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CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

INTERVENTO DI S.E. MONS. ANTONIO MARIA VEGLIÒ
AL COLLOQUIO SUL TEMA
"IL VALORE DELLE CHIESE IN MEDIO ORIENTE.
CRISTIANI E MUSULMANI NE DISCUTONO INSIEME"
PROMOSSO DALLA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO

Roma
Lunedì, 23 febbraio 2009

 

Sono lieto di prendere parte a questo secondo colloquio sulla presenza cristiana nel mondo arabo-musulmano e cordialmente saluto i distinti Relatori e tutti i Partecipanti. Offrono un contributo alla nostra riflessione studiosi altamente qualificati per la conoscenza e la diretta esperienza del contesto ecclesiale, sociale e politico mediorientale. Ne conosco alcuni personalmente e li ringrazio in questa circostanza per l’amicizia che ricevo da lunga data.

Esprimo, altresì, la mia gratitudine alla Comunità di Sant’ Egidio, promotrice di questa apprezzabile iniziativa, per tutti gli sforzi a sostegno di ogni processo di dialogo e di pacificazione tra le religioni e le culture. Questo genere d’incontri si è dimostrato efficace per favorire la comunione tra popoli diversi, specie in un mondo che, a volte, sembra orientarsi verso un duro confronto ideologico e culturale.

La rapidità e l’alta tecnologia dei mezzi di comunicazione e lo sviluppo della mobilità agevolano la diffusione delle idee e il movimento delle persone, ma parimenti possono amplificare e manipolare i malintesi e gli scontri. In una realtà così complessa le iniziative di dialogo e di reciproca conoscenza costituiscono la via maestra di prevenzione della violenza di ogni tipo e la garanzia di una pacifica convivenza a strati sempre più vasti e sempre più in profondità.

Il futuro della presenza delle Chiese orientali nelle rispettive patrie deve essere motivo di preoccupazione per quanti, cristiani e musulmani dentro e fuori quei territori, avvertono l’inevitabilità di un incontro rispettoso con tutti se vogliamo assicurare all’umanità un avvenire di pace e di solidarietà. Solo sul confronto interreligioso e interculturale perseguito pacatamente è possibile fondare la prospettiva dell’avvicinamento tra i popoli onde evitare ulteriori e forse più gravi sofferenze e guerre.

Una sicura visione multietnica, multireligiosa e multiculturale, ben cosciente di non dover cedere al relativismo che annulla i valori irrinunciabili di ciascuna etnia, religione e cultura, bensì rispettosa delle peculiarità di ognuno e in spirito di ricercata convivenza, può garantire notevoli probabilità di un futuro sereno per l’umanità.

La presenza delle diverse religioni e la salvaguardia della reale libertà religiosa per ciascuna, senza discriminazione di sorta, contribuiscono allo sviluppo religioso, sociale, culturale e politico di tutti indistintamente, aprendo la via ad un sempre più fecondo incontro tra Oriente e Occidente.

Mi ritengo fortunato per avere trascorso tre anni e mezzo in Libano come Nunzio Apostolico ed avere direttamente esperimentato il valore e la forza spirituale delle Chiese a beneficio di tutti i libanesi.

La società libanese si distingue dai paesi mediorientali confinanti per la sua specificità soprattutto religiosa. Per questo motivo Papa Giovanni Paolo II riteneva che il Libano costituisse “un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l’Oriente come per l’Occidente[1].

La singolare realtà religiosa libanese ha spinto anche l’attuale Presidente della Repubblica all’ambizione di rendere la Nazione un luogo privilegiato di dialogo tra le culture e le civilizzazioni a livello mondiale, come ha dichiarato all’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti nel novembre scorso [2].

Gli altri paesi mediorientali sono diversi. Per parte mia ho avuto la felice opportunità di conoscere anch’essi da questo punto di vista grazie all’ufficio di Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali. Ho, infatti, avuto modo di trattare direttamente con i responsabili religiosi le problematiche e le difficoltà esistenziali dei cristiani nelle società di cui sono parte viva.

Il valore della presenza cristiana nei paesi a prevalenza musulmana si manifesta non solo nella dimensione religiosa, ma anche in quella sociale, culturale e politica. La vita dei cristiani costituisce ovunque una testimonianza dei principi evangelici che si sono rivelati capaci di dare solidità alle società, avviandole sulla strada sicura della salvaguardia dei diritti e della dignità dell’uomo.

La Chiesa, sia per natura che per vocazione, è maestra (Mater et Magistra, è il titolo della celebre Enciclica del beato papa Giovanni XXIII, che per oltre un ventennio fu Rappresentante Pontificio in Oriente) e in quanto tale opera nell’insegnamento, nell’educazione e nell’annuncio della Buona Novella. L’efficacia e la fecondità culturale delle sue scuole e delle innumerevoli istituzioni educative ad ogni livello, continuano ad affermarsi e a mostrarsi come un bene innegabile e indispensabile a tutto il Medio Oriente. L’educazione rimane, infatti, anche oggi il laboratorio decisivo per l’avvenire del Medio Oriente.

La presenza delle comunità cristiane, come elemento attivo nella vita della società, non può che influire sul sistema democratico e sul concetto del bene comune, contribuendo all’elaborazione di valori fondamentali, comunemente riconosciuti, sui quali possano trovare fondamento le carte costituzionali.

Le Chiese, grazie ad una esperienza storica bimillenaria, nonché per l’acquisizione di alcune componenti tipiche della cultura occidentale, mai disgiunte dal radicamento nella più autentica mentalità orientale, non esclusa quella araba e musulmana, favoriscono un intimo intreccio fra il patrimonio occidentale cristiano e quello orientale, ma anche un incontro proficuo col patrimonio musulmano.

Questo “intreccio” non cancella le identità in una indistinta uniformità bensì valorizza ed esalta l’originalità propria di ciascuna tradizione, anche se incontra, purtroppo, ostacoli numerosi e di portata non indifferente. Eccone alcuni:

a) la limitazione, per non dire l’esclusione delle libertà fondamentali, in alcuni paesi; libertà di credenza e di coscienza, libertà di culto, di espressione, di educazione etc. La mancanza di queste libertà riduce al massimo la fecondità dell’apporto specifico delle Chiese in Oriente a bene della società.

b) Il fenomeno e l’incremento della nascita di movimenti fondamentalisti, contrassegnati dal fanatismo religioso radicale, impenetrabile, minaccioso e soffocante. Anche se, per fortuna, essi non costituiscono e non esprimono l’opinione della massa dei musulmani, le loro posizioni e il loro attivismo, che spesso sono di stampo criminale, potrebbero estinguere o quanto meno scoraggiare fortemente ogni convivenza e ogni pacifico scambio di valori.

c) L’esclusione, la riduzione o l’emarginazione dei diritti politici delle minoranze cristiane, e ciò non fa che aumentare la sfiducia e lo scoraggiamento tra i cristiani, mortificandone il contributo attivo nella vita del Paese nel quale vivono.

Questi nefasti ed allarmanti fenomeni tengono aperta la grande piaga dell’emigrazione cristiana dal Medio Oriente, preparando una temibile perdita della bimillenaria presenza cristiana. Il pericolo è reale e non da oggi; dalla prima metà del secolo scorso ha continuato a crescere con tutte le conseguenze negative che esso genera e i gravi squilibri nell’intera area.

L’emigrazione cristiana dal Medio Oriente è la questione assolutamente più urgente da affrontare. Mi permetto di consigliare alla Comunità di Sant’Egidio, con la fantasia e la concretezza a livello planetario di cui è capace, di mettere a tema, se non l’ha già fatto, in futuri specifici colloqui la preoccupante emorragia cristiana dalle patrie apostoliche del cristianesimo.

Servono una urgente e sommamente incisiva riflessione e azione internazionale delle Chiese e delle civili istituzioni di ogni tipo perché l’umanità non sia privata di una presenza che risale alle origini del cristianesimo.

Mi pare molto appropriata a questo proposito l’Esortazione scritta da Papa Giovanni Paolo II in occasione del Sinodo per il Libano. Si tratta di una proposta di soluzione pratica alla questione della convivenza multiculturale, che è valida per tutti i cristiani del Medio Oriente: “Esorto dunque oggi tutti i cattolici ed invito al tempo stesso gli altri cristiani e gli uomini di buona volontà a porre gesti profetici e ad indossare le armi della pace e della giustizia. È urgente sviluppare e promuovere tra tutte le componenti della nazione libanese una vera educazione delle coscienze alla pace, alla riconciliazione e alla concordia. Nei rapporti ecumenici e inter-religiosi, il senso della pace è anche un elemento fondamentale del dialogo fraterno. Non bisogna mai dimenticare che un gesto di pace può disarmare l’avversario e spesso lo invita a rispondere positivamente con la mano tesa, poiché la pace, che è un bene per eccellenza, tende a comunicarsi” [3].

E ancora “Li invito a considerare il loro inserimento nella cultura araba, alla quale tanto hanno contribuito, come un’opportunità privilegiata per condurre, in armonia con gli altri cristiani dei Paesi arabi, un dialogo autentico e profondo con i credenti dell’Islam. Vivendo in una medesima regione, avendo conosciuto nella loro storia momenti di gloria e momenti di difficoltà, cristiani e musulmani del Medio Oriente sono chiamati a costruire insieme un avvenire di convivialità e di collaborazione, in vista dello sviluppo umano e morale dei loro popoli. Inoltre, il dialogo e la collaborazione tra cristiani e musulmani in Libano possono contribuire a far sì che, in altri Paesi, si avvii lo stesso processo” [4].

Infine, il Papa aggiunge: “Invito pertanto tutti i Libanesi a coltivare e far crescere in sé, e soprattutto nelle giovani generazioni, «la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti. Allo stesso tempo, è auspicabile che si sviluppi una condivisione equa delle responsabilità in seno alla nazione, affinché tutti possano mettere i propri talenti e le proprie capacità al servizio dei fratelli e sentire di avere un contributo specifico da apportare al proprio Paese, secondo il principio di sussidiarietà, mediante la creatività personale e l’esercizio del loro spirito d’iniziativa che costituiscono un diritto” [5].

Parole eloquenti scritte per il Libano; ma esse possono applicarsi, credo, a tutta la Regione.

Grazie.



[1] Giovanni Paolo PP. II, Lettera apostolica "Une nouvelle fois" a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica sulla situazione nel Libano, del 7 settembre 1989, n.6, Cfr. AAS 82 (1990), 60-63; versione italiana, Cfr. OR, 27.9.1989, p.1.

[2] « ...de souligner notre ambition de vor le Liban devenir un centre international pour la gestion du dialogue entre les civilisations et les cultures et par conséquent un laboratoire mondial pour ce dialogue entre les entités, d’autant que l’article 9 de la Constitution stipule que la liberté de conscience au Liban est absolue et que l’Etat respecte toutes les confessions et toutes les religions et garantit le libre exercice des rites religieux » (Discours du Général Michel Sleiman, Président de la République Libanaise à la réunion de Haut niveau de l’Assemblée Générale des Nations Unies le 12 novembre 2008).

[3] Esortazione Apostolica Post sinodale, “Una Speranza nuova per il Libano”, n.98

[4] Esortazione Apostolica Post sinodale, “Una Speranza nuova per il Libano”, n.93

 

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