«La tentazione oggi - scrive Giovanni Paolo II nell'enciclica Redemptoris
Missio - è di ridurre il cristianesimo a una sapienza veramente
umana, quasi scienza del buon vivere. In un mondo fortemente
scristianizzato è avvenuta una «grande secolarizzazione della
salvezza», per cui ci si batte, sì, per l'uomo, ma per un uomo
dimezzato, ridotto alla sola dimensione orizzontale. Noi, invece, sappiamo
che Gesù è venuto a portare la salvezza integrale, che
investe tutto l'uomo e tutti gli uomini, aprendoli ai mirabili orizzonti
della filiazione divina» (n. 11).
La salvezza che la Chiesa annuncia è autocomunicazione di Dio. È
salvezza che ha le sue movenze in Dio. Di fatto è salvezza
trascendente, assolutamente gratuita e imprevedibile, nella quale Dio
Uno-Trino si rivela e si comunica come Amore, Creatore e Padre degli
uomini, creati a sua immagine e fin dal principio «scelti nel Figlio
per la grazia e per la gloria» - come si esprime l'attuale Sommo
Pontefice nell'enciclica «Dives in misericordia» (n. 7).
Una salvezza che deve essere annunciata a tutti e da tutti partecipata,
tanto da essere testimoniata da ciascuno che l'ha accolta.
Ed è vero che «nihil volitum, quin praecognitum».
Necessita, pertanto, essere propagato e comunicato il dono della salvezza
ricevuto gratuitamente (cfr Mt 10, 8), tanto più che la
salvezza, che per iniziativa del Padre viene offerta in Gesù, e
diffusa dallo Spirito Santo, è salvezza di tutta la persona umana e
di tute le persone. È salvezza personale e comunitaria, fisica e
spirituale, presente e futura. Essa è ritmata, alimentata,
potenziata dalla sua sorgente e dal suo culmine qual è
l'Eucaristia, voluta dal Cristo.
Ogni volta che si è obbedienti al comando del Signore: «Fate
questo in memoria di me» (cfr 1 Cor 11, 25 e paralleli), si
perpetua l'evento di salvezza del Corpo di Cristo donato, e del suo Sangue
versato per la salvezza, che culmina nella vittoria sulla morte e fa
risplendere la vita e l'immortalità, per mezzo del Vangelo (cfr
2 Tim 1, 10).
Ed è proprio attorno al binomio: «Annuncio del Vangelo»
ed «Eucaristia» che faremo alcune riflessioni, per sottolineare
i mutui interscambi e l'osmosi dei dinamismi del binomio. Essi gravitano
attorno al «tradidit semetipsum» (cfr Gal 2, 20) e al «mortem
Domini annuntiabitis» (cfr 1 Cor 11, 26), che racchiudono
l'evento storico continuato mistericamente nella celebrazione e la
necessità del lieto annuncio «donec Dominus veniat».
I - Evangelizzazione: azione per la fede operativa
1. L'annuncio della Parola
Non intendo qui trattare tutte le implicanze contenute nel detto «qualis
evangelizatio, talis eucharistia», né entrare nel merito
dell'assioma «ad una evangelizzazione impoverita, segue
l'Eucarestia equivocata», ma solo sottolineare i dinamismi
dell'evangelizzazione.
Mi preme sottolineare, in particolkare, che il lieto annuncio, «l'evanghelion»,
deve essere propagato come vuole il Cristo (cfr Mt 28, 18). Esso
concretizza in sé stesso la gioia della salvezza, di cui è
assetato l'uomo odierno. Gioia che non può non essere piena anche
negli altri (cfr Gv 15, 11).
L'evangelizzazione da una parte, si radica nella volontà divina
di Cristo («terminus a quo») e, dall'altra, vede le genti della
terra come destinatari della stessa («terminus ad quem»).
È ponendo l'attenzione sulla Parola di Dio che deve essere
diffusa per mezzo di quel «complesso contenutistico e metodologico»
che è l'evangelizzazione, (uguale ieri, oggi e nei secoli
[cfr Ebr 13, 8] per quanto riguarda i contenuti, ma nuova come
stile, come modalità, come ardimento), che si riscoprono i
dinamismi della medesima Parola di Dio. Essi si sovrappongono a quelli
dell'evangelizzazione. Scopo di questa è quello di portare la luce
della fede a chi è avvolto ancora nelle tenebre dell'errore. Ma è
anche quello di radicare sempre più nella fede stessa, coloro che,
già illuminati, devono essere, a loro volta, sorgente di
illuminazione.
La fede è, primariamente, un dono divino (cfr Gv 4, 10)
che comporta la risposta di chi lo riceve. Risposta che consiste
fondamentalmente nell'aprirsi al riconoscimento dell'assoluto primato di
Dio: riconoscimento che non comporta né una svalutazione delle
capacità umane, né una contrapposizione fra Dio e l'uomo, ma
testimonia un rapporto di amore tra creatura e Creatore, tra figlio e
Padre (cfr Gv 11, 51-52). Risposta che consiste nell'accoglienza
della salvezza, che ci rende partecipi della vita stessa di Dio, Padre,
Figlio e Spirito Santo, e ci abilita e spinge a donarci, come Cristo, agli
uomini che consideriamo fratelli e amiamo come noi stessi (cfr Mt
22, 39) e come lui li ha amati (cfr Gv l3, 34).
La nuova evangelizzazione si tinge cosi della tonalità
dell'amore. L'amore cristiano comprende la giustizia come una parte
essenziale e irrinunciabile: non si può amare l'altro, accettarlo
incondizionatamente e metterlo sul nostro stesso piano, se non si è
pienamente disposti a dare all'altro ciò che gli spetta per la sua
dignità di persona, di soggetto di diritti e di doveri. L'amore
cristiano non supplisce la giustizia e non si sviluppa al di là di
essa. Secondo Giovanni Paolo II, l'amore cristiano «è ·più
grandeº della giustizia... L'amore, per così dire, condiziona
la giustizia e, in definitiva, la giustizia serve la carità» (Dives
in misericordia, 4).
La salvezza si compie attraverso la Croce di Cristo, la suprema prova
del suo amore verso gli uomini. La parola centrale dell'«evanghelion»
sulla forma con cui la salvezza si realizza in noi, fino al ritorno
glorioso di Cristo, è la parola di Croce. La realtà della
Croce pone l'evangelizzazione entro un binario in cui ogni pretesa di
successo, non solo del singolo credente, ma della Chiesa tutta, si smorza
in un limite radicale e insuperabile.
In ogni caso, la salvezza è già presente nella morte e
resurrezione di Gesù e nella sua permanenza «sacramentale»
nella vita della Chiesa, suo Corpo terreste. Anche se la salvezza
pienamente compiuta e manifestata, cioè la «trasfigurazione
del mondo» con l'instaurazione dei cieli nuovi e della terra nuova
(cfr 2 Pt 3, 13; Ap 21, 1), si avrà solo alla fine
della storia. «Mentre dura il tempo, la lotta tra il bene e il male
continua fin nel cuore dell'uomo» (Giovanni Paolo II, Lett.
Centesimus annus 25), e la realizzazione della nostra speranza resta
racchiusa nei «segreti di Dio» (1 Cor 2, 11).
In una parola: l'annuncio che la Chiesa è chiamata a fare nella
storia, presso tutte le genti, si riassume in un'affermazione centrale:
Dio ci ama; Gesù il Cristo è venuto a salvarci, per
santificarci e per ciascuno di noi è via, verità e vita (cfr
Gv 14, 6); lo Spirito Santo ci anima e ci sospinge al Signore
della vita, che con la sua Passione-Morte-Resurrezione, ci redime e ci
porta al Padre.
2. Parola e sacramento
Il filo logico e cronologico su cui corrono i dinamismi della
evangelizzazione, si incrocia con il filo ontologico. Di fatto, la fede
crea comunità, perché ogni singolo fedele con l'ascolto
della parola di Dio sigillato nel battesimo, accede alla celebrazione per
ascoltare, nell'oggi celebrativo, la voce di Dio (cfr Sal 84, 4).
E nella celebrazione, il Dio, che ripetutamente ci parla, ascolta la
nostra risposta e ci suggerisce la parola stessa con cui rispondere.
Ogni risposta alla parola di Dio, sia quella appena formulata e
sussurrata in noi, sia quella cantata e acclamata nella comunità,
sia quella che viene data alla mensa verbi con la mensa
Eucharistiae, sia quella concretamente spesa nella vita di speranza e
di carità, è adesione di fede all'Amen del Cristo per la
gloria del Padre (cfr 2 Cor 1, 20, 22). La risposta di fede
propria di ciascun fedele, si unisce a quella degli altri e costituisce
una specie di tessuto vitale che accomuna e tiene unite le generazioni di
fedeli che si succedono nel fluire del tempo.
In altri termini, i dinamismi dell'evangelizzazione seguono la
traiettoria che parte dall'annuncio accolto della Parola di Dio. Essa
smuove e suscita la fede. Da essa scaturisce la conversione concretizzata
in opere di carità, alimentate dalla fede stessa e protese ad un
perfezionamento in forza della speranza. Il tutto approda alla
celebrazione sacramentale. Di fatto, ogni celebrazione è sacramentum
fidei. Anzi, secondo il detto di Agostino, «Sacramentum fidei,
fides est» (Agostino Epistula 98, 9: Pl 33, 364).
I dinamismi dell'evangelizzazione filtrati dalla celebrazione passano,
dunque, «dalla» «fides ex auditu», previa e
concomitante alla celebrazione stessa, all'«auditus fidei»,
concretizzato sia personalmente sia comunitariamente. L'ascolto della fede
è il locus dove il Signore illumina la vita dei fedeli
mediante il suo Vangelo (cfr 2 Tim 1, 10), per approdare alla obedientia
fidei (cfr Rom 1, 5) con il modo concreto di portare nella
vita quanto si celebra nell'azione liturgica. Cosi la fede della comunità
celebrante supplisce alle carenze di quella del singolo fedele; o meglio:
quella forse languente del fedele è pur sempre segno di quella
indefettibile della Chiesa. Effettivamente, il Signore non guarda alla
povertà dei singoli, ma alla fede della sua Chiesa, come si prega
nella orazione eucaristica prima dello scambio del segno di pace (Ordo
missae).
A sua volta, la fede della Chiesa, accogliendo la parola, le dà
risonanza e consistenza storica, la custodisce, la trasmette fedelmente,
la interpreta autorevolmente.
Si crea cosi una recirculatio tra parola di Dio e fede; recirculatio
che continua poi nella conversione e nella vita del fedele. Infatti, perché
la parola di Dio sia accolta e penetri nella vita dei fedeli, si postula
quel «big-bang» iniziale o scintilla della grazia, che è
la fede infusa.
Questa richiede, però, un continuo processo di intensificazione
dell'ascolto, dell'accoglimento, dell'approfondimento della Parola di Dio.
L'evangelizzatore, pertanto, non avrà esaurito il suo compito
solo con l'annuncio (Kerygma) della Parola. Esso deve aiutare il
catechizzando ad alimentare la fede, portandolo a credere sempre
più in quella Parola, professadola con la bocca, confessandola con
la vita, e celebrandola con i sacramenti. Di fatto, vale quanto si evince
da un principio enunciato nei Praenotanda (n. 41) all'Ordo Lectionum
Missae: «verbum in celebratione, per Spiritum sanctum fit
sacramentum».
Così, mentre rimane vero che la Chiesa ha una specifica missione,
che è quella di comunicare agli uomini la salvezza annunciata e
compiuta dal Cristo, rimane altrettanto vero che i mezzi fondamentali di
questa missione sono l'annuncio del Vangelo con i suoi dinamismi che
sfociano necessariamente nella celebrazione dei sacramenti, al centro dei
quali si trova l'Eucaristia.
Ora situazioni varie e concrete istanze del tempo, nel continuo
susseguirsi di uomini e di eventi, hanno indotto la Chiesa a porre
l'attenzione e l'accento talvolta su un aspetto, talvolta su un altro
della sua molteplice azione e degli intrecci delle coordinate
dell'evangelizzazione. Mai, però, la Chiesa è venuta meno al
suo duplice compito fondamentale: la trasmissione cioè del Vangelo,
in assoluta fedeltà al contenuto essenziale del suo messaggio
(evangelizzazione), anche se con adeguato adattamento delle forme ai
tempi, e la celebrazione dei sacramenti.
3. Verso un più efficace annuncio della Parola e una più
profonda comprensione dei sacramenti
Non deve, però, sorprendere se oggi, in una nuova situazione
cultuale e sociale, la Chiesa si interroghi sul modo di annunciare più
efficacemente il Vangelo e di educare i fedeli a una più profonda
comprensione e a una pratica più sentita dei sacramenti, ed, in
particolare, dell'Eucaristia.
L'unità profonda tra evangelizzazione ed Eucaristia è
mediata dalla Chiesa. Anzi, proprio perché la connessione e le
implicanze tra «evangelizzazione ed Eucaristia» non si limitino
alla modifica di alcune espressioni o forme, senza raggiungere
adeguatamente il rinnovamento interiore dei destinatari
dell'evangelizzazione e senza che essi maturino l'attiva e cosciente
partecipazione alla celebrazione dell'Eucaristia, esse devono essere
trasfuse, con tutti i suoi effetti, nella vita dei fedeli.
Nella pastorale, tra l'altro, c'è chi considera i due poli del
binomio «evangelizzazione-Eucaristia» come momenti-eventi
separati, se non addirittura autonomi, con ripercussioni quanto mai
negative sulla formazione della coscienza e della mentalità degli
stessi fedeli. Questo, alla fin fine, può portare i fedeli a non
percepire l'intimo e inscindibile legame tra le due realtà
essenziali della Chiesa: quella missionaria e quella
eucaristico-sacramentale.
L'annuncio della Parola di Dio, con quanto vi è connesso, sarebbe
solo una trasmissione di dottrina o/e di norme morali utili da conoscersi
ma che non incidono nella concretezza della vita. E l'Eucaristia sarebbe
un susseguirsi di riti, un complesso di parole di cui sfugge il vero
significato, che, come inizia, così finisce, senza coinvolgere
l'esistenza del fedele e senza incidere nella sua vita e, quindi, senza
riflesso nel vissuto ecclesiale.
Di qui lo sforzo pastorale e le concrete coordinate che sono suggerite
da una pratica azione pastorale. Esse ruotano attorno alla forza insita
nell'evangelizzazione che usufruisce di tutta quella forza straordinaria
che proviene dalla Parola di Dio, e che trova la sua piena attuazione
nell'Eucaristia.
Essa può lievitare tutti i valori umanamente sani presenti nella
vita dei fedeli e modificarne quelli meno retti. Anzi, la
evangelizzazione, nuova nell'incidenza, è chiamata a imprimere un
nuovo ritmo nella vita e nell'azione di coloro che accolgono la Parola di
Dio per quello che è: «di Dio e non di uomini» (cfr 1
Tess 2, 13). Certo che l'ontologia dell'evangelizzazione non deve
disattendere l'antropologia delle persone a cui è destinata. Di
fatto, si richiedono approfondimenti dei contenuti, modalità di
traduzione di essi per far presa sulle capacità dell'uomo moderno,
linguaggi adeguati che aiutino il messaggio cristiano a penetrare nel
cuore dei destinatari e che facilitino una più profonda
comprensione dei suoi contenuti.
Di essenziale importanza è poi la testimonianza di vita
dell'evangelizzatore. Essa mentre accompagna l'annuncio, quasi ne
convalida i dinamismi. Dinamismi, che si avvantaggeranno se ogni tipo di
catechesi e di predicazione sarà arricchita di contenuto biblico,
di mordente apostolico, di impegno di vita cristiana seriamente sentito e
vissuto, che valga oggi a formare una mentalità di fede, purificata
e rinvigorita da una intensa vita sacramentale.
II - Eucaristia: culmine e fonte dell'Evangelizzazione
1. I dinamismi dell'Eucaristia e dell'evangelizzazione
Per scoprire il nesso tra quello che è stato fin qui detto e
quello che diremo in seguito, va ricordato che i dinamismi della
Eucaristia costituiscono il punto di raccordo e di concentrazione di
quelli dell'evangelizzazione.
Di fatto, nell'evangelizzazione la Parola di Dio è proclamata,
nell'Eucaristia è celebrata. Là la parola di Dio è
diffusa ai quattro venti, qui è accolta nella comunità di
fedeli. L'evangelizzazione suscita la fede; l'Eucaristia, è, per
eccellenza, il misterium fidei attuato. La conversione che
proviene dalla fede, è nell'Eucaristia fomentata, alimentata,
impulsata.
E se l'efficacia dell'evangelizzazione è legata al soffio dello
Spirito Santo, nell'Eucaristia è lo stesso Spirito che agisce con
la sua presenza invocata con la preghiera dell'apiclesi e con la sua
effusione, tanto che si può affermare, con San Germano da Parigi,
che l'Eucaristia è summa charismatum. Di fatto un'orazione
dell'antico missale gothicum annovera, tra gli effetti dell'Eucaristia, l'aeternitas
Spiritus.
Ora se è vero che qualis evangelizatio talis Eucharistica,
è anche vero che una Eucharistia partialis cioè
equivocata, fraintesa, frastornata, mal partecipata, segue una evangelizatio
mortalis che si chiude su di sé stessa, e che, quindi, porta
alla morte spirituale dei fedeli.
Effettivamente, l'effetto più profondo dell'Eucaristia si trova là
dove il rendimento di grazie per Cristo, con Cristo, in Cristo, diventa
vita di grazia per la gloria. San Paolo parla di ossequio spirituale, di
oblazione viva (cfr Rom 12,1 e simili). Gesù asserisce che
si arriverà al culto in Spirito e verità (cfr Gv 4,
23-24).
Ciò avviene tutte le volte che si celebra l'Eucaristia e cioè
si è obbedienti al «Fate questo in memoria di me». Egli,
il Cristo, ha legato la sua volontà di realizzatore della
redenzione alla celebrazione dell'Eucaristia.
Ogni Eucaristia è esplosione di culto spirituale, vero, vivo,
intimo, personale, in persona Christi, e, dunque, comunitario ed
ecclesiale, in corpore mistico di Cristo che è la Chiesa.
La Chiesa è, dunque, una comunità essenzialmente cultuale.
E in quanto tale essa diventa «imago» (eikôn) della vita
intratrinitaria. Ivi le Persone Divine, tributandosi onore e gloria l'una
all'altra e compartecipando dell'unica vita ed essenza divina, diventano
la causa, il principio e il fine della stessa «Ecclesia orans».
Questa imita il modello della vita trinitaria. Per cui meritatamente si
dice pregando che la comunità eucaristica è «radunata
dall'unità della Trinità» (cfr Prefazio VIII delle
domeniche «per annum»). E mentre si prega, si viene educati alla
fede, per cui si apprende che la medesima Trinità è il
principio dell'unità, delle mutue relazioni tra i membri della
Ecclesia. Il «convenire in unum» e la «congregatio»
della «plebs sancta», dalla preghiera dell'Eucaristia sono
attribuiti alle Persone Divine, «in una simul» considerate, come
quando si asserisce pregando che il popolo è radunato dall'unità
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cfr Colletta del 3·
formulario, della Messa» per la Chiesa universale, tra le messe «ad
diversa»). Tanto più che ogni azione liturgica e specialmente
l'Eucaristia, rievoca la storia della salvezza e riattualizza, per la vita
dei fedeli, tutto il progetto salvifico trinitario. L'evangelizzazione lo
porta a conoscenza. L'Eucaristia lo fa esperimentare, ne fa fare
l'esperienza, lo attua a bene dei fedeli.
E qui emerge la profonda dimensione ecclesiale del mistero eucaristico.
Infatti, senza l'Ecclesia che celebra l'Eucaristia, e senza
la celebrazione dell'Eucaristia nella Ecclesia e con
l'Ecclesia, il Padre celeste sarebbe lontano, il Cristo
apparterrebbe al passato, solo allo ieri, e non anche all'oggi e nei
secoli (cfr Ebr 13, 8), e lo Spirito Santo sarebbe mortificato nel
suo agire, e il lieto annuncio (=evanghelion) non raggiungerebbe gli scopi
che sono connaturati al vivus sermo Dei et efficax (cfr Ebr
4, 12).
I sentieri della Trinità per l'incontro privilegiato con i
fedeli, si intersecano nella Celebrazione Eucaristica compiuta dalla
Chiesa. Essa è il mezzo in cui il benefico influsso della Parola di
Dio, mediante la quale le Persone Divine si introducono nel cuore dei
fedeli, giunge alla vita di ognuno di loro.
L'Eucaristia orienta alla Trinità, perché la Trinità
nell'Eucaristia rende efficace nel modo più completo in via,
il «mysterium», ossia il piano della salvezza (=l'oikonomia
trinitaria). L'evangelizzazione esplicita con i suoi contenuti la volontà
della Trinità. L'annuncio che la Celebrazione Eucaristica fa della
Parola di Dio rievoca e riattivalizza la storia della salvezza. Per cui il
convenire in unum, frutto delle energie del seme che è la
Parola di Dio (cfr Lc 7, 11), raggiunge lo scopo della
convocazione dei figli di Dio, che è opera del Padre nel Figlio in
virtù dello Spirito Santo.
Lo scopo della convocatio è di creare una comunione di
fedeli che si moduli e si modelli su quella esistente tra
le Persone Divine. Esse sono la fonte, la causa, la finalità, il
sostegno di ogni convocazione eucaristica per mezzo della parola e
costituiscono il paradigma per la comprensione del significato ultimo
della congregatio sanctorum seu fidelium attorno alla mensa
eucaristica.
La comunità eucaristica radunata nel vincolo delle Trinità,
concretizza, dunque, il contenuto dell'Evangelizzazione che sfocia nel
radunare i figli di Dio dispersi (cfr Giov 11, 51-52) in unum,
ossia attorno al Cristo Pasquale, il cui Mistero è celebrato e
rinnovato nell'Eucaristia.
2. L'Eucaristia apice dell'evangelizzazione
Quanto detto deve essere considerato ad un triplice livello:
-
dall'informazione e dall'istruzione,
-
all'intendimento persuasivo,
-
per essere proteso alla maturazione dei modi cristiani di
vivere.
L'annuncio proprio dell'evangelizzazione richiede l'ascolto da parte di
colui al quale si rivolge. Ascolto, questo, che esige di concretizzarsi in
un nuovo annuncio che porti ad una continua edificazione della Chiesa.
Così mentre l'evangelizzazione appare come la condizione senza la
quale non si può edificare la Ecclesia, l'Eucaristia è il
locus dove la stessa Ecclesia cresce e si alimenta. Non per nulla
la Celebrazione Eucaristica si modula e si struttura con due mense: la
Mensa verbi Dei e la Mensa Corporis Domini (cfr
Sacramentum Concilium 24, 33, 35, 48, 51; Dei Verbum 21, 25, 26; 10 Gentes
6, 15; Presbyterorum Ordinis 18).
Tra la Mensa Verbi Dei, che formalmente possiede in se
quanto è proprio della evangelizzazione, e la Mensa Eucaristica,
esiste un parallelismo esistenziale. Quanto si addice all'una, può,
infatti, in modo analogo, attribuirsi all'altra. Però, è
solo nell'Eucaristia, annuncio celebrativo della Parola di Dio, (vi è
presente Cristo: SC, 7), che la stessa Parola annunciata unitamente con la
liturgia eucaristica, costituisce un solo atto di culto, come ricorda Sacrosantum
Concilium 56. Ciò significa che il dinamismo della Eucaristia
investe la Parola di Dio che raggiunge la più alta modalità
di santificazione, di rendimento di grazie e di culto. Per cui si può
asserire che la Parola di Dio «si fa» celebrazione, e la
celebrazione null'altro è che la Parola di Dio «attualizzata»
nel modo più eminente.
L'una e l'altra realtà non perdono la loro originalità, ed
il fatto di essere parti di un unico evento di salvezza, qual è la
celebrazione dell'Eucaristia.
La differenza tra queste due parti è da ricercarsi nell'ordine
cronologico (la liturgia della parola precede quella
eucaristico-sacramentaria; come la parola fu detta prima che l'evento
sacramento fosse istituito da Cristo).
La loro differenza e la loro importanza sono legate, dunque, non alla
dignità di natura di cui tutte e due sono fornite, ma solo
in ragione delle diversità di funzioni: la Parola di Dio /
evangelizzazione «prepara» la Celebrazione Eucaristica;
la Celebrazione Eucaristica «attualizza» la parola di Dio / i
contenuti dell'evangelizzazione (cfr Notitiae 22 [1986] 322-346 ed
anche Notitiae 18 [1982] 243-280). Si tratta di due momenti
successivi, dei quali l'uno è ordinato all'altro. La parola è
ordinata al sacramento dove trova la sua piena attuazione.
3. Alcune considerazioni di ordine pastorale
Quanto detto fin qui esige alcune considerazioni di ordine pastorale.
Innanzitutto, la somma venerazione con la quale deve essere ascoltata e
accolta la parola di Dio esige nei fedeli un atteggiamento di preghiera
(cfr Sacrosanctum concilium 48; Dei Verbum 26). L'annuncio
della Parola di Dio, è un grande sacramentale. Esso quando
penetra nella Celebrazione Eucaristica, fomenta la vita spirituale dei
fedeli e penetra nei cuori dei partecipanti, in modo che la proclamazione
della Parola di Dio possa ottenere efficacia la più grande
possibile. Infatti deve progressivamente trasformare i partecipanti
all'Eucaristia, nessuno escluso, da «auditores verbi»
a «factores verbi» (cfr Giac 1, 23).
E ciò comporta, in concreto:
-
prepararsi ad asssumere gli impegni della vita cristiana;
-
far fronte alle difficoltà che insorgono per testimoniare il
Cristo;
-
rispondere alle interpellanze che la Parola di Dio pone al fedele
mentre nutre la sua vita spirituale.
D'altra parte non si può disattendere a quanto afferma l'Ordo
Lectionum missae al n.3 dei «praenotanda» alla sua II
edizione: «La celebrazione liturgica, che poggia fondamentalmente
sulla Parola di Dio e della Parola di Dio tutta si innerva (=fulcitur),
diventa un nuovo evento e arricchisce la parola stessa di una nuova
interpretazione e di un'insospettata efficacia». Esiste cioè
una recirculatio tra l'efficacia della Parola di Dio (tra cui si
annovera quella di convocare la comunità in assemblea per la
celebrazione) e la celebrazione (della quale l'assemblea è
un costitutivo importante), che arricchisce la parola di una nuova ed
insospettata efficacia. Qui si inseriscono i dinamismi della Celebrazione
Eucaristica come punti di arrivo dei dinamismi
dell'evangelizzazione e come punti di partenza per un nuovo
dinamismo evangelizzatore.
1) L'Evangelizzazione porta alla costituzione pratica del Regno di Dio
concretizzato nella Ecclesia Dei. Ebbene l'incontro o impatto
della Parola di Dio con i fedeli che sono ascoltatori della medesima nella
Celebrazione Eucaristica, porta a creare comunione con gli altri
ascoltatori della stessa Parola di Dio. È posta così la base
per la visibilizzazione della comunità celebrativa che è, a
sua volta, attuazione della Ecclesia Dei, del populus Dei,
della familia Dei cui è stato affidato l'annuncio del
Vangelo.
Qui sarebbe necessario considerare in parallelo l'impatto dei fedeli con
la parola proclamata nell'evento della evangelizzazione e in quello del
sacramento dell'Eucaristia.
Il percorso sarebbe tracciato sulla linea che intercorre dalla
fenomenologia della parola, alla realtà della Parola di
Dio, ai suoi germi e semi che sono energia dello Spirito Santo, alla
comprensione che ogni assemblea eucaristica ha dei frutti
dell'evangelizzazione, conseguiti nella loro attuazione. Le coordinate
della evangelizzazione sfociano in un situs particolare dove
l'Ecclesia si riscopre unica, vera e verace depositaria della Parola di
Dio.
Evangelizzazione e liturgia della Parola convengono nella comprensione
della medesima interpretazione della Parola di Dio. Possono ambedue
operare la progressiva interiorizzazione del messaggio divino.
Comprensione, accettazione, interiorizzazione sfociano nell'interazione
fra la Parola annunciata, accolta, e quella celebrata nell'Eucaristia.
2) Nell'Eucaristia, con l'oblazione del Sacrificio di Cristo c'è
associata l'oblazione di ciascun fedele. È convinzione propria a
tutti gli homines Dei che il corpo della Chiesa si fa celebrando i
«mysteria» (cfr Agostino, In Joannis Evangelium, tract.
16, 6, 17) che Cristo le ha affidato. Il convenire in unum (cfr 1 Cor
11, 18 ss), il radunarsi nello stesso luogo da varie contrade della città
e della campagna, secondo quanto ricorda già Giustino (Apologia
1, 65, 67), ha come scopo lodare Dio, nel vincolo della comunione, sotto
la presidenza del Vescovo e del presbitero; celebrare il Mistero Pasquale
di Cristo, in modo che l'Eucaristia sia veramente, per tutti, «sacramentum
pietatis, signum unitatis, vinculum Caritatis» (Agostino, in
Joannis Evangeliumm tract. 26, 6, 13; cfr Sacrosantum Concilium
47); offrirsi da pede dell'Ecclesia Dei, in sacrificio di lode con «Cristo
Altare, vittima, sacerdote» (cfr il V Prefazio Pasquale).
Mentre con la evangelizzazione si creano le diverse Chiese locali,
secondo l'espressione di Agostino: «Praedicaverunt
(Apostoli-Episcopi) verbum veritatis et genuerunt ecclesias» (Enarratio
in Ps 44, 23), con l'Eucaristia la Parola di Dio accresce la
sua capacità di purificare e di santificare (cfr 1 Tim 4,
5). Anzi, ancora con le parole dei praenotanda (nr. 7) dell'Ordo
Lectionum Missae, nella Ecclesia fidei, qual è la
comunità eucaristica: «Dio si serve della stessa assemblea di
fedeli che celebrano, perché la sua parola si diffonda e sia
glorificato e venga esaltato tra i popoli il suo nome».
3) Ora, mentre l'Eucaristia celebrata porta alla comunione con
il Corpo ed il Sangue di Cristo, quale evidenziazione ontologico-operativa
della unione già provocata tra i fedeli
dall'annuncio-accolto della Parola, non sarà male ricordare che,
nella Celebrazione Eucaristica, «la Chiesa riprende fedelmente quello
stesso ·Amenº che Cristo, Mediatore tra Dio e gli uomini,
pronunziò una volta sola, per tutti i tempi, spargendo il suo
sangue, sanzione divina della nuova alleanza nello Spirito Santo»
(cfr nr. 6 dei citati «praenotanda» dell'Ordo Lectionum
Missae). La risposta completa sta nell'associarsi con l'oblazione di
ogni fedele, oblazione in spirito e verità, all'offerta vera,
unica, insostituibile che Cristo ha fatto. In questo modo, si fa il corpo
del Signore nella sua completezza, secondo un principio eucaristico
vitale: chi nell'offerta in Spirito e verità celebra
l'Eucaristia, fa il corpo del Signore.
4. La voce dei Padri
Non vorrei terminare le mie riflessioni senza un riferimento ai SS Padri
che spesso sottolineano con particolare rigore il rapporto tra il dono
dell'Eucaristia e il dono della Parola.
San Cesario di Arles, ad esempio, sulla scia di sant'Agostino, si
esprime così in proposito: «Interrogo vos fratres et sorores,
dicite uniti, quid vobis plus esse videdur, verbum Dei an corpus Christi?
Si vultis verum respondere, hoc utique dicere debetis, quod non sit
minus verbum Dei quam corpus Christi (Cesario di Arles, Sermo 78,
2).
Parimenti sant'Ambrogio nella Enarratis in Ps. 1, 33,
asserisce «...bibe primum vetus testamentum, ut bibas et novum
testamentum, nisi primum biberis, secundum bibere non poteris. Bibe primum
ut sitim mitiges, bibe secundum ut bibendi satietatem haurias, in veteri
testamento conpunctio, in novo laetitia est (...) utrumque ergo poculum
bibe veteris et novi testamenti, quia in utroque Christum bibis. Bibe
Christum, quia vitis est, bibe Christum, quia petra est quae vomuit aquam,
bibe Christum quia fons vitae est, bibe Christum, quia flumen est, cuius
impetus laetificat civitatem Dei, bibe Christum, quia pax est, bibe
Christum, quia flumina de ventre eius fluent aquae vivae, bibe Christum,
ut bibas sanguinem quo redemptus es, bibe Christum, ut bibas sermones
eius; sermo eius testamentum est vetus, sermo eius testamentum est
novum...».
Si beve, quindi, il Cristo dal calice delle Scritture come da quello
eucaristico, tanto che, come si fa attenzione a non lasciar cadere alcun
frammento del Corpo di Cristo, così pure si deve usare attenzione a
non lasciar cadere a vuoto nessuna Parola di Dio che si ascolta nella
celebrazione. Chi asserisce così è Cesario di Arles nel
luogo citato. In ogni caso, riporto il testo integro che afferma
incisivamente. «Et ideo quanta sollicitudine observamus, quando nobis
corpus Christi ministratur, ut nihil ex ipso de nostris manibus in terram
cadat, tanta sollicitudine observemus, ne verbum Dei, quod nobis
erogatur, dum aliud aut cogitamus aut loquimur, de corde nostro depereat:
quia non minus reus erit qui verbum Dei neglegenter audierit, quam
ille qui corpus Christi in terram cadere neglegentia sua permiserit».
Rimane certamente vero quanto ha scritto quell'appassionato lettore e
commentatore della Scrittura, che fu il Papa san Gregorio Magno. Di se
stesso narra che più volte leggendo e rileggendo non era riuscito a
comprendere tutto il senso del testo sacro. Messo, però, dinanzi ai
fratelli, l'aveva inteso. Ecco le sue parole: «Scio enim quia
plerumque multa in sacro eloquio quae solus intelligere non potui, coram
fratibus meis positus intellexi. Ex quo intellectu et hoc quoque
intelligere studui, ut scirem ex quorum mihi merito intellectus daretur»
(in Ezech. Lib. 2, Hom. 2, 1).
Se ci si nutre della Parola di Dio, che è Parola di vita, e ci si
abbevera alla vita, si avrà vitalità apostolica e
missionaria. La vita sarà integra. Agostino esclama: «Manduca
vitam, bibe vitam; habebis vitam, et integra est vita. Tunc autem hoc
erit, id est, vita unicuique erit corpus et sanguis Christi, si quod in
Sacramento visibiliter sumitur, in ipsa veritate spiritualiter manducetur,
spiritualiter bibatur» (Sermone 131, 1).
Anzi, se nella Celebrazione Eucaristica ci si ciba di Cristo, si mangia
e si beve spiritualmente della stessa verità.
La verità della Parola di Dio costituisce, per mezzo dei
dinamismi dell'evangelizzazione e dell'Eucaristia, un popolo di salvati,
la Chiesa che, «Verbi semine et Spirito Dei plena, Christi corpus
effudit, populum scilicet christianum», come afferma Ambrogio (cfr
Exposito in Lucam, lib. 3, 38). Un Corpo che è la Chiesa di Dio
fatta visibile in una comunità raccolta per celebrare e per
rivivere dell'Eucaristia, le cui prerogative possono essere così
delineate, ispirandoci a un testo liturgico ispano-visigotico: «La
comunità è una nella professione di fede, ma
numerosa per la cattolicità che rappresenta. È singola
nella celebrazione, ma supera lo spazio ristretto in cui si è
raccolta; così è diffusa, non divisa... Santa nei
ministri e illibata nei ministeri che espleta, incorrotta
nelle vergini e fruttuosa nelle vedove. Feconda nei
singoli fedeli e si presenta libera fra i non credenti» (cfr
Liber Mozarabicus sacramentorum ed. M. Ferotin, nr. 1131). Vi è
sotteso in questo testo liturgico la potenzialità
esplosivo-missionaria della Chiesa.
Conclusione
È impossibile esaurire nello spazio di un articolo le connessioni
e gli intrecci tra evangelizzazione ed Eucaristia.
Il discorso merita di essere ulteriormente approfondito sia sotto
l'aspetto teologico sia sotto l'aspetto pastorale. Qui si ricorda solo che
è necessario che ciascun fedele ascolti con umiltà e
semplicità la Parola di Dio, la accolga con gioiosa gratitudine e
la celebri con sempre rinnovato ardore.
Ma questo non basta. Occorre che ogni cristiano abbia una coscienza
sempre più profonda del dovere stringente che incombe su ogni
battezzato, di proclamare la Parola accolta, vissuta e celebrata, ai suoi
fratelli, vicini e lontani. E ciò per portarli alla Mensa
dell'Eucaristia, centro, cardine e sorgente inesauribile della vita e
della missione della Chiesa.