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Il fiuto delle pecore

Un nuovo documento della Commissione Teologica Internazionale:

Il sensus fidei nella vita della Chiesa

 

di Serge-Thomas Bonino*

 

Ad Assisi, nell’ottobre 2013, Papa Francesco ha invitato i pastori a “camminare con il popolo”, “a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro. Davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla ; dietro […] perché il popolo ha ‘fiuto’! Ha fiuto nel trovare nuove vie per il cammino, ha il ‘sensus fidei’, che dicono i teologi”. Papa Francesco ama far riferimento a questo istinto soprannaturale o sensus fidei che possiede il popolo di Dio. Vi vede una risorsa fondamentale per la nuova evangelizzazione. È dunque lieto che la Commissione teologica internazionale pubblichi, al termine del suo VIII quinquennio, un documento intitolato “Il sensus fidei nella vita della Chiesa”. Redatto in inglese, è disponibile in diverse lingue sul sito della CTI.

Questo documento risponde a un duplice obiettivo. In primo luogo, fa il punto teologico su una nozione tradizionale che è stata rivalutata dal Vaticano II, al crocevia tra l’ecclesiologia rinnovata della Lumen gentium e la teologia fondamentale della Dei Verbum. Confermando il ruolo insostituibile del Magistero nella trasmissione della fede, il Concilio ha voluto superare la dicotomia semplicistica tra una Chiesa insegnante e una Chiesa passivamente insegnata. Ha ricordato che, con l’impulso dello Spirito di verità, il popolo di Dio nel suo complesso prende parte alla funzione profetica di Gesù Cristo e gode di un’infallibilità in credendo, tanto che il consensus dell’insieme dei credenti costituisce una testimonianza resa alla fede apostolica. La recente consultazione delle Chiese particolari in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia poggia proprio sulla convinzione che l’insieme del popolo di Dio, in virtù del senso della fede, è atto a discernere quali sono le vie del Vangelo per oggi. Ma non tutte le opinioni che circolano tra i battezzati derivano dal sensus fidelium sicchè il secondo obiettivo del documento è proprio quello di proporre criteri per discernere il sensus fideliun autentico e scartarne le contraffazioni.

Per raggiungere questo duplice obiettivo, il documento si articola in quattro capitoli. Il primo presenta le fonti bibliche e ripercorre la storia della nozione. I due capitoli successivi affrontano in modo più sistematico la natura e le manifestazioni del sensus fidei. È l’istinto della fede, innanzitutto della comunità ecclesiale (sensus fidei fidelium) e poi di ogni credente in particolare nella misura in cui partecipa alla vita della Chiesa (sensus fidei fidelis). Questi due aspetti – personale ed ecclesiale – sono inseparabili. Quindi, il capitolo 2 riguarda l’istinto della fede di ogni credente e il capitolo 3 si dedica al ruolo del sensus fidei nella vita della Chiesa, concentrandosi su due tematiche : la sua valore prospettico poi la sana “pericoresi” o interazione all’interno del triangolo: “sensus fidei – Magistero – teologia”. Il capitolo 4 costituisce il punto culminante del documento poiché, basandosi su quanto detto in precedenza, tenta di rispondere alla domanda: come si può, nel frastuono delle opinioni, discernere la realtà del sensus fidei? Non è infatti raro che s’invochi il sensus fidelium per giustificare una resistenza a certi insegnamenti del Magistero, ma non si può considerare come un’espressione del sensus fidei qualsiasi opinione, per quanto aritmeticamente maggioritaria, poiché “nell’universo mentale concreto del credente, le giuste intuizioni del sensus fidei possono trovarsi mescolate a diverse opinioni puramente umane” (n. 55).

Come si fa a scegliere? Il criterio è duplice. C’è un criterio oggettivo: la conformità alla Tradizione apostolica. Una convinzione che non potrebbe presentarsi come uno sviluppo omogeneo della fede apostolica non può esprimere il sensus fidelium. Ma il documento si occupa soprattutto dei criteri soggettivi, ossia delle qualità richieste ai credenti affinché siano veramente “soggetti” del sensus fidelium. Tali criteri si riassumono in una sola parola: ecclesialità, cioè partecipazione attiva alla vita intima della Chiesa.

Questi criteri di discernimento vanno applicati a due realtà importanti. Innanzitutto il documento sottolinea che la religiosità popolare, anche se deve sempre essere evangelizzata e resa più “ecclesiale”, costituisce un’espressione privilegiata del senso della fede. Si occupa poi dei rapporti tra senso della fede e opinione pubblica. L’opinione pubblica è senza dubbio essenziale per il funzionamento delle società democratiche fondate sulla sovranità popolare. Ma, sebbene la Chiesa riconosca gli valori della democrazia, è chiaro che nessun modello politico secolare potrebbe determinare la sua struttura e neppure la sua vita interna. L’opinione pubblica, anche se ha un proprio posto nella Chiesa, non può quindi svolgervi lo stesso ruolo che nelle società secolari. La storia dimostra inoltre che il sensus fidei autentico è stato spesso sorretto da un “piccolo gregge” fedele agli insegnamenti evangelici. Comunque sia, “consultare i fedeli”, secondo la formula classica del beato Newman, è una prassi sana e tradizionale che contribuisce alla vitalità di una Chiesa impegnata nell’evangelizzazione.

 

*Domenicano, segretario generale della Commissione Teologica Internazionale

 


L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.139, Sab. 21/06/2014

 

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