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I SANTUARI

CONFIGURAZIONE GIURIDICA

E DIMENSIONE PASTORALE

 

Giovedì 19 novembre 1998, Santuario di Pompei

 

 

Introduzione

Ringrazio di cuore per l’invito che mi è stato rivolto di presentare, in questa sede, una riflessione sui Santuari, che, pur nella sua brevità, possa evidenziare la loro importanza pastorale e, al servizio di questa, la loro configurazione giuridica. Il mio intervento sarà diviso in tre punti: la realtà umana e divina dei santuari; la normativa canonica; la dimensione pastorale.

I. Realtà umana e divina

1. Il Santuario è costituito, innanzitutto, da una realtà vissuta dal popolo di Dio, in cui concorrono la dimensione soprannaturale e una dimensione umana. Se è vero che ogni Santuario è eretto mediante un regolare decreto, come vedremo, è prioritariamente vero che l’iniziativa originaria non appartiene all’uomo, bensì a Dio stesso. Infatti S.Giovanni della Croce afferma che Dio stesso sceglie dei luoghi in cui lascia una impronta specialissima della sua presenza , luoghi che richiamano in modo del tutto peculiare il bisogno che l’uomo ha del divino e quasi, lasciatemi dire, il bisogno che Dio ha di fare irrompere fra gli uomini i torrenti impetuosi della grazia e del suo amore misericordioso.

Di norma i Santuari, grandi o piccoli che siano, architettonicamente splendidi o umili e rupestri, trovano la propria origine in una qualche apparizione, attorno ad una reliquia insigne o in un luogo particolarmente segnato dalla santità di qualche servo di Dio o, ancora, da molteplici forme di quel fecondo fenomeno che comunemente viene definito come "pietà popolare".

Ribadisco questi concetti in quanto, se vogliamo veramente cogliere la mente e la ricchezza pastorale dell’attuale normativa attinente ai Santuari, dobbiamo tenere presente questa realtà. Le norme, infatti, nascono dalla vita e sono finalizzate a far sì che essa si sviluppi in modo corretto e, proprio per questo, sempre più profondo.

L’attuale Codice di diritto canonico, nel tracciarne la definizione, suppone la dottrina precedente di cui abbiamo un riassunto nella risposta della Congregazione per gli Studi (attuale per l’Educazione Cattolica) dell’8 febbraio 1956 che stabiliva: "Sanctuarii nomine intelligitur ecclesia, seu aede sacra, divino cultui publice exercenda dicata, quae ob peculiarem pietatis causam (ex.gr. ob immaginem sacram ibi veneratam, ob reliquiam ibi conditam, ob miraculum quod Deus ibi operatus est, ob peculiarem indulgentiam ibi lucrandam), a fidelibus constituitur meta peregrinationum ad gratias impetrandas vel vota solvenda" (cf X. Ochoa, Leges Ecclesiae, II, n.2558).

2. Il can.1230 dell’attuale Codice di diritto canonico propone, quindi, una definizione che, senza scendere nei dettagli concreti, illustra le condizioni che devono essere necessariamente presenti . Così recita la norma: "con il nome di santuario si intendono la chiesa o altro luogo sacro ove i fedeli, per un peculiare motivo di pietà, si recano numerosi in pellegrinaggio, con l’approvazione dell’Ordinario del luogo".

Tali elementi sono:

I) il luogo sacro contraddistinto da un peculiare motivo di pietà, che potrà essere chiesa, oratorio, cappella o altro (es. una grotta...);

II) il concorso di numerosi pellegrini;

III) l’approvazione dell’Ordinario diocesano.

Il Santuario, pertanto, esiste in funzione dell’accoglienza dei pellegrini, accoglienza che si esprime, soprattutto, mediante una intelligente metodologia di evangelizzazione.

2. normativa giuridica

1. Il can. 1231 distingue vari tipi di Santuari: diocesani, nazionali, internazionali, a seconda che l’approvazione sia concessa dall’Ordinario diocesano, dalla Conferenza dei Vescovi, per quelli nazionali o dalla Santa Sede, tramite la competenza della Congregazione per il Clero, per i Santuari internazionali. E’ evidente che le varie approvazioni suppongono una diversa tipologia dei pellegrinaggi, i diversi livelli di risonanza, l’ambito di benefico influsso ed altri fattori concomitanti. Di norma ben si comprende come si proceda gradualmente dal livello diocesano iniziale fino, eventualmente, a quello internazionale. Anche qui le decisioni giuridiche vengono a seguito dell’evolversi del fatto umano, secondo la volontà santa di Dio, che sempre agisce per il bene degli uomini.

2. Per ordinare e favorire le molteplici attività poste al servizio dell’evangelizzazione, come altresì di promozione umana e di assistenza sociale che, molto spesso, fioriscono attorno a questi luoghi privilegiati dello spirito, conviene che si curi la redazione di appropriati Statuti.

Il can. 1232 non prevede l’obbligatorietà di tali Statuti, anzi, in fase di redazione codiciale, è stata rifiutata una proposta in tale senso (cf Communicationes 12 [1980] 343). Il canone intende riferirsi soltanto all’autorità competente per l’approvazione, ossia, l’Ordinario diocesano per i Santuari diocesani, la Conferenza dei Vescovi per i Santuari nazionali e la Santa Sede - tramite la Congregazione per il Clero - per quelli internazionali. Tale approvazione suppone, evidentemente, un certo specifico legame del singolo Santuario con l’autorità che concede l’approvazione e della quale gli Statuti stessi dovranno tenere conto.

L’esperienza plurisecolare, di cui i Rettori qui presenti sicuramente sapranno confermarne la validità, suggerisce tuttavia la cogente opportunità di tali Statuti che, d’altronde, sono atti ad assicurare il retto ordinamento, i necessari strumenti operativi e di controllo, gli organismi di coordinamento e, infine, ma non di minore rilievo, i talvolta complessi aspetti economici.

Non a caso il paragrafo 2° del citato canone stabilisce: "negli Statuti siano determinati, in particolare, il fine, l’autorità del Rettore, la proprietà e l’amministrazione dei beni".

3. L’Ordinario del luogo, evidentemente, mantiene la piena potestà sua propria ed immediata, su tutti i Santuari (diocesani, nazionali, internazionali) così come la esercita su tutti gli altri luoghi di culto che sorgono nel territorio a lui sottoposto.

A lui spetta assicurare l’ordine e la disciplina, vegliare sulla proprietà e l’integrità del culto divino, sulle attività ministeriali esercitate, ecc. (cf, per es., cc. 381 § 1; 386 §§ 1 e 2; 391 §§ 1 e 2; 392; 394; 397, ecc.).

Fanno eccezione a questa regola i Santuari Pontifici (Loreto, Pompei, Assisi, Padova) che, per privilegio papale, sono esenti dalla giurisdizione dell’Ordinario diocesano e sono retti da un Delegato pontificio.

4. Credo sia importante ribadire, a questo punto, la rilevanza del can. 1234 § 2 , che dispone espressamente la conservazione e la tutela delle testimonianze votive dell’arte e della pietà popolare. Inoltre, va ricordato il can. 1189 sulle immagini preziose e su quelle particolarmente venerate (cf can. 1190 § 3) o ancora le sacre reliquie insigni (cf can. 1190 §§ 1 e 2).

Su tutti questi beni è opportuno ricordare la vigilanza della Santa Sede la quale garantisce l’integrità del patrimonio storico- artistico ecclesiastico e il cui permesso è richiesto per eventuali valide alienazioni (cf can. 1292 § 2).

3 dimensione pastorale

1. Il Santo Padre Giovanni Paolo II nel viaggio pastorale del 1979 in Messico, ha definito i Santuari "luoghi di conversione, di penitenza e di riconciliazione con Dio".

Infatti, il can. 1234 apre immense prospettive pastorali, che noi tutti siamo chiamati a tradurre in atto con entusiasmante slancio missionario. Esso recita: "Nei Santuari si offrano ai fedeli, con maggior abbondanza (abundantius suppeditentur) i mezzi della salvezza, annunziando con diligenza la parola di Dio, incrementando opportunamente la vita liturgica, soprattutto con la celebrazione dell’Eucarestia e della penitenza, come pure coltivando le sane forme della pietà popolare".

2. Non si tratta tanto di moltiplicare il numero delle celebrazioni - seppur si dovrà combattere l’ideologia pericolosa, diventata slogan con il detto "meno Messe, più Messa", a detrimento della sostanza teologica del santo Sacrifico anche celebrato privatamente - quanto di approfondirne l’autentica partecipazione ed offrire una esemplarità da potersi esportare nelle proprie comunità parrocchiali di provenienza. Così il Santuario, anche il più remoto, per la forza della irradiazione, può contribuire ad innalzare il livello di tutta la pastorale.

I pastori sapienti sapranno identificare l’autentica partecipazione con quel moto interiore che aderendo ai misteri celebrati, si fa conversione. Non si tratta di sovrapporre parole e gesti umani, non si tratta di creare uno spettacolo conforme alle sensibilità mediatiche dilaganti. Urge recuperare la dimensione del sacro, che si esprime nella solenne semplicità tipica della liturgia romana, urge recuperare gli spazi di silenzio contemplativo ed orante, urge recuperare gli ambiti personali integrati nella dimensione comunitaria, urge recuperare l’osservanza intelligente delle norme liturgiche, urge recuperare la dimensione estetica cristiana, che della categoria del bello ha sempre fatto uno strumento umanistico, percepibile soprattutto dai poveri e vicino alla sensibilità delle attuali generazioni giovanili, per l’evangelizzazione. Musica, canto, architettura, pittura, scultura, arredi e paramenti sacri, dovrebbero, in un Santuario, essere oggetto di particolare cura, sicchè i pellegrini possano ripartire e fare ritorno ai propri luoghi avendo nella mente e nel cuore quasi una immagine della Gerusalemme Celeste, una nostalgia e una aspirazione della "beata pacis visio"! Il bello conduce al vero e al buono ed è oggi, come ben intuiva Von Balthasar, strada privilegiata per la nuova evangelizzazione.

E’ anche la strada della cultura, tema centrale di questo incontro. Nel passato le manifestazioni culturali ed artistiche hanno prestato un grande servizio alla liturgia e all’identità dei luoghi sacri e sono stati veicoli privilegiati di catechesi. Non poche interpretazioni errate della preziosa Costituzione dedicata dal Concilio Vaticano II alla Liturgia hanno indotto molti, con grave nocumento del culto divino e della catechesi, a trascurare questo contributo dell’arte e della cultura.

Lo stesso Concilio si è rivolto agli artisti con queste ben significative espressioni: "Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina. Il mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione" (Conc.Vat.II,Messaggio agli artisti).

Un documento della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, pubblicato nel 1987, ha impartito criteri e suggerimenti molto utili in merito ai concerti di musica sacra nelle Chiese.

Nel pieno rispetto delle indicazioni e dello spirito che informa tale documento, i Santuari potrebbero, anche in tale modo, rendere un servizio ai pellegrini e - come dice il citato documento - costituiranno anche una testimonianza del modo con cui la fede cristiana promuove la cultura ed è lievito di umanesimo plenario.

Nei locali adatti dei Santuari, potrebbero altresì trovare collocazione manifestazioni artistiche di pittura, scultura, sacre rappresentanzioni allestite con buon gusto e sostenute da congrui contenuti dottrinali, di oggetti per il culto. Questi ultimi, tuttavia, sarebbe triste se, forgiati dalle mani dell’uomo, come espressione di amore e di adorazione, rimanessero soltanto, seppur ammirevolmente, disposti dietro le apposite vetrine. Il loro uso, nelle nostre celebrazioni, testimonierà, fra l’altro, la continuità delle generazioni nella fede e nella carità e terrà così, quasi vivi quegli oggetti, quei parati, quegli arredi. E’ come la musica e come il canto sacri: si possono eseguire ovunque ma se vengono eseguiti negli ambiti per i quali sono stati composti, allora vivono davvero!

3. Peculiarissima attenzione va certamente attribuita alla celebrazione del sacramento della penitenza che, nei Santuari, trova ideale collocazione. Essa, fra l’altro, costituisce il naturale sfociare del pellegrinaggio ed è garanzia di fecondità.

Non di rado ho sentito le preoccupazioni di saggi parroci che mi hanno confidato la loro preoccupazione nel vedere aumentare le folle pressanti per ricevere la santa comunione e proporzionatamente diminuire quelle davanti ai confessionali.

Mi sia consentito rilevare che, a mio avviso, il metro per misurare la riuscita della pastorale dei Santuari e la fecondità del ministero dei Rettori e dei loro collaboratori è quello dato dall’afflusso dei pellegrini ai confessionali. Ciò che poi avviene quanto a trasformazioni di vita le vede soltanto Iddio. Non vorrei dimenticare che tutti i rinnovamenti autentici, tutte le ricchezze delle opere sociali e la vitalità stessa delle comunità hanno lì la loro sorgente.

Conclusione

1. Cari amici, come Prefetto della Congregazione per il Clero, sono veramente lieto di questo incontro avvenuto sotto lo sguardo della Regina del Santo Rosario di Pompei.

Il Dicastero riconosce ed apprezza quello che voi già fate e certamente farete, anche stimolati dall’ormai imminente grande Giubileo del Terzo Millennio dall’Incarnazione del Verbo. Nell’ambito delle nostre competenze, sappiate che siamo sempre al vostro servizio e saremo sempre lieti di prestarvi tutta la collaborazione che riterrete opportuna. La nostra Congregazione non è certamente un Santuario ma in essa i Santuari e i loro rettori sono di casa!

Un grazie particolare va al Pontificio Consiglio, che ha organizzato, con la consueta intelligenza pastorale e signorilità, il presente incontro.

2. La dolce corona del Santo Rosario, quasi distintivo di questo Santuario ospitante, così come è composta di tanti grani rannodati alla Croce, ci tenga uniti insieme, da provenienze così diverse, in quell’unica grande geografia della fede e della pietà, che è costituita dai luoghi di particolare pellegrinaggio del popolo di Dio (cf Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris Mater, n.28)!

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