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CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE
DEL 90° ANNIVERSARIO DEL PONTIFICIO ISTITUTO ORIENTALE
E DELL'APERTURA DELL'ANNO ACCADEMICO 2007-2008

OMELIA DELL'ARCIVESCOVO LEONARDO SANDRI

Cappella della Madonna "Salus Populi Romani"
Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma
Lunedì, 15 ottobre 2007

 

Em.mo Signor Cardinale Tomás Spidlík,

mi è gradito di porgerLe un cordiale e rispettoso saluto, lieto come sono della sua presenza, ed unisco un pensiero orante in gratitudine per la Sua testimonianza di maestro e di guida spirituale capace di attingere in profondità alle sorgenti dell'insegnamento dei Padri e dell'Oriente cristiano.

Cari amici, distinte Autorità Accademiche,
Docenti, Studenti e Collaboratori del Pontificio Istituto Orientale,

1. Guidati dalla divina Parola riconosciamo l'amore di Dio e affidiamo il nostro ringraziamento per tutti i benefici divini alla Santa Madre del Signore. Il nostro è un grazie tutto speciale nel giorno in cui 90 anni orsono ebbe inizio il servizio dell'Istituto a favore dell'Orientecristiano e della Chiesa intera.

Abbiamo appena ascoltato le parole dell'apostolo Paolo: "A quanti sono in Roma, diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1, 7).

È il saluto alla prima comunità cristiana di Roma: una comunità fin dagli inizi cosmopolita.
Lo stesso saluto rivolgo con gioia a voi, cari professori e studenti del Pontificio Istituto Orientale. Siete venuti a Roma - alla Chiesa che è caput et mater omnium ecclesiarum - da diverse parti del mondo per costituire una comunità finalizzata alla crescita nella fede, attraverso la condivisione dell'esperienza ecclesiale, lo studio e la ricerca attorno ai tesori spirituali dell'Oriente cristiano. A Roma rappresentate le Chiese di tanti Paesi, così contribuite a mostrare la ekoumene di quella Ecclesia che professiamo nel credo: una, sancta, catholica et apostolica e che - al dire del salmo - è il segno della salvezza del Signore che abbraccia l'universo. "Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio" (Salmo 97, 3). Ed effettivamente voi provenite dall'India e dall'America, dall'Etiopia e dall'Egitto, dal Libano e dalla Siria, ma anche dall'Iraq, dalla Romania, dalla Russia e dall'Ucraina: così si fa visibile quella orientalis varietas che "non solo non nuoce all'unità della Chiesa, ma, anzi, la manifesta" (OE 2).

2. Potrei chiedere a ciascuno di voi: "Cosa siete venuti a cercare a Roma?".

Dato il carattere dell'istituzione che vi accoglie, la risposta spontanea sarebbe: "Siamo qui per lo studio, per il sapere, per attingere alla sapienza". Ma di quale sapienza si tratta?

La sapienza dei filosofi greci, quella dei sottili ragionatori di questo mondo? Certamente no, pur nel rispetto e nell'apprezzamento che riserviamo alle grandi espressioni della cultura universale. San Paolo ci ricorda che Dio ha "dimostrato stolta la sapienza di questo mondo". Nel suo disegno sapiente "è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini" (1 Cor 1, 20-25).

In questa ottica comprendiamo meglio il richiamo del Vangelo. Gli abitanti di Ninive, con cuore pentito, ascoltarono la predicazione di Giona. La regina di Saba dall'estremità della terra si affrettò ad ascoltare la sapienza di Salomone. Ma soprattutto siamo interpellati noi che abbiamo la grazia di poter ascoltare le parole di Qualcuno che è più grande di Giona e più sapiente di Salomone. Nella liturgia ci è dato di ascoltare le parole, vedere e rivivere i segni di quel "Figlio, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione, mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore" (Rm 1, 4).

Il segno unico e insuperabile, nel quale soltanto c'è salvezza, è il "segno di Giona", reso esplicito e universale nella passione, morte e risurrezione di Gesù.

Conversione e fede annuncia Gesù all'inizio della sua predicazione: "Il tempo è compiuto, e il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1, 15). La conversione è qui percepita come un atto di intelligenza, di umiltà e di penitenza. Intelligenza che porta al desiderio e alla conoscenza della verità; umiltà come quella di Salomone che ammette: "Io sono un ragazzo, non so come regolarmi" (1 Re 3, 7); penitenza, quale espressione del dolore del cuore per il tempo passato lontano dalla Verità.

È il Signore stesso che ancora oggi invita tutti alla conversione e alla penitenza. Nel nostro mondo mediatico, che chiede segni, che vive attraverso gli eventi e ci bombarda con un flusso ininterrotto e onnipresente di immagini, capaci ad arte di colpire la sfera emotiva, la Parola di Dio ci rivolge lo stesso invito alla conversione, al penthos, offrendoci come segno unico quello di Giona, che rimanda al Cristo morto e risorto tertia die.

Il richiamo alla penitenza non è molto popolare ai nostri giorni, certamente non è di moda, anzi, è da considerare controcorrente a tutti gli effetti. Il senso di colpa viene esorcizzato e considerato solo negativamente. I Padri della Chiesa, invece, ci ricordano che gli uomini hanno sempre e indistintamente bisogno di penitenza. Tra i "Padri del deserto" troviamo Abba Menas. Nella sua opera Il prato spirituale, egli attesta che in ogni età c'è bisogno di fare penitenza. È la via aperta sia ai giovani sia agli anziani. Tutti devono percorrerla, se vogliono godere la vita eterna nella lode e nella gloria. I giovani hanno bisogno di penitenza sottomettendosi al giogo volontario della disciplina per spegnere il fuoco delle passioni e gli anziani per cambiare le inclinazioni cattive alle quali si sono col tempo abituati (cfr I Padri del deserto, Detti editi e inediti, Magnano 2002).

Molti autori chiamano la penitenza il nuovo battesimo. San Gregorio Teologo ne parla come del battesimo delle lacrime e San Efrem Siro ricorda che le lacrime, se cadono su un corpo morto, non producono nessun effetto, ma se cadono sull'anima morta, possono risvegliarla ed accendere il desiderio della vita eterna.

Certo la conversione e la penitenza nel senso evangelico non si limitano agli atti di ascesi o di privazione corporale, poiché partono sempre dallo spirito, là dove si decide l'orientamento verso Dio.

Lo spirito penitenziale è la strada più sicura verso i misteri di Dio, garantita com'è dall'esperienza dei santi e dei mistici di ogni tempo, di ogni Chiesa e di ogni cultura.

3. Oggi la Chiesa latina festeggia Santa Teresa di Gesù, dottore della Chiesa, esempio luminoso di mistica unione con Dio. Il pensiero corre alle sue indimenticabili parole, che mi permetto di citare in lingua originale, essendo tanto difficile tradurne l'impeto mistico: "Vivo sin vivir en mí, y tan alta vida espero, que muero porque no muero..." (Alberto Barrientos [Dir.], Santa Teresa de Jesús. Obras Completas, 3 edición, EDE, Madrid 1984, p. 1177). Come pure al seguente testo di alta spiritualità e poesia: "Dadme muerte, dadme vida; dad salud o enfermedad, honra o des-honra me dad; dadme guerra o paz cumplida, flaqueza o fuerza a mi vida, que a todo diré que sí... Dadme riqueza o pobreza, dad consuelo o desconsuelo, dadme alegría o tristeza, dadme infierno o dadme cielo, vida, dulce, sol sin velo: pues del todo me rendí, Qué mandáis hace de mí¿" (cit. p. 1182). Il suo cammino parte da quella devota contemplazione o concentrazione sull'umanità e sulla passione di Cristo in spirito penitenziale, che viene chiamata devozione del cuore, termine caro alla spiritualità orientale. La Santa ci conduce presto al secondo stadio, alla devozione della pace, nella quale la volontà umana è rimessa nella pace di Dio, per giungere col terzo stadio alla devozione di unione, soprannaturale stato di estasi mistica. La ragione viene assorbita da Dio e rimangono libere solo l'immaginazione e la memoria. La pace si fa beata ed è consapevole il trasporto nell'amore di Dio. Anime scelte hanno il privilegio di accedere al quarto stadio, alla devozione dell'estasi, uno stato passivo, nel quale la consapevolezza dello spirito di risiedere in un corpo viene completamente perduta, le attività sensoriali cessano, la memoria e l'immaginazione vengono assorbite da Dio o cancellate del tutto. Qui giunse Teresa di Gesù!

La Santa, con la vita e gli scritti, ci propone il superiore sapere che attinge alla sorgente della Sapienza e conduce all'unione con Dio. È per noi maestra di quel superiore sapere che è l'orazione, la quale è finalizzata all'incontro trasformante con il Verbo che si è fatto carne.

Se volessimo comparare la strada dell'ascesi e della mistica ad un percorso scolastico potremmo dire che si tratta di una università della santità: non si possono omettere i vari passaggi degli studi, ma non si ricevono votazioni; è una scuola continuamente sottoposta alla grazia divina ed immersa in essa, ma anche inesorabilmente soggetta all'esame della coerenza personale. Tutti siamo invitati ad iscriverci e, soprattutto, a frequentare questa università.

Con Santa Teresa ci affidiamo al Padre celeste in gratitudine per il "pensiero di Cristo" che ci è dato nel Santo Vangelo. In docile obbedienza allo Spirito Santo anche noi crediamo fermamente che "solo Dio basta"! E l'animo si rincuora nel convincente e famoso invito teresiano: "Nada te turbe, nada te espante ... Sólo Dios basta!" (cit. p 1183).

4. L'odierna Celebrazione dà il solenne inizio al nuovo anno accademico. Augurando a tutti il migliore progresso negli studi, chiedo al Signore che sia sempre accompagnato dal desiderio di progredire sulla via della santità percorsa dai beati e dai santi. Fra di essi emerge Colei, che viene qui venerata da più di un millennio col titolo di Salus Populi Romani.

Maria, l'umile serva del Signore, è stata chiamata a portare al mondo quell'unico Segno in cui c'è salvezza: Gesù Cristo.

È l'Hodighitria, Colei che indica la via: il Figlio Gesù è la "via" (Gv 14, 6) il "segno di contraddizione", che anche oggi si eleva "per la rovina e la risurrezione di molti... e perché siano svelati i pensieri di molti cuori" (Lc 2, 34s).

A Lei va la speciale preghiera per le Chiese Orientali, perché fioriscano e siano, quali "testimoni delle origini", come ponti di unità e di pace tra le Chiese e le Comunità ecclesiali, tra le religioni, nella comunità umana che tutti dobbiamo edificare nella solidarietà.

Con Maria, facendo nostro l'appello di Papa Benedetto XVI, bussiamo al cuore di Dio perché conceda al mondo la pace, a partire dalla terra che diede i natali al Signore Gesù (cfr Udienza alla Roaco in L'Osservatore Romano, 22 giugno 2007, p. 1). E finalmente, in ritrovata serenità, dall'Oriente all'Occidente sia lodato il nome del Signore. Amen.

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