The Holy See
back up
Search
riga

PRESENTAZIONE DEL VOLUME
CONTENENTE GLI ATTI DEL SIMPOSIO
"IUS ECCLESIARUM VEHICULUM CARITATIS"

Roma 3 marzo 2005

Giovedì 3 marzo 2005, nella sede del Pontificio Istituto Orientale ha avuto luogo la presentazione del Volume contente gli Atti del Simposio "Ius Ecclesiarum vehiculum caritatis", celebrato dal 19 al 23 novembre 2001 in occasione del 10 anniversario del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium. È dedicato alla memoria di P. Ivan Žužek, S.J., (1924-2004), che può essere considerato uno dei padri della nuova Codificazione orientale. Edito dalla Libreria Editrice Vaticana, consta di ben 992 pagine e raccoglie il discorso di S.S. Giovanni Paolo II pronunciato nel corso della speciale udienza di venerdì 23 novembre 2001, tutte le relazioni tenute al Convegno e le comunicazioni inviate dagli esperti sulle più svariate tematiche.

Dopo le parole di saluto e di accoglienza del Rev.mo Rettore del P.I.O. P. Hector Vall Vilardell, i numerosi presenti hanno ascoltato tre interventi.

Il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha pronunciato l’ampia relazione qui riportata. P. Cyril Vasil’, S.J., Decano della Facoltà di Diritto Canonico, ha invece illustrato le metodologie di studio del diritto canonico orientale e la specificità del relativo insegnamento presso il Pontificio Istituto Orientale. Mons. Hanna Alwan, Prelato Uditore del Tribunale della Rota Romana e Rettore del Pontificio Collegio Maronita, ha infine evidenziato per sommi capi consonanze e differenze tra il Codice orientale e il Codice latino.

Prolusione del Cardinale Prefetto

Il Simposio internazionale, svoltosi in Vaticano nel decimo anniversario dell’entrata in vigore del "Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium", è stato indubbiamente un evento di rilievo. Le parole di apprezzamento rivolte dal Santo Padre nell’udienza concessa ai partecipanti lo confermano nella prospettiva della salvaguardia del patrimonio orientale come bene per tutta la Chiesa. Oggi mi è data la felice opportunità di presentarne gli Atti.

Sono dedicati alla memoria di Padre Ivan Žužek, che penso si possa a buon diritto definire "padre della nuova codificazione orientale". E’ un debito di gratitudine che vogliamo assolvere con questo segno di apprezzamento e che promettiamo di accompagnare con la preghiera per lui al Signore.

Sono riconoscente al Pontificio Istituto Orientale e a tutti coloro che hanno reso possibile la presente pubblicazione. Un grazie sentito agli autori dei singoli contributi raccolti nel volume e ai suoi Curatori: Silvano Agrestini e Danilo Ceccarelli Morelli, nonché alla Libreria Editrice Vaticana.

Il Simposio Ius Ecclesiarum – Vehiculum Caritatis non intendeva di avere solo un carattere celebrativo o commemorativo. Voleva in primo luogo sottolineare l’importanza della nuova codificazione canonica orientale.

Secondo la classica definizione di San Tommaso, ogni legge è "ordinatio rationis ad bonum commune et ab eo, qui curam communitatis habet, promulgata" (I.a-II.ae,Q.CX, art. 4, ad 1). Questa definizione vale ovviamente anche per i canoni che regolano la disciplina ecclesiastica, i quali sono il risultato non solo della ordinatio rationis, bensì della incessante preghiera della Chiesa, della sua lunga tradizione spirituale e disciplinare, e della saggezza dei sacri pastori che, rivestiti del potere conferito da Cristo, illuminati da un solo e medesimo Spirito, hanno stabilito le cose che sono vantaggiose, confluite nei canoni che perciò a ragione possono chiamarsi sacri.

Sulla base dei sacri canoni, che costituiscono il fondamento comune dell'ordinamento canonico di tutte le Chiese, il Romano Pontefice, che "presiede alla carità", ha promulgato un Codice che regola la disciplina ecclesiastica propria a tutte le Chiese orientali cattoliche. In questo modo si è attuato un sostanziale ritorno alla situazione canonica del primo millennio. Ma nel contempo si è realizzato un evento di assoluta novità: per la prima volta un codice comune a tutte le Chiese orientali cattoliche è stato promulgato da un Romano Pontefice, e ciò ha avuto una forte incidenza sulla vita della Chiesa universale.

Si è pervenuti al riconoscimento più alto della piena uguaglianza di tutte le Chiese d'Oriente e d'Occidente che "aequali pollent dignitate" ed "aequali concreduntur pastorali gubernio Romani Pontificis".

E si è realizzato quanto stava a cuore ai Romani Pontefici, i quali avvertirono fin dal 1917 la dolorosa lacuna di un adeguato Codice per provvedere alla tranquillitas ordinis anche delle Chiese orientali. Tale preoccupazione portò all'istituzione della Congregazione per le Chiese Orientali e del Pontificio Istituto Orientale, e ispirò il lungo iter della codificazione canonica orientale fino alla promulgazione dell'attuale Codice Orientale.

Il Codice mette in piena luce che la Chiesa di Cristo abbraccia le diversità delle Chiese sui iuris, le quali sono unite in una mirabile comunione sotto lo stesso pastore. Per tale motivo il Supremo Legislatore, Giovanni Paolo II, presentando il Codice al Sinodo dei Vescovi il 25 ottobre 1990, confidava l’ardente desiderio che esso - in quanto completamento del magistero proposto dal Concilio Vaticano II … - venisse bene accolto da tutta la Chiesa cattolica. Per le Chiese orientali avrebbe avuto valore di legge. La Chiesa latina avrebbe dovuto considerarlo parte del patrimonio disciplinare della Chiesa universale. Il Papa auspicava un appropriato studio comparativo di entrambi i Codici e lodava in anticipo tutte le iniziative e strutture che avrebbero favorito una maggiore conoscenza di tutto ciò che avrebbe espresso il seguenti legittimo principio: "in unum conspirans varietas".

Il Simposio mi pare abbia onorato questo auspicio del Supremo Legislatore e la presente pubblicazione, che salutiamo con grande soddisfazione, ne è testimonianza eloquente.

Lo attesta prima di tutto la sorprendente partecipazione a quella assise: si prevedevano cento persone e ne abbiamo avute cinquecento, in rappresentanza di tutte le Chiese orientali sui iuris. Il numero veramente consolante era accompagnato dalla qualifica degli esperti, studiosi e docenti, provenienti da prestigiose istituzioni accademiche di diritto canonico, e poi da promettenti giovani studenti e studiosi. Una così significativa partecipazione non poteva che offrirci risultati di alto profilo scientifico: 19 Relazioni, eccellenti e stimolanti per approfondimento e documentazione, e 32 Comunicazioni, che abbracciano quasi tutti i 30 Titoli del Codice e sono aperti dal commento alla Costituzione Apostolica Sacri Canones.

L’attenta lettura degli Atti convince circa le potenzialità della nuova legislazione in vista dell’auspicato rinnovamento interno delle nostre Chiese. Il titolo dato al Simposio: "Ius Ecclesiarum – Vehiculum Caritatis" è emblematico. La legislazione intende assicurare la carità, il carisma e la grazia di poter condurre i fedeli alla santità. Ciò deve realizzarsi nella vita interna delle singole Chiese e nel loro insieme, e poi nella testimonianza di unità e carità che, singolarmente e nel loro insieme, le Chiese sono chiamate ad offrire al mondo.

Il Codice incoraggia gli orientali a conservare le proprie tradizioni, aprendosi alle comunità latine e alle Chiese sorelle. Gli Atti sono offerti con particolare cordialità alla considerazione della Chiesa latina. Essi potranno aiutare ad individuare (e speriamo anche a risolvere) con più sollecitudine i problemi delle comunità orientali viventi fuori del territorio storico dell’Oriente cristiano. A questo primo livello, perciò, il Codice potrà diventare specificamente "vehiculum caritatis". Ma le Chiese Orientali Cattoliche sono state lungo tutta la loro storia veicolo di collegamento fra il Vescovo di Roma e la Cristianità orientale non in piena comunione con Roma. Tale servizio costituisce una specifica vocazione. Esse devono effettivamente sentirsi "vehiculum caritatis" sul piano ecumenico grazie anche al Codice Orientale. Nella Costituzione apostolica Sacri canones il Legislatore esprime la ferma convinzione che «per quanto riguarda il problema generale del movimento ecumenico, suscitato dallo Spirito Santo al fine di rendere perfetta l'unità di tutta la Chiesa di Cristo, il nuovo Codice non solo non crea il minimo ostacolo, ma è piuttosto di grande giovamento. Infatti questo Codice tutela lo stesso diritto fondamentale della persona umana, cioè di professare la fede ciascuno nel proprio rito generalmente attinto dal seno stesso della madre, che è regola di ogni 'ecumenismo', e non tralascia nulla perché le Chiese orientali cattoliche, adempiendo nella tranquillità dell'ordine le aspirazioni del Concilio Vaticano II, 'fioriscano e assolvano con nuovo vigore apostolico la funzione loro affidata' (OE 1)». Mi pare si possa riconoscere alle fatiche confluite in questa pubblicazione un chiaro afflato ecumenico.

Tra gli apporti più autorevoli mi limito ad una citazione. Nel saluto al Simposio, S.Ecc.za Mons. Julian Herranz (ora cardinale), Presidente del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi, aveva affermato: «E’ evidente che le Chiese Orientali Cattoliche hanno pienezza di ecclesialità, proprio perché sono unite nella compagine ecclesiale e in comunione con il principio e fondamento visibile e perenne di unità nella Chiesa, il Successore di Pietro. Vorrei, invece, sottolineare che noi cattolici dobbiamo riuscire a dimostrare con i fatti – anche coi fatti giuridici – che essere uniti al Romano Pontefice non significa assorbimento nella Chiesa Latina. Ogni Chiesa sui iuris conserva la propria autonomia, nella continuità delle sue tradizioni» (cf Atti. P. 26).

Il Simposio e questa pubblicazione sono due fatti concreti, che esprimono con convinzione questa sensibilità e volontà. Con fiducia consegniamo gli Atti del Simposio al nostro Istituto Orientale, ai suoi docenti e agli studenti, affidando non solo ad essi, ma soprattutto ad essi, la responsabilità di coltivare adeguatamente questo buon seme a bene delle Chiese orientali e dell’unica Chiesa. Grazie.

       

top