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CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Il volto della Chiesa si rinnova nella continuità


Lungo la sua storia la Chiesa ha sempre celebrato la santità come espressione delle "cose mirabili", operate dal Signore nella vita del suo Popolo. Rispondendo alla sensibilità e ai contesti storici la Chiesa ha portato peculiare attenzione alle forme liturgiche e alle procedure nelle quali esprimere la lode all'Altissimo e ravvivare la fede e la pietà dei fedeli. Queste forme procedurali e la ricchezza significativa di questi riti, anche nella coscienza ecclesiale più recente, sono stati attentamente studiati per una più efficace comprensione ed incidenza della stessa natura della santità, che la Chiesa celebra con i riti della beatificazione e della canonizzazione. A tale scopo il Santo Padre Benedetto XVI ha introdotto importanti novità per quanto riguarda le beatificazioni.

I. - Premessa storico-giuridica

1. - Nel primo millennio della Chiesa il culto dei Martiri e poi dei Confessori era regolato dalle diverse Chiese particolari. I Vescovi, singolarmente o collegialmente in occasione di sinodi, autorizzavano nuovi culti particolari, che iniziavano con la elevatio o la translatio corporis. Tali Atti sono stati chiamati, poi, canonizzazioni vescovili o canonizzazioni particolari, perché coinvolgevano direttamente la sola chiesa locale (1).

Nel secolo XI cominciò ad affermarsi il principio che solo il Romano Pontefice, in quanto Pastore Universale della Chiesa, ha autorità di prescrivere un culto pubblico sia nelle Chiese particolari che nella Chiesa universale. Con una Lettera al Re e ai Vescovi della Svezia, Alessandro III rivendicò al Papa l'autorità di conferire il titolo di Santo con il culto pubblico connesso. Tale norma divenne legge universale con Gregorio IX nel 1234.

Nel secolo XIV la Santa Sede cominciò ad autorizzare un culto limitato a determinati luoghi e ad alcuni Servi di Dio, la cui causa di canonizzazione non era ancora iniziata o non ancora terminata. Tale concessione, orientata alla futura canonizzazione, è all'origine della beatificazione. I Servi di Dio, ai quali veniva concesso un culto limitato, furono chiamati Beati a partire da Sisto IV (1483), determinando così la definitiva distinzione giuridica tra il titolo di Santo e di Beato, che veniva usato indifferentemente in epoca medievale.

La concessione del culto locale veniva formalizzata e comunicata agli interessati mediante Lettera apostolica sotto forma di Breve, che il Vescovo locale mandava ad esecuzione auctoritate apostolica.

Dopo l'istituzione della Congregazione dei Riti (1588), ad opera di Sisto V, i Papi continuarono a concedere culti limitati (Missa et Officium), in attesa di pervenire alla canonizzazione. Un po' alla volta le procedure si precisarono e si affinarono, fino ad arrivare alla vigente normativa promulgata nel 1983.

2. - La dottrina circa gli Istituti della beatificazione (2) e della canonizzazione (3) è rimasta sostanzialmente invariata nel corso dei secoli. La loro distinzione (4), che ha la sua adeguata espressione nelle rispettive formule enunciative o costitutive, è netta ed essenziale. La canonizzazione è la suprema glorificazione da parte della Chiesa di un Servo di Dio elevato agli onori degli altari, con pronunciamento a carattere decretorio, definitivo e precettivo per tutta la Chiesa, impegnando il Magistero solenne del Romano Pontefice. E ciò è espresso in modo inequivoco nella formula: "Ad honorem Sanctae et Individuae Trinitatis..., auctoritate Domini Nostri Jesu Christi, beatorum Apostolorum Petri et Pauli ac Nostra... Beatum N. N. Sanctum esse decernimus ac definimus, ac Sanctorum Catalogo adscribimus, statuentes eum in universa Ecclesia inter Sanctos pia devotione recoli debere".

La beatificazione, invece, consiste nella concessione di culto pubblico in forma indultiva e limitata ad un Servo di Dio, le cui virtù in grado eroico, ovvero il Martirio, siano state debitamente riconosciute, come si rileva dalla relativa formula: "...facultatem facimus ut Venerabilis Servus Dei N. N. Beati nomine in posterum appelletur, eiusque festum... in locis ac modis iure statutis quotannis celebrari possit".

II. - I riti della beatificazione nel corso dei secoli

- Pur nella sostanziale continuità dottrinale, circa la natura della beatificazione e della canonizzazione, i riti e le cerimonie, come anche le formule di pronunziamento e altri dettagli minori, hanno avuto una differenziata articolazione che qui, per il solo Istituto della beatificazione, possiamo rilevare in quattro fasi.

a) Prima del 1662: il Papa, concedendo il culto locale (beatificazione), normalmente lasciava agli interessati (Attori della Causa, Ordinario locale) la possibilità di scegliere il giorno, il luogo e il modo per solennizzare l'evento della avvenuta beatificazione, e per inaugurare il nuovo culto (Missa et Officium). Poteva anche accadere, specialmente in certi monasteri, che in occasione della beatificazione non si facesse alcuna solennità esterna, ma che si celebrasse la festa del nuovo Beato nel giorno stabilito dal calendario liturgico nel corso dell'anno.

b) Dal 1662 al 1968: la prima beatificazione, in forma solenne, fu quella di s. Francesco di Sales, voluta da Alessandro VII. Il rito si svolse nella Basilica di S. Pietro in due momenti ben distinti: primo momento - la mattina dell'8 gennaio 1662 in Basilica ebbe luogo il rito vero e proprio della Beatificazione; fu letto ufficialmente il Breve apostolico, datato 28 dicembre 1661, con il quale il Papa conferiva il titolo di Beato e i relativi onori liturgici; seguiva la celebrazione della Messa solenne, presieduta dal Vescovo di Soissons. In seguito, normalmente, l'Eucarestia sarà presieduta da un Canonico-Vescovo del Capitolo Vaticano. In questo rito del mattino protagonisti furono la S. Congregazione dei Riti e il Capitolo Vaticano; secondo momento - nel pomeriggio dello stesso giorno il Papa scese in Basilica per venerare il nuovo Beato e per lucrare l'indulgenza plenaria, che egli stesso aveva elargito ai fedeli che quel giorno avessero visitato la Basilica. La prassi iniziata da Alessandro VII è rimasta sostanzialmente invariata fino al 1968, quando avvenne l'ultima beatificazione secondo quel rito (5).

c) Dal 1971 al 2004: con la beatificazione di s. Massimiliano Kolbe (+ 1941), celebrata la mattina del 17 ottobre 1971, Paolo VI introdusse l'importante innovazione di presiedere personalmente il rito della beatificazione; venne così a cadere la cerimonia pomeridiana, durante la quale il Santo Padre scendeva in Basilica per venerare il nuovo Beato e lucrare l'indulgenza plenaria. Per la prima volta venne predisposta una "formula di beatificazione", che fu letta dal Papa stesso. Fin d'allora la Congregazione dei Riti era del parere che "pur intervenendo il Papa, ci debba essere una netta differenza di solennità tra la canonizzazione e la beatificazione (6).

Nelle successive beatificazioni (1972, 1974, 1975) il Papa, presente alla celebrazione, riceveva la peroratio, e pronunziava la formula di beatificazione, ma non celebrava la Messa, che veniva presieduta per lo più dal Vescovo diocesano del nuovo Beato. La peroratio era fatta dal Prefetto o dal Segretario della Congregazione delle Cause dei Santi o anche dal Vescovo diocesano, che presiedeva la celebrazione eucaristica.

Con la beatificazione del 19 ottobre 1975 il Papa tornò a presiedere anche la Messa e così si continuò fino al 2004.

d) Dal 2005: il Santo Padre Benedetto XVI ha stabilito che i riti della beatificazione del 14 maggio 2005 fossero presieduti dal Card. José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il quale "de mandato Summi Pontificis" diede lettura della Lettera apostolica con cui il Papa concedeva il titolo di Beate a due Venerabili Serve di Dio. Precedentemente i Vescovi delle diocesi delle nuove Beate avevano esposto una breve sintesi della loro vita. I riti di beatificazione del 19 giugno 2005 sono stati presieduti, a Varsavia, dal Card. Jòzef Glemp, Arcivescovo diocesano e Primate di Polonia.

III. - Criteri per il rito delle future beatificazioni

- La recente decisione del Santo Padre Benedetto XVI, di non presiedere personalmente i riti della beatificazione, risponde alla esigenza, largamente avvertita, di: a) sottolineare maggiormente nelle modalità celebrative la differenza sostanziale tra beatificazione e canonizzazione; b) coinvolgere più visibilmente le Chiese particolari nei riti della beatificazione dei rispettivi Servi di Dio.

È emersa con chiarezza evidente, nelle numerose beatificazioni celebrate da Giovanni Paolo II in ogni parte del mondo, l'opportunità pastorale che i riti della beatificazione si svolgano preferibilmente nelle Chiese particolari, pur lasciando la possibilità di scegliere Roma per speciali ragioni da valutare, caso per caso, dalla Segreteria di Stato.

Dovunque si svolgano i riti di beatificazione, sia a Roma sia altrove, è necessario che appaia evidente come ogni beatificazione sia un atto del Romano Pontefice, il quale permette ("facultatem facimus" così nell'attuale formula di beatificazione) il culto locale di un Servo di Dio, rendendo pubblica la sua decisione mediante una Lettera apostolica.

I riti della beatificazione e della canonizzazione di per sé sono già abbastanza differenziati; tuttavia, il fatto che dal 1971 in poi siano stati presieduti abitualmente dal Santo Padre ha praticamente attenuato agli occhi del popolo la sostanziale differenza che intercorre tra i due istituti.

IV. - Indicazioni pratiche per il rito della beatificazione

- Le indicazioni, che seguono, pertanto, riguardano i riti delle beatificazioni, celebrate sia fuori Roma sia in Roma, non presiedute dal Santo Padre, il quale ovviamente potrà sempre presiederle, nelle circostanze e nei modi che riterrà opportuni.

a) Riti di beatificazione nelle Chiese particolari:

È opportuno che d'ora in poi i riti di beatificazione si svolgano nella diocesi, che ha promosso la causa del nuovo Beato, o in un'altra località più idonea della stessa Provincia ecclesiastica o Regione.

La data e il luogo della beatificazione, nonché gli eventuali raggruppamenti di Servi di Dio di diverse diocesi, saranno concordati dal Vescovo diocesano (o Vescovi diocesani) e dagli attori della Causa (o delle Cause) con la Segreteria di Stato, così come si è fatto finora.

Il rito della beatificazione, che si svolgerà nel corso di una celebrazione liturgica, inizierà con la presentazione all'Assemblea dei tratti essenziali della biografia del prossimo Beato. Di norma tale presentazione sarà fatta dal Vescovo diocesano o, trattandosi di diversi Servi di Dio, dai rispettivi Vescovi diocesani, così come si è fatto nella beatificazione del 14 maggio 2005 nella Basilica di S. Pietro in Vaticano.

Il Santo Padre nominerà un suo Rappresentante, che dia lettura ufficiale della Lettera apostolica, con la quale lo stesso Romano Pontefice concede il titolo e gli onori di Beato al Servo di Dio in questione. Di norma il Rappresentante del Papa sarà il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Conformemente alla prassi più recente, il rito di beatificazione si svolgerà nel corso della Celebrazione eucaristica, e precisamente dopo l'atto penitenziale e prima del canto del "Gloria". Tuttavia, particolari ragioni locali potrebbero suggerire lo svolgimento del rito nel corso di una celebrazione della Parola di Dio o della Liturgia delle Ore. Sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II qualche rara beatificazione è stata celebrata nel corso dei Primi Vespri della domenica o di una solennità.

La celebrazione liturgica in onore del nuovo Beato sarà presieduta preferibilmente dal Rappresentante del Papa o dal Vescovo diocesano (oppure da uno dei Vescovi diocesani quando si tratta di Beati di diverse diocesi). In merito deciderà la Segreteria di Stato, sentite le parti interessate.

L'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice coordinerà con le Chiese particolari tutto ciò che riguarda il rito della beatificazione.

b) Riti di beatificazione in Roma:

Le parti interessate (Vescovi e Attori della Causa) possono chiedere alla Segreteria di Stato che il rito di beatificazione di un Servo di Dio "non romano" possa svolgersi in Roma, anziché nella Chiesa particolare di appartenenza. Le motivazioni alla base della richiesta saranno valutate dalla Segreteria di Stato.

Per i riti di beatificazione, che hanno luogo in Roma, valgono gli stessi criteri che regolano i riti che si svolgono fuori Roma.

Si ravvisa l'utilità dei "libretti", che dovrebbero continuare ad essere preparati dall'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, al fine di consentire una migliore partecipazione dei fedeli alla celebrazione.

Infine, sembra opportuno che il rito della beatificazione sia sostanzialmente uniforme ovunque venga celebrato. Si auspica, pertanto, che quanto prima venga preparato un "Ordo beatificationis et canonizationis", a cura dell'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice d'intesa con la Congregazione delle Cause dei Santi e la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

Card. JOSÉ SARAIVA MARTINS
Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi


1) Benedetto XIV, il "Magister" delle Cause dei Santi, equipara le Canonizzazioni vescovili alle beatificazioni, che consistono nella concessione (permissio) di un culto "pro aliquibus determinatis locis" (De Servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione, Prato 1839, L.I, cap.31, 4, p. 196).

2) "Doctores... tradunt Beatificationem esse actum, quo Summus Romanus Pontifex indulgendo permittit aliquem Dei Servum coli posse in aliqua Provincia, Dioecesi Civitate, aut Religiosa Familia Cultu quodam determinato, ac Beatorum proprio, usquequo ad solemnem eius Canonizationem deveniatur" (Benedictus XIV, L. I, cap. 39, 5, p. 262).

3) (Ivi, p. 263).

4) (I. Noval, Commentarium Codicis Juris Canonici, Lib. IV De Processibus, pars II, Augustae Taurinorum-Romae 1932, p. 7).

5) Cfr F. Veraja, La Beatificazione. Storia, problemi, prospettive, Roma, ed. Congregazione delle Cause dei Santi, 1983, pp. 7-111.

6) Così scriveva Mons. Antonelli, Segretario del Dicastero: Archivio della Congr., V AR, 107/966, in G. Stano, Il rito della Beatificazione da Alessandro VII ai nostri giorni, in Miscellanea per il quarto Centenario della Congregazione delle Cause dei Santi (1588-1988), Città del Vaticano 1988, p. 401.

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