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CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

SUB UMBRA PETRI

Intervento del Card. Leonardo Sandri
alla Nona Congregazione Generale del Sinodo per l’Africa

(Città del Vaticano, 9 ottobre 2009)

Beatissimo Padre, Signori Cardinali, Confratelli nell’episcopato, Partecipanti tutti,

Rendo grazie al Signore che ci consente di avvicinare la Chiesa di Dio che è in Africa. Da qui scaturiranno le migliori prospettive a beneficio di tutti, poiché il bene dell’Africa è il bene del mondo. Nella sua singolare varietà ecclesiale l’Africa annovera la Chiesa patriarcale di Alessandria dei Copti cattolici e la Chiesa Alessandrina Cattolica di rito ge’ez dell’Etiopia e dell’Eritrea. L’Egitto, insieme alla Chiesa latina, vanta la presenza delle comunità armena, caldea, greco-melchita, maronita e sira. Porgo il mio saluto ai confratelli orientali qui presenti, e lo estendo a tutti i pastori latini e orientali dell’Africa, spiritualmente uniti a questa assemblea a cominciare da Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti Cattolici: li ringrazio tutti per le innumerevoli fatiche apostoliche.

E’ una Chiesa in espansione. Resa illustre per la fecondità che l’impeto evangelico fin dai primi secoli del cristianesimo ha conosciuto, necessita di una collegiale riflessione per ridisegnare la sua missione. La sua valenza sociale si misura sulla fedeltà a ciò che le è peculiare: salvare l’uomo integrale, la cui vocazione è ultraterrena.

Il primo impulso da parte dei Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e fedeli è quello di promuovere la riconciliazione grazie alla personale conversione perché Dio continui a compiere anche in Africa quella “divinizzazione” di tutti e di tutto messa in luce dai Padri Greci.

Il Sinodo intende riproporre il “servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. La proposta è urgente. La sua efficacia, però, si misurerà sempre dall’irrinunciabile visione teologica e pastorale che la accompagnerà. Senza alcun timore le Chiese in Africa, sentendosi in comunione col Successore di Pietro e con la Chiesa universale, continuino a confessare il nome santo di Cristo Dio, l’opera di salvezza che egli ha compiuto una volta per tutte e la cui grazia rifluisce su di noi perennemente, testimoniando che il vero nome della riconciliazione, della giustizia e della pace coincide con il nome di Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto, datore di Spirito, Pietra angolare e Sposo della Chiesa. Solo in una forte coscienza cristologica ed ecclesiologica potrà procedere proficuamente la riflessione sinodale. Senza mai rinunciare ad essa dovranno essere compiuti i passi possibili per ridisegnare le strategie ecumeniche ed interreligiose più consone al progresso spirituale e sociale dell’Africa.

Diversa è la situazione rispetto a quella del Sinodo del 1994, ma permangono gravi problemi del passato. Tuttavia, è auspicabile che il discorso sulle storiche povertà, sulle problematiche e sui fallimenti dell’Africa, non precluda una visione positiva che apra a programmi di respiro internazionale e intercontinentale. E’ importantissimo che i cristiani d’Africa, pastori e fedeli, abbiano coscienza certa che l’Africa ha dato molto in sangue, sudore e lacrime, in testimonianza di fede, speranza e amore, che è quanto dire in risposta alla santità. Vorrei rilevare una particolarità etiope/eritreo: fra i Santi annoverati nel § 36 dell’Instrumentum Laboris non figura Giustino De Jacobis (1800-1860), il Lazzarista che aveva capito l’importanza della liturgia ge’ez per il cristianesimo del Corno d’Africa e si era “inculturato” (cfr. § 73).

L’Africa, infatti, non si deve stancare di lavorare per un’adeguata inculturazione del messaggio cristiano. E’ l’esortazione apostolica Orientale lumen a presentare le Chiese Orientali come “esempio autorevole” di “riuscita inculturazione”. La specificità delle culture è arricchente se confluisce nell’universalità, e questa ci allontana da indebite chiusure e da particolarismi talora esasperati (O.L. cfr n. 7). Una sana ed equilibrata relazione tra la “Religione e Tradizione Africana” consentirà alla Chiesa di curare con la comunità civile le piaghe dell’Africa. Salute, educazione, sviluppo socio-economico, tutela dei diritti umani, guarigione della ferita del tribalismo, lotta all’emigrazione con programmi economici in loco che limitino la fuga dei giovani (§ 25; § 65) sono i campi sensibili che presentano una Chiesa della riconciliazione, della giustizia e della pace. Sfruttamento e neo-colonialismo (§§ 12, 64, 72, 140), analfabetismo (§ 31), corruzione (§ 57), situazione di soggezione delle donne, chiedono risposte attraverso la carità operosa e la formazione a tutto campo (cfr. §§ 54, 60, 85, 93, 97, 111, 116, 123, 126-128, 129, 133-136).

Perché ciò avvenga si impongono la convivenza e la collaborazione sincera tra tutti i cattolici dei vari riti. Senza questa intesa sicura si preclude il dialogo ecumenico, il quale, nel vasto mare delle altre religioni, dà forza ai cristiani nella difesa della libertà personale e comunitaria e nella professione pubblica della fede, permettendo alla Chiesa di essere libera e missionaria e all’Africa di essere una “società plurale”.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II ricorda alle Chiese orientali in comunione con la Sede Apostolica Romana “lo speciale compito di promuovere l’unità di tutti i cristiani, specialmente orientali” (OE 24). Lungi dal costituire un ostacolo all’unità, inserite come sono nella situazione e nella mentalità locali, possono “costruire ponti” (cfr. § 90) in vista della riconciliazione, della giustizia e della pace; in vista dell’incontro con l’Islam già in atto in diversi Paesi. Questo è anche il mio augurio, mentre con le comunità di Etiopia ed Eritrea considero la portata simbolica di quel “lembo di terra africana” che possono vantare entro le mura vaticane: la Chiesa di Santo Stefano degli Abissini e il Pontificio Collegio Etiopico. Vedrei in essi un’immagine della Chiesa che, finito il Sinodo, si lancia con forza e speranza sulle strade della riconciliazione, della speranza e della pace in Africa, sentendosi con gioia “sub umbra Petri”. Grazie.

 

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