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 PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA

INTERVENTO DI S.E. MONS. MAURO PIACENZA

Inaugurazione del Museo Diocesano della Diocesi di Gaeta

 Gaeta, 27 aprile 2006 

 

Mi è particolarmente gradito essere presente oggi alla cerimonia inaugurale del Museo Diocesano di Gaeta, perché esso costituisce il felice esito di una serie di collaborazioni. Esse hanno investito le Autorità civili dello Stato, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali ai suoi organi periferici, le Soprintendenze, e le Autorità ecclesiastiche, dall’Eccellentissimo Arcivescovo, ai parroci e rettori, fino alla Pontificia Commissione che rappresento e che è stata coinvolta in quest’opera fin dall’inizio.

Questa circostanza mi consente di presentare brevemente una riflessione su come la Chiesa concepisce i propri beni culturali e come un museo diocesano rientri in tale logica. Secondo la definizione che il papa Giovanni Paolo II di v. m. consegnò alla Pontificia Commissione, i beni culturali comprendono “innanzitutto, i patrimoni artistici della pittura, della scultura, dell'architettura, del mosaico e della musica, posti al servizio della missione della Chiesa” (Allocuzione ai membri della prima Assemblea plenaria della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, 12 ottobre 1995, n. 3). A questi il Pontefice aggiungeva i beni librari, archivistici, cinematografici ecc., ma noi ci soffermeremo soprattutto sulla prima categoria, dal momento che la maggior parte dei musei e delle collezioni sono di interesse artistico.

Come si diceva tali beni sono “posti al servizio della missione della Chiesa”. Essi lo sono chiaramente mentre restano in uso come arredi e suppellettili liturgiche e si trovano al loro posto nelle chiese, ma – ed è questo il punto su cui vorrei richiamare l’attenzione – continuano a restare tali – cioè a contribuire alla missione della Chiesa – anche quando cadono in disuso ed entrano in un museo ecclesiastico. Tali manufatti, accanto al valore storico e artistico, conservano anche quello spirituale. Essi presentano un interesse storico, per il fatto di essere, a loro modo, testimoni di un determinato periodo della vita della Chiesa e delle comunità cristiane, che li hanno prodotti; hanno sovente un valore assoluto di opera d’arte, essendo prodotti, talora sommi, della tecnica e dello stile di un’epoca e, nel contempo, espressione del linguaggio della bellezza universale e intramontabile; inoltre documentano il livello spirituale delle comunità cristiane che ne sono all’origine, perché sono espressione delle differenti forme di devozione alle quali erano destinati, delle diverse espressioni della pietà popolare e delle tradizioni locali che le hanno in qualche modo ispirate. Inoltre, non è da negare, quando è possibile, un riuso temporaneo di suppellettili, che possono ancora onorare il culto divino in particolari circostanze.

Una riflessione sul museo ecclesiastico, dunque, va certamente oltre la categoria museale in senso stretto, poiché deve tenere conto, oltre che delle altre finalità di natura culturale in senso ampio, della finalità pastorale, che è al centro dell’azione della Chiesa. Ne deriva che l’organizzazione di un museo ecclesiastico dovrebbe entrare, a pieno diritto, nel cuore stesso dei programmi e delle istituzioni pastorali di una Diocesi, avendo alla base un progetto concreto di animazione e di formazione della comunità ecclesiale. Quanto a tale finalità pastorale, il museo ecclesiastico “si pone quale strumento di evangelizzazione cristiana, di elevazione spirituale, di dialogo con i lontani, di formazione culturale, di fruizione artistica, di conoscenza storica. È quindi luogo di conoscenza, godimento, catechesi, spiritualità” (Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, La funzione pastorale dei musei ecclesiastici, 29 giugno 2001, n. 2.1.1.).

A motivo dell’Incarnazione del Verbo e del carattere sacramentale della Chiesa, quest’ultima ha sempre creduto che anche gli oggetti d’arte illustrano, a loro modo, il legame fra Dio e l’uomo, e sono, in qualche modo, un’anticipazione, nella prospettiva della bellezza sensibile, dello splendore della visione beatifica.

Certamente, “il museo ecclesiastico è da leggersi in stretta connessione con il territorio di cui è parte, in quanto ‘completa’ e ‘sintetizza’ altri luoghi ecclesiali. Pertanto la tutela e la valorizzazione dell’intero patrimonio storico-artistico locale hanno il fine di sviluppare nei singoli e nella comunità la coscienza del valore della storia umana e cristiana” (Ibidem, 2.1.2.). L’inserimento territoriale del museo postula la realizzazione di varie iniziative, a livello diocesano, che possano permetterne una fruizione sia ecclesiale sia pubblica: giornate di studio, visite guidate, esposizioni ecc. che facciano conoscere innanzitutto ai fedeli, che sovente la ignorano, e poi ai visitatori la ricchezza del patrimonio artistico e storico locale, il radicamento della Chiesa nel territorio e il suo ruolo lungo i secoli per la promozione culturale, sociale e religiosa della città. In tal senso il Museo diocesano, da una parte fa da catalizzatore per quei beni ancora dispersi in vari siti, che in tale spazio troverebbero un congruo contesto, dall’altra costituisce il fulcro dell’intero patrimonio storico artistico diocesano, così da attivare la tipologia del “museo diffuso”.

Il Museo Diocesano di Gaeta risulta essere un chiaro esempio di tale connessione con la città e il territorio. Esso non solo occupa una parte di un palazzo legato alla memoria di uno dei cittadini più illustri, Tommaso de Vio, detto il Cardinal Gaetano, uno dei più illustri teologi del suo tempo, ma offre uno spaccato molto ampio e interessante dell’arte locale dal XII al XIX secolo. Lo stesso celebre “Stendardo di Lepanto”, nel documentare come in altri tempi si risolvevano i conflitti fra popoli e religioni, resta comunque una testimonianza della fede dei nostri avi che merita rispetto e gratitudine.

Desidero pertanto ringraziare Mons. Mazzoni e quanti hanno reso possibile la realizzazione e l’allestimento di questo museo ed augurare che esso diventi realmente un polo della cultura cittadina – unitamente ad altri enti qualificanti questa Città, ricca di vestigia antiche e di tradizioni venerande – e, per la Chiesa locale, un centro di proficua attività pastorale.

 

Mauro Piacenza
Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa
Presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra

 
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