le diverse culture e i differenti linguaggi.

Meta della catechesi: l’integrità del contenuto

 

38. Il contenuto del messaggio di salvezza è un tutto coerente, anche se la sua rivelazione da parte di Dio fu graduale: nei tempi antichi per mezzo dei profeti, ultimamente per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo. La catechesi, avendo come scopo, come è stato precedentemente spiegato, la maturazione della fede nel singolo e nella comunità ecclesiale, deve preoccuparsi che il tesoro del messaggio cristiano venga fedelmente annunciato nella sua integrità. Ciò per altro deve attuarsi sullo schema della pedagogia divina, tenendo conto però della pienezza della rivelazione divinamente a noi manifestata, allo scopo di nutrire e far vivere il popolo di Dio. La catechesi quindi parte dalla presentazione più semplice ma organica e integrale del messaggio cristiano (servendosi anche di formule riassuntive o globali), e lo propone in modo proporzionato alle varie condizioni culturali e spirituali dei catechizzandi. Essa tuttavia non si esaurisce affatto in questa prima presentazione; anche questo infatti è necessario tener ben presente, che il contenuto venga sviluppato in maniera sempre più ampia ed esplicita, di modo che i singoli fedeli e la comunità cristiana giungano ad una sempre più profonda e vitale conoscenza del messaggio cristiano e sappiano risolvere alla luce della rivelazione i concreti problemi della condizione umana.

 

È necessario che questo non facile compito della catechesi venga adempiuto sotto la guida del magistero della chiesa, cui compete garantire l’autenticità della predicazione del vangelo, ed anche assicurare che il servizio della parola faccia uso di formulazioni adatte e prudentemente si avvalga di quei contributi che la ricerca teologica e le scienze umane possono portare.

Il contenuto della catechesi è un tutto organico e vitale

 

39. L’oggetto della fede è un qualcosa di complesso: Dio stesso nel suo mistero e il suo intervento salvifico nella storia: tutto questo ci è noto attraverso la rivelazione che Dio ha fatto di sé e delle sue opere. Il Cristo rappresenta il culmine sia dell’intervento salvifico di Dio e sia della sua manifestazione agli uomini. Oggetto pertanto della catechesi sono il mistero e le opere di Dio e cioè gli interventi che Dio ha fatto, che compie ora e che attuerà in avvenire per noi uomini e per la nostra salvezza. Tutto questo è qualcosa di profondamente organico e costituisce l’economia della salvezza. Una catechesi che trascurasse tale organicità e armonia del contenuto non realizzerebbe il suo scopo.

Cristocentrismo della catechesi

 

40. Cristo Gesù, Parola di Dio incarnata, vertice dell’intervento di Dio nella storia e della sua manifestazione all’uomo, costituisce all’interno della storia della salvezza il centro del messaggio evangelico. Egli è "l’immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura; poiché in lui tutto è stato creato". Egli è realmente l’unico valido mediatore per mezzo del quale Dio si fa incontro all’uomo e l’uomo è condotto a Dio. In lui la chiesa trova il suo fondamento. A lui fa capo ogni realtà. Le creature pertanto e la coscienza umana, gli autentici valori che si possono trovare nelle altre religioni, i vari segni dei tempi sono da considerarsi vie e gradi per i quali, benché non allo stesso modo, si può andare a Dio sotto l’influsso della grazia e non senza un certo rapporto alla chiesa di Cristo. Pertanto la catechesi deve essere necessariamente cristocentrica.

Teocentrismo trinitario della catechesi

 

41. Come Cristo è il centro della storia della salvezza, così il mistero di Dio è il centro da cui questa storia trae la sua origine e a cui è orientata come al suo fine. Il Cristo crocifisso e risuscitato conduce gli uomini al Padre mediante l’inizio dello Spirito santo al popolo di Dio. Ne consegue che la strutturazione di tutti i contenuti della catechesi deve avere un’impronta teocentricotrinitaria: per Cristo, al Padre, nello Spirito. Per Cristo: Tutta l’economia della salvezza trova il suo senso nel Verbo incarnato, in quanto ne prepara la venuta o ne mostra il regno presente sulla terra e in via di espansione fino alla seconda venuta che concluderà il piano di Dio. Così il mistero di Cristo illumina tutto il contenuto della catechesi. I diversi elementi - biblici, evangelici, ecclesiali, umani e cosmici - che la catechesi deve assumere e spiegare, prendono tutto il loro senso in rapporto al Verbo incarnato. Al Padre: Lo scopo supremo dell’incarnazione del Verbo e di tutta l’economia della salvezza è quello di portare l’umanità al Padre. La catechesi perciò, aiutando a penetrare sempre più profondamente il disegno di amore del Padre, deve far comprendere che il senso ultimo della vita umana è conoscere e amare Dio e glorificarlo facendo la sua volontà, come Cristo ci ha insegnato con le parole e con l’esempio della sua vita, per giungere al possesso della vita eterna. Nello Spirito: L’intelligenza del mistero di Cristo e la via al Padre ci vengono date nello Spirito santo. Nell’esporre il contenuto del messaggio cristiano, la catechesi deve sempre mettere in evidenza l’azione dello Spirito santo che conduce gli uomini alla comunione con Dio e tra loro e all’impegno vitale. Se la catechesi manca di questi tre elementi o trascura una stretta connessione dei medesimi, il messaggio cristiano può davvero perdere il carattere che gli è proprio.

Per noi uomini e per la nostra salvezza

 

42. La finalità teocentrico-trinitaria dell’economia della salvezza non è separabile dal suo oggetto, cioè la liberazione dal peccato e dalle sue conseguenze e la configurazione a Cristo dell’umanità. Ogni verità rivelata, analogamente a quanto avvenne nell’incarnazione del Verbo, è per noi uomini e per la nostra salvezza. La visione delle verità cristiane in rapporto con il fine ultimo dell’uomo è una delle condizioni per una loro "intelligenza fruttuosissima". La catechesi dunque deve mettere in luce l’intima connessione del mistero di Dio e di Cristo con l’esistenza e il fine ultimo dell’uomo. In questo modo non si intende vanificare o strumentalizzare i fini che gli uomini singolarmente e collettivamente sono da Dio chiamati ad attuare su questa terra, ma unicamente mostrare che il destino supremo dell’uomo non si conclude in essi, anzi li trascende secondo prospettive insospettate che solo l’amore di Dio poteva escogitare per l’uomo.

La gerarchia delle verità da osservarsi nella catechesi

 

43. Nel messaggio di salvezza esiste una gerarchia delle verità, che la chiesa ha sempre riconosciuto, formulando simboli o compendi delle verità della fede. Ciò non significa che alcune verità appartengano alla fede meno di altre, ma che alcune verità si fondano su altre che sono più importanti e da esse sono illuminate. La catechesi deve tenere conto, a tutti i livelli, di questa gerarchia nelle verità di fede. Esse si possono raccogliere intorno a quattro punti fondamentali: il mistero di Dio, Padre e figlio e Spirito santo, creatore di tutto; il mistero di Cristo, Verbo incarnato, nato da Maria vergine, che per la nostra salvezza ha sofferto la passione, è morto ed è risuscitato: il mistero dello Spirito santo, presente nella chiesa per santificarla e guidarla sino alla gloriosa venuta di Cristo, nostro salvatore e giudice; il mistero della chiesa, corpo mistico di Cristo, nel quale la vergine Maria ha un posto preminente.

Il mistero della salvezza come storia

 

44. L’economia della salvezza si svolge nel tempo: iniziata nel passato, ha toccato il suo vertice in Cristo e opera nel tempo presente in attesa del compimento. Il ricordo del passato, la coscienza del presente, la speranza del futuro devono ritrovarsi in ogni esposizione della catechesi. La catechesi pertanto ricorda l’evento supremo di tutta la storia della salvezza al quale i fedeli comunicano mediante la fede e cioè l’incarnazione, passione, morte e risurrezione di Cristo. La catechesi inoltre dispone i credenti a riconoscere l’attuale presenza del mistero di salvezza di Cristo, che agisce mediante lo Spirito santo e il ministero della chiesa oggi e nei secoli; inoltre essa li aiuta a riconoscere i loro doveri verso Dio, verso se stessi, verso il prossimo. La catechesi infine apre i cuori alla speranza della vita futura, compimento di tutta la storia della salvezza; insegna a tendervi con fiducia di figli non disgiunta dal santo timore del giudizio di Dio. Per mezzo di questa speranza la comunità cristiana è pervasa da una tensione escatologica, che le permette di ridimensionare tutti i valori umani e terreni, riducendoli nelle loro giuste proporzioni senza tuttavia vanificarli. Questi tre aspetti vanno tenuti ben presenti sempre e in modo efficace in ogni catechesi.

Fonti della catechesi

 

45. Il contenuto della catechesi si trova nella parola di Dio, trasmessa nelle Scritture e nella tradizione; è approfondito e spiegato dalla comunità dei credenti sotto la guida del magistero cui solamente spetta proporlo autenticamente; è celebrato nella liturgia; è vissuto nella chiesa e risplende specialmente nei santi e nei giusti; traspare nei valori morali, che per grazia di Dio esistono nella comunità umana. Tutto questo si può considerare fonte principale o sussidiaria della catechesi, ma non in senso univoco. Nella loro utilizzazione pertanto il catechista deve tener presente sempre e anzitutto l’indiscutibile preminenza della rivelazione scritta e della tradizione e l’autorità del magistero della chiesa negli argomenti connessi con la fede. Nell’esporre qualunque punto particolare del contenuto della fede, il catechista inoltre deve far notare come il mistero di Cristo ne sia il fulcro; come la chiesa lo interpreti e lo definisca; come lo celebri, lo attui e vi partecipi nella liturgia e nella vita cristiana. Infine il catechista consideri come il progetto di Dio, in forza dell’azione dello Spirito santo, si attui nel nostro tempo.

Il principio generale della metodologia catechistica

 

46. I criteri sopra enunciati, che riguardano la presentazione del contenuto della catechesi, devono essere presenti ed operanti nei diversi tipi di catechesi: catechesi biblica e liturgica, sintesi dottrinale, interpretazione delle situazioni concrete dell’esistenza umana, ecc. Da tali criteri tuttavia non si può ricavare un ordine cronologico nell’esposizione dei contenuti. È legittimo partire da Dio per giungere a Cristo, e viceversa; ugualmente è possibile partire dall’uomo per arrivare a Dio, e viceversa, ecc. Le opzioni sull’ordine metodologico da seguirsi nell’esposizione catechistica dei contenuti dipendono dalle circostanze concrete in cui si trova la comunità ecclesiale o i singoli fedeli ai quali la catechesi si rivolge. Di qui l’esigenza di seri studi di metodologia catechistica per scoprire quali debbano essere le vie preferibili nelle diverse situazioni. Spetta alle conferenze episcopali offrire in questo campo direttive più precise mediante direttori catechistici, catechismi per le diverse età e condizioni culturali, e tutti gli altri sussidi ritenuti più opportuni.

Capitolo II

GLI ELEMENTI ESSENZIALI DEL MESSAGGIO CRISTIANO

Il mistero del Dio uno: Padre, Figlio, Spirito Santo

 

47. La storia della salvezza è la storia del rivelarsi e del manifestarsi agli uomini del Dio vero ed unico: Padre, Figlio, Spirito santo, il quale riconcilia e unisce a sé coloro che sono separati dal peccato. L’antico testamento mentre afferma chiaramente l’unità di Dio in un mondo dominato dal politeismo, contiene già alcuni preannunci del mistero trinitario, ma questo si dispiega con pienezza nella persona, nell’opera e nella parola di Gesù Cristo. Rivelandosi come il Figlio di Dio, egli ha rivelato nello stesso tempo il Padre e lo Spirito santo. L’eccezionale esperienza del Dio vero riempie il cuore del divino Maestro, che la comunica ai suoi discepoli, chiamandoli ad essere figli di Dio mediante il dono loro elargito del suo Spirito filiale. Nella catechesi l’incontro con il Dio uno e trino avviene in primo luogo e principalmente mediante il riconoscimento del Padre, del Figlio e dello Spirito santo come autori di quel piano di salvezza che trova il suo momento culminante nella morte e risurrezione di Gesù. In questo modo, alla rivelazione del mistero trasmessa dalla chiesa corrisponde la crescente presa di coscienza dei fedeli che la loro vita consiste, a cominciare dal battesimo, in una familiarità sempre più intima con le tre Persone divine, in quanto sono chiamati a partecipare alla loro stessa natura divina. I cristiani perciò con gli occhi della fede per il dono dello Spirito santo possono fin d’ora contemplare e con amore filiale tendere a partecipare la vita intima delle tre santissime Persone, così come esiste in Dio fin dall’eternità, e parteciparvi con amore filiale.

Il culto genuino di Dio nel mondo secolarizzato

 

48. Il "Dio e Padre del signore Gesù Cristo" è il "Dio vivente": è il Dio santo, giusto, misericordioso, il Dio autore dell’alleanza con gli uomini, il Dio che vede, libera e salva, il Dio che ama come padre e come sposo. La catechesi annuncia gioiosamente questo Dio, fonte di ogni nostra speranza. La catechesi, tuttavia, non può ignorare che molti uomini del nostro tempo sentono acutamente la lontananza e addirittura l’assenza di Dio. Questo fenomeno, che appartiene al processo di secolarizzazione cui è sottoposta l’odierna civiltà, pur costituendo un pericolo per la fede, è tuttavia utile a purificare maggiormente il nostro atteggiamento religioso nei confronti di Dio e a renderci, come è doveroso, più umili dinanzi al suo mistero: "Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio di Israele, salvatore". In questa luce si può anche più facilmente comprendere la vera natura del culto che Dio richiede e che lo glorifica: un culto che implica l’impegno di attuare in ogni campo la sua volontà e la fedeltà nel moltiplicare nella carità i talenti ricevuti dal Signore. Nella liturgia i fedeli recano, per offrirlo umilmente a Dio, il frutto di ogni azione di carità, di giustizia e di pace, e ne attingono la parola di vita e la grazia che occorrono per essere in grado di professare nel mondo la verità nella carità in comunione con Cristo, che offre per gli uomini il suo corpo e il suo sangue.

Conoscenza di Dio e testimonianza della carità

 

49. I cristiani possono aiutare il mondo ateo ad avvicinarsi a Dio soprattutto attraverso la testimonianza di una fede viva e matura, conforme al messaggio di amore di Cristo, che si manifesti nelle opere della giustizia e della carità. Tuttavia non si trascuri il retto uso dell’intelligenza umana, che, come crede e insegna la chiesa, è naturalmente capace di conoscere Dio quale principio e fine di tutte le cose. Questa conoscenza di Dio non solo non sminuisce la dignità dell’uomo, ma la fonda e la consolida. Lo scopo della chiesa è la salvezza eterna degli uomini; ma la fede nel Dio vivente comporta un urgente appello a collaborare per la soluzione dei problemi umani: è necessario che in questo campo i cristiani diano testimonianza con le loro opere della validità del messaggio del Signore.

Gesù Cristo, Figlio di Dio,

primogenito di ogni creatura e salvatore

 

50. La suprema opera di Dio è l’incarnazione del suo figlio Gesù Cristo. Primogenito di ogni creatura, egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. In lui, per mezzo di lui e in vista di lui sono state create tutte le cose. Fatto ubbidiente fino alla morte, egli è stato esaltato come Signore di tutte le cose ed è apparso con la sua risurrezione nella sua potenza di figlio di Dio Primogenito dei morti, a tutti dà la vita: in lui siamo stati creati uomini nuovi; per mezzo di lui l’intero creato riceverà l’affrancamento dalla corruzione. "Non si trova in nessun altro la salvezza".

La creazione, inizio del piano di salvezza

 

51. Il mondo creato dal nulla è il mondo nel quale realmente si realizza la salvezza e la redenzione di Gesù Cristo. Già nell’antico testamento la verità dell’azione creatrice di Dio non viene affermata come fosse un principio filosofico astratto, ma entra nel cuore di Israele, in forza della nozione dell’unità di Dio, come un annuncio di potenza e di vittoria di Iahvè, come prova che il Signore è costantemente con il suo popolo. L’onnipotenza creatrice di Dio si manifesta sommamente nella risurrezione di Cristo, nella quale si manifesta "la straordinaria grandezza della sua potenza".

 

La verità della creazione, pertanto, non va proposta semplicemente come dottrina a sé stante, avulsa dal resto della rivelazione, ma come una verità che di fatto è in funzione della salvezza operata da Gesù Cristo. La creazione delle cose visibili e invisibili, del mondo e degli angeli, è l’inizio della storia della salvezza; la creazione dell’uomo costituisce il primo dono e il primo invito verso il traguardo della glorificazione in Cristo. Nell’ascoltare la dottrina della creazione, il cristiano non deve pensare soltanto all’atto iniziale col quale Dio "creò il cielo e la terra", ma a tutte le iniziative salvifiche di Dio. Queste sono sempre presenti nella storia dell’uomo e del mondo e sono visibili specialmente nella storia di Israele. Esse conducono all’evento supremo della risurrezione di Cristo e avranno compimento alla fine della storia quando appariranno i nuovi cieli e la nuova terra.

Gesù Cristo, centro dell’economia della salvezza

 

52. In Gesù Cristo il fedele può sentirsi solidale con tutta la storia e con tutti gli uomini. Al di dentro della storia del mondo si compie la storia della salvezza, nella quale Dio porta a compimento il suo disegno di realizzare nel tempo il popolo di Dio cioè il "Cristo totale". Il cristiano si renda conto e accetti di partecipare, con semplicità e lealtà, a questo movimento che, in virtù di Gesù Cristo, tende alla piena glorificazione di Dio da parte della creazione.

Gesù Cristo vero uomo e vero Dio,

nell’unità della Persona divina

 

53. Questo grande mistero di Cristo, Capo e Signore dell’universo, "si è manifestato nella carne" agli uomini. L’uomo Cristo Gesù, che dimorò tra noi, lavorando con mani d’uomo, pensando con mente d’uomo, agendo con volontà d’uomo, amando con cuore d’uomo, è veramente il Verbo e il Figlio di Dio, che con l’incarnazione si è unito in un certo senso a ogni uomo. La catechesi deve predicare Gesù nella sua esistenza concreta e nel suo messaggio, e cioè deve introdurre gli uomini nella mirabile pienezza della sua umanità perché possano riconoscere il mistero della sua divinità. In realtà Gesù, pur vivendo in singolare e assidua intimità di preghiera con il Padre, manifestò sempre una profonda solidarietà con gli uomini. Con la sua bontà ha abbracciato tutti, giusti e peccatori, poveri e ricchi, connazionali e stranieri; se dimostrò preferenze, queste furono per i sofferenti, i poveri, gli umili. Ebbe per la persona umana un rispetto e un interesse quali nessuno, prima di lui, aveva manifestato.

 

La catechesi deve pure costantemente difendere e corroborare la fede nella divinità di Gesù Cristo, affinché non venga accolto soltanto per la sua pur mirabile vita umana, ma venga riconosciuto per la testimonianza delle sue parole e delle sue opere come "unigenito Figlio di Dio", "Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre". La retta interpretazione del mistero dell’incarnazione è progressivamente cresciuta nella tradizione cristiana: attraverso un’assidua ricerca sulla fede i padri e i concili si sono adoperati per precisare i concetti, per approfondire le caratteristiche del mistero di Cristo e i suoi misteriosi rapporti col Padre celeste e con gli uomini.

Inoltre fu la vita cristiana a testimoniare nei secoli la verità di questo mistero. La comunione di Dio con gli uomini, raggiungibile in Cristo, divenne per l’umanità fonte di gioia e di inesauribile speranza. In Cristo è presente tutta la pienezza della divinità; in lui si manifesta l’amore di Dio per gli uomini. S. Ignazio scriveva ai cristiani di Efeso: "Uno solo è il medico, carnale e spirituale, genito e ingenito, essendo Dio in carne, vita vera nella morte, nato da Maria e da Dio, prima impassibile e poi passibile, Gesù Cristo signore nostro".

Gesù Cristo salvatore e redentore del mondo

 

54. Il mistero di Cristo nella storia degli uomini e del mondo, soggetta al peccato, appare non soltanto come mistero di incarnazione, ma anche di salvezza e redenzione. Dio ha tanto amato gli uomini peccatori, da dare il suo Figlio per riconciliare a sé il mondo. Perciò Gesù, quale primogenito tra molti fratelli, santo, innocente, immacolato, liberamente e per amore filiale, obbediente al Padre suo, facendosi mediatore per i suoi fratelli peccatori ha accettato la morte, ricompensa del peccato. Per mezzo di questa sua santissima morte ha riscattato il genere umano dalla schiavitù del peccato e del demonio ed ha effuso in esso il suo Spirito di adozione, fondando in se stesso una nuova umanità.

I sacramenti, azione di Cristo nella chiesa,

che è sacramento primordiale

 

55. Il mistero di Cristo continua nella chiesa, che perennemente gode della sua presenza e la realizza soprattutto attraverso i segni e riti sensibili, istituiti da Cristo, che significano e producono il dono della grazia e che vengono propriamente designati col nome di sacramenti. La stessa chiesa, che non è soltanto popolo di Dio, ma anche "segno e strumento - in Cristo - dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano", deve essere considerata in qualche modo come sacramento primordiale.

I sacramenti sono le azioni fondamentali con cui Gesù Cristo dona continuamente ai fedeli il suo Spirito, facendone un popolo santo che si offre, in lui e con lui, in oblazione gradita al Padre. Se essi sono beni inestimabili della chiesa, che ha il potere effettivo ed esclusivo di amministrarli, vanno però sempre ricollegati a Gesù Cristo, dal quale traggono la loro efficacia. È infatti Cristo che battezza. Non è l’uomo che celebra l’eucaristia, ma lo stesso Cristo; infatti per il ministero dei sacerdoti egli offre se stesso nel sacrificio della messa. L’azione sacramentale è, innanzi tutto, azione di Cristo, del quale i ministri della chiesa sono come strumenti.

Il pieno significato dei sacramenti

 

56. Nella catechesi si avrà cura di presentare i sette sacramenti nel loro pieno significato. In primo luogo, devono essere presentati come sacramenti della fede. Certamente essi esprimono in sé la volontà efficace di Cristo salvatore, tuttavia gli uomini, da parte loro, debbono esprimere la volontà sincera di rispondere all’amore misericordioso di Dio. Perciò la catechesi deve preoccuparsi di suscitare le debite disposizioni e di eccitare la sincerità e la generosità affinché i sacramenti siano ricevuti degnamente. In secondo luogo i sacramenti debbono essere presentati, ciascuno secondo la sua natura e il suo scopo, non soltanto come rimedi contro il peccato e le sue conseguenze, ma specialmente come sorgenti di grazia per i singoli e per le comunità, in modo che tutta l’effusione della grazia nella vita cristiana appaia legata all’economia sacramentale.

La catechesi dei sacramenti

 

57. Il battesimo libera l’uomo dal peccato originale e da tutti i peccati personali, lo rigenera alla vita di figlio di Dio, lo incorpora alla chiesa e lo santifica attraverso i doni dello Spirito santo, lo rende partecipe in forma germinale del potere sacerdotale, profetico e regale di Cristo, imprimendogli nell’anima un carattere indelebile. La confermazione lega più strettamente il cristiano alla chiesa e lo arricchisce di una forza speciale dello Spirito santo, affinché viva nel mondo come testimone di Cristo. La vita dei cristiani è una lotta sulla terra, ed è soggetta alle tentazioni e al peccato; perciò viene loro aperta la via del sacramento della penitenza, attraverso il quale ottengono il perdono misericordioso di Dio e si riconciliano con la chiesa.

 

L’ordine configura in modo particolare a Cristo mediatore alcuni membri del popolo di Dio, conferendo loro il potere sacro di governare la chiesa, di nutrire i fedeli con la parola di Dio, di santificarli, e anzitutto il potere di fare le veci di Cristo nell’offrire il sacrificio della messa e nel presiedere il banchetto eucaristico. "Con la sacra unzione degli infermi e la preghiera dei sacerdoti, tutta la chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché alleggerisca le loro pene e li salvi".

 

Nella catechesi dei sacramenti si deve attribuire grande importanza alla spiegazione dei segni. Attraverso i segni visibili la catechesi conduca i fedeli alla conoscenza degli invisibili misteri salvifici di Dio.

L’eucaristia, centro di tutta la vita sacramentale

 

58. Si comprende facilmente il primato dell’eucaristia su tutti i sacramenti e la sua eminente efficacia nell’edificare la chiesa. Nell’eucaristia infatti, dopo le parole della consacrazione, la realtà profonda (non fenomenica) del pane e del vino è trasformata nel corpo e sangue di Cristo. Questa meravigliosa trasformazione viene chiamata dalla chiesa "transustanziazione". Perciò sotto le apparenze (o realtà fenomenica) del pane e del vino è nascosta, in modo del tutto misterioso, la stessa umanità di Cristo, non soltanto attraverso la sua virtù ma per se stessa (cioè sostanzialmente), congiunta con la sua divina Persona.

 

Questo sacrificio non è semplicemente un rito commemorativo di un sacrificio passato. Infatti in esso Cristo, per mezzo del ministero dei sacerdoti, perpetua nel corso dei secoli in modo incruento il sacrificio della Croce e nutre i fedeli di se stesso, pane di vita, affinché, riempiti dell’amore di Dio e del prossimo, diventino un popolo sempre più accetto a Dio. Nutriti della vittima del sacrificio della croce, i fedeli col loro amore genuino e attivo superino i pregiudizi per i quali spesso sono accusati di praticare un culto sterile che li distoglie dall’impegno di collaborazione fraterna con gli uomini. Il convito eucaristico ha lo scopo di unire ogni giorno più i fedeli a Dio attraverso la preghiera frequente, spingendoli a riconoscere e amare gli altri uomini come fratelli in Cristo e figli di Dio.

Il sacramento del matrimonio

 

59. Oggi - nel riconoscimento peraltro del valore superiore che il messaggio cristiano attribuisce alla verginità consacrata - riveste una particolare importanza la catechesi circa il sacramento del matrimonio, istituito e dotato di molteplici valori, fini e leggi dallo stesso creatore. Attenta alle parole della fede e alla legge naturale, sotto la guida del magistero della chiesa a cui appartiene il compito di interpretare autenticamente la legge morale e la legge naturale e insieme sensibile ai progressi delle scienze antropologiche contemporanee, la catechesi deve fondare sul matrimonio la vita familiare: nei suoi valori di unità e indissolubilità derivanti dalla legge divina, nei suoi impegni di amore ordinato per natura alla procreazione e all’educazione della prole. Nella regolazione delle nascite bisogna osservare la castità coniugale secondo la dottrina della chiesa.

Poiché Cristo ha elevato per i cristiani il matrimonio alla dignità di sacramento, i coniugi, ministri del sacramento attraverso un personale e irrevocabile consenso, vivendo nella grazia di Cristo imitano e in certo senso significano l’amore dello stesso Cristo verso la sua chiesa. I coniugi cristiani ricevono da questo speciale sacramento un aiuto e quasi una consacrazione per affrontare i doveri del loro stato e conservarne la dignità. Infine appartiene alla vocazione della famiglia l’impegno di essere una comunità aperta alla chiesa e al mondo.

L’uomo nuovo

 

60. Accogliendo lo Spirito di Cristo, l’uomo inizia con Dio un rapporto di vita assolutamente nuovo e gratuito. Lo Spirito santo, presente nell’anima, rende il cristiano partecipe della natura divina, lo unisce intimamente al Padre e a Cristo in una comunione di vita che neppure la morte può spezzare. Lo Spirito santo sana l’uomo dalle sue debolezze e dalle sue infermità spirituali; lo libera dalla schiavitù delle passioni e dell’egoismo, donandogli la forza per osservare la legge divina; lo arricchisce della fortezza e della speranza; lo illumina sulla via del bene; gli dà frutti di carità, gioia, pace, pazienza, benignità, bontà, longanimità, mansuetudine, fedeltà, modestia, continenza, castità. Per questo il cristiano invoca lo Spirito santo come ospite dell’anima.

 

La giustificazione dal peccato e la inabitazione di Dio nell’anima viene chiamata grazia. Quando si dice che un uomo peccatore è giustificato da Dio, che è vivificato dallo Spirito di Dio, che possiede in sé la vita di Cristo, oppure che ha la grazia, si usano parole che, con espressioni diverse, manifestano un’unica e identica realtà, e cioè: la morte al peccato, la partecipazione alla divinità del Figlio per mezzo dello Spirito di adozione, l’ingresso nell’intimità della vita trinitaria. L’uomo della storia della salvezza è l’uomo ordinato alla grazia dell’adozione filiale e alla vita eterna. L’antropologia cristiana trova nella grazia di Cristo salvatore la sua ragione costitutiva.

La libertà umana e cristiana

 

61. La chiamata divina richiede dall’uomo una libera risposta in Gesù Cristo. L’uomo non può non essere libero. Essendo padrone delle proprie azioni, appartiene in modo eminente alla sua dignità ed è suo compito osservare la legge morale naturale e divina e perciò aderire a Dio che si rivela in Cristo. La libertà dell’uomo decaduto per il peccato è così ferita che egli non può, senza l’aiuto della grazia di Dio, osservare a lungo neppure gli obblighi della legge naturale; ma la grazia eleva e fortifica in modo tale la sua libertà che, pur vivendo nella carne, è anche in grado di vivere santamente nella fede di Gesù Cristo.

 

La chiesa per sua intima vocazione mira a difendere e promuovere la vera libertà e il suo retto uso contro ogni specie di ingiusta costrizione. Essa inoltre la difende di fronte a coloro che la negano, concependo l’attività dell’uomo come totalmente dipendente da determinismi psicologici e da condizionamenti economici, sociali, culturali, ecc. Ma la chiesa non ignora che la libertà, anche se aiutata dalla grazia divina, è limitata da gravi difficoltà psicologiche e dall’influenza delle condizioni esterne in cui l’uomo vive, in modo che spesso la responsabilità umana risulta diminuita, ed anzi in alcuni esiste a stento o non esiste affatto. Essa è pure attenta alle ricerche antropologiche degli ultimi anni circa l’uso e i limiti della libertà umana. Perciò la chiesa si preoccupa sia di educare e promuovere la genuina libertà, sia di creare quei presupposti di ordine psicologico, socio-economico, politico e religioso, atti a far sì che questa libertà possa veracemente e rettamente esercitarsi. I cristiani debbono, quindi, operare con impegno e lealtà nell’ordine temporale, per edificarvi le migliori condizioni possibili ad un retto uso della libertà. È un impegno che essi condividono con tutti gli uomini di buona volontà, ma per essi è in un certo senso un dovere più importante e più urgente. Non si tratta, infatti, di promuovere solo un valore che serve a questa vita terrena, ma bensì di promuovere un valore che, in ultima analisi, serve per il raggiungimento del bene inestimabile della grazia e della salvezza eterna.

Il peccato dell’uomo

 

62. Le condizioni storiche e ambientali non sono. comunque, il principale ostacolo alla libertà dell’uomo: il più grande ostacolo al libero aprirsi dell’uomo alla salvezza proviene dal peccato. "Costituito da Dio in uno stato di santità, l’uomo però, tentato dal maligno, fin dagli inizi della storia abusò della sua libertà, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di Dio". "Per un uomo il peccato è entrato nel mondo, e per il peccato la morte, e la morte raggiunse tutti gli uomini, perché tutti peccarono". "È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini: ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato". Il peccato è diventato così una dolorosa esperienza degli uomini, causa di molteplice sofferenza e rovina. Né va trascurata la dottrina sulla natura e gli effetti del peccato personale, col quale l’uomo viola, scientemente e liberamente, la legge morale e offende in cose gravi anche gravemente Dio.

 

La storia della salvezza è anche storia di liberazione dal peccato. Tutti gli interventi di Dio, dall’antico al nuovo testamento, hanno anche lo scopo di dirigere l’uomo nella lotta contro le forze del male; la missione storica di Cristo è posta in relazione con il peccato da distruggere e si svolge attraverso il mistero della croce. La penetrante riflessione di s. Paolo sulla realtà del peccato e sulla conseguente "opera di giustizia" di Cristo, costituisce un aspetto fondamentale della fede cristiana, che non può essere taciuto nella catechesi.

 

Tuttavia, la salvezza operata da Cristo è ben più grande di una redenzione dal peccato. Essa infatti è il compimento del disegno di Dio di comunicarsi in Gesù con una ricchezza che trascende ogni comprensione; è un disegno che non si arresta dinanzi alla colpa degli uomini, ma conferisce loro una grazia sovrabbondante rispetto alla morte causata dal peccato. Questa iniziativa di amore, per la quale gli uomini sono chiamati a partecipare, per mezzo dello Spirito di Cristo, alla vita stessa di Dio, è sempre efficace ed attuale in tutti i tempi. L’uomo, anche se peccatore, rimane sempre inserito nell’unico ordine voluto da Dio, quello, cioè, del suo benevolo comunicarsi a noi in Gesù Cristo, e perciò, mosso dalla grazia, può ottenere la salvezza attraverso la conversione.

La vita morale dei cristiani

 

63. Cristo ha affidato ai suoi apostoli il compito di insegnare ad osservare tutte le cose che egli aveva comandato. Perciò la catechesi non comprende soltanto le verità da credere, ma anche le cose che bisogna fare. La vita morale del cristiano, cioè il modo di vivere conforme alla sua dignità di uomo e di figlio adottivo di Dio, è l’impegno a vivere e a crescere, sotto la guida dello Spirito santo, nella nuova vita comunicata da Gesù Cristo. La vita morale del cristiano è guidata dalla grazia e dai doni dello Spirito santo: "L’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori con lo Spirito santo che ci fu dato". La docilità allo Spirito santo comporta anche la fedeltà ai comandamenti di Dio, come pure alle leggi della chiesa e alle giuste leggi civili.

 

La libertà cristiana ha ancora bisogno di essere orientata e guidata nelle sue realizzazioni concrete. Perciò la coscienza dei fedeli, benché guidata dalla virtù della prudenza, deve sottomettersi al magistero della chiesa, al quale spetta il compito di esporre autorevolmente tutta la legge morale, in modo che esprima veramente l’ordine morale oggettivo. È necessario anche che il cristiano conosca l’esistenza di norme morali così assolute da obbligare sempre e tutti. Per questo motivo i santi hanno testimoniato Cristo anche con atti eroici di virtù, anzi, i martiri hanno affrontato anche il supplizio e la morte, pur di non rinnegarlo.

La perfezione della carità

 

64. L’azione dello Spirito di Cristo è bene espressa, quando si mette in luce l’originalità propria della morale cristiana, che consiste nel riassumere e accentrare ogni impegno etico, precetti e consigli, in quell’elemento che ne è come l’anima, cioè in una fede che opera nella carità. L’uomo è chiamato ad aderire liberamente in ogni circostanza al disegno di Dio: questa è "l’obbedienza della fede, con la quale l’uomo tutt’intero si abbandona liberamente a Dio". E poiché Dio è amore e il suo disegno è di comunicare in Gesù Cristo il suo amore e fare dell’umanità una comunione nell’amore reciproco, aderire liberamente e perfettamente a Dio e al suo disegno significa decidersi per una vita ispirata dall’amore nell’osservanza dei comandamenti, significa cioè accettare e vivere, come nuovo comandamento, l’impegno della carità. L’uomo è chiamato quindi a decidersi, nella fede, per una vita di carità verso Dio e gli altri uomini: qui sta la sua massima responsabilità e la sua altissima dignità morale. La santità dell’uomo, qualunque sia lo stato di vita al quale è stato chiamato, consiste nella perfezione della carità.

La chiesa, popolo di Dio e istituzione di salvezza

 

65. La chiesa, istituita da Cristo, è nata dalla sua morte e risurrezione. Essa è il nuovo popolo di Dio, preparato nella storia di Israele, popolo che Cristo vivifica e fa crescere con l’effusione del suo Spirito e che continuamente rinnova e dirige con i sui doni gerarchici e carismatici; "popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito santo". La chiesa perciò in quanto popolo di Dio, società dei fedeli, comunione degli uomini in Cristo, è opera dell’amore salvifico di Dio in Cristo. I principi che generano e formano i fedeli, costituendoli in comunità, e cioè il deposito della fede, i sacramenti, i ministeri apostolici, appartengono alla chiesa cattolica. A lei sono stati affidati e danno origine ad attività ecclesiali. In altre parole, la chiesa possiede tutti i mezzi necessari per radunarsi e portare alla piena maturità la comunione degli uomini in Cristo. Quest’opera non è frutto soltanto dell’azione trascendente di Dio, del lavoro invisibile di Cristo e del suo Spirito, ma anche di istituzioni, di poteri e di azioni salvifiche proprie della chiesa. Essa perciò oltre che società dei fedeli è anche loro madre, in grazia della sua azione ministeriale e salvifica.

 

La chiesa è il popolo santo di Dio, che partecipa dell’ufficio profetico di Cristo e, radunato dalla parola di Dio, la accoglie e la proclama a tutto il mondo. È un popolo sacerdotale: «Cristo signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini, fece del nuovo popolo "un regno e sacerdoti per il Dio e Padre suo". Infatti per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito santo i battezzati vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamò all’ammirabile sua luce». La chiesa poi è essenzialmente una società gerarchica: è un popolo guidato dai suoi pastori uniti al sommo pontefice, vicario di Cristo, e sotto di lui, ai quali i fedeli si riferiscono con amore filiale e obbediente ossequio. È un popolo pellegrinante verso la pienezza del mistero di Cristo. La presenza dello Spirito santo nella chiesa, mentre da una parte le assicura indefettibilmente le condizioni oggettive necessarie al suo santificante incontro con Cristo, d’altra parte fa sì che essa nei suoi membri e a causa dei suoi membri e nelle sue strutture contingenti tenda continuamente alla purificazione e al rinnovamento.

La chiesa come comunione

 

66. La chiesa è una comunione: di questa verità essa ha acquistato una rinnovata coscienza nel concilio Vaticano II. La chiesa è un popolo adunato da Dio e profondamente unito da vincoli spirituali. La sua struttura postula sì una diversità di doni e di funzioni, ma in essa questa distinzione, anche se non è semplicemente di grado ma pure di essenza come tra il sacerdozio ministeriale e quello comune dei fedeli, non annulla la radicale e costitutiva uguaglianza delle persone. " Uno è infatti il popolo eletto di Dio: ‘un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo; comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia dei figli, comune la vocazione alla perfezione, una sola salvezza, una sola speranza e indivisa carità... Quantunque alcuni per volontà di Cristo siano costituiti dottori e dispensatori dei misteri e pastori per gli altri, tuttavia vige tra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli nell’edificare il corpo di Cristo ".

 

Nella chiesa, pertanto, ogni vocazione è degna di onore ed è appello a una totalità di amore; ogni persona ha una sua soprannaturale consistenza, che va rispettata; ogni funzione e ogni carisma, anche se alcuni sono oggettivamente più eccellenti di altri, cooperano al bene di tutti, con una provvida multiformità di espressioni che il ministero apostolico deve coordinare e discernere. Questo vale anche per ogni chiesa particolare: in ciascuna di esse, per quanto sia piccola, povera e dispersa, "è presente Cristo, per virtù del quale si raccoglie la chiesa una, santa, cattolica e apostolica".

 

I fedeli cattolici devono essere solleciti per i cristiani separati, che non vivono in comunione piena con la chiesa cattolica, pregando per loro, parlando loro delle cose della chiesa, promovendo con essi i primi contatti. Ma innanzitutto, ciascuno secondo la sua condizione, devono essi stessi con sincerità e diligenza considerare ciò che deve essere rinnovato e fatto nella stessa famiglia cattolica, affinché la sua vita renda una testimonianza più fedele e più chiara della dottrina e delle istituzioni tramandate da Cristo per mezzo degli apostoli.

La chiesa come istituzione di salvezza

 

67. La chiesa si presenta non solo come comunione di fratelli che hanno per capo Cristo, ma anche come istituzione alla quale è stata affidata una missione salvifica universale. Il popolo di Dio, "costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da lui assunto ad essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo". Per questa ragione la chiesa è presentata dal concilio Vaticano II come realtà che abbraccia tutta la storia, che accetta di assumere e ordinarne a Dio tutte le culture, che è costituita dall’azione dello Spirito di Cristo "sacramento universale di salvezza". E allo stesso modo è presentata come chiesa che si pone in dialogo col mondo; che, docile ai segni del tempo, scopre i punti di interesse e di intesa col mondo; e che inoltre si preoccupa di rendersi ad esso intellegibile e riconoscibile, lasciando cadere tra le forme espressive della sua realtà quelle che sono meno evangeliche e che sono troppo marcate dall’impronta di epoche storiche concluse. La chiesa non è certamente di questo mondo, "non è mossa da alcuna ambizione terrena", sarà perfetta solo nei cieli verso i quali tende con lo sguardo e cammina; eppure è solidale con il mondo e la sua storia. Tuttavia "l’intensa sollecitudine della chiesa, sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è altra cosa che il suo grande desiderio di essere loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in lui, unico loro salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del regno eterno".

Maria, madre di Dio, madre e modello della chiesa

 

68. Unita in modo ineffabile al Signore è Maria, sempre vergine e madre sua, che "nella chiesa occupa, dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi". Il dono dello Spirito di Cristo si manifesta in lei in modo singolarissimo, poiché Maria è "la piena di grazia" ed è "il modello della chiesa". In lei, preservata da ogni macchia di peccato originale, liberamente e totalmente fedele al Signore, assunta alla gloria celeste in anima e corpo, lo Spirito santo ha già pienamente manifestato la sua opera. Ella è "pienamente conformata col Figlio suo, signore dei dominanti, vincitore del peccato e della morte". Madre di Dio e "madre a noi nell’ordine della grazia", figura della verginità e maternità di tutta la chiesa, segno di speranza certa e di consolazione per il pellegrinante popolo di Dio, Maria "riunisce in modo particolare e riverbera in sé i massimi dati della fede" e "invita i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all’amore del Padre". Perciò la chiesa, che onora i fedeli e i santi che sono già presso il Signore e intercedono per noi, venera in modo particolarissimo la madre di Cristo e madre sua.

La comunione finale con Dio

 

69. In Gesù Cristo e per il suo mistero, i credenti aspettano con speranza già in questa vita terrena "il Signore nostro Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro umile corpo per conformarlo al suo corpo di gloria". Le ultime realtà della storia della salvezza diverranno però palesi e perfette soltanto quando Cristo verrà con potenza, giudice dei vivi e dei morti, a concludere la storia e a consegnare il suo popolo al Padre, in modo che "Dio sia tutto in tutti" fino a che "il Signore non verrà nella sua gloria e tutti gli angeli con lui e, distrutta la morte, non gli saranno sottomesse tutte le cose, alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri, passati da questa vita, stanno purificandosi, e altri godono della gloria contemplando chiaramente Dio uno e trino, qual è".

 

Tutta la chiesa nel giorno del Signore giungerà al suo compimento ed entrerà nella pienezza di Dio: questo è l’oggetto fondamentale della speranza e della preghiera cristiana ("venga il tuo regno). La catechesi sui novissimi, mentre da una parte deve avvenire sotto il segno della consolazione, della speranza e di un salutare timore, di cui gli uomini del nostro tempo sentono uno struggente bisogno, dall’altra deve essere pienamente fedele alla verità. È necessario infatti non sminuire la grave responsabilità di ognuno a riguardo della sorte futura. La catechesi non può tacere ne il giudizio dei singoli uomini dopo la morte, né le pene espiatorie del purgatorio, né la triste e luttuosa realtà della morte eterna, né il giudizio finale. In quel giorno ogni uomo raggiungerà pienamente la sua sorte, poiché tutti compariremo "davanti al tribunale di Cristo per ricevere ciascuno la retribuzione delle opere compiute sia in bene che in male" e "ne usciranno quanti fecero il bene in risurrezione di vita e quanti fecero il male in risurrezione di condanna".

Parte IV

ELEMENTI DI METODOLOGIA

Natura e scopo di questa parte

 

70. In questo secolo i catechisti hanno approfondito i problemi metodologici posti dalle scienze psicologiche, didattiche e pedagogiche. È stato intrapreso, infatti, lo studio del metodo della lezione di catechismo; è stato precisato il ruolo dei metodi attivi nella catechesi; è stato analizzato l’atto catechistico secondo le leggi dell’apprendimento (l’esperienza, l’immaginazione, la memoria, l’intelligenza); è stata elaborata una metodologia differenziale secondo le età, gli ambienti sociali, il livello di sviluppo psichico del soggetto. Qui ora non vengono affrontati tutti questi problemi, ma vengono esposti soltanto alcuni punti che oggi appaiono di particolare importanza. Spetterà ai vari direttori e agli altri strumenti nazionali di lavoro affrontare questi problemi in maniera appropriata e specifica.

Il ruolo del catechista

 

71. Nessuna metodologia, per quanto sperimentata, dispensa il catechista da uno sforzo personale di assimilazione e di adattamento alle circostanze concrete. Molto più della scelta di un buon metodo assicurano il successo le ottime qualità umane e cristiane del catechista. Il ruolo del catechista è molto più importante del ruolo dei testi e degli altri strumenti di lavoro.

 

La grandezza e l’importanza del ruolo non impedisce tuttavia di definire i limiti del catechista. Egli deve adoperarsi per scegliere e creare le condizioni più adatte perché il messaggio cristiano sia ricercato, accolto e approfondito. Il suo compito sta in questo e qui si esaurisce. Infatti l’adesione al messaggio cristiano da parte dei catechizzandi, che è frutto della grazia e della libertà, in ultima analisi non dipende dal catechista; e perciò bisogna che l’attività del catechista sia accompagnata dalla preghiera. Questa precisazione è ovvia, ma è tuttavia utile nel contesto contemporaneo, che richiede molto dalla ingegnosità e dal genuino zelo cristiano del catechista e nello stesso tempo esige in lui il massimo rispetto per la libertà e creatività dei catechizzandi.

Il metodo induttivo e deduttivo

 

72. Il metodo induttivo offre grandi vantaggi. Consiste nella presentazione, nella considerazione e nell’esame di fatti (avvenimenti biblici, atti liturgici, eventi della vita della chiesa e della vita quotidiana) allo scopo di discernere il significato che essi possono avere nel mistero cristiano. Questo metodo è conforme all’economia della rivelazione; corrisponde inoltre a una delle più profonde istanze dello spirito umano, che è quella di pervenire alla conoscenza delle cose intelligibili attraverso le cose visibili; ed è conforme altresì alle caratteristiche della conoscenza di fede, che è conoscenza attraverso i segni. Il metodo induttivo non esclude, anzi esige pure il metodo deduttivo, che spiega e descrive i fatti procedendo dalle loro cause. Ma la sintesi deduttiva avrà pieno valore solo quando è stato compiuto il processo induttivo.

Le formule

 

73. I vantaggi del metodo induttivo, che sono principalmente l’atteggiamento attivo dello spirito e il riferimento continuo a realtà concrete nello spiegare i concetti difficili, non devono far dimenticare la necessità e l’utilità delle formule. Le formule consentono di esprimere in modo adatto e accurato il pensiero e pertanto sono utili per un’esatta esposizione della fede, e, imparate a memoria, favoriscono uno stabile possesso della verità. Inoltre fanno sì che tra i fedeli si possa usare un comune modo di parlare. Ordinariamente le formule sono proposte e spiegate quando la lezione e la ricerca siano pervenute a una sintesi. Occorre scegliere le formule che esprimano fedelmente le verità della fede e siano adatte alla capacità di comprensione degli uditori. Non si deve dimenticare che le formule dommatiche costituiscono una vera professione della dottrina cattolica e perciò si devono accogliere dai fedeli nel senso che le ha intese e le intende la chiesa. Le formule tradizionali che si usano per esprimere la fede e per pregare, come il simbolo apostolico, il Padre nostro, l’Ave Maria e altre simili, vanno insegnate con cura.

L’esperienza

 

74. a) L’esperienza fa nascere nell’uomo interessi e interrogativi, speranze e ansietà, riflessioni e giudizi che confluiscono in un certo desiderio di trasformare l’esistenza. La catechesi deve dunque adoperarsi per rendere gli uomini attenti alle loro più importanti esperienze, sia personali che sociali; e deve pure sforzarsi di sottoporre alla luce del vangelo gli interrogativi che nascono da tali situazioni, in modo da stimolare negli uomini stessi un giusto desiderio di trasformare l’impostazione della loro esistenza. Sotto questo aspetto l’esperienza aiuta l’uomo a comportarsi in modo attivo di fronte al dono di Dio.

 

b) L’esperienza può favorire l’intelligibilità del messaggio cristiano. Lo stesso Cristo predicò il regno di Dio spiegandone la sua natura con delle parabole tratte dall’esperienza della vita umana, Gesù evocò certe situazioni umane (il mercante che fa un buon affare, i servitori che fanno più o meno fruttificare il denaro ricevuto in deposito, ecc.) per spiegare realtà escatologiche e trascendenti, e per indicare quindi l’atteggiamento da prendere di fronte a tali realtà. E così l’esperienza diviene uno strumento per esplorare e assimilare le verità che costituiscono il contenuto della rivelazione.

 

c) L’esperienza, considerata in se stessa, deve essere illuminata dalla rivelazione. La catechesi deve aiutare gli uomini ad esplorare, interpretare e giudicare le loro esperienze e a dare un senso cristiano alla loro esistenza, mettendo in rilievo l’azione di Dio che opera la nostra salvezza. Sotto questo aspetto l’esperienza diventa un oggetto che il catechista deve interpretare e illuminare.

Questo compito, non privo di difficoltà, non può essere trascurato.

Sviluppo dell’attività e della creatività dei catechizzandi

 

75. Ogni insegnamento e ogni vera comunicazione umana richiedono che si renda possibile e che si susciti un’attività interiore in colui al quale si rivolge. Nella catechesi si deve dunque suscitare l’attività di fede (e anche di speranza e carità); infatti la capacità e la rettitudine di giudizio che un insegnamento attivo deve suscitare, sono qui al servizio dell’accoglimento della parola di Dio. L’ottimismo sulle possibilità umane, che è proprio di ogni educazione attiva, non deve mai far dimenticare che l’atto di fede involve necessariamente la conversione della persona. Fatta questa premessa, è chiaro che la dimensione attiva della catechesi è in piena conformità con l’economia della rivelazione e della salvezza. Una pedagogia che favorisce la risposta attiva dei catechizzandi è conforme allo stato ordinario della vita cristiana, nella quale i credenti rispondono attivamente al dono di Dio attraverso la preghiera, la partecipazione ai sacramenti e alla liturgia, l’impegno ecclesiale e sociale, e l’esercizio della carità. I catechizzandi, soprattutto quando si tratta di adulti, possono contribuire attivamente allo sviluppo della catechesi. Perciò si domandi come essi comprendono il messaggio cristiano e con quali parole lo riesprimerebbero. Si confronti quindi il risultato di questa ricerca con ciò che insegna il magistero e si ritenga solo ciò che è conforme alla fede. In questo modo si potranno trovare contributi validi per esprimere in modo efficace l’unico e vero messaggio cristiano.

I gruppi

 

76. Il gruppo assume sempre più importanza nella catechesi. Nella catechesi ai fanciulli il gruppo risponde alla funzione di favorire la loro educazione alla socializzazione, sia che si tratti di fanciulli che seguono insieme le lezioni di catechismo, sia che si tratti di piccoli gruppi impegnati nella realizzazione di alcune attività. Per gli adolescenti e i giovani il gruppo si deve considerare una necessità vitale. Nel gruppo l’adolescente e il giovane si conoscono e si sentono sostenuti e stimolati. Tra gli adulti il gruppo si può considerare oggi come condizione per una catechesi che intenda rispondere alle esigenze della corresponsabilità.

 

In gruppi che comprendono adolescenti e adulti la catechesi assume le caratteristiche di una ricerca comune. Questa ricerca comune consiste nell’esplorare le relazioni e i vincoli che intercorrono tra il contenuto oggettivo del messaggio cristiano, che è sempre norma di fede e di azione, e l’esperienza del gruppo. Il catechista è tenuto a condividere la ricerca comune. Egli tuttavia ha nel gruppo un posto specifico, che è quello di essere, in nome della chiesa, testimone del messaggio, cioè uomo che serve e che partecipa agli altri i frutti della sua fede matura e promuove con intelligenza la ricerca comune in vista del fine da raggiungere. Questo ruolo di testimone del messaggio non implica che il catechista sia dirigente del gruppo.

 

Il gruppo che attinge un buon livello di funzionamento può offrire ai suoi membri non soltanto un’occasione di istruzione religiosa, ma anche un’ottima esperienza di vita ecclesiale. La catechesi in gruppo potrà mostrare ai giovani che la chiesa non è qualcosa di estrinseco alla loro esistenza, ma piuttosto una realtà di cui tutti sono responsabili, ognuno secondo la propria vocazione e il proprio ministero.

Parte V

LA CATECHESI SECONDO LE ETÀ

Natura e scopo di questa parte

 

77. Sono molteplici le vie che la catechesi può percorrere per rendere il messaggio cristiano adatto alle varie istanze degli uomini. Se si considera l’azione missionaria, si ha la via della evangelizzazione, della iniziazione dei catecumeni e dei neofiti. Se si mette l’accento sullo sviluppo fisico e psichico dei catechizzandi, si ha la catechesi secondo le età. Se si tengono presenti gli ambienti socio-culturali, si ha la catechesi secondo le varie mentalità (catechesi agli operai, ai tecnici, ecc). Se infine si bada agli atteggiamenti che i battezzati potranno assumere di fronte alla fede, si ha la catechesi per i credenti che desiderano raggiungere un maggiore approfondimento delle verità della fede, oppure la catechesi per quelli che sono ancora alla ricerca dei veri fondamenti della fede. È evidente che tutte queste vie, tra loro collegate e interdipendenti, hanno il loro valore e la loro importanza.

 

Spetterà ai direttòri catechistici nazionali e regionali dare al riguardo orientamenti specifici e precisi, in base alle concrete condizioni e necessità locali. Qui, a modo di esempio, si propongono soltanto alcuni elementi generali, che intendono mostrare il valore e l’importanza della catechesi secondo le età.

Realtà e valore dell’infanzia

 

78. Gli inizi della vita religiosa e morale si manifestano fin dal primo sbocciare della vita umana. In una famiglia di credenti, i primi mesi e anni di vita, che sono di particolare importanza per l’equilibrio del futuro uomo, possono già fornire le condizioni per una personalità cristiana. Il battesimo dei bambini assume tutto il suo significato quando la vita cristiana dei genitori - della madre in modo particolare ma non esclusivo - offre alla grazia battesimale la possibilità di portare il suo frutto. Il bambino, infatti, assimila quasi per " osmosi " i comportamenti e i sentimenti familiari. Si va accumulando in lui tutto un complesso di esperienze che costituiscono già un certo fondamento di quella vita di fede, che più avanti sarà esplicitata e resa più evidente. La disposizione alla fede si appoggia inizialmente sulla relazione di amore che il bambino ha con la madre, e più avanti anche con il padre; è nutrita dalla gioia che viene partecipata e dall’esperienza di una autorità accettata nell’amore. Da questa iniziale disposizione dipende in parte l’evolversi normale delle virtù teologali, mentre nello stesso tempo esse contribuiscono a consolidarla. In questo periodo incomincia ad affermarsi la personalità, cioè l’autonomia, necessaria per l’acquisizione delle virtù morali e per l’inserimento nella vita comunitaria. Essa esige equilibrio tra fermezza e tolleranza. Nascerà poi l’attitudine all’iniziativa spontanea, base indispensabile per la vita sociale e per l’impegno nel servizio di Dio e della chiesa.

 

La nascita di questi atteggiamenti deve essere accompagnata dalla educazione alla preghiera. Il bambino deve imparare a invocare Dio che ci ama e ci conserva; Gesù figlio di Dio e nostro fratello che ci conduce al Padre; lo Spirito santo che abita in noi; deve inoltre imparare a rivolgere preghiere fiduciose a Maria, madre di Gesù e madre nostra. Se dovessero mancare queste basi, è necessario che la catechesi si interroghi per vedere se e quali lacune si sono verificate, e come si possa porvi rimedio. Mediante una formazione adeguata si aiuteranno i genitori cristiani a rendere i loro interventi educativi più consoni, più adatti; questa formazione, anche se fatta in modo semplice e adatto alla loro cultura, dovrà essere affidata ad educatori competenti. Questo compito dei pastori non deve essere da essi considerato come puramente marginale: quando si aiutano i genitori a compiere bene la loro missione, è la chiesa che viene edificata. Inoltre questo lavoro offre un’ottima occasione di catechesi degli adulti.

Realtà e valore della fanciullezza

79. Quando incomincia a frequentare la scuola, il fanciullo entra a far parte di una società più vasta della famiglia, e inizia in una forma intensa, che assorbe una parte notevole delle sue energie e dei suoi interessi, la sua vita nella società degli adulti. Nella scuola egli fa la sua prima esperienza di lavoro. Prima il rapporto del fanciullo con il popolo di Dio avveniva attraverso la mediazione della famiglia: ora invece può già incominciare una diretta partecipazione alla vita della chiesa e può essere ammesso ai sacramenti. Il fanciullo si sviluppa gradualmente nelle sue capacità intellettive e la catechesi si deve adattare a questo progresso mentale. Il fanciullo è alla ricerca di una spiegazione della vita religiosa degli adulti: perciò la vita genuinamente cristiana della comunità degli adulti offre, in maniera davvero didattica, un valido aiuto per una profonda educazione dei fanciulli, e lo offre in un modo veramente didattico, quando la vita religiosa degli adulti e le attività del popolo di Dio vengono spiegate alla luce della storia della salvezza. La prima esperienza di lavoro non può essere considerata quasi estranea ai fini della catechesi. La gioia di fare e di fare bene, la cooperazione con gli altri, il senso di disciplina chiara e ragionevole che ne nasce, sono da ritenersi altrettante esperienze utili non soltanto per l’inserimento nella società, ma anche per l’attiva partecipazione alla vita della chiesa.

 

Seguendo questi criteri, la pedagogia catechistica, al di fuori di qualsiasi preferenza per un metodo determinato, deve aver cura di suscitare l’attività del fanciullo. Se non attuasse questo, non riuscirebbe ad assolvere il suo compito, che è di educare il credente a rispondere sempre più personalmente alla parola e al dono di Dio. Questa pedagogia attiva non si limiterà a delle espressioni esteriori, per quanto utili, ma tenderà a suscitare la risposta interiore e il gusto della preghiera. Questa educazione dell’interiorità è resa oggi più difficile, ma più necessaria, dal clima di dispersione dell’attuale civiltà. La collaborazione tra i catechisti e i genitori (scambi di idee circa i programmi, i metodi, le difficoltà che si incontrano) è necessaria perché l’educazione dei fanciulli abbia un processo adeguato e concorde. Questa collaborazione è anche utile sia ai catechisti che ai genitori, come aiuto all’esercizio delle loro specifiche responsabilità.

I fanciulli che non frequentano la scuola

80. Esistono anche regioni vaste e talvolta assai popolate, dove l’organizzazione scolastica è insufficiente. In questi casi è necessario svolgere un’intensa azione pastorale verso le famiglie e promuovere, per quanto è possibile, associazioni varie opportunamente preparate che si prendano cura dei fanciulli e rispondano alle condizioni locali e alle necessità spirituali che essi hanno.

I fanciulli che crescono

in famiglie religiosamente indifferenti

 

81. Viene sempre più avvertita la difficoltà di una catechesi diretta a fanciulli che vivono in famiglie o ambienti dove la pratica religiosa manca o è notevolmente insufficiente. Talvolta vengono avanzati dubbi circa la possibilità e la legittimità di una tale catechesi. Non si tratta evidentemente di rinunciare a una tale catechesi, ma piuttosto di concepirla e di attuarla in modo che risulti adatta alla situazione ambientale. In questi casi si richiede che si stabiliscano rapporti con le famiglie, che si studino mentalità e consuetudini, per giungere a scoprire i punti di incontro per l’apertura di un dialogo. Occorre ancora che la catechesi presenti un contenuto che sia veramente proporzionato alle possibilità concrete dei fanciulli.

Realtà e valore dell’adolescenza e della giovinezza

 

82. La tappa dell’adolescenza e, più largamente, il "fenomeno della giovinezza" rivestono un’importanza cruciale. Nelle società preindustriali, poco dotate di scuole, si passava quasi direttamente dalla fanciullezza all’inserimento nella comunità degli adulti. Nel nostro tempo invece prevale sempre di più la prassi di estendere per gli adolescenti il tempo dell’obbligo scolastico; questa prassi dà origine nella società a una generazione, non integrata in un lavoro direttamente produttivo, la quale, sebbene sia nel pieno vigore fisico e intellettuale, non esercita nessun’altra attività al di fuori dello studio e dell’apprendimento della professione futura. Questa classe sociale esercita una forte pressione sulla società degli adulti: il che comporta non lievi problemi.

 

Lo stesso problema si trova anche nella chiesa, e non è meno grave, sebbene si presenti sotto forme diverse. Più che il pericolo di una sfrenata contestazione della chiesa, esiste in questi adolescenti e giovani la tentazione di allontanarsi dalla chiesa. Questo per la catechesi è un problema gravissimo, anche perché spesso gli adulti non riescono a capire quale apporto valido gli adolescenti e i giovani possano offrire. I giovani saranno tanto meno diffidenti, quanto più i catechisti si dimostreranno capaci di comprendere e di accettare il loro vero apporto.

Realtà e valore della preadolescenza,

dell’adolescenza e della giovinezza

 

83. È necessario che i direttòri nazionali distinguano la preadolescenza, l’adolescenza e la giovinezza. Qui si vuole soltanto ricordare che in regioni di civiltà progredite, dove la questione è posta, in pratica non sempre vengono riconosciute le difficoltà proprie della preadolescenza, non lo sono a sufficienza. L’educatore può cadere nella tentazione di considerare i preadolescenti come dei fanciulli e correre di conseguenza il rischio di non interessarli; oppure potrebbe considerarli come adolescenti, e perciò proporre loro temi e metodi di lavoro che suppongono uno sviluppo della personalità e un’esperienza che essi non posseggono ancora. La preadolescenza è caratterizzata dalla nascita travagliata della soggettività. Occorre pertanto che a questa età non venga continuato quell’insegnamento semplice e oggettivo che è proprio dei fanciulli; ma nello stesso tempo occorre evitare che siano proposti problemi e temi che sono propri dell’adolescenza. Un insegnamento concreto, che illustri la vita e l’opera dei santi e degli uomini benemeriti e lo studio della vita attuale della chiesa, può fornire in questo periodo un valido nutrimento.

 

La giovinezza propriamente detta, che segue l’adolescenza, è ugualmente un periodo ancora poco studiato e le sue caratteristiche non sono sufficientemente riconosciute. Alcuni propongono che in questa età si affronti un insegnamento teologico. Altri propongono le questioni umane e sociali, aggiungendovi argomentazioni teologiche semplici e alcuni appelli al comportamento cristiano. La via che appare preferibile, è di trattare i problemi fondamentali tipici di questa età, con una seria documentazione teologica e umana e insieme con una sana metodologia della discussione collettiva.

La ricerca del senso della vita

 

84. L’adolescente avverte in se stesso delle profonde trasformazioni fisiche e psichiche. Egli è alla ricerca del suo ruolo nella società. È insoddisfatto della religiosità della sua infanzia, ma non ha ancora raggiunto la maturità di fede che è propria dell’adulto: per questo cerca un orientamento fondamentale che possa ridare unità alla sua vita. Questa ricerca tuttavia può tradursi spesso in una crisi religiosa. Il principale compito della catechesi agli adolescenti sarà dunque di far scoprire il senso genuinamente cristiano della vita. Essa deve effondere la luce dell’annunzio cristiano sulle realtà che maggiormente assillano l’adolescente, come il senso dell’esistenza corporale, l’amore e la famiglia, l’indirizzo da dare alla propria vita, il lavoro e il tempo libero, la giustizia e la pace, ecc.

L’attenzione ai valori autentici

 

85. L’adolescente si sforza di ordinare la sua visione della vita e il suo piano di comportamento intorno ad alcuni valori fondamentali e primari. Ma egli avverte di trovarsi oggi immerso in una marea di "valori" contraddittori. Questo fatto accentua nell’adolescente il conflitto d’interesse per i vari valori e lo spinge a rifiutare quelle prese di posizione degli adulti che non si esprimono in convinzioni veramente vissute. La catechesi deve aiutare l’adolescente a scoprire sempre più chiaramente i valori genuini e a valutarli secondo un retto ordine di priorità.

L’autonomia della personalità

 

86. Per raggiungere l’autonomia desiderata, l’adolescente esagera spesso l’affermazione di se stesso e contesta l’ordinamento accettato dagli adulti. Gli adulti devono tener presente che l’adolescente non aderisce alla fede e non si conferma in essa attraverso una identificazione con loro, ma per via di una decisione personale progressivamente maturata. Da questa esigenza di autonomia nasce quella che possiamo chiamare "tentazione del naturalismo", in forza della quale l’adolescente tende ad agire e a conquistarsi la salvezza con le sue proprie forze. Questa tendenza è tanto più forte quanto più è marcata la personalità. La catechesi pertanto avrà il compito di favorire nell’adolescente quella maturità personale, che gli permetta di superare ogni forma di soggettivismo e di riscoprire una rinnovata fiducia nella potenza e nella sapienza di Dio.

I gruppi di adolescenti

 

87. Alla ricerca della propria autonomia, gli adolescenti amano raggrupparsi tra loro, e questo con il preciso scopo di ritrovare la propria identità personale e di difendere la loro indipendenza dagli adulti. Nell’ambito di questi gruppi, l’adolescente è sollecitato dai diversi valori della vita ed è spinto a viverli. Nell’attività quotidiana egli si intende con i suoi pari più facilmente che con gli adulti. La catechesi avrà il compito di agire all’interno di queste associazioni giovanili, le quali possono fare da mediazione tra i giovani e l’intera comunità ecclesiale. Le associazioni degli adolescenti non sempre sono apportatrici di valori positivi. Occorre pertanto promuovere rapporti tra queste associazioni e le comunità cristiane, in modo che gli adolescenti possano debitamente riconoscere e stimare i valori umani e cristiani che in esse sono contenuti.

Le esigenze intellettuali

 

88. L’adolescente per sé possiede l’uso "formale" del raziocinio. Sa come usare rettamente l’intelletto e scopre che la cultura che gli viene proposta esige da lui un ulteriore ripensamento e una concreta applicazione alla vita. Se la catechesi vuole suscitare un’esperienza della vita di fede, non deve trascurare la formazione di un modo religioso di pensare che mostri il nesso che esiste tra tutti i misteri e tra essi e il fine ultimo dell’uomo. A rendere salda la coerenza interiore di questo modo religioso di pensare, la testimonianza non è sufficiente. Oggi si esige dovunque il rigore scientifico: la catechesi perciò deve presentare con ogni cura anche le giustificazioni razionali della fede. La strutturazione intellettuale della fede degli adolescenti non deve essere ritenuta come un qualcosa di complementare, ma come una essenziale necessità della vita di fede. Il modo di insegnare ha una particolare importanza: il catechista, in dialogo con l’adolescente, deve stimolare la sua intelligenza.

L’attivati

 

89. Allo sviluppo della personalità dell’adolescente è necessaria l’attività. Il superamento dell’egocentrismo e del soggettivismo postula un contatto con la realtà, sia con i successi che con gli insuccessi. La catechesi, cui spetta suscitare una personale esperienza di fede e agevolare una ordinata riflessione sulle cose religiose, raggiunge il suo scopo quando conduce a un concreto impegno cristiano. La catechesi cristiana deve educare gli adolescenti ad assumersi le proprie responsabilità e renderli progressivamente capaci di un’aperta professione cristiana.

Gli adolescenti che non frequentano la scuola

 

90. I giovani che esercitano un mestiere o una professione - e sono moltissimi - sono indotti a uno sviluppo accelerato della loro personalità. Questa accelerata maturazione può avvenire in una maniera ordinata oppure disordinata, in un modo completo oppure incompleto. Di qui la necessità di una specifica catechesi per questa categoria di adolescenti. Essa dovrà considerare attentamente i problemi quotidiani più pressanti, sostenere i giovani nel momento in cui entrano nel mondo del lavoro, aiutarli a svolgere un’attività commisurata alle loro possibilità, in collaborazione con i movimenti cattolici. Inoltre, nella misura in cui nei giovani apprendisti permangono le caratteristiche e le esigenze proprie degli adolescenti, la catechesi avrà il compito non soltanto di illuminare la loro concreta attività, ma anche di guidarli ad accogliere tutto il piano di Dio.

I fanciulli e gli adolescenti disadattati

 

91. Questo compito non può essere ritenuto come secondario o marginale. I ragazzi e gli adolescenti disadattati non costituiscono una parte esigua della popolazione. Le condizioni della società moderna spesso rendono difficile la crescita equilibrata dei giovani e il loro adattamento nella società. La catechesi deve fornire a questi giovani la possibilità di vivere la vita di fede secondo le loro capacità. Questo è un compito eminentemente evangelico e una testimonianza di grande rilievo, che rientra nella costante tradizione della chiesa. L’educazione di questi giovani alla fede costituisce un valore pastorale di grande importanza, anche per il fatto che offre la possibilità di contatto con molte famiglie. Infine è da considerare che la particolare difficoltà di questo compito e la necessità di dover presentare solo l’essenziale possono offrire a tutta la catechesi il beneficio di usufruire dei metodi e delle vie che la ricerca pedagogica scopre e mette al servizio dei disadattati.

L’età adulta

92. Il presente direttorio generale afferma con forza la necessità di una catechesi degli adulti, e per i seguenti motivi: a) Gli impegni della vita sociale, le responsabilità familiari, professionali, civili e politiche esigono che gli adulti raggiungano una particolare e idonea formazione cristiana alla luce della parola di Dio. È necessario che si promuova una azione ordinata tra coloro che sono impegnati nella catechesi degli adulti e coloro che prestano la loro opera nelle varie forme dell’apostolato dei laici. b) Le attitudini e le capacità, che raggiungono la loro perfezione nell’età adulta, come l’esperienza della vita, la maturità personale, ecc., devono essere coltivate e illuminate dalla parola di Dio. c) L’adulto, inoltre, è chiamato a superare certe crisi, che, sebbene meno appariscenti di quelle sperimentate dagli adolescenti, tuttavia non sono da ritenersi meno pericolose né meno profonde. In tali momenti la sua fede deve essere continuamente illuminata, sviluppata e protetta.

Orientamenti dinamici dell’età adulta

Comunione e solitudine

 

93. L’uomo adulto ordinariamente è più capace di comunione e di mutue relazioni con gli altri. Questa capacità e questa esigenza di comunione vengono esercitate nell’ambito delle responsabilità familiari e delle relazioni della vita sociale, le quali tuttavia talvolta possono essere insieme strumento e ostacolo di comunione. Troppo spesso l’uomo, specie nella società moderna, sperimenta la solitudine. La catechesi deve mostrare come Dio, il quale è amore, è autore della chiesa, comunità di fede, e accende il desiderio di comunione con tutti gli uomini. Ai coniugi ricorda che la loro intima unione, in virtù del sacramento del matrimonio, significa e realizza il mistero di unità e di amore fecondo che esiste tra Cristo e la chiesa. Nell’ambito delle piccole comunità ecclesiali, la catechesi dovrà aiutare gli adulti a vivere in modo concreto la carità cristiana, e dovrà dimostrare come in forza della carità, segno di una comune esperienza, ciascuno è tenuto ad essere di aiuto agli altri nella fede.

Il perfezionamento della personalità

 

94. L’età adulta è particolarmente caratterizzata dalla consapevolezza di avere raggiunto la piena maturità. L’uomo che ha superato con successo le varie tappe della sua evoluzione e ha potuto stabilire rapporti con gli altri ed esercitare un’attività creatrice, giunto all’età adulta tenta di raccogliere in una visione unitaria tutte le esperienze della sua vita personale, sociale e spirituale. Esiste qui il pericolo che l’adulto, specialmente se appartiene a una società industriale, ritenga di poter realizzare questa unità semplicemente attraverso l’integrazione nella società in cui vive. Ma la perfetta maturità personale non consiste soltanto in un certo equilibrio esteriore tra la vita personale e il contesto culturale, ma soprattutto nella conquista della saggezza cristiana. Perciò la catechesi tenderà a condurre l’uomo a rispettare l’ordine dei fini, ossia a percepire pienamente il significato della vita e della morte, nella luce della morte e della risurrezione di Cristo.

La vecchiaia

 

95. L’importanza pastorale di questo periodo della vita non viene riconosciuta sufficientemente. Ai nostri giorni aumenta sempre di più il numero delle persone anziane. Esse spesso sono trascurate dalla moderna società. Per quanto riguarda l’attività pastorale, questo è un punto da tenere ben presente. In realtà gli anziani possono offrire grandi servizi alla comunità, con la loro operosità, che non sempre viene giustamente valutata, e con la testimonianza della loro esperienza. Inoltre è un dovere di giustizia aiutare gli anziani attraverso la catechesi a prepararsi alla morte, che è biologicamente prossima e socialmente - almeno in una certa misura - è già in atto, per il fatto che non ci si aspetta quasi più nulla dalla loro attività. La catechesi deve educare gli anziani alla speranza soprannaturale, in forza della quale la morte è considerata come un passaggio alla vera vita e un andare incontro al divino Salvatore. In questo modo la vecchiaia può diventare un segno della presenza di Dio, dell’immortalità e della futura risurrezione. È questa una testimonianza escatologica, e i vecchi la potranno fornire con la pazienza verso se stessi e verso gli altri, con la benevolenza, con la lode a Dio, con lo spirito di povertà e la fiducia in Dio. Sarebbe senza dubbio un grave danno per la chiesa se la moltitudine delle persone anziane battezzate non desse prova che la loro fede cristiana risplende di luce più fulgida man mano che si avvicina la morte.

Forme particolari di catechesi per gli adulti

 

96. Esistono situazioni e circostanze in cui si impongono forme speciali di catechesi. a) C’è la catechesi dell’iniziazione cristiana o catecumenato degli adulti. b) C’è la catechesi diretta a coloro che sono particolarmente impegnati nell’apostolato dei laici. È ovvio che in questo caso la catechesi deve curare un approfondimento speciale del messaggio cristiano. c) C’è la catechesi da fare in occasione di eventi particolarmente significativi della vita, come il matrimonio, il battesimo dei figli, la prima comunione e la confermazione, i periodi critici per l’educazione dei figli, la malattia, ecc. Sono circostanze in cui gli uomini sono più che mai indotti a ricercare il vero senso della vita.

d) C’è la catechesi da fare in occasione di mutamenti nelle condizioni di vita, come l’entrata al lavoro, il servizio militare, l’emigrazione, il cambiamento di professione o di posizione sociale. Questi cambiamenti possono sì essere causa di arricchimenti interiori, ma anche di smarrimenti e di scoraggiamenti. La comunità cristiana è tenuta a dare tutto il suo aiuto fraterno. La parola di Dio, che talvolta in questi casi è accolta con particolare apertura, deve essere luce e sostegno. e) C’è la catechesi che si riferisce ad un cristiano uso del tempo libero e quella che può essere fatta in occasione delle vacanze e dei viaggi turistici. f) C’è la catechesi da fare in occasione di avvenimenti particolari riguardanti la vita della chiesa e della società.

Queste particolari forme di catechesi non devono far perdere di vista la necessità di istituire corsi di catechesi in cui venga studiato in modo sistematico tutto il messaggio cristiano. Questa formazione organica e ordinata non è certamente riducibile a una semplice serie di conferenze e di discorsi.

Compiti particolari della catechesi per gli adulti

 

97. Per rispondere sempre alle istanze più profonde dei nostri tempi, la catechesi degli adulti deve: a) Educare alla giusta valutazione dei cambiamenti socio-culturali della nostra società alla luce della fede. Il popolo cristiano avverte sempre più il bisogno di indagare dove può condurre il progresso della società odierna, e di discernere quali siano i veri valori e anche i pericoli della nostra civiltà. Esso desidera essere aiutato nella valutazione dei cambiamenti continuamente in corso, ed essere illuminato circa gli atteggiamenti che può e deve assumere. b) Chiarire gli odierni quesiti religiosi e morali. La catechesi deve far suoi i quesiti nuovi che si pongono gli uomini del nostro tempo. Per esempio, oggi si dà molta importanza alle questioni sociali. L’uomo desidera imprimere un nuovo corso alla società in cui vive. Questo sforzo di rinnovamento, nel quale l’uomo manifesta chiaramente le sue responsabilità e i suoi limiti, non può sfuggire all’attenzione della catechesi.

 

c) Chiarire le relazioni che intercorrono tra l’azione temporale e l’azione ecclesiale. È compito della catechesi educare i cristiani a discernere le relazioni reciproche che intercorrono tra l’impegno temporale e l’impegno ecclesiale. Essa deve mettere in chiara evidenza che l’impegno temporale può avere benefiche ripercussioni nella comunità ecclesiale, in quanto contribuisce a renderla più cosciente del suo fine trascendente e della sua missione nel mondo. Deve ancora mettere in evidenza che l’impegno ecclesiale ritorna anche ad utilità della stessa società umana. d) Sviluppare i fondamenti razionali delle fede. La chiesa, contro il fideismo, ha sempre sostenuto i fondamenti razionali della fede. La catechesi deve sviluppare sempre di più la retta comprensione della fede, attraverso cui si dimostra che l’atto di fede e le verità da credersi sono conformi alle esigenze dell’umana ragione. Deve mostrare che il vangelo è sempre attuale e pertinente. Occorre pertanto promuovere una pastorale del pensiero e della cultura cristiana.

Parte VI

LA PASTORALE DEL MINISTERO DELLA PAROLA

L’azione pastorale

 

98. Da quanto è stato detto sull’atto catechistico e sul contenuto della catechesi, se ne ricava un iter per l’azione pastorale le cui linee fondamentali vengono esaminate in questa sesta parte. Quest’azione richiede organi adatti, da stabilirsi in campo nazionale dalle conferenze episcopali, con compiti deliberativi, di ricerca ed esecutivi. In linea di massima questi organi sono: a) la commissione episcopale per la catechesi, in cui operano membri eletti d’ufficio, coadiuvati da esperti; b) un organo esecutivo permanente (ufficio, centro, ecc.).

 

Per sviluppare attraverso questi organi, in modo coerente ed efficace, la pastorale del ministero della parola, è necessario che: 1) si prepari una relazione sullo stato reale della situazione locale e sulle possibilità offerte al ministero della parola; 2) si pubblichi un concreto programma di azione; 3) si curi la formazione e la cultura dei responsabili di questa azione pastorale; 4) ci si orienti verso la preparazione di opportuni strumenti di lavoro e si provveda alla loro elaborazione; 5) si promuova un’adeguata organizzazione della catechesi; 6) si concordi l’attività catechistica con gli altri settori della pastorale; 7) si stimoli la ricerca; 8) si favorisca la cooperazione internazionale.

 

Le indicazioni e i suggerimenti offerti in questa parte non possono trovare immediata e contemporanea applicazione in tutte le parti della chiesa. Per quelle nazioni o regioni nelle quali l’azione catechistica non ha avuto ancora modo di toccare un sufficiente livello di sviluppo, quanto viene qui esposto o suggerito vuole costituire solo la segnalazione di una serie di mete da raggiungere con gradualità.

Capitolo I

L’ANALISI DELLA SITUAZIONE

Finalità

 

99. È necessario possedere, nell’ambito della conferenza episcopale, una visione chiara della situazione in cui viene esercitato il ministero della parola. Finalità di questa analisi è mostrare fino a che punto l’azione evangelizzatrice della chiesa raggiunga lo scopo che si propone. Si richiede pertanto un esame attento di come è svolto il ministero della parola e dei risultati - in ciò che può essere umanamente costatabile - ottenuti dalla catechesi o da ogni altra forma di presentazione del messaggio cristiano. Occorre verificare quali sono le iniziative della chiesa, come sono accolte, dove e da chi, con quali frutti, ecc.

Oggetto

 

100. L’oggetto di questa indagine è complesso. Esso abbraccia l’esame dell’azione pastorale e la diagnosi della situazione religiosa e delle condizioni socio-culturali ed economiche in quanto processi collettivi che possono avere profonde ripercussioni sulla diffusione del vangelo.

Modalità

 

101. In questo lavoro, che presenta notevoli difficoltà, è necessario anzitutto citare due pericoli: a) quello di prendere come sicuri dei dati non sufficientemente analizzati e verificati; b) quello di esigere uno studio di così grande perfezione scientifica da risultare irrealizzabile. È bene anche tener presente che le verifiche tecniche, fatte sotto forma di questionari o di inchieste, offrono risultati di scarso valore se non sono precedute da un’accurata riflessione sulle varie forme di azione pastorale che possono essere messe in opera. Ciò che pertanto sembra essere necessario alle conferenze episcopali è una visione integrale della situazione che può essere ottenuta consultando persone veramente esperte nell’esame dei documenti a disposizione e traendo le dovute conclusioni dalla stessa attività pastorale già svolta. Su questo punto gli studi monografici potranno offrire un contributo di grande utilità. Nello studio della situazione deve essere impegnata l’intera comunità cristiana, perché diventi in tal modo consapevole dei problemi e disposta all’azione.

Risultati

 

102. L’analisi della situazione non è fine a se stessa, ma deve mettere in luce le attività più valide e aprire la strada ad una loro concreta attuazione, sia incrementando quelle opere e quelle iniziative di cui si è già verificata l’efficacia sia promovendone delle nuove. Si tratta, infatti, di prevedere e preparare ciò che è necessario per il futuro. Tale indagine deve anche convincere quanti operano nel ministero della parola che le situazioni umane sono ambivalenti per quanto riguarda l’azione pastorale. Bisogna quindi che gli operai del vangelo imparino a scoprire le possibilità che si aprono alla loro azione in una situazione sempre nuova e diversa. C’è il pericolo che la costatazione delle difficoltà porti a concludere che l’azione pastorale non sia possibile; mentre invece ognuno deve essere convinto che le realtà culturali non sono dati inerti, immutabili, univoci, di fronte ai quali la grazia e l’attività pastorale siano ridotte quasi all’impotenza. È sempre possibile un processo di trasformazione che apra la strada alla fede.

Capitolo II

IL PROGRAMMA DI AZIONE

Il programma d’azione

 

103. Dopo aver preso attenta visione della situazione, occorre procedere alla pubblicazione di un programma di azione, cosa che può essere fatta mediante il direttorio catechistico. Esso determina gli obiettivi, i mezzi della pastorale catechistica e le norme che la regolano, con profonda aderenza alle necessità locali e insieme in piena armonia con le finalità e le norme della chiesa universale. Nel presentare il programma di azione, si tengano ben presenti le funzioni che possono esercitare le istituzioni specificamente ecclesiali come le parrocchie, le comunità di base, i movimenti apostolici; l’istituto familiare; le istituzioni educative, come la scuola sia cristiana che neutra; e ogni altra forma di raggruppamento sociale e culturale. Le mete da raggiungere e i mezzi da usare devono essere considerati come il cardine di ogni programma di azione.

Le mete

 

104. Le mete pastorali possono essere diverse secondo i luoghi e le necessità. Esse devono comunque riguardare il progresso nella fede e nell’impegno morale dei cristiani e lo sviluppo delle loro relazioni con Dio e con gli uomini (per esempio: l’accesso degli adulti a una fede matura, l’inserimento del pensiero cristiano nei circoli scientifici e tecnici, l’esercizio da parte delle famiglie della loro responsabilità cristiana, l’attiva presenza dei cristiani nell’opera di trasformazione sociale...). Poiché le mete sono in genere molteplici, è giusto e doveroso prevederne una programmazione nel tempo, secondo la priorità dei diversi obiettivi da raggiungere. È bene anche che le mete pastorali stabilite in una determinata regione siano opportunamente confrontate con quelle stabilite dalle conferenze episcopali delle regioni geograficamente o culturalmente più vicine.

I mezzi

 

105. I mezzi da usare sono anzitutto: gli istituti di catechetica da promuovere o da sostenere, i programmi, i testi, i sussidi, le direttive sui metodi, ecc. L’ambito della ricerca sui mezzi è praticamente inesauribile. Tuttavia è sempre necessario controllare con cura che i mezzi proposti siano veramente adeguati ai fini spirituali che si intendono conseguire.

Le norme

 

106. Le norme sulla catechesi possono essere molteplici: esse variano secondo le finalità che si intendono raggiungere. Tra esse, rivestono particolare importanza le norme che concernono la catechesi di preparazione ai sacramenti: per esempio, le norme sul catecumenato degli adulti, sull’iniziazione sacramentale dei fanciulli, sulla preparazione delle famiglie al battesimo dei bambini. Perché tali norme risultino efficaci, conviene che siano poche e semplici e che definiscano criteri esterni piuttosto che interni. È ovvio che nessuna norma particolare può derogare, senza il benestare della sede apostolica, le leggi generali e la prassi comune della chiesa.

Distribuzione e promozione delle responsabilità

 

107. Occorre anzitutto operare una chiara ed efficace distribuzione delle responsabilità e dei compiti. È importante, ad esempio, che si chiariscano e si mettano in risalto le responsabilità delle famiglie cristiane, delle comunità ecclesiali, del clero, dei catechisti. Non ci si può tuttavia limitare alla pura ripartizione delle forze già esistenti, ma occorre promuovere un sempre maggior impegno da parte di tutti. Si tratta infatti di rendere la comunità cristiana sempre più consapevole della sua missione che consiste nell’essere segno della sapienza e dell’amore di Dio, manifestatisi a noi in Cristo. A questo scopo è utile che l’intera comunità e i singoli, per quanto è possibile, siano sempre tempestivamente informati di ciò che si intende fare e che tutti siano invitati a prendere parte attiva alla elaborazione dei progetti, alle decisioni e all’esecuzione di quanto è stato stabilito. Nel preparare la programmazione delle attività catechistiche si tenga ben presente che le diverse iniziative possono talvolta creare disagi e conflitti. Difficoltà, per esempio, possono provenire dai cambiamenti che si verificano nel linguaggio e nelle nuove concezioni sul rapporto educativo e apostolico. In questi casi è necessario fare tutto il possibile per evitare ciò che indebitamente può provocare smarrimento. Bisogna infine che tutte le attività catechistiche siano provviste degli opportuni mezzi economici.

Capitolo III

LA FORMAZIONE CATECHISTICA

La formazione catechistica

 

108. Qualsiasi attività pastorale che non sia sostenuta da persone veramente formate è condannata al fallimento. Gli stessi strumenti di lavoro restano inefficaci, se non sono usati da catechisti adeguatamente preparati. La formazione catechistica, pertanto, ha la priorità sul rinnovamento dei testi e sul rafforzamento dell’organizzazione catechistica. Occorre anzitutto aver cura della formazione di coloro che svolgono attività catechistiche a livello nazionale. È questo un compito che spetta alle conferenze episcopali. La formazione dei dirigenti sul piano nazionale deve tuttavia trovare il suo naturale complemento e la sua continuazione nella formazione dei catechisti che operano a livello regionale e diocesano. Quest’ultimo compito spetta alle conferenze episcopali regionali, dove esistono, e ai singoli vescovi.

Istituti superiori e scuole catechistiche

 

109. Si incrementino o si creino istituti superiori di pastorale catechistica, allo scopo di preparare catechisti che siano in grado di dirigere la catechesi a raggio diocesano o nell’ambito delle attività svolte dalle congregazioni religiose. Questi istituti superiori potranno essere a carattere nazionale o anche internazionale. Essi dovranno essere impostati come istituti universitari, per quanto riguarda l’organizzazione degli studi, la durata dei corsi e le condizioni per esservi ammessi. Si istituiscano pure scuole catechistiche nell’ambito delle singole diocesi o almeno nell’ambito delle conferenze regionali, che abbiano lo scopo, attraverso un’organizzazione di studi meno impegnativa ma ugualmente valida, di preparare catechisti a tempo pieno.

La formazione permanente

 

110. La formazione permanente comprende modalità e gradi diversi. È necessario che essa venga protratta per tutto il tempo che i catechisti rimangono impegnati nella loro specifica funzione, e riguarda sia i dirigenti della catechesi che i semplici catechisti. La formazione permanente non può essere demandata unicamente agli enti centrali; essa deve essere curata anche dalle singole comunità cristiane, e ciò anche per il fatto che le condizioni e le necessità della catechesi possono variare da luogo a luogo. Il clero e tutti coloro che sono impegnati in compiti direttivi hanno il dovere di curare la formazione permanente dei loro collaboratori nella catechesi.

Il fine della formazione catechistica

 

111. Scopo essenziale della formazione catechista è quello di abilitare alla comunicazione del messaggio cristiano. Viene perciò richiesta una formazione teologico-dottrinale, antropologica e metodologica più o meno profonda, secondo il livello scientifico che si vuole raggiungere. L’acquisizione di queste conoscenze teoriche, tuttavia, non esaurisce i compiti della formazione, che può dirsi completa solo quando il catechista è divenuto capace di trovare, nei confronti di gruppi o di persone, in situazioni che sono sempre diverse e singolari, il modo più valido per trasmettere il messaggio evangelico.

La formazione teologico-dottrinale,

antropologica, metodologica

 

112. a) La dottrina. È evidente la necessità di acquistare un valido patrimonio dottrinale. Esso deve comprendere sempre un adeguato possesso della dottrina cattolica e negli istituti superiori di catechetica deve raggiungere il livello della teologia scientifica. La sacra scrittura sia come l’anima di questa formazione. La dottrina, comunque, deve essere assimilata fino al punto di rendere il catechista non solo capace di esporre con esattezza il messaggio evangelico, ma anche di suscitare la ricezione attiva dello stesso messaggio da parte dei catechizzandi e di saper discernere nell’itinerario spirituale dei medesimi ciò che è conforme alla fede.

 

b) Le scienze umane. La nostra epoca è caratterizzata dal grandioso sviluppo delle scienze antropologiche. Queste scienze non sono più riservate unicamente agli specialisti; esse penetrano nella coscienza che l’uomo moderno ha di se stesso; attingono i rapporti sociali e costituiscono una specie di contesto culturale, che è comune anche ai meno evoluti. L’insegnamento delle scienze umane, data l’enorme estensione e diversità di queste discipline, pone ardui problemi di scelta e di impostazione. Poiché non si tratta di formare specialisti in psicologia ma catechisti, il criterio da seguire è quello di distinguere e scegliere ciò che può loro direttamente giovare all’acquisto della capacità di comunicazione.

 

c) La formazione metodologica. Per se stessa la metodologia non è altro che la riflessione sui mezzi che sono stati verificati nella pratica. Occorre perciò dare maggior rilievo all’esercizio pratico che all’insegnamento teorico della pedagogia. Tuttavia l’insegnamento teorico è necessario per aiutare il catechista nell’opera di adattamento alle varie situazioni, per evitare forme empiriche di insegnamento, per cogliere i cambiamenti che si verificano nel rapporto educativo, per orientare bene il lavoro futuro. Si consideri che, quando si tratta della formazione dei catechisti di base (quelli cioè che insegnano i primi elementi della catechesi), le sopraddette conoscenze vengono acquisite meglio se sono date di pari passo con lo svolgersi del loro impegno apostolico (per esempio, durante le riunioni in cui vengono preparate e criticate le lezioni di catechismo).

Come apprendere l’arte di fare catechesi

 

113. Si richiede una preparazione specifica perché il catechista divenga capace di interpretare bene le reazioni di un gruppo o di una persona, al fine di individuare le loro capacità spirituali e di scegliere la modalità di trasmissione del messaggio evangelico perché esso possa essere accolto con vero frutto. I metodi di tale apprendimento sono vari: esercizi pratici, lavori di gruppo, analisi di casi, ecc. Il cardine di tutto è la riflessione sulla forza comunicativa del messaggio cristiano. La catechesi, che è pastorale pratica della chiesa, non si impara soltanto con la teoria. È con l’esperienza, con la guida di maestri competenti, con lo stesso esercizio che si acquista l’arte di impartire la catechesi, la quale arte è la sintesi delle attitudini all’apostolato, della conoscenza della fede, degli uomini e delle leggi che presiedono allo sviluppo dei singoli e dei gruppi.

La vita spirituale dei catechisti

 

114. La missione che il catechista è chiamato a svolgere richiede in lui un’intensa vita sacramentale e spirituale, la familiarità con la preghiera, una profonda ammirazione per la grandezza del messaggio cristiano e per la sua capacità a trasformare la vita. Richiede nello stesso tempo la ricerca di un atteggiamento di carità, di umiltà e di prudenza che permetta allo Spirito santo di compiere nei catechizzandi la sua opera feconda.

La formazione dei catechisti

 

115. È necessario che le comunità ecclesiastiche considerino la formazione dei catechisti come compito di massima importanza. Tale formazione è diretta a tutti i catechisti, sia ai laici che ai religiosi, come pure ai genitori cristiani che devono trovare in essa un valido aiuto per lo svolgimento della catechesi iniziale e occasionale, che è loro compito specifico. È diretta ai diaconi e, in modo particolare, ai sacerdoti che, " in virtù del sacramento dell’ordine, sono consacrati, ad immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, come veri sacerdoti del nuovo testamento, per predicare il vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino ". In realtà nelle singole parrocchie la predicazione della parola di Dio è affidata soprattutto ai sacerdoti che devono svelare ai fedeli i tesori della sacra scrittura e presentare nelle omelie, lungo il corso dell’anno liturgico, i misteri della fede e le norme della vita cristiana. È di grande importanza, quindi, che nei seminari e negli scolasticati sia seriamente curata la preparazione catechistica, da completare poi con la formazione permanente di cui si è parlato sopra.

 

Questa formazione è diretta infine agli insegnanti di religione delle scuole pubbliche, sia della chiesa che dello stato. A un compito di così grande importanza possono essere destinate solo persone che si distinguono per capacità, dottrina e vita spirituale. È vivamente auspicabile che nel campo della formazione esista una vera cooperazione tra le diverse attività apostoliche e la catechesi, poiché tutte queste attività affrontano, anche se sotto un’angolazione specifica, il compito della comunicazione del messaggio cristiano.

Capitolo IV

GLI STRUMENTI DI LAVORO

Gli strumenti di lavoro

 

116. Tra i principali strumenti della catechesi sono da annoverare: i direttori delle conferenze episcopali; i programmi; i catechismi; i testi didattici; i mezzi audiovisi.

I direttòri catechistici

 

117. I direttòri hanno lo scopo di promuovere e coordinare l’azione catechistica nell’ambito di una regione o nazione o anche di più nazioni appartenenti alla medesima area socio-culturale. I direttòri, prima di essere promulgati, siano sottoposti alla considerazione dei singoli ordinari e all’approvazione della sede apostolica.

I programmi

 

118. I programmi stabiliscono, secondo le età o i luoghi o i tempi, i fini educativi da raggiungere, i criteri metodologici da usare e i contenuti da trasmettere. Bisogna assolutamente fare in modo che i misteri della fede, che costituiscono il " credo " degli adulti, vengano presentati già nei programmi per i catechismi dei fanciulli e degli adolescenti in maniera adeguata alla loro età.

I catechismi

 

119. Grandissima importanza deve essere data ai catechismi pubblicati dall’autorità ecclesiastica. Il loro scopo è di fornire con una sintesi e in forma pratica i documenti della rivelazione e della tradizione cristiana e gli elementi fondamentali, che devono servire per l’attività catechistica, cioè alla educazione personale alla fede. Si abbia dunque la dovuta stima dei documenti della tradizione e si eviti con la massima cura di presentare come dottrina di fede interpretazioni particolari, che sono soltanto opinioni personali o ipotesi di qualche scuola teologica. La dottrina della chiesa va riportata fedelmente. Al riguardo vanno applicate le norme esposte nel capitolo I della parte III. Considerando le gravi difficoltà di redazione e la speciale importanza di questi documenti, è quanto mai conveniente che: a) si faccia un lavoro in collaborazione fra numerosi esperti tanto di catechetica che di teologia; b) vengano consultati degli esperti in altre discipline sia religiose sia umane e le altre organizzazioni pastorali; c) siano consultati i singoli ordinari e si prendano in attenta considerazione le loro indicazioni; d) si faccia precedere la pubblicazione definitiva da sperimentazioni particolari; e) dopo un certo periodo di tempo, questi libri siano debitamente riveduti. Questi catechismi, prima di essere promulgati, devono essere sottoposti all’esame e all’approvazione della sede apostolica.

I testi didattici

 

120. I testi didattici sono sussidi offerti alla comunità cristiana impegnata nella catechesi. Nessun testo può sostituire la viva comunicazione del messaggio cristiano. Tuttavia i testi sono molto importanti, perché provvedono a una più diffusa spiegazione dei documenti della tradizione cristiana e degli elementi che favoriscono l’attività catechistica. Anche per la redazione di questi testi si richiede il lavoro in collaborazione di più esperti in catechetica e la consultazione di altri specialisti.

Le guide per i catechisti

 

121. Queste guide devono contenere: la spiegazione del messaggio della salvezza (con costanti riferimenti alle fonti e con la precisa distinzione tra ciò che fa parte della fede e della dottrina e ciò che è soltanto opinione di teologi); consigli psicologici e pedagogici; suggerimenti metodologici. Si prevedano anche libri o scritti per la ricerca e l’attività dei catechizzandi. Queste pubblicazioni possono essere inserite negli stessi testi ad uso dei catechizzandi o essere divulgati come volumetti distinti. Si curino infine anche pubblicazioni per i genitori, quando si tratta di catechesi ai fanciulli.

I mezzi audiovisivi

 

122. I mezzi audiovisi vengono utilizzati principalmente: a) come documenti per arricchire di elementi oggettivi l’insegnamento catechistico; in questo caso devono eccellere per veracità, diligente selezione delle notizie e chiarezza didattica; b) come simboli per educare la sensibilità e l’immaginazione; in questo caso devono presentare caratteri estetici e forza di suggestione. Due compiti si impongono nel campo di questi mezzi: promuovere studi sui criteri che devono presiedere alla creazione e alla scelta di tali mezzi, in vista dei peculiari aspetti del messaggio cristiano che si intendono presentare e delle particolari categorie di persone a cui sono destinati; formare i catechisti al retto uso di questi mezzi (spesso infatti i catechisti ignorano la natura propria del linguaggio delle immagini; assai spesso i mezzi audiovisivi male adoperati conducono alla passività anziché all’attività; ecc.).

I "mass media"

 

123. I cosiddetti " mass media ", tra l’altro, hanno il potere di conferire un carattere di realtà e di attualità ai fatti, alle istituzioni, alle idee di cui parlano e, al contrario, di diminuire nell’opinione comune il credito di quelle cose di cui tacciono. L’annuncio della salvezza deve quindi trovare posto nei mezzi di comunicazione sociale. Pertanto, non basta perfezionare i mezzi di cui la chiesa già dispone in questo settore, ma occorre anche promuovere la collaborazione fra produttori, scrittori e artisti che lavorano a tale scopo. Tale collaborazione richiede che si istituiscano a livello nazionale e internazionale gruppi di esperti, che possano arrecare un vero contributo, quando sono interpellati sulla programmazione di attività che si riferiscono alla religione. È pure compito della catechesi educare i cristiani a discernere la natura e il valore di ciò che viene proposto attraverso i "mass media". È evidente che ciò presuppone una conoscenza tecnica del linguaggio di tali mezzi.

L’ "istruzione programmata"

 

124. Nell’ambito dei mezzi audiovisivi, che la catechesi può e deve utilizzare per poter raggiungere meglio le sue finalità, non deve essere trascurato il metodo didattico denominato "istruzione programmata", metodo recente ma che acquista attualmente sempre maggiore rilievo. Su questo punto, tuttavia, considerate le difficoltà che sorgono sia da parte delle verità da insegnare sia dal fine stesso della catechesi, si evitino spiegazioni superficiali e improvvisate. Tanto nella preparazione dei programmi come anche nella presentazione delle verità attraverso le immagini, si richieda la collaborazione di esperti in teologia, in catechetica e in didattica audiovisiva.

Capitolo V

L’ORGANIZZAZIONE DELLA CATECHESI

L’organizzazione della catechesi

 

125. Nell’ambito di ciascuna conferenza episcopale, l’organizzazione della catechesi comprende anzitutto strutture diocesane, regionali, nazionali. I fini principali di queste strutture sono: a) promuovere le attività catechistiche; b) collaborare con le altre iniziative e attività apostoliche (per es. con la commissione liturgica, con le organizzazioni dell’apostolato dei laici, con la commissione ecumenica, ecc.), poiché tutte queste attività della chiesa partecipano, anche se in modo diverso, al ministero della parola.

Le strutture diocesane

 

126. Con il decreto Provido sane è stato istituito l’ufficio catechistico diocesano, il cui compito è di presiedere a tutta l’organizzazione catechistica. Questo ufficio diocesano deve essere costituito da un gruppo di persone veramente esperte in materia. L’ampiezza e la diversità delle questioni di cui si deve trattare, esigono che le responsabilità siano ripartite tra più persone davvero competenti. L’ufficio diocesano deve anche promuovere e guidare il lavoro di quelle organizzazioni (come il centro catechistico parrocchiale, la confraternita della dottrina cristiana, ecc.) che sono come le cellule di base dell’azione catechistica. Le comunità locali devono istituire dei centri permanenti per la formazione dei catechisti. Così si renderà evidente davanti al popolo cristiano che la responsabilità di annunciare e insegnare il messaggio della salvezza riguarda tutti. L’ufficio catechistico, che fa parte della curia diocesana, è quindi l’organo con cui il vescovo, capo della comunità e maestro della dottrina, dirige e presiede tutte le attività catechistiche della diocesi. Nessuna diocesi può essere priva di un proprio ufficio catechistico.

Le strutture regionali

 

127. È utile che diverse diocesi congiungano la loro azione, mettendo in comune esperimenti e iniziative, competenze e risorse, così che le diocesi più provviste vengano in aiuto delle altre e si possa elaborare un programma comune di azione a carattere regionale.

Le strutture nazionali

 

128. È indispensabile che la conferenza episcopale, e più direttamente la commissione episcopale per la catechesi, sia assistita da un organo permanente. Questo ufficio o centro catechistico nazionale si propone una duplice funzione: - essere al servizio delle necessità catechistiche di ordine nazionale. Rientrano pertanto tra i suoi compiti le pubblicazioni che rivestano importanza per tutta la nazione, i congressi nazionali, i rapporti con i "mass media", e in genere tutte quelle attività e iniziative che superano le facoltà delle singole diocesi o regioni; - essere al servizio delle diocesi e delle regioni per far circolare notizie e iniziative catechistiche, coordinare l’azione e aiutare le diocesi catechisticamente meno evolute. È compito inoltre dell’ufficio o centro nazionale coordinare la sua attività con quella degli altri organismi pastorali nazionali e collaborare con tutto il movimento catechistico internazionale.

Capitolo VI

COORDINAMENTO DELLA PASTORALE CATECHISTICA

CON L’INSIEME DELL’AZIONE PASTORALE

Catechesi e pastorale

 

129. Poiché ogni atto importante nella chiesa partecipa al ministero della parola e la catechesi ha sempre relazione con l’intera vita ecclesiale, è necessario che l’attività catechistica sia coordinata con la pastorale generale. Il fine di questa cooperazione è la crescita e lo sviluppo armonioso della comunità cristiana, che, pur nella specificità delle varie funzioni, persegue tuttavia un unico fondamentale intento. È necessario quindi che la catechesi collabori con le altre attività pastorali, cioè col movimento biblico, liturgico, ecumenico, con l’apostolato dei laici, con l’azione sociale, ecc. Si tenga inoltre presente che questa collaborazione è necessaria fin dall’inizio, vale a dire fin da quando viene studiato e impostato il piano di azione pastorale.

Il catacumenato degli adulti

 

130. il catecumenato degli adulti, che è insieme catechesi, partecipazione liturgica e vita comunitaria, offre un fulgido esempio di tale istituzione, che nasce dalla collaborazione di diverse attività pastorali. Infatti ha lo scopo di guidare l’itinerario spirituale, il cambiamento di mentalità e di costumi di coloro che si preparano a ricevere il battesimo. È scuola preparatoria alla vita cristiana, è introduzione alla vita religiosa, liturgica, caritativa e apostolica del popolo di Dio. Tutta la comunità cristiana, tramite i padrini che la rappresentano, e non soltanto i sacerdoti o i catechisti, è impegnata in quest’opera.

Capitolo VII

NECESSITÀ DI PROMUOVERE LA RICERCA SCIENTIFICA

La ricerca scientifica

 

131. Senza ricerca scientifica il movimento catechistico non potrebbe progredire in nessun modo, data l’evoluzione rapida della cultura odierna. È indispensabile pertanto che gli organi nazionali delle conferenze episcopali promuovano delle ricerche concordate. Occorre peraltro che si stabilisca un programma delle questioni da approfondire, che si sappia quali sono gli argomenti già allo studio e che in questo caso si prendano opportuni contatti con gli esperti che vi sono impegnati, che si affronti lo studio delle questioni non ancora indagate, procurando i mezzi economici necessari. Ci sono temi di ricerca che rivestono un interesse universale: per es. i rapporti fra catechesi ed esegesi moderna, catechesi e antropologia, catechesi e "mass media", ecc. La natura e le difficoltà di queste ricerche consigliano spesso una collaborazione internazionale.

Capitolo VIII

LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

E LE RELAZIONI CON LA SEDE APOSTOLICA

La cooperazione internazionale

 

132. Il collegio apostolico è solidale nell’esercizio della sua missione. Più volte in questa parte del direttorio sono state indicate le conseguenze che provengono da questa solidarietà per quanto riguarda la catechesi (ad es.: capitolo II: armonizzazione delle mete pastorali fra nazioni vicine; capitolo III: erezione di istituti superiori; capitolo IV: elaborazione di strumenti comuni di lavoro; capitolo VII: ricerca scientifica).

 

La cooperazione internazionale è richiesta anche per quanto concerne il ministero della parola diretto agli emigranti. Il compito da svolgere è duplice. Anzitutto è necessario che ai migranti sia offerta la parola di Dio. Le differenze di lingua, di cultura, di abitudini, richiedono uno scambio di informazioni e di personale tra le chiese delle nazioni da cui i migranti provengono e le chiese delle nazioni che li accolgono. Inoltre è necessario che il ministero della parola contribuisca a rendere i cristiani delle nazioni che danno ospitalità consapevoli dei problemi dei migranti e fraternamente disposti a riceverli.

 

La cooperazione internazionale è richiesta anche per la catechesi dei turisti. È noto, infatti, che il turismo assume sempre più una dimensione internazionale. La cooperazione internazionale deve rispettare le responsabilità e le condizioni delle chiese locali. Occorre quindi che le nazioni più avvantaggiate quanto a personale, mezzi economici e ricerca scientifica diano il loro appoggio alle altre nazioni meno progredite, senza pretendere di imporre le loro concezioni e i loro metodi di azione.

La santa sede

 

133. Come Pietro è stato costituito capo del collegio apostolico e fondamento su cui è edificata la chiesa, così il successore di Pietro, cioè il romano pontefice, è il capo visibile del collegio episcopale e di tutto il popolo di Dio. Egli svolge il suo ufficio universale di magistero e di governo come vicario di Cristo e pastore di tutta la chiesa sempre per il bene e per la crescita spirituale del popolo di Dio. Questa sua funzione, secondo le necessità della chiesa, può essere da lui liberamente esercitata, sia in modo personale sia in modo propriamente collegiale, cioè insieme ai vescovi di tutta la chiesa. Esercita il potere personale o con interventi propri o attraverso atti di ufficio, principalmente per mezzo dei dicasteri della sua curia romana.

La congregazione per il clero

 

134. La responsabilità centrale della catechesi dei territori di diritto comune è affidata alla congregazione per il clero (Ufficio II). Essa ha il compito di stimolare, coordinare e guidare tutto ciò che riguarda la predicazione della parola di Dio e le opere di apostolato; di diffondere notizie e di promuovere, per quanto è possibile, la cooperazione fra le varie nazioni. Si adopera per il potenziamento e la guida degli uffici che sono preposti alla catechesi. Rivede e approva i direttòri catechistici, i catechismi e i programmi di predicazione della parola di Dio, preparati dalle conferenze episcopali. Stimola i congressi catechistici nazionali e approva o indice quelli internazionali.

Allegato

INIZIAZIONE AI SACRAMENTI DELLA PENITENZA E DELL’EUCARISTIA

 

Tra i vari compiti della catechesi ha grande importanza la preparazione dei fanciulli ai sacramenti della penitenza e dell’eucaristia. Al riguardo, si crede opportuno richiamare alcuni princìpi e fare qualche osservazione su esperienze realizzate in questi ultimi tempi in alcune regioni ecclesiastiche.

L’età della discrezione

 

1. L’età adatta per incominciare a ricevere questi sacramenti si ritiene sia quella che nei documenti della chiesa viene detta età della ragione o della discrezione. Questa età "tanto per la confessione quanto per la comunione è quella in cui il fanciullo comincia a ragionare, cioè verso il settimo anno, o poco più o poco meno. Da questo momento comincia l’obbligo di soddisfare all’uno e all’altro precetto della confessione e della comunione". È cosa lodevole, attraverso ricerche di psicologia pastorale, studiare e descrivere questa età, che si sviluppa gradatamente sotto l’influsso di vari fattori e presenta nei singoli fanciulli una propria fisionomia. Si badi tuttavia che il tempo, in cui di per sé il precetto della confessione e della comunione comincia ad obbligare, non venga esteso oltre i predetti limiti, che del resto non sono rigidi.

Formazione e sviluppo della coscienza morale dei fanciulli

 

2. Nel fanciullo, mentre a poco a poco si sviluppa la capacità di ragionare, si affina anche la coscienza morale, cioè la facoltà di giudicare le proprie azioni rispetto alla norma morale. Alla formazione di questa coscienza morale del fanciullo concorrono vari elementi e circostanze: la famiglia con la sua fisionomia e condotta, che nei primi anni di vita del fanciullo spicca sugli altri fattori educativi; il rapporto con gli altri, come pure l’opera e la testimonianza della comunità ecclesiale. Ma la catechesi, nell’assolvere il suo compito di istruzione e di formazione della fede cristiana, coordina questi vari elementi, li stimola e opera insieme con essi. Soltanto così potrà dirigere opportunamente il cammino del fanciullo al Padre celeste e correggere eventuali deviazioni od orientamenti di vita non retti. Senza dubbio, ai fanciulli di questa età si deve parlare, nel modo più semplice possibile, di Dio come nostro Signore e Padre, del suo amore verso di noi, di Gesù, Figlio di Dio, che per noi si è fatto uomo, morì ed è risorto. Considerando l’amore di Dio, il fanciullo potrà gradualmente percepire la malizia del peccato, che sempre offende Dio Padre e Gesù, e che è contrario alla carità con la quale dobbiamo amare il prossimo e noi stessi.

Spiegare l’importanza del sacramento della penitenza

 

3. Il fanciullo, che col peccato comincia ad offendere Dio, comincia pure a sentire il desiderio di ottenere il perdono non soltanto dai genitori o dai parenti, ma anche da Dio. La catechesi lo aiuti a coltivare salutarmente questo suo desiderio e gli inculchi una santa avversione al peccato, come pure il bisogno di emendarsi e, soprattutto, di amare Dio. Il compito peculiare della catechesi, a questo riguardo, consiste nello spiegare in modo adatto che la confessione sacramentale è un mezzo per ottenere il perdono, offerto ai figli della chiesa, anzi il mezzo necessario per colui che è caduto in peccato grave. Certo, i genitori cristiani e gli educatori religiosi devono formare il fanciullo in modo che egli cerchi anzitutto di progredire in un più intimo amore del Signore Gesù e nel vero amore del prossimo. La dottrina sul sacramento della penitenza deve essere proposta nel vasto quadro della purificazione e del progresso spirituale da ottenere con una grande fiducia nell’amore e nella misericordia di Dio. In questo modo i fanciulli non solo possono gradualmente acquisire una maggiore delicatezza di coscienza, ma neppure si scoraggiano qualora avessero a cadere in qualche cosa di meno retto. L’eucaristia è l’apice e il centro di tutta la vita cristiana. Per ricevere la comunione, oltre a richiedersi lo stato di grazia, è quanto mai opportuna una grande purità di coscienza. Si eviti tuttavia con ogni sollecitudine che i fanciulli credano necessaria la confessione prima di ricevere l’eucaristia, anche quando uno, amando sinceramente Dio, si è allontanato non gravemente dalla via dei divini precetti.

Alcuni esperimenti recenti

 

4. A riguardo del primo accesso ai sacramenti della penitenza e dell’eucaristia, in alcune regioni ecclesiastiche, in questi ultimi tempi si sono fatti esperimenti, che in verità lasciano dubbiosi e perplessi. Per anticipare convenientemente la comunione dei fanciulli, per evitare nella vita cristiana futura i turbamenti psicologici che possono derivare da un affrettato uso della confessione, per favorire infine una migliore educazione dello spirito di penitenza e una più solida preparazione catechistica alla stessa confessione, è parso bene ad alcuni di ammettere i fanciulli alla prima comunione senza previa ricezione del sacramento della penitenza.

 

In verità, l’accesso al sacramento della penitenza fin dagli inizi dell’età della discrezione non danneggia per sé l’animo dei fanciulli, sempre che, naturalmente, sia preceduto da una amorevole e prudente preparazione catechistica. D’altronde, lo spirito di penitenza potrà essere maggiormente sviluppato attraverso una istruzione catechistica protratta anche dopo la prima comunione; allo stesso modo potrà crescere la conoscenza e la stima del grande dono elargito da Cristo agli uomini peccatori nel sacramento del perdono, che devono ricevere, e della riconciliazione con la chiesa. Queste cose non hanno impedito che in qualche luogo si sia introdotta la prassi di lasciar passare di solito alcuni anni tra la prima comunione e la prima confessione. Altrove, invece, si sono realizzate innovazioni più caute, sia perché la prima confessione non è stata così procrastinata, sia perché si tiene conto del giudizio dei genitori che preferiscono che i fanciulli si accostino al sacramento della penitenza avanti la prima comunione.

Valore della prassi comune vigente

 

5. Il sommo pontefice Pio X ha dichiarato: "La consuetudine di non ammettere alla confessione o di non assolvere i fanciulli pervenuti all’uso della ragione, è del tutto riprovevole". A fatica, poi, si può venire incontro al diritto che hanno i fanciulli battezzati di confessare i propri peccati, se all’inizio dell’età della discrezione non vengono preparati e dolcemente avviati al sacramento della penitenza. Si deve pure tener presente l’utilità della confessione, la quale conserva la sua forza anche quando riguarda soltanto peccati veniali e conferisce l’aumento della grazia e della carità, aumenta le buone disposizioni del fanciullo a ricevere l’eucaristia e aiuta a perfezionare la vita cristiana. Sembra quindi che non si possa escludere l’utilità della confessione in nome di quelle forme penitenziali o del ministero della parola con cui si coltiva nei fanciulli la virtù della penitenza; esse tuttavia possono essere compiute con frutto insieme al sacramento della penitenza, preparato da una catechesi adatta. L’esperienza pastorale della chiesa, avvalorata da molte testimonianze anche attuali, insegna ad essa quanto l’età detta della discrezione sia idonea a far sì che, mediante una ricezione ben preparata dei sacramenti della penitenza e dell’eucaristia, la grazia battesimale dei fanciulli rechi i primi frutti, che in seguito dovranno certamente essere accresciuti con la prosecuzione di un’opportuna catechesi.

 

Tutto considerato, tenuta presente la prassi comune e generale cui non si può derogare senza il beneplacito della sede apostolica e dopo aver udite le conferenze episcopali, questa medesima santa sede giudica doversi conservare la vigente consuetudine della chiesa di premettere la confessione alla prima comunione; il che non impedisce affatto che tale consuetudine venga in vari modi perfezionata, ad esempio con una celebrazione penitenziale comune che preceda o segua l’accesso al sacramento della penitenza. La santa sede non trascura le peculiari ragioni e circostanze delle diverse regioni, ma esorta i vescovi, in questo affare di non poca importanza, a non scostarsi dall’uso vigente se non dopo aver conferito con essa in spirito di comunione gerarchica. Né permettano che i parroci o gli educatori o gli istituti religiosi incomincino o continuino ad abbandonare l’uso vigente. Nelle regioni poi dove sono già state introdotte delle nuove prassi che si scostano notevolmente da quella primitiva, le conferenze episcopali vedano di sottoporre tali esperimenti a nuovo esame; se poi vorranno portarli più a lungo non lo facciano se non dopo aver parlato con la sede apostolica, che di buon grado le ascolterà, e d’accordo con la medesima. Il sommo pontefice Paolo VI, con lettera della sua segreteria di stato n. 177335 del 18 marzo 1971, ha approvato e confermato con la sua autorità questo direttorio generale, insieme con l’Allegato, e ha ordinato che venisse pubblicato.

Roma, 11 aprile 1971, risurrezione del Signore.

Giovanni G. card. Wright, prefetto.

Pietro Palazzini, segretario.

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