The Holy See
back up
Search
riga

CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

INTRODUZIONE DEL CARD. LEONARDO SANDRI
ALLA 2° MATTINATA DEL CONVEGNO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER LA PASTORALE DEI MIGRANTI E GLI ITINERANTI

(Vaticano, 10 novembre 2009)

Eminenze,
Eccellenze,
Partecipanti tutti al VI Congresso Mondiale della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati,

Abbiamo appena lodato il Signore con tutta la Chiesa per ogni beneficio che riceviamo dalla Sua Bontà. Tra questi penso al nostro ritrovarci come pastori ed animatori del Popolo di Dio sub umbra Petri per interrogarci su quella che costituisce una delle sfide decisive del nostro tempo: la mobilità umana, con speciale riferimento a quanti sono costretti a lasciare l’amata terra d’origine alla ricerca di migliori condizioni di vita, e non raramente per salvaguardare la sicurezza e la sopravvivenza personale e famigliare.

Ringrazio anche per parte mia il Santo Padre, il Quale nel discorso di ieri ha tracciato un percorso tanto autorevole alla nostra riflessione.

Come ringrazio molto cordialmente l’Ecc.mo Mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio organizzatore del Congresso, per l’invito a presiedere questa seconda mattinata. Ed auspico che, con l’apporto di qualificati relatori, si proceda nel tentativo di dare “una risposta al fenomeno migratorio nell’era della globalizzazione…a cinque anni dall’Istruzione Erga Migrantes Caritas Christi”.

Ringrazio l’Ecc.mo Arcivescovo Segretario, Mons. Agostino Marchetto, e mi faccio interprete della riconoscenza delle Chiese Orientali Cattoliche, qui rappresentate da Sua Beatitudine il Patriarca Antonios di Alessandria dei Copti, da Arcivescovi e Vescovi di tutte le famiglie rituali, per l’attenzione ad un tema che le vede tutte fortemente coinvolte.

Sento tutta l’urgenza e la vastità del tema: esso è avvertito con queste connotazioni dalla Congregazione e dalle Chiese Orientali Cattoliche, le quali nella fede si rispecchiano nella “esule” Famiglia di Nazareth. Il 9 giugno 2007, in visita alla Congregazione per le Chiese Orientali, richiamando il Motu proprio Dei providentis di Benedetto XV, il Santo Padre si soffermò su una espressione molto interessante anche per noi. Cito: “in Ecclesia Iesu Christi, ut quae non latina sit, non graeca, non slavonica, sed catholica, nullum inter eius filios intercedere discrimen” (AAS 9-1917, pp 529-531). Continuando l’ampio intervento per indicare le priorità attuali, il Papa non mancò di trattare il nostro tema, lasciando la seguente esortazione: “Uno sforzo intelligente è, infine, richiesto anche per affrontare il serio fenomeno delle migrazioni, che talora priva le provate comunità delle migliori risorse, al fine di garantire ai migranti adeguata accoglienza nel nuovo contesto e l’indispensabile legame con la propria tradizione religiosa” (L’Osservatore Romano, 10 giugno 2007, p. 5). Siamo qui per offrire l’apporto del pensiero e dell’esperienza dei singoli e delle istituzioni che rappresentiamo, unendo effettivamente gli sforzi nel desiderio di contribuire, per molti di noi grazie alla specifica sensibilità cristiana, ad indagare un fenomeno urgente e ad elaborare insieme orientamenti il più possibili efficaci.

Trovo, però, nel magistero di Benedetto XVI a questo riguardo un passo ulteriore per il ricorrente invito a considerare non tanto e solo la problematicità del fenomeno migratorio, ma anche l’innegabile componente di “risorsa” che porta con sé.

Ieri, nell’incontro al Palazzo Apostolico, egli ha ribadito che la definizione più appropriata del fenomeno è quella non solo di un “problema” bensì di una “risorsa”.

La stessa linea di pensiero era emersa nel primo incontro collegiale del Santo Padre con i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori Cattolici a Castel Gandolfo il 19 settembre scorso, allorché si sottolineò che il fenomeno migratorio, mentre assume in Oriente note di seria preoccupazione per la stessa sopravvivenza dei cristiani, diventa una risorsa religiosa ineguagliabile in ambiti fortemente secolarizzati soprattutto occidentali. Una risorsa, dunque, pur rimanendo anche un problema. La Chiesa universale e la Santa Sede desiderano farsi carico del problema che, tuttavia, non è locale (!) e perciò richiede una vasta mobilitazione non solo ecclesiale.

E’ un obbligo pastorale quello di ribadire che in questo campo sono necessari interventi non solo ecclesiali (e il Consiglio che ci ha radunati ha effettivamente il compito di favorire la “pastorale dei migranti e dei rifugiati”).

Cari amici, prima di passare la parola al primo relatore e continuare poi insieme con la tavola rotonda, volevo richiamare questa sintonia tra la nostra Congregazione e il Pontificio Consiglio. E consegnare un invito alla speranza per i “diretti interessati”, i migranti e i rifugiati, che guardano con fiducia a questo stesso Convegno mondiale, come a tutti gli “occidentali” che, invece, non raramente ne temono l’arrivo: ci è preparata “una risorsa ecclesiale e sociale”, che non ci esime, evidentemente, dalla prudente riflessione e azione per contenere le difficoltà inevitabilmente legate ad ogni tipo di accoglienza.

Ascoltiamo le parole dei fratelli e delle sorelle che emigrano: spesso sono cariche di dolore e di incertezza, di esperienze di grave prova, di desiderio di solidarietà e di pace. Sono parole ferite anch’esse come i cuori di quanti le pronunciano. Talora le intuiamo dal silenzio di chi è giunto tra noi, ma vive tuttora nel timore per il presente e per il futuro personale e familiare. Tutto questo “peso” le rende parole capaci di smuovere i cuori e le volontà. Grazie.

 

top