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PONTIFICIO COMITATO
PER I CONGRESSI EUCARISTICI INTERNAZIONALI

Assemblea Plenaria
9-11 novembre 2010

Il ruolo dei Delegati Nazionali

p. Vittore Boccardi sss.

 

1. I Delegati nazionali

1.1. L’istituzione dei delegati e lo Statuto del Comitato

Il ruolo dei Delegati nazionali viene sinteticamente descritto in diversi articoli dello Statuto del Pontificio Comitato. [1] L’istituzione di questi Delegati è una storia relativamente recente. Fin dal suo sorgere nel 1881, il Comitato per i Congressi Eucaristici istituì una rete di Comitati locali nazionali che coprisse tutto il mondo. Essi non soltanto dovevano lavorare alla diffusione del messaggio dei Congressi internazionali e realizzarne i voti, ma dovevano coinvolgere tutti i fedeli in un movimento di fede e d’amore alla santissima Eucaristia attraverso la celebrazione di Congressi locali.

Questa organizzazione funzionò più o meno fino agli anni Cinquanta del secolo scorso quando i Comitati locali cominciarono a scomparire a causa di nuove urgenze ecclesiali, per l’esaurirsi della forza propulsiva del Comitato centrale dei Congressi e, non da ultimo, per un affievolimento di quel movimento eucaristico che aveva costituito l’anima della grande avventura dei Congressi.

Venuti meno, quasi totalmente, i Comitati permanenti nazionali era necessario trovare altre forme di collaborazione per la preparazione pastorale dei Congressi Eucaristici Internazionali nelle Chiese particolari. La soluzione fu individuata nell’istituzione dei Delegati nazionali entrata nello Statuto del Pontificio Comitato approvato dal Servo di Dio Giovanni Paolo II il 2 aprile 1986.

A partire da quel momento è il Presidente del Pontificio Comitato che chiede «alle Conferenze Episcopali di nominare i Delegati Nazionali, i quali s’impegnano nella preparazione dei Congressi e quando occorre costituiscono con l’approvazione ed il concorso dell’autorità ecclesiastica locale i Comitati Eucaristici Nazionali» ( n. 3/b).

Il servizio che i Delegati nazionali sono chiamati a rendere alla Chiesa universale attraverso il loro concreto impegno nelle diverse Chiese particolari, oltre che dagli articoli dello Statuto è stato felicemente interpretato dalle parole di Giovanni Paolo II nell’udienza concessa alla Plenaria del 2002, il 5 novembre.

«Essi – disse – sono chiamati a sensibilizzare le loro Chiese al tema del Congresso Internazionale soprattutto nel periodo della sua preparazione, affinché esso diventi un evento fontale da cui rifluiscano nelle Chiese particolari frutti di vita e di comunione…. I Congressi Eucaristici Internazionali contribuiscono anche a questa finalità squisitamente ecclesiale. La partecipazione dei fedeli di varia provenienza ad un tale evento eucaristico simboleggia, infatti, l’unità e la comunione».

E spiegava: «I Delegati nazionali possono riportare nelle loro comunità lo spirito di fervore eucaristico e di comunione che si vive in questi tempi forti di adorazione, di contemplazione, di riflessione e di condivisione. Il Congresso, vissuto in profondità, è fuoco per forgiare animatori di comunità eucaristiche vive ed evangelizzatori di quei gruppi che non conoscono ancora in profondità l’amore che si cela nell’Eucaristia».

Concludeva infine esortando a perseverare «con impegno e passione» in questo apostolato eucaristico, «animando e diffondendo la devozione eucaristica in tutte le sue espressioni». [2]

1.2. Di fronte alle urgenze del nostro tempo

Naturalmente tutte le funzioni statutarie dei Delegati nazionali devono coniugarsi con le urgenze del tempo storico che attraversiamo e insieme trovare nel tema del Congresso Eucaristico Internazionale una forza propulsiva per approfondire l’impatto dell’Eucaristia sulla vita delle Chiese particolari affinché si raggiunga lo scopo di «far conoscere, amare e servire sempre più nostro Signore Gesù Cristo nel suo mistero eucaristico, centro della vita della Chiesa e della sua missione per la salvezza del mondo» (Statuto, 2).

Riuniti insieme in questi giorni abbiamo iniziato il cammino di avvicinamento al prossimo Congresso di Dublino del 2012 attraverso le relazioni di p. Legrand, e di S.E. Mons. Diarmuid Martin che hanno illustrato, da diversi punti di vista, il mistero dell’Eucaristia come comunione con Cristo e tra di noi.

Il quadro che ne risulta propone l’intreccio affascinante tra Eucaristia e Chiesa, Corpo di Cristo e luogo della comunione ecclesiale, efficacemente parafrasato dal testo di Lumen Gentium già risuonato in questa assemblea, «nelle legittime comunità locali di fedeli, le quali, unite ai loro pastori, sono anch’esse chiamate Chiese nel Nuovo Testamento… con la predicazione del Vangelo di Cristo vengono radunati i fedeli e si celebra il mistero della Cena del Signore, “affinché per mezzo della carne e del sangue del Signore siano strettamente uniti tutti i fratelli della comunità” (Orazione mozarabica: PL 96, 759B)… In queste comunità, sebbene spesso piccole e povere e disperse, è presente Cristo, per virtù del quale si costituisce la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Infatti “la partecipazione del corpo e del sangue di Cristo altro non fa, se non che ci mutiamo in ciò che riceviamo” (S. Leone Magno., Serm. 63, 7)». [3]

È all’interno di questa cornice in cui l’Eucaristia appare come mistero di Comunione con Dio e con i fratelli, nella riscoperta di una ecclesiologia eucaristica per il terzo millennio, che si può ridisegnare ed interpretare il ruolo dei Delegati nazionali.

 

2. Una presenza da reinterpretare a livello teologico

2.1. L’Eucaristia nel cuore della Chiesa e del mondo

Il primo compito che spetta al Comitato Pontificio e rispettivamente ai Delegati nazionali consiste nel riconoscere che l’Eucaristia sta nel cuore della Chiesa e del mondo.

I Congressi eucaristici internazionali sono stati, per quasi un secolo, l’unica espressione del “magistero itinerante” della Chiesa. Attraverso la loro celebrazione folle straordinarie sono state radunate, da un continente all’altro, che, peregrinando da un continente all’altro, intorno all’Eucaristia.

Oggi, questo “magistero itinerante” si è ampliato con le Giornate mondiali della gioventù, della famiglia, dei malati, ecc. Ma resta più che mai necessario che i Congressi eucaristici, con la loro fisionomia rinnovata di Statio orbis, continuino a testimoniare che l’Eucaristia è la fonte della vita della Chiesa e il vertice ineliminabile di ogni percorso cristiano.

In fondo, gli avvenimento per mezzo dei quali prende forma un Congresso Eucaristico manifestano ad un mondo sempre più globalizzato ed interconnesso il cuore stesso della fede: il Cristo risorto che coinvolge i credenti nel movimento della sua Pasqua e li lega in comunione mirabile con Padre all’interno di una comunità fraterna. Il nostro impegno di Delegati non è marginale né secondario.

«Riportare la Chiesa alla sua sorgente eucaristica – assicurava Giovanni Paolo II – non potrà che ridarle autenticità e forza, alleggerendola da meno urgenti discussioni di carattere organizzativo, e offrendole invece quelle prospettive di consacrazione a Dio e di condivisione fraterna che permetteranno nel tempo di superare anche frammentazioni e divisioni». [4]

2.2. La chiesa fondata sull’Eucaristia

Una vera pietà eucaristica è quella che mette al centro della vita la celebrazione dei divini misteri all’interno di una comunità di fede dove la presenza del Signore è accolta con rendimento di grazie, ricevuta con fede, adorata con amore. Si tratta di accogliere pienamente il messaggio del Concilio Vaticano II per il quale l’Eucaristia è «centro della vita della chiesa e della sua missione per la salvezza del mondo» (Statuto, 2) e tutto ciò che a partire dal Concilio è cresciuto nella vita della Chiesa.

In questi ultimi anni, la Chiesa cattolica si è dotata di una dottrina impressionante relativa all’Eucaristia. Il 17 aprile 2003, Giovanni Paolo II firmava l’enciclica Ecclesia de Eucharistia (EE), che trattava del rapporti tra Eucaristia e la Chiesa. Un po’ più tardi egli apriva un anno consacrato all’Eucaristia (ottobre 2004-0ttobre 2005) con la lettera apostolica Mane nobiscum Domine (MN) del 7 ottobre 2004.

Tale anno speciale ebbe inizio con il Congresso eucaristico di Guadalajara e terminò con la XI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia tenutosi a Roma dal 3 al 23 ottobre 2005. Infine, nella Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis (SaC), apparsa il 13 marzo 2007, Benedetto XVI riprendeva quasi totalmente le proposizioni fatte dai vescovi al Sinodo.

Tre testi di grande importanza in quattro anni! Ci sono pochi esempi nella storia della Chiesa di un corpus così consistente in un tempo così ristretto.

Le ragioni di una tale urgenza appaiono, in filigrana, attraverso la stesura di SaC. Anzitutto l’approfondimento del Concilio Vaticano II. Esso ha largamente trattato dell’Eucaristia «fonte e culmine di tutta la vita cristiana» (LG 11) nella Lumen Gentium e nella Sacrosanctum Concilium ma la Chiesa non ha certo finito di sfruttare questa ricchissima miniera.

La seconda ragione nasce dal cedimento di una cultura cristiana che non trova più luoghi di trasmissione autentici e la necessità di una catechesi mistagogica larga e fondamentale per permettere la partecipazione interiore del popolo di Dio al mistero eucaristico (cf SaC. 19).

In terzo luogo, la necessità di modellare una dottrina eucaristica nutriente che sappia fare sintesi tra i dati spirituali, teologici, catechetici e liturgici. La riforma liturgica ha prodotto frutti straordinari di vita cristiana, ma resta l’urgenza di riscoprire il senso del mistero eucaristico e di viverlo; «nell’intento di esplicitare alcune fondamentali linee di impegno, volte a destare nella Chiesa nuovo impulso e fervore eucaristico» (SaC, 5).

In questo sostanzioso corpus magisteriale è presentata una nuova comprensione della vita e della spiritualità eucaristica.

«[Essa] non è soltanto partecipazione alla Messa e devozione al Santissimo Sacramento. Essa abbraccia la vita intera… È significativo che san Paolo, nel passo della Lettera ai Romani in cui invita a vivere il nuovo culto spirituale, richiami contemporaneamente alla necessità del cambiamento del proprio modo di vivere e di pensare: Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi, rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,2)» (SaC, 77).

Una migliore conoscenza del ruolo centrale dell’Eucaristia sia nella completezza dei suoi aspetti (presenza, banchetto, sacrificale, rapporto con la Chiesa, dimensione missionaria, sociale-caritativa) sia nella ricchezza degli approcci a questo mistero (biblico, patristico, liturgico, ecumenico, spirituale, mistico) porta ad un amore più grande ed ad un servizio più genuino.

Al ricupero della dottrina del Vaticano II e del magistero più recente ci spinge anche la felice coincidenza di un Congresso giubilare, il 50°, che si svolgerà nel 50° anniversario dell’apertura di quel Concilio che ha segnato, lo si voglia o no, una svolta epocale.

2.3. La “pietà eucaristica” e la comunione ecclesiale

 Un altro compito importante al quale i delegati si devono applicare è quello di coinvolgere ed integrare, secondo lo spirito della riforma conciliare tutte le manifestazioni del culto eucaristico extra missam che affondano le loro radici nella devozione popolare e, insieme, quelle associazioni che a vario titolo dall’Eucaristia traggono ispirazione (movimenti per l’adorazione perpetua, per l’adorazione notturna, confraternite del SS. Sacramento, etc.)

Tutte queste pratiche della devozione eucaristica pongono delle questioni non indifferenti. Ben comprese, esse devono essere raccomandate ed incoraggiate come lo fanno giustamente l’enciclica Ecclesia de Eucharistia (n. 10 e soprattutto i nn. 47-52) e il documento postsinodale Sacramentum Caritatis. Il problema è soltanto sapere in quale forma teologica ciò si deve fare.

Tutte le devozioni eucaristiche che sono giunte fino a noi, sono cresciute sulla base di una teologia eucaristica individualista. Così, ciò che resta da fare è quello di integrare questa devozione eucaristica spiritualmente feconda, nell’ottica di una più generale di una ecclesiologia eucaristica orientata verso la comunione e di darle così nuovi impulsi.

Tutto ciò, forse, potrebbe compiersi secondo l’indicazione data da una dichiarazione di sant’Agostino citata anche in Ecclesia de Eucharistia (n. 40): «Se voi siete il suo corpo e le sue membra, sulla mensa del Signore è deposto quel che è il vostro mistero; sì, voi ricevete quel che è il vostro mistero» (Sermo 272). «Il compito di un Congresso eucaristico, a partire da questa affermazione, sarà anche quello di preservare antiche forme di devozione eucaristica rinnovandole, però, ed incoraggiandole nello spirito dell’ecclesiologia eucaristica conciliare». [5] Di quella ecclesiologia eucaristica che raccomanda che «la celebrazione eucaristica sia davvero il centro e il culmine di tutte le varie manifestazioni e forme di pietà». [6] Ecco perché i Congressi eucaristici sono una grazia di rinnovamento permanente della vita eucaristica della Chiesa.

2.4. Il legame tra Eucaristia e “nuova evangelizzazione”

Compito dei Congressi eucaristici è dare un contributo alla nuova evangelizzazione [7] ma secondo i mezzi loro propri. In questo senso l’espressione programmatica “nuova evangelizzazione” non può designare altro, in questo caso, che l’evangelizzazione mistagogica, cioè l’evangelizzazione che si compie alla scuola della Chiesa in preghiera, l’evangelizzazione a partire dalla liturgia e attraverso la liturgia. [8]

Ma ogni Congresso porta in sé anche un afflato evangelizzatore in senso più strettamente missionario e questo già a partire dagli anni Venti del Novecento quando, sotto il pontificato di Pio XI, i Congressi eucaristici coinvolsero numerose Chiese particolari dei cinque continenti. Da allora in poi, il binomio Eucaristia-missione evangelizzatrice è entrato a far parte stabilmente delle linee guida proposte dalla Santa Sede attraverso il Pontificio Comitato.[9] La mensa eucaristica viene così a rappresentare il centro diffusore del fermento del Vangelo, diventa forza propulsiva per la costruzione della società umana e pegno del Regno che viene.

I Congressi introducono la dimensione salvifica dell’Eucaristia nella vasta realtà del mondo moderno e nella pluralità delle culture: «I fedeli sono invitati a prendere coscienza che una Chiesa autenticamente eucaristica è una Chiesa missionaria. Di fatto, l’Eucaristia è fonte di missione. L’incontro eucaristico… risveglia nel discepolo la volontà decisa di annunciare agli altri, con audacia, quanto si ha ascoltato e vissuto, per condurre anche loro allo stesso incontro con Cristo. In questo modo, il discepolo, inviato dalla Chiesa, si apre ad una missione senza frontiere».[10]

Così la preparazione e la celebrazione congressuale devono manifestare l’esigenza che l’Eucaristia diventi risposta adeguata alla sete di verità, di novità e di vita che ogni individuo porta nel cuore. E questo vale non solo nei paesi tradizionalmente destinatari dell’azione missionaria ma anche nei Paesi di antica evangelizzazione dove è più che mai necessario riportare al centro la persona di Cristo e il suo Vangelo perché la Chiesa resti fedele alla sua missione e continui ad essere seme di futuro e di vita.

Infine, i Congressi eucaristici possono diventare anche il luogo privilegiato per una migliore e più attenta articolazione tra eucaristia ed evangelizzazione o, detto altrimenti, tra la convocazione della Chiesa in assemblea eucaristica e la missione affidatale da Cristo stesso di annunciare il vangelo del Regno. «È di per sé evidente che soltanto un popolo di Dio, che si è lasciato radunare in unità e concordia, è in grado di convincere il mondo».[11]

Nell’orizzonte del Terzo Millennio, la nuova evangelizzazione resta una sfida permanente per i Congressi eucaristici; [12] essi aiutano a trasformare l’accoglienza e la celebrazione dell’Eucaristia in un motore di cambiamento del cuore e della società e nella creazione di una cultura di fraternità. L’Eucaristia è posta al centro per modellare la vita cristiana e l’impegno comune di diffondere il Vangelo.

 

3. Una presenza da reinterpretare a livello pastorale

Ogni Congresso Eucaristico Internazionale costituisce una specie di traguardo a lungo preparato per fare emergere la centralità dell’Eucaristia nella Chiesa, coinvolgendo tutte le Chiese particolari. È il culmine ma anche la fonte. Da un Congresso vissuto come esperienza “cattolica”, sgorgano luci, frutti, esperienze che rifluiscono nelle chiese particolari, per animare la vita eucaristica dei fedeli. Il ruolo dei Comitati Nazionali e dei loro Delegati, sotto l’impulso del Comitato Centrale consiste nel raccogliere e rilanciare i frutti di vita che vengono dal Congresso affinché tutta la cattolicità sia irrigata come dal fiume di vita dell’Agnello.

I delegati nazionali diventano come affermava padre Jesús Castellano Cervera nel suo intervento nell’Assemblea plenaria del novembre 2002, «gli animatori permanenti del culto eucaristico nelle rispettive nazioni e chiese locali, per mantenere vivo lo slancio e la fiamma fra i due Congressi, come ponte vitale, da un evento all’altro». E aggiungeva: «I Delegati sono chiamati a mantenere viva la fiamma, in modo che non siano i Congressi momenti episodici, alti, ma tutto sommato, passeggeri, ma abbiano una continuità e uno slancio. L’Eucaristia è mistero di vita quotidiana, è luce nel cammino storico della Chiesa, è viatico del popolo di Dio. L’Eucaristia sarà sempre centro della vita della Chiesa, fino al giorno della venuta del Signore. Nella loro specifica missione e a livello universale, terranno sempre viva la fiamma della presenza e dell’attesa del Signore».

A questo scopo i Delegati Nazionali devono sprigionare con costanza tutte le loro risorse teologiche, pastorali e spirituali. Tentiamo qui alcune indicazioni a livello pratico.

3.1. L’Eucaristia al centro della pastorale

Costruire un a pastorale ed una spiritualità cristiane per il nostro tempo devono essere “eucaristicocentriche”.

È possibile costruire la pastorale della chiesa locale secondo un paradigma eucaristico. Esso parte dal modello della “vita come offerta” (tale è il significato essenziale dell’Eucaristia) e nel principio di fraternità; perché c’è bisogno non semplicemente di “dichiarare” la fratellanza, come ha pure ha fatto la modernità, ma anche di “tradurla” in stili di vita. D’altra parte, era proprio questo il segno distintivo delle prime comunità cristiane. Dunque, è nella concretezza della vita quotidiana che c’è bisogno di vedere testimoniata la solidarietà, di sentirla vissuta, di poterla raccontare, in modo tale che il “vivere con gli altri” giunga ad essere un “vivere per gli altri”, e questo vivere per gli altri diventi responsabilità concreta e costume non solo di alcuni ma di tanti.

Il paradigma eucaristico si realizza nel sacrificio. Il richiamo al “sacrificio” comporta nell’ottica eucaristica il passaggio dal “sacrificare” al “sacrificarsi”, cioè all’offrire se stessi realizzando quel culto spirituale che è già al centro della visione paolina della Lettera ai Romani (12, 1) e che tanto posto ha nell’esortazione apostolica di Benedetto XVI.

Come si vede il tema eucaristico è declinato nella Chiesa locale con un duplice obiettivo: riscoprire Parola e Pane come dono di Cristo alla Chiesa per la vita quotidiana e, insieme, riconoscere che vivendo l’Eucaristia i cristiani non si contrappongono al mondo ma si pongono al suo servizio. Una vita cristiana incentrata sull’Eucaristia restituisce di fatto ai battezzati il loro posto nella società e li rende lievito del mondo.

3.2. L’Eucaristia, un modello per il dialogo

Vivere positivamente il dialogo.

Il nostro mondo interconnesso e globalizzato è lo spazio del dialogo positivo delle culture, dei saperi e delle religioni, spazio in cui la Sapienza eterna di Dio viene testimoniata dall’evento Cristo vissuto nella Chiesa. Si dovrà naturalmente evitare il rischio del relativismo e del sincretismo, avendo peraltro chiaro che l’alternativa all’incontro tra le civiltà è lo scontro delle civiltà.

Questo dialogo può essere perseguito come dialogo ecumenico in campo cristiano o come dialogo interreligioso inteso (come ha recentemente sostenuto Benedetto XVI) come dialogo tra credenti piuttosto che tra religioni.

Particolarmente importante per noi è il rapporto Eucaristia-dialogo ecumenico. Nelle Chiese di antica evangelizzazione questo impegno è stato sempre un po’ marginalizzato sia per ragioni sociologiche che per ragioni ideologiche ed apologetiche. Per esempio, nei primi 37 Congressi eucaristici Internazionali non si sono mai affrontati i temi dell’ecumenismo se si eccettua – ma solo in parte e con accenti assai diversi dagli attuali – il Congresso di Gerusalemme del 1893.

Oggi, tuttavia, non è più possibile dimenticare il nesso essenziale tra Eucaristia e comunione delle Chiese. Se infatti, per sua stessa natura, l’Eucaristia manifesta e realizza la forma ecclesiae, essa rappresenta non solo il fine ma anche la via e il mezzo per giungere alla comunione visibile tra le Chiese cristiane.

È interessante ricordare, per esempio, che l’introduzione delle nuove preghiere eucaristiche nel Messale Romano con le loro epiclesi di consacrazione ha favorito l’avvicinamento teologico con i fratelli ortodossi, così come l’attenzione data alla Parola di Dio nel culto cristiano ha condotto alla presenza ormai normale di rappresentanti delle Chiese riformate nei Congressi eucaristici fin dagli anni Settanta. Negli ultimi anni, nelle conferenze congressuali, si sono posti con libertà i problemi dei rapporti ecumenici in genere, compreso il problema della intercomunione.

Le relazioni ecumeniche cominciarono ad entrare a pieno titolo nei Congressi eucaristici A Monaco di Baviera nel 1960. Era il tempo in cui i preparativi per il Concilio avevano condotto il beato Giovanni XXIII a creare il Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani. Da allora in poi, nella prospettiva ecclesiale del Vaticano II, il movimento verso l’unità dei cristiani è diventato parte integrante del cammino della Chiesa e quindi anche dei Congressi eucaristici che oggi accettano la grande sfida dell’ecclesiologia eucaristica, il ristabilimento del corretto rapporto Eucaristia e Chiesa mirabilmente espresso dall’apostolo Paolo e dalla tradizione ecclesiale.

All’impegno ecumenico si è aggiunto, in tempi più recenti – come si è sperimentato specialmente nei Congressi di Bombay (1964) e Seul (1989) il dialogo interreligioso segnato dallo “spirito di Assisi”: l’invito alla lode che sgorga dalla fede in un Dio creatore, il richiamo alla pace anelito universale dell’animo umano, alla giustizia.

L’Eucaristia aiuta il cristiano a non evadere dalla storia e dai suoi problemi ma ad affrontare la realtà con la forza che viene dalla Pasqua di Cristo: «L’uomo religioso, di fronte alle insidie del male, sa di poter contare su Dio, assoluta volontà di bene… per ottenere il coraggio di affrontare le difficoltà, anche le più dure, con personale responsabilità, senza cedere a fatalismi o a reazioni impulsive».[13]

L’accenno al dialogo, allo stile relazionale che nasce dall’Eucaristia, ha delle importanti ricadute anche a livello di evangelizzazione. «Il dialogo e l’annuncio» [14] è il titolo di un testo del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso che ricorda che l’evangelizzazione non è solo annuncio ma anche dialogo: il dialogo, dunque, come momento o elemento coessenziale dell’opera evangelizzatrice, cui la chiesa è chiamata per mandato divino.

Questo stile relazionale viene ai cristiani dall’Eucaristia. Essa, infatti, del dialogo offre un modello a cominciare da quella particolare forma di dialogo che è il dialogo di Dio con l’uomo che è l’alleanza antica e nuova, e che trova compimento proprio nell’Eucaristia, e dell’uomo con Dio che è la preghiera nelle sue diverse espressioni individuali e comunitarie, spontanee e cultuali, che trova la sua pienezza proprio nella liturgia.

3.3. Eucaristia per una città fraterna

La comunità cristiana, pur differenziata al suo interno sia in termini ecclesiali che socioculturali, riunita nel celebrare l’Eucaristia, mostra nel concreto la possibilità di coniugare insieme pluralismo e unità, attesa escatologica e impegno storico, comunione dei santi ed impegno per la giustizia.

Si tratta qui di sviluppare la riflessione abbozzata da Benedetto XVI nella Caritas in Veritate e nella Sacramentum Caritatis, in particolare dove sostiene: «Conseguenza significativa della tensione ecatologica insita nell’Eucaristia è anche il fatto che essa dà impulso al nostro cammino storico, ponendo un seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti». Pertanto «i cristiani si sentano impegnati a non trascurare i doveri della loro cittadinanza terrena. È loro compito contribuire con la luce del Vangelo all’edificazione di un mondo a misura d’uomo e pienamente rispondente al disegno di Dio» (SaC, 20).

Potremmo chiamare questo il Vangelo cristiano della politica, su cui insiste ancora la Sacramentum Caritatis (n. 89) sottolineando che «la mistica del sacramento ha un carattere sociale», per cui «l’Eucaristia diventa nella vita ciò che essa significa nella celebrazione, vale a dire che la Chiesa e i cristiani non devono restare ai margini della lotta per la giustizia. La Chiesa in quanto tale lo farà argomentando nella sfera pubblica e risvegliando le forze spirituali, senza le quali la giustizia che sempre richiede anche rinunzie, non può affermarsi e prosperare».

Gli «uomini e donne eucaristici»,[15] dopo aver ascoltato la stessa Parola, condiviso lo stesso Corpo, bevuto allo stesso calice, ritornano nella città terrena per tracciare percorsi di comunione che formano la trama più vera del vivere umano.

 

4. Per concludere

4.1. Tra dono e impegno

Il messaggio del prossimo Congresso Eucaristico: «Eucaristia comunione con Cristo e tra di noi» potrebbe essere tradotto: «Diventare persone eucaristiche che testimoniano nel mondo la presenza del signore e costruiscono la convivialità». Non è solo una frase ad effetto, ma una convinzione profonda che può costituire, in sintesi, la “consegna” per preparare il congresso.

Questo della “consegna” è un aspetto essenziale affinché il congresso non costituisca solo un evento, un “grande evento” ma permetta un rinnovamento di mentalità che fruttifichi prima, durante e dopo il Congresso in una serie di atteggiamenti che portino i cristiani ad “essere comunità eucaristica”, famiglia di Dio, fraternità animata dallo Spirito, comunione di persone, Chiesa dei volti…

Nel deserto di verità e di valori che stiamo attraversando, il nostro “esodo” faticoso è sostenuto da una manna che ci spinge a mutamenti di mentalità, di rinnovamento dello stile di vita. C’è una grande richiesta di condivisione (per dire capacità di comprensione e di coinvolgimento), di conversione (per dire capacità di cambiamento e di corresponsabilità), di comunione (per dire capacità di cooperazione e di collaborazione). Ma per rispondere a questi bisogni non bastano le nostre relazioni caratterizzate in misura crescente in senso individualistico e massificato.

Proprio l’Eucaristia, come ha scritto Giovanni Paolo II nella Ecclesia de Eucharistia, «da impulso al nostro cammino storico, ponendo un seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti» (n. 20).

4.2. Un’eredità feconda

Il grande movimento eucaristico che ha dato origine ai Congressi eucaristici ha percorso la storia della Chiesa tra Ottocento e Novecento portando frutti inestimabili di santità e di crescita ecclesiale sopravvive oggi non solo e non tanto in alcune associazioni superstiti, né è limitata ai movimenti carismatici apparsi negli anni ’70 del Novecento che pongono al centro della loro spiritualità le devozioni eucaristiche. Oggi la forza eucaristica già così dinamicamente espressa dal movimento eucaristico internazionale d’un tempo, sopravvive e cresce nelle Chiese particolari che nell’Eucaristia domenicale celebrano insieme la sorgente e il culmine del loro cammino di comunione.

È al servizio di queste comunità cristiane che noi ci poniamo come Delegati nazionali offrendo il nostro impegno di fede e di amore, di intelligenza e di cultura, di pastorale e di spiritualità affinché l’opera di preparazione dei fedeli al Congresso eucaristico spinga ad intraprendere tante iniziative meritevoli, conduca ad una partecipazione massiccia alle celebrazioni irlandesi del 2012 ma, soprattutto, trasformi le nostre Chiese particolari in comunità eucaristiche dove la partecipazione alla mensa del Signore costruisce vincoli di carità e sviluppa tutta la forza vitale del sacramento.

 

 
 
[ 1] Cfr Statuto in Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali (a cura di), I Congressi Eucaristici, Libreria Editrice Vaticana 2010, pp. 7-19.

[2] AAS, XCV, 203.

[3] LG, 26.

[4] Giovanni Paolo II, Ad sodales Congregationis pro Doctrina Fidei, 18 gennaio 2002, AAS XCIV, pag. 334.

[5] Walter Kasper, L’ecclésiologie eucharistique: du Vaticano II à l’exhortation Sacramentum Caritatis in L’Eucharistie don de Dieu pour la vie du monde. Actes du Symposium international de théologie, Quebec 2009, pag. 211.

[6] Rituale De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra Missam, 21 giugno 1973, n. 112.

[7] L’espressione cara a Giovanni Paolo II figura nella lettera apostolica Novo millennio ineunte (n. 40) e ritorna in Ecclesia de Eucharistia al n. 6.

[8] Cfr. Sacramentum Caritatis n. 64. Per il senso della “evangelizzazione mistagogica” si veda: Cesare Giraudo, “In unum corpus”. Trattato mistagogico sull’Eucaristia, Cinesello Balsamo 2001, p. 604.

[9] Statuto, nn. 15 e 19 in: Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, I Congressi Eucaristici. Statuto. Percorso storico. Suggerimenti e proposte, Ed. Libreria Vaticana 2009, pp. 15 ss.

[10] XI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Elenco finale delle proposizioni, n. 42; in Synodus Episcoporum Bollettino 22.10.2005.

[11] Gerard Lohfink, Dio ha bisogno della chiesa?, San Paolo, Cinisello Balsamo 1999, p. 78

[12] Paul Poupard, L’Eucaristia e la Nuova Evangelizzazione: Una sfida per i Congressi eucaristici, in I Congressi Eucaristici Internazionali per una nuova evangelizzazione, op. cit. pp. 59-78

[13] Giovanni Paolo II, Assisi, 24 gennaio 2002

[14] Documento congiunto del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Roma, 19 Maggio 1991. In OR, 21 giugno 1991.

[15] Enzo Bianchi, L’Eucaristia e la città, Qiqajon 2002. Sullo stesso tema cfr. la relazione tenuta da Dossetti al Congresso eucaristico diocesano di Bologna nel 1987 (Giuseppe Dossetti, Eucaristia e città, Roma 1997)

  

 

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