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La Curia Romana  
 

 

 
 
 

CONFERENZA STAMPA DI

PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

PER LA QUARESIMA 2000

 

Nell'Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, l'Arcivescovo Mons. Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum ha presieduto la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Papa per la Quaresima 2000 sul tema: "Io sarò con voi sino alla fine dei tempi " (Mt. 28, 20).

Hanno inoltre preso parte alla Conferenza Stampa S. E. Mons. Angelo Massafra, OFM, Arcivescovo di Shkodrë (Scuatari), Albania, e i Monsignori Karel Kasteel e Francisco Azcona, rispettivamente Segretario e Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum

PRESENTAZIONE DELL'ARCIVESCOVO CORDES

 Signore e Signori,

       La storia dell'umanità può essere ripercorsa riflettendo sul drammatico conflitto tra bene e male, tra vita e morte, che pervade ogni epoca. Il messaggio della Quaresima del 2000 di Giovanni Paolo II, che oggi presentiamo, prende ispirazione da questo conflitto. Esso ha avuto delle espressioni spaventose nel corso del secolo appena concluso.

       Ci sono dei fenomeni che risaltano in modo particolare. Sono stato inviato dal Santo Padre nel Nicaragua nel dicembre del 1998 per celebrare un Requiem per le vittime dell'uragano "Mitch". Ho visto le rovine provocate dal terremoto in Armenia/Colombia nel febbraio dello scorso anno. Ho ringraziato con cristiani e musulmani per la liberazione del Kossovo durante un pellegrinaggio a Prizren e sperimentato l'odio che continua a dividere questo Paese e la sua gente. Anche altri eventi atroci nell'ultimo anno hanno colpito i popoli: le frane in Venezuela, la persecuzione dei cattolici a Timor Est, la guerra in Cecenia che non si ferma nemmeno di fronte all'uccisione di bambini, uomini e donne.

       Tutti questi solchi di sofferenza ci portano alla mai spenta domanda sul perché del male, soprattutto quando è inferto all'uomo da un altro uomo. É presente con noi un testimone della distruzione di quanto c'è d'umano, una distruzione che durante alcuni mesi ci ha tenuti con il fiato sospeso, Mons. Massafra di Scutari. Ha vissuto in prima persona la disperazione di tanti profughi in Albania. Le sue parole ci aiuteranno ad identificare dei motivi che fanno di questa terra un inferno.

  

INTERVENTO DI S. E. MONS. MASSAFRA, O.F.M.

      Ringrazio Sua Eccellenza Mons. Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", per avermi invitato a questa conferenza stampa, ma soprattutto lo ringrazio per essere venuto in Albania nel momento più critico dell'emergenza, testimoniando la gran carità e solidarietà del Santo Padre ed il Suo impegno per la Pace!

      L'Albania, in questi ultimi tre anni del XX secolo, ha vissuto una serie di grandi emergenze: prima a causa della rivolta interna del marzo'97 con la volatilizzazione dello Stato e con gravi ripercussioni nella vita sociale ... e mentre con "grande fatica" ne veniva fuori, nel 1998 ha visto scoppiare il "Problema Kossovo" con le migliaia di rifugiati che si riversavano entro i suoi confini.

      Nel marzo'99 la grande tragedia del Kossovo oltrepassa le dimensioni regionali per divenire un conflitto internazionale.

      La "povera Albania" ha potuto supportare e sopportare "la catastrofe umana", grazie alla gente albanese, allo stato albanese, alla Chiesa cattolica con la Caritas Albania ... e alle tante organizzazioni governative e non governative.

      La Chiesa Cattolica in Albania, mediante la Caritas Nazionale e le Caritas Diocesane, è stata chiamata dagli eventi tristi della storia ad una grande e straordinaria testimonianza di solidarietà verso i rifugiati kossovari, senza trascurare il servizio pastorale ordinario.

      Abbiamo 'accolto' e 'servito' diverse migliaia di rifugiati in stretta collaborazione con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e con le Autorità Albanesi, in collaborazione con le Caritas Internazionali, Nazionali e Diocesane e con le O.N.G. e con tanti volontari albanesi ed esteri.

      "La carità vissuta: segno della vitalità della fede, mezzo di riconciliazione"

      "La Chiesa è chiamata a testimoniare la comunione, la pace e la carità che la contraddistinguono" (Messaggio del Papa).

      Dal Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace 2000:

- "Con la guerra è l'umanità a perdere (n.3)

- "Le conseguenze più drammatiche di questi conflitti sono patite dalle popolazioni civili" (n.8)

 

      Per alleviare le inaudite sofferenze delle popolazioni civili, prima ancora che si fosse mobilitato il mondo, era in piena attività la Chiesa.

      La Caritas Albania è impegnata fin dal giugno 1998 con il Centro d'accoglienza profughi a Fjerze, con l'ambulatorio medico di Tropoja, e, dall'agosto 1998, con il Centro di Arra e Madhe in Scutari, con un settore d'accoglienza con assistenza speciale per anziani abbandonati, non autosufficienti e famiglie con uno o più membri portatori di handicap.

      Ma l'accoglienza più grande si è potuta realizzare, quando, nel pieno della tragedia, insieme a molte famiglie che hanno aperto le porte di casa, anche tutte le comunità religiose hanno offerto: chi la palestra, chi due sale al piano terra, chi la scuola, chi bagni e docce, chi la Chiesa ... ogni convento è diventato un villaggio!

      Posso testimoniare che durante i tre mesi dell'emergenza e degli arrivi improvvisi, siamo andati a dormire sicuri che nessun rifugiato a Scutari avrebbe passato la notte per strada (un gruppo faceva la ronda ...).

      Con l'afflusso massiccio dei rifugiati attraverso Morine, il 30 marzo 1999 la Caritas ha allestito un campo di emergenza a Kukes, per la prima accoglienza, servizio ambulatoriale, e conforto umano e religioso insieme.

      La tremenda sofferenza ha spinto a trovare il conforto nella preghiera: una tenda (nel Campo Italiano Kukes I) trasformata in luogo di culto interreligioso: su un carro di profughi erano esposte Bibbia e Corano: ogni sera c'era la preghiera tra cattolici e musulmani.

      La chiesa delle Suore Stimmatine viene trasformata in casa di rifugiati, tutti musulmani.

      Quando andavo a visitarli, tutti indistintamente, cattolici e musulmani, mi ringraziavano per la squisita accoglienza fatta dalla Chiesa cattolica.

      Desidero raccontare un fatto accaduto a me personalmente: nella palestra delle suore Salesiane a Scutari, sono circa 200 rifugiati, maggioranza bambini, ragazzi ed anziani: passando mi fermo, mi inginocchio vicino, chiedo, mi raccontano; i bambini, curiosi, mi toccano il Crocifisso, mentre una ragazza, di 13 anni, tocca la croce e dice "i Keqi" cioè "Cattivo", e scappa! la faccio chiamare, viene con difficoltà, l'accarezzo e dico: capisco perché tu dici al Crocifisso "Cattivo": chi ti ha cacciato di casa è un cristiano! Adesso noi cattolici, le suore, ti abbiamo accolto, proprio in nome del Crocifisso. Tu sei grande e devi saper distinguere! Ci siamo lasciati con un  bel sorriso!

      "Con la virtù della speranza, il Cristiano testimonia che, al di là di ogni male e di ogni limite, la storia reca in sé un germe di bene che il Signore farà germogliare in pienezza" (Messaggio del Papa).

      Ecco alcune testimonianze raccolte a viva voce tra i profughi (musulmani) residenti nel Campo di Shengjin (Lezhe) sia durante la loro permanenza, sia al momento della partenza.

- Dopo alcuni giorni di permanenza nelle tende, un gruppo di 50 persone è stato trasferito in un caseggiato alla periferia di Lezhe. Il giorno dopo è ritornato ed il capogruppo ci ha detto: "Qui, anche se siamo nelle tende, ci sentiamo protetti dalla Croce e la vostra presenza, sorelle, ci tranquillizza. Qui c'è pace, i nostri bambini hanno quello di cui hanno bisogno per superare il trauma della guerra. Qui trovano affetto, istruzione, sicurezza, giocano ... a loro non manca nulla ... noi vogliamo restare con voi!"

- Una bambina di 10 anni, in un disegno, ha rappresentato la casa delle suore con una grande Croce e la statua del S. Cuore con la scritta: "Qui ho trovato la salvezza ed ho ricominciato a vivere"

- Il giorno prima di partire, tutte le donne e le ragazze presenti nel campo hanno organizzato una festa di ringraziamento per la presenza delle Suore in mezzo a loro, per tutto il bene che è stato loro donato e soprattutto perché dalle suore hanno ricevuto forza per continuare a sperare in un futuro migliore per se stesse e per i loro paese: "Qui noi abbiamo ripulito il nostro sangue che ora scorre con meno odio verso i serbi..."

- Ed il giorno della partenza:

"... grazie perché ci avete aiutato, non solo donandoci da mangiare, ma sostenendoci nei momenti difficili, di dolore, di angoscia ..."

"non vi dimenticheremo mai, venite da noi, vi aiuteremo a costruire la vostra chiesa nel nostro villaggio perché da noi non c'è la chiesa cattolica ..."

"... ci avete aiutato senza chiederci di quale credo fossimo, grazie per il rispetto e per l'aiuto disinteressato che ci avete dato..."

"... Il Dio grande ed onnipotente vi benedica per tutto il bene che ci avete fatto ..."

- Mitrovica, città simbolo dello scontro tra serbi e albanesi kossovari, dove particolarmente non esistono cattolici, mentre un francescano ed un gesuita riaccompagnavano a casa gli anziani ospitati nel nostro centro di Scutari, erano fermati da molte persone, che vedendo il furgone della Caritas dicevano: venite a bere un caffè, fermatevi a casa nostra: siamo stati ospiti vostri, siamo stati alla Caritas, siamo stati fortunati!...

      La Chiesa cattolica con il suo impegno nella preghiera per la pace, e nella solidarietà, è stata ed è segno di grande di speranza, riscuotendo grande apprezzamento da tutti e dagli stessi kossovari-albanesi sia cattolici sia musulmani.

      Per finire faccio due appelli:

- non più assistenza, ma investimenti per il nord-nordest dell'Albania, per creare posti di lavoro;

- costruiamo una chiesetta nei villaggi delle montagne, nel Giubileo del 2000.

 

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO CORDES

       Sono convinto che queste parole dell'Arcivescovo di Scutari ci obbligano a confrontarci di nuovo con la miseria dell'uomo. Non possiamo non scontrarci con questa contraddizione: mentre tutti noi ci sentiamo fatti per il bene, esiste la morte. Ci sentiamo spinti ad approfondire la vecchia ricerca delle radici della sofferenza nel mondo, di chiarire questo paradosso: l'uomo, attratto dalla felicità, crea il male. O come dice San Paolo: "Infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (Rm 7, 19).

       La sofferenza e la miseria nel mondo - da dove vengono? L'apostolo può aiutarci a trovare una risposta. In fatti ci insegna che il male non viene in primo luogo dalla natura indomita, dalle forze cosmiche, dal caso o dalle circostanze ostili. Viene piuttosto dal cuore dell'uomo. Nel contesto della frase citata sopra san Paolo scrive: "Vedo nelle mie membra un'altra legge, che ... mi rende schiavo della legge del peccato" (Rm 7, 23). È il peccato, il disprezzo di Dio, dal quale nascono tutti i germi di male presenti nell'uomo. Dobbiamo tenere ben presente questa verità perché una interpretazione onesta della realtà e delle grandi questioni della società deve scandagliare il fondo, e non accontentarsi di restare alle superficie. Altrimenti rischia di fermarsi alle apparenze, ed arriva persino ad accusare Dio stesso. La nostra miopia a volte ci porta infatti a considerare i fenomeni e le loro conseguenze, senza riconoscere che ciascuno di noi dà il suo contributo al male esistente nel mondo.

       Cercare veramente il bene dell'uomo vuol dire non esimersi dal combattere il peccato. Anche se oggi ci si serve dell'empietà e anche del sacrilegio per mettere in moto la fantasia; anche se la Chiesa osa sempre meno denunciare a chiare lettere il disprezzo della volontà divina.

       È diverso il cammino che il messaggio quaresimale per il 2000 ci vuole indicare per un futuro dal volto più umano. Il Santo Padre affronta la problematica del male alle sue radici: con enfasi inconsueta va diritto al cuore dell'uomo. È vero: ogni anno la Chiesa vede nella preparazione alla Pasqua un particolare tempo di grazia. La liturgia mette in rilievo questo aspetto. Già nel mercoledì delle Ceneri prega all'inizio della messa: "Tu dimentichi i peccati di quanti si convertono"; oppure, imponendo le ceneri stesse: "Convertitevi e credete al Vangelo!". Ma quest'anno il Santo Padre desidera rafforzare l'appello ad opporsi al peccato. Quasi ci scongiura. Poiché quest'anno santo riuscirà se ci spinge alla conversione interiore. La conversione è la porta, senza la quale tutti gli eventi, anche se riusciti da un punto di vista mediatico, sono solo un fuoco di paglia. Chi non entra nella metanoia, cioè chi non passa per la porta della fede e dell'amore, perde la grazia di questa occasione straordinaria.

      Perciò il messaggio che presentiamo non è il solito invito a prestare aiuto ai bisognosi. Non contiene il consueto appello: "Date qualcosa ai vostri fratelli che sono nel bisogno. Date del vostro poco e del vostro superfluo". Il suo tono è diverso e l'accento è diverso. Prima di tutto considera la relazione dell'uomo con Dio. Afferma che la felicità degli uomini e l'amore reciproco sgorgano da una fronte trascendente: il Padre di Gesù Cristo. Con san Paolo il Pontefice ripete: "È stato Dio a riconciliare a se il mondo in Cristo ... Vi supplichiamo ... lasciatevi riconciliare con Dio" (2 Cor, 19, 20).

      Certamente per il Papa le azioni umanitarie sono buone. Ed è motivo di soddisfazione constatare una grande vivacità in questo campo - per esempio la nostra iniziativa Panis Caritatis, che ci ha permesso di assistere popolazioni in grave necessità come nella Repubblica Democratica del Congo, in Ruanda ed in Guinea Bissau, costruendo forni, portando medicinali e generi di prima necessità. Per un cristiano tuttavia questa attenzione all'altro vuole essere un riflesso del suo svolgersi a Dio. Anzi, è possibile solo perché Dio si è avvicinato all'uomo, come testimoniano i 2000 anni di cristianesimo che celebriamo.

       Il messaggio quaresimale enfatizza perciò l'origine trascendente di ogni forma d'amore al prossimo. Scaturisce da un'intenzione teologico-pastorale, anche se contiene programmi sociali. Il messaggio del Papa è una catechesi che vuole condurre alla fede, alla speranza e alla carità, spiegandoci che queste virtù guidano il cammino di salvezza del singolo. La fede viene indicata come un "sì" a Dio, vissuta non solo come un sapere su Dio o sulla sua esistenza. È un contare su di Lui, un affidarsi a Lui nella vita ordinaria e quotidiana. Così anche la speranza non è un ottimismo superficiale, come quando diciamo "vedrai che le cose si aggiusteranno!". Il suo carattere trascendente apre alla vita dopo questa vita. Il Papa parla dell'attesa delle nozze eterne. Nella nostra lotta quotidiana non dimentichiamo troppo spesso ciò che è definitivo? Infine la virtù della carità. Anch'essa deve venire intesa correttamente come dono di Dio. L'attenzione a chi è nel bisogno appare quindi come prova di autenticità dell'amore di Dio. Di fronte a chi soffre si dimostra se esso è una pia illusione, un sentimento fuggevole o la disponibilità a darsi all'altro senza risparmiarsi.

       Il messaggio di quest'anno ci richiama alla mente un fatto importante: per il cristiano amore al prossimo e amore a Dio sono indissolubilmente uniti. Gesù stesso ce lo insegna quando parla del primo comandamento dell'amore a Dio e poi del secondo, l'amore al prossimo, che è uguale al primo. Un amico mio, Vescovo, ha voluto spiegare questo reciproco legame alla sua Diocesi con una idea originale. Aveva chiesto un segno tangibile di aiuto, ma l'offerta in denaro era vincolata ad una condizione: ad ogni contributo a scopo benefico il donatore doveva aggiungere un'opera spirituale, che poteva essere una preghiera, una visita ad un malato, l'accostarsi al sacramento della penitenza, la riconciliazione con il proprio nemico. La dimensione di fede dell'azione era condizione per il contributo materiale. Un esempio per insegnare che la carità cristiana non è ristretta all'uso della carta di credito, ma nasce da un cuore aperto alla grazia. Porta salvezza a questa società, nella misura in cui manifesta l'amore che Dio ci ha mostrato nel suo Figlio. Il Vescovo mi ha detto che l'insolito carattere dell'iniziativa non ha limitato per niente il suo risultato materiale. Soprattutto ha fatto di un'ordinaria azione della Chiesa un insegnamento catecheticamente molto importante. La Chiesa non può limitarsi a delle iniziative materiali o sociali. È chiamata alla proclamazione dell'amore che Dio ha per l'uomo. Facendo così l'aiuto umanitario che i suoi membri prestano lascia trasparire Colui che solo è la salvezza degli uomini. Perciò in questa Quaresima il gesto di carità non può essere solo l'offerta in denaro, ma l'incontro con Dio, fonte dell'amore.

 Città del Vaticano, 27 gennaio 2000

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