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SACERDOTI E RELIGIOSI NELL'ETÀ AVANZATA

XIII Conferenza Internazionale

promossa dal Pontificio Consiglio

della Pastorale per gli Operatori Sanitari

 

La Chiesa e gli anziani

*Nella vecchiaia daranno ancora frutti+ (Sal 92,15)

 

 

Ringrazio innanzitutto Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Javier Lozano Barragán per avermi cortesemente invitato a partecipare ai lavori di questa XIII Conferenza Internazionale e ad intervenire nella presente tavola rotonda sul tema ASacerdoti e religiosi nell'età avanzata.

Rivolgo, inoltre, un deferente e cordiale saluto agli Em.mi ed Ecc.mi partecipanti nonché ai Rappresentanti diplomatici e a tutte le Personalità presenti del mondo scientifico ed accademico.

 

1) La santità del ministero sacerdotale e della missione religiosa è Aper sempre.

Nel ricollegarmi a quanto sapientemente esposto da Sua Eminenza il Cardinale Dionigi Tettamanzi, mi avvio a concludere la attenta analisi svolta nei tre precedenti interventi sulla vita della persona anziana nell'ambito della comunità ecclesiale.

I giusti Anella vecchiaia daranno ancora frutti!. Così recita il versetto quindicesimo del Salmo 92 posto nell'epigrafe del Tema di questa Tredicesima Conferenza Internazionale: esso può davvero applicarsi - e pienamente - ai sacerdoti e religiosi anziani: essi, chiamati a vocazioni specifiche di santità, configurati a Cristo Capo e Pastore, sono propriamente Auomini di Dio (1 Tm 6,11), sono annoverati tra i giusti della Nuova Alleanza. Mediante l'Ordinazione sacerdotale e la consacrazione religiosa sono scelti nel seno del Popolo di Dio per essere consacrati Atotalmente e Aper sempre all'opera per cui Dio stesso li ha assunti.

Il carattere sacerdotale è indelebile, così come la professione dei consigli evangelici non è riferibile o limitata ad una determinata epoca della vita. Per questo possiamo proseguire nella lettura del versetto summenzionato, riferendoci propriamente ai sacerdoti e religiosi anziani, Asaranno vegeti e rigogliosi (Sal 92,15b), cioè colmi di giovinezza e fortezza divine, scaturenti dalla loro identificazione con Cristo, a cui sono chiamati per vocazione divina.

Ecco perché il sacerdote ed il religioso nella età avanzata sono il giusto che Afiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio. Nella Chiesa di Cristo, docili alla volontà divina, prosperano e crescono continuamente, radicati nella fedeltà a Dio. È la donazione totale di sé alla Chiesa, operata da ogni presbitero e religioso, ad immagine e in condivisione con il dono di Cristo a rendere sempre spiritualmente vigorosa e feconda la loro missione, in qualsiasi circostanza, tempo e luogo essa si realizzi.

 

2) Carità pastorale: validi amministratori dei misteri di Dio.

Lo comprendiamo pienamente ricordandoci che la carità pastorale, il cui contenuto essenziale è il dono di sé, il totale dono di sé alla Chiesa, trova nel periodo dell'anzianità la sua espressione piena e la realizzazione suprema: l'offerta della propria vita in Cristo per la Sua Chiesa.

Così è stato di Cristo, che Aha amato la Chiesa e ha data se stesso per lei (Ef 5,25), così avviene, senza limiti temporali, in questo cammino di ritorno alla Casa del Padre, nella vita di tutti i sacerdoti e religiosi, chiamati ad una identificazione sempre maggiore con Cristo. Essi possono e debbono dire, con San Paolo: APer me il vivere è Cristo (Fil 1,21), ANon sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20).

Nella carità pastorale i presbiteri e religiosi anziani vivono l'anelito paolino ACharitas Christi urget nos! (2 Cor 5,14): un amore soprannaturale è il loro, che scaturisce dalla sofferenza e morte in Croce del Verbo incarnato. Soltanto la carità che sa mostrarsi paziente e benigna, che tutto copre, tutto crede e tutto sopporta (cf. 1 Cor 13,4-7) può rendere ragione non tanto del compimento più o meno esatto e formale di determinate attività pastorali, ma di una dedizione totale di servizio nella carità ti Cristo: ALa carità pastorale - affermiamo con parole del Santo Padre - è quella virtù con la quale noi imitiamo Cristo nella sua donazione di sé e nel suo servizio. Non è soltanto quello che facciamo, ma il dono di noi stessi, che mostra l'amore di Cristo per il suo gregge. La carità pastorale determina il nostro modo di pensare e di agire, il nostro modo di rapportarci alla gente. E risulta particolarmente esigente per noi (Esort. ap. Pastores dabo vobis, n. 23).

Sant'Ireneo, il grande Vescovo di Lione, lo aveva mirabilmente sintetizzato nelle note affermazioni: AGloria Dei vivens homo (Contro le eresie, IV 20,7), la vita dell'uomo divinizzato è la gloria di Dio, perché la sua vita è comunione con Dio, AVita hominis visio Dei(ibid).

I sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia, in quanto momenti privilegiati della comunicazione della vita divina all'uomo, stanno al centro del loro ministero e missione; benchè anziani e a volte non in perfetta condizione fisica, spesso affaticati, essi permangono strumenti vivi di Cristo Sacerdote e Pastore: la loro preparazione teologica e morale, l'esperienza di vita, la maturata capacità di accoglienza e di ascolto li rende più che mai validi amministratori dei misteri di Dio (cf. 1 Cor 4,1).

Pertanto, riferendoci nuovamente ai versetti del Salmista sopra menzionati, la Chiesa che vogliamo vedere rifiorire e dare nuovi frutti, la Chiesa del nuovo Avvento, la Chiesa che si prepara alla nuova venuta del Signore in questo imminenete Anno Giubilare, deve essere la Chiesa che sa impiegare con profitto il ricco tesoro che è in Lei: i sacerdoti e religiosi anziani. Essi sono i generosi dispensatori della parola di Dio e dei sacramenti - con fame di santità propria e altrui -, uomini formati da tempo dalla Chiesa, sempre in sintonia con Essa, per essere contemplativi nel mondo e del mondo Acon gli occhi di Cristo stesso per usare una espressione cara al Santo Padre e che appare già nella sua prima Enciclica (Enc. Redemptor hominis, 18).

 

3) Vita di preghiera e di penitenza: superamento del funzionalismo.

Contro l'influsso di una mentalità che tende erroneamente a ridurre il sacerdozio ministeriale e la consacrazione religiosa ai soli aspetti funzionali, si erge la verità sulla natura dello stesso presbiterato e stato religioso (cf Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, n. 44). Tutti i sacerdoti e i religiosi, lo ricordiamo ancora, giovani o anziani, sono sempre strumenti vivi di Cristo Eterno Sacerdote, Capo e Pastore della Chiesa per proseguire nel tempo la Sua mirabile opera. La loro identificazione con Cristo li guida e nello stesso tempo li spinge a una vita di preghiera e di penitenza sempre più intensa; e questo non come una questione Aprivatista di devozione particolare, ma come condizione di efficacia pastorale, proprio perché essi, di per sé, da soli Anon possono, ma proprio nella misura in cui sono Cristo, Asì, possono.

Il funzionalismo, che significa svuotamento del senso del ministero sacerdotale e della missione religiosa, prediligendo il fare sull'essere, con il pericolo della caduta in uno sterile attivismo, viene superato da questa profonda ragione teologica: la necessità della santità personale per ogni singola opera apostolica e per la ri-cristianizzazione del mondo nella sua interezza.

E ciò non si realizza senza la preghiera. APenso che risulti evidente a tutti che è semplicemente impossibile vivere virtuosamente senza l'ausilio dell'orazione scriveva il Crisostomo (De praecatione, orat. I). Affidiamoci dunque all'orazione dei sacerdoti e religiosi anziani, ricordandoci delle braccia di Mosè elevate sulla cima del colle mentre nella pianura il Popolo di Israele conduceva vittoriosamente la battaglia contro Amalek: AQuando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek (Es 17,11).

Rivolgiamoci, infine, alla loro vita penitente, così carica di frutti per l'azione apostolica di tutta la Chiesa: la eventuale debilitazione fisica o stanchezza morale, a causa di malattie o spossatezza, sarà davvero offerta preziosa e grata a Dio a vantaggio della santità di tutti. Essi vivranno l'esperienza di San Paolo, che in forza della sua unione con Cristo sofferente, affermava: ASono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa (Col 1,24).

4) Riflessi del miglioramento della qualità di vita.

Non possiamo tralasciare di riferirci alle nuove condizioni di vita che influenzano la longevità degli uomini, data la sviluppata assistenza sanitaria e la prevenzione di malattie ed infezioni. Non solamente ciò ha rilevanza perché nella Chiesa è presente un numero sempre più elevato di presbiteri e religiosi anziani, ma anche perché l'età avanzata non significa più difficoltà di salute, ridotta capacità di lavoro pastorale, incapacità di mantenere i ritmi impressi dalla propria missione sacerdotale o religiosa.

Auspico pertanto che gli Ordinari ed i confratelli, benchè non trascureranno mai di manifestare la loro solidarietà agli ammalati mediante visite periodiche, possano offrire all'anziano presbitero e religioso resposabilità e comunque attività consone con il loro stato: l'esperienza pastorale, la ricchezza di conoscenza delle diverse situazioni sociali, i mezzi moderni di apprendimento e di trasmissione della informazione, sono tutti elementi che concorrono ad una nuova dimensione della vita nell'età avanzata.

Possiamo concludere con il Siracide: AQuanto è bello il buon giudizio con i capelli bianchi e per gli anziani, il conoscre il consiglio! Quanta è bella la saggezza presso i vecchi, presso i grandi del mondo, un pensiero riflettuto! La corona dei vecchi è una ricca esperienza, la loro dignità, il timore del Signore (Sir 25,3-6).

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