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ORDINE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME
IL PALAZZO DI DOMENICO DELLA ROVERE


(sede di rappresentanza)

Il palazzo che oggi viene chiamato impropriamente dei Penitenzieri - dal nome degli ultimi proprietari, i Padri Penitenzieri di S. Pietro, era nel Quattrocento il palazzo di Domenico della Rovere: un Cardinale Piemontese della cerchia di Papa Sisto IV della Rovere, che a Roma farà una brillante carriera distinguendosi per importanti cariche ecclesiastiche ed alte rendite economiche. La sua costruzione risale alla seconda metà del Quattrocento, tra il 1475 e il 1490 - l’architetto è il Fiorentino Baccio Pontelli - e il modello a cui direttamente si rifà nella tipologia edilizia è Palazzo Venezia, il più importante del Quattrocento Romano. Il Palazzo della Rovere era nel Quattrocento tanto lodato e ammirato dai contemporanei che fu prescelto per ospitare l’imperatore Carlo VIII durante la sua visita a Roma nel 1495.

Il complesso ospita nei cinque saloni del piano nobile, sede degli uffici di rappresentanza dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, un importantissimo cielo pittorico del Pinturicchio e della sua scuola: la sala del Gran Maestro decorata con una sontuosa architettura dipinta che simula una loggia aperta, la sala dei Mesi che conserva frammenti di una rarissima rappresentazione dei mesi collegati con i miti dai quali hanno avuto origine i segni zodiacali - le scene rimaste riguardano il mese di giugno con il contadino che falcia l’erba e il mito di Ercole e l’idra da cui ha avuto origine il segno zodiacale del Cancro, il mese di ottobre con la figura dell’uccellatore della tradizione bizantina e il mito di Orione da cui ha avuto origine il segno zodiacale dello scorpione, e il mese di marzo con i soldati pronti per partire per la guerra.

La successiva sala conserva bellissime lunette con figure di profeti che recitano le loro profezie e di apostoli con i versetti del Credo, mentre il soffitto splendente di oro e azzurro mostra ritratti di imperatori romani.

L’ambiente più bello e meglio conservato è la sala dei Semidei, con uno straordinario soffitto composto di sessantatre formelle dipinte su carta e incollate nei cassettoni lignei, dove a bestiari medievali si affiancano allegorie e simboli e immagini riprese dai sarcofagi classici, testimonianza importantissima di una cultura al bivio tra Medioevo e Rinascimento. Animali fantastici e mostruosi, divinità mitologiche ed esseri ibridi, metà umani e metà animali come sirene, tritoni, centauri, satiri e sfingi, si accampano isolati sul fondo oro delle formelle, o suonano strumenti musicali, o si azzuffano con armi rudimentali in una grande varietà di atteggiamenti.

L’antico refettorio che si affaccia sul giardino pensile, nell’ala sinistra del palazzo occupata dall’ Hotel Columbus, conserva una decorazione cinquecentesca a motivi naturalistici e figure allegoriche di influenza michelangiolesca. Nella stessa ala dell’edificio, al secondo piano, il pittore Fiorentino Francesco Salviati affrescò nel 1552 altri ambienti per incarico del Cardinale Giovanni Salviati che fu per lungo tempo tra i proprietari del palazzo, dove ebbe stabile dimora. Tra questi è la sala di Apollo con una straordinaria rappresentazione di Apollo che guida i cavalli del sole dipinta con effetto di trompe-l’oeil al centro del soffitto tra gli emblemi della famiglia Medici.

S.ONOFRIO AL GIANICOLO


(sede legale ed operativa, e centro dell’attività spirituale)

La concessione della Chiesa e del Convento di S. Onofrio al Gianicolo all’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme è legata ad alcuni tra i più importanti mutamenti istituzionali che in esso ebbero luogo. Infatti, con  motu proprio del 15 agosto 1948,  Pio XII  stabilì che la sede dell’Ordine fosse trasferita da Gerusalemme a Roma nella suddetta Chiesa, e che il Gran Maestro sarebbe stato, d’ ora innanzi, un cardinale nominato dal Papa.

Quello che però è meno noto è che la particolare benevolenza da parte del Pontefice ebbe  uno speciale  significato per l’Ordine. Infatti nella Chiesa è ancora viva la testimonianza di Torquato Tasso, autore della Gerusalemme Liberata, l’opera in cui vengono narrate le gesta dei crociati che combatterono per riconquistare il  Santo Sepolcro. Il poeta, dopo aver vagabondato attraverso l’Italia chiese e ottenne ospitalità nel convento di S. Onofrio  dove visse gli ultimi anni della sua vita. E’  quindi  perfetta la sintonia tra il patrimonio letterario della sede, dove è ospitato un piccolo museo che conserva alcuni manoscritti del Tasso, e il carattere cavalleresco dell’istituzione.

Il complesso architettonico di S. Onofrio è quindi un luogo dove storia, cultura e fede si sono tramandate attraverso i secoli fino ai nostri giorni. La sua costruzione risale al XV secolo ma, inizialmente, si trattava di un eremo. L’edificazione della chiesa cominciò nel 1439 e terminò nel XVI secolo. L’edificio sacro fu affidato ai  Gerolamitani fino al 1933, anno in cui papa Pio XI sciolse la congregazione.

La struttura è situata in una posizione panoramica, sulla passeggiata del Gianicolo dove la cupola michelangiolesca di S. Pietro, che domina sul paesaggio circostante, e il rimbombo del cannone a mezzogiorno completano l’ atmosfera suggestiva del luogo. Per mezzo di una scalinata si giunge al cancello, che reca lo stemma dell’Ordine, da cui si accede, attraverso un bel giardino fiorito, al sagrato antistante la chiesa. Già all’esterno di essa troviamo opere pittoriche di pregevole fattura attribuite  al Domenichino  e a Sebastiano Strada.

L’interno, di stile rinascimentale che risente ancora del gotico, è un’aula rettangolare con volte a crociera, abside poligonale e cinque cappelle laterali. Queste sono dedicate a S. Onofrio, alla Madonna di Loreto, al Crocifisso, a San Pio X e a San Gerolamo. Nella prima si trova il monumento funebre a Torquato Tasso. I dipinti dell’abside attribuiti al Peruzzi e al Pinturicchio sono di grande bellezza così come quelli della sacrestia. Dal portico si accede al chiostro, del quattrocento, nel quale dominano una tranquillità e pace assolute. Dall’atrio, invece si accede al museo Tassiano.

Questo splendore artistico diventa fonte di arricchimento e crescita spirituale per chi vi si accosta e quindi per i membri dell’Ordine.

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