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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN OCCASIONE DELLA MEMORIA LITURGICA DI SANT'AGOSTINO

OMELIA DEL CARD. JOSÉ SARAIVA MARTINS

Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro, Pavia
Martedì, 28 agosto 2007

Carissimi fratelli e sorelle,

dopo il pellegrinaggio del Santo Padre Benedetto XVI qui alla Tomba di S. Agostino dello scorso 22 Aprile, è per me ancor più significativo presiedere oggi a Pavia questa Celebrazione Eucaristica nella solennità del grande Vescovo d'Ippona, che il 28 Agosto di 1577 anni fa entrava con la sua anima nella Città eterna, nella visione beatifica di Dio Trinità di Amore. Un caro saluto a tutti voi, convenuti in questa antica Basilica di S. Pietro in Ciel d'Oro ad onorare S. Agostino nel suo dies natalis

Il brano del Vangelo di Giovanni, che abbiamo ascoltato, ci presenta Gesù Cristo il buon pastore, che offre la vita per le pecore; Gesù l'uomo perfetto come può esserlo solo Dio, usa la sua libertà per fare di sé un dono di amore, di bene, di salvezza per l'intera umanità. È proprio questo amore di Gesù Cristo, il Verbo di Dio incarnato, il cuore del Vangelo, il nucleo centrale del Cristianesimo. Anch'io, come credo tutti voi, sono stato colpito dai discorsi fatti qui a Pavia dal Papa Benedetto XVI, dedicati in larga misura proprio a S. Agostino e al suo magistero nella Chiesa e nella società, nella cultura e nella spiritualità. Il Santo Padre davanti alla Tomba di S. Agostino ha idealmente riconsegnato alla Chiesa e al mondo la sua prima Enciclica, che contiene questo messaggio centrale del Vangelo: Deus caritas est, Dio è amore (1 Gv 4, 8.16). "Quest' Enciclica, soprattutto la sua prima parte, è largamente debitrice al pensiero di S. Agostino, che è stato un innamorato dell'Amore di Dio e lo ha cantato, meditato, predicato in tutti i suoi scritti e soprattutto testimoniato nel suo ministero pastorale" (Omelia dei Vespri in S. Pietro in Ciel d'Oro, paragrafo 3). S. Agostino il dottore della Grazia è anche il dottore della Carità.

In una delle pagine più celebri delle sue Confessioni si rammarica, egli quasi quarantacinquenne e da 2 o 3 anni vescovo, di aver amato troppo tardi la Bellezza tanto antica e sempre nuova, riconoscendo di essersi gettato deforme sulle belle forme delle sue creature e confessando davanti a Dio che "Tu eri con me, ma io non ero con te" (Conf. X, 27). Agostino il dottore della Carità descrive così la sua giovinezza: "Non c'era altro allora che mi piacesse di più che amare ed essere amato, ma non sapevo stare nella misura, in quei luminosi confini dell'amicizia che legano anima ad anima... Io mi agitavo, mi dissipavo, bruciavo tra le passioni della carne; e tu tacevi. O mia Gioia, troppo tardi raggiunta!" (Conf. II, 2). "Mi buttai, aggiunge, tra le braccia dell'amore dal quale desideravo essere carpito... Fui amato e arrivai, per vie tortuose, a godere, tutto soddisfatto, delle catene che mi avvincevano con legami tormentosi, per essere poi sferzato dai colpi infuocati della gelosia, del sospetto, del timore, della collera, delle contese" (Conf. III, 1). È in questo periodo che, senza celebrare un legittimo matrimonio, convive con una donna e ne ha un figlio, Adeodato, sperimentando così tutte le emozioni e le responsabilità dell'amore sponsale e dell'amore genitoriale. Ecco vorrei sottolineare che proprio questo santo con questa storia la misericordia di Dio ha chiamato a diventare luce, a diventare maestro di interiorità e di carità per tutta la Chiesa e tutta l'umanità. La bontà di Dio attraverso la conversione, avvenuta con il battesimo celebrato a Milano quando aveva 33 anni, la notte pasquale del 24 Aprile 387, ha educato Agostino all'amore "non malgrado, ma proprio attraverso gli avvenimenti della vita" (Benedetto XVI, Omelia dei Vespri in S. Pietro in Ciel d'Oro, paragrafo 6).

Dobbiamo perenne gratitudine al Papa Benedetto XVI perché nella sua visita pastorale alla Chiesa di Pavia ha voluto spiegare nella sua omelia agli orti borromaici come tutta la vita di Agostino è stata una continua formazione all'amore, tanto da poter parlare di tre conversioni di Agostino e in ognuna di esse l'amore ha raggiunto livelli sempre più alti. Come è indicato nell'Enciclica Deus caritas est, per qualsiasi persona, che voglia vivere l'amore nelle sue dimensioni di eros e di agape e raggiungere pienamente le promesse di definitività e di eternità, sono necessarie purificazioni, maturazioni, rinunce e guarigioni. "L'amore - scrive il Papa - mira all'eternità. Sì, amore è estasi, ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall'io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio: Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà (Lc 17, 33), dice Gesù" (Deus caritas est, 6).

Nella sua immensa e preziosa opera le cose che S. Agostino ha scritto sulla Carità, sull'amore-agape, sono numerose e una più bella dell'altra e tra esse spicca senz'altro il Commento alla prima lettera di Giovanni, "così gustata da coloro che hanno conservato sano il palato del cuore per sentire il sapore del pane di Dio e in cui si tesse, più che in altri scritti, l'elogio della carità" (Prologo del Commento). L'amore-agape è il vero motivo della creazione di tutte le cose visibili ed invisibili da parte di Dio, la carità è la causa dell'Incarnazione del Figlio di Dio Gesù Cristo e della sua morte in croce. Esclama S. Agostino: "Quanto ci hai amati, o Padre buono, che non hai risparmiato il tuo unico Figlio, ma lo hai dato per noi peccatori! (Rm 8, 32). Come ci hai amati, quando per noi "egli che non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con te, si fece obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2, 6.8)! Proprio lui, l'unico libero fra i morti, "che ha il potere di offrire la propria vita e il potere di riprenderla di nuovo" (Gv 10, 18)!" (Conf. X, 43). E il Santo si domanda ad alta voce, predicando ai suoi fedeli, se Dio ci ama perché noi lo amiamo, o non è invece che noi lo amiamo perché egli ci ama. "Ci risponda nella sua lettera lo stesso evangelista: noi amiamo Dio - egli dice - perché egli ci ha amato per primo... Amare Dio è sicuramente un dono di Dio. È lui che amandoci quando noi non lo amavamo ci ha dato di amarlo. Siamo stati amati quando eravamo tutt'altro che amabili" (Commento Vangelo di Giovanni, 102, 5). Questa potenza dell'amore di Dio, effuso attraverso lo Spirito Santo nel Battesimo e nella Cresima su ciascuno di noi come su tutta la Chiesa, diede ad Agostino la forza della seconda conversione, di lasciare la tranquillità del progetto di vita monastica di preghiera e di studio per accettare il peso del ministero sacerdotale.

Alludendo alle circostanze della sua ordinazione presbiterale del 391 ad Ippona così egli commenta: "Spaventato dai miei peccati e dal cumulo della mia miseria, avevo ventilato in cuor mio e meditato il ritiro nella solitudine. Ma Tu, mio Dio, me l'hai impedito e mi hai spronato con queste parole: Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro" (2 Cor 5, 15) (Conf. X, 43). S. Agostino nella sua seconda conversione "ha scoperto - come affermò il Papa nel suo discorso all'Università di Pavia - che convertirsi a Cristo vuol dire non vivere per sé ma essere realmente al servizio di tutti".

S. Agostino nel suo lungo ministero pastorale di sacerdote e vescovo si è trovato a doversi confrontare con diversi errori e scismi che dilaniavano la santità della Chiesa cattolica, in particolare lo scisma donatista, che da oltre un secolo aveva gravemente compromesso l'unità della Chiesa Nord-africana. Agostino nella sua riflessione sulla Parola di Dio individua nell'amore-agape, nella carità, il grande criterio per capire se si appartiene veramente alla Chiesa cattolica. Parlando ai suoi fedeli di Ippona offre loro il criterio di discernimento per un'autentica vita cristiana: "Il battezzato esamini se possiede la carità e allora dica: Io sono nato da Dio. Se non la possiede, egli porta soltanto il carattere di cristiano, ma è un disertore che scappa. Gli occorre la carità perché altrimenti non può definirsi nato da Dio... Solo l'amore distingue i figli di Dio dai figli del diavolo. Se tutti si segnassero con la croce, se rispondessero Amen e cantassero tutti l'Alleluia; se tutti ricevessero il battesimo ed entrassero nelle chiese, se facessero costruire i muri delle basiliche, resta il fatto che soltanto la carità fa distinguere i figli di Dio dai figli del diavolo. Quelli che hanno la carità sono nati da Dio, quelli che non l'hanno non sono nati da Dio. È questo il grande criterio di discernimento... La carità è, a mio parere, la pietra preziosa scoperta e comperata da quel mercante del Vangelo, il quale per far questo vendette tutto ciò che aveva... Ama dunque il tuo fratello. Se amerai il fratello che vedi, potrai contemporaneamente vedere Dio, poiché vedrai la carità stessa, e Dio abita nella carità" (Commento prima lettera di Giovanni 5, 6-7). È dunque chiaro che chi non ha la carità nega con i fatti e non tanto con le parole la sua appartenenza alla Chiesa. Agostino può affermare che il criterio di discernimento è semplice: "Molti sono nella Chiesa soltanto in apparenza; nessuno vi è fuori, se non realmente" (Commento prima lettera di Giovanni 6, 13). L'amore alla Chiesa e alla sua unità è per S. Agostino la causa per ricevere il dono dello Spirito Santo: "Siamo convinti, o fratelli, che uno possiede lo Spirito Santo nella misura in cui ama la Chiesa di Cristo... Abbiamo dunque lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa; e amiamo la Chiesa se rimaniamo nella sua unità e nella sua carità" (Commento Vangelo di Giovanni, 32, 8). Possa l'esempio e l'insegnamento di S. Agostino aiutare tutti noi dentro e fuori la Chiesa a vivere la carità con i fatti e con le parole, con i gesti e gli atteggiamenti interiori, con l'aiuto della preghiera e dei Sacramenti.

Il comandamento nuovo di Gesù è quello di amarsi scambievolmente come lui ci ha amato e S. Agostino commenta spiegando che "non un amore qualsiasi rinnova l'uomo, ma l'amore che il Signore distingue da quello puramente umano aggiungendo: come io ho amato voi; e questo comandamento nuovo rinnova solo chi lo accoglie e ad esso obbedisce. Si amano vicendevolmente il marito e la moglie, i genitori ed i figli, e quanti sono uniti tra loro da vincoli umani. E non parlo qui dell'amore colpevole e riprovevole che hanno, l'un per l'altro, gli adulteri e le adultere, gli amanti e le prostitute e tutti quelli che, non le istituzioni umane, ma le nefaste deviazioni della vita congiungono. Cristo dunque ci ha dato un comandamento nuovo: di amarci gli uni gli altri, come egli ci ha amati.

È questo amore che ci rinnova, rendendoci uomini nuovi, eredi del Testamento nuovo, cantori del cantico nuovo" (Commento al Vangelo di Giovanni tr. 65, 1). L'amore-agape, la carità, richiede un ordine, esige una ricerca umile della verità di se stessi, di Dio e dell'altro; è un cammino dove non bisogna aver timore di praticare la correzione fraterna; è questo il contesto in cui possiamo comprendere la celebre espressione agostiniana "Ama e fa' quello che vuoi... Se volete conservare la carità, fratelli, innanzitutto non pensate che essa sia avvilente e noiosa... sia fervida la carità nel correggere, nell'emendare; se i costumi sono buoni questo ti rallegri; se sono cattivi siano emendati, siano corretti. Non voler amare l'errore, ma l'uomo" (Commento prima lettera di Giovanni 7, 8.11).

Possa l'intercessione di S. Agostino e di sua madre S. Monica aiutare la Famiglia Agostiniana, sulla scia della Visita del Santo Padre Benedetto XVI e della sua inaugurazione del Centro Culturale Agostiniano a lui intitolato, a fare di questa Basilica un vero Santuario internazionale di S. Agostino. Possano la diocesi e la città di Pavia diventare la città e la diocesi di S. Agostino.

Facciamo nostra una delle più belle invocazioni delle Confessioni: "O Amore che ardi sempre e non ti estingui mai, Carità, Dio mio, infiammami" (Conf. X, 29). Possa questo giorno di festa farci "ripartire da qui portando nel cuore la gioia di essere discepoli dell'Amore" (Omelia dei Vespri in S. Pietro in Ciel d'Oro, paragrafo 8).

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