The Holy See
back up
Search
riga


SYMPOSIA


 

 

MARIA SANTISSIMA, FONTE PERENNE
DÂ’ISPIRAZIONE PER LA MUSICA

Roma (Italia), 7 ottobre 1999

 

Non cÂ’è bisogno di vestire i panni dellÂ’apologeta per dimostrare quanti capolavori dÂ’arte musicale hanno saputo ispirare in tutti i secoli le verità, i contenuti, gli insegnamenti della fede cristiana. E se questo è vero in generale per tutto il patrimonio dottrinale e spirituale del cattolicesimo, lo è ancora di più in rapporto alla figura di Maria, ai dogmi, ai misteri e alle solennità liturgiche legate alla Vergine Madre di Dio, da sempre oggetto privilegiato non solo della pietà popolare e della venerazione dei devoti e dei mistici, ma anche della contemplazione lirica dei poeti, degli artisti e soprattutto dei musicisti. È questo lo spirito, lÂ’idea forza che ha dominato i lavori di un recente convegno di musicisti e musicologi su un tema più che eloquente in relazione a quanto si è appena detto: "Maria santissima, fonte perenne dÂ’ispirazione per la musica". LÂ’incontro si è svolto a Roma, nellÂ’auditorium dellÂ’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, e i vari interventi degli specialisti sono stati introdotti dal Cardinale Carlo Furno, da Bruno Cagli, da mons. Valentino Miserachs, da P. Gaspar Calvo Moralejo ofm e da Giovanni Carli Ballola, che ha svolto anche la funzione di moderatore.

Il P. Angelo Gila osm e il P. Salvatore Perrella osm hanno aperto le assise con i loro contributi che hanno chiarito e approfondito la dimensione teologica e mariologica di tutte le tematiche via via affrontate nelle altre relazioni. A questo proposito Gila chiedendosi il perché di "questo meraviglioso e ininterrotto accostamento della musica a Maria da un secolo allÂ’altro", ha risposto che il motivo storico-teologico va ravvisato nel fatto che "Maria è il capolavoro di Dio, la creatura fatta a immagine di Dio, uscita da Lui allo stato puro", per cui "con Lei il cielo e la terra, Dio e lÂ’uomo, lÂ’infinito e il finito si sono fusi insieme". E la più spirituale fra le arti, appunto la musica, non poteva non subire il fascino e lÂ’ispirazione di una simile creatura.

Gli altri interventi hanno corrisposto nellÂ’insieme a un ordine cronologico. Don Giulio Cattin (assente per motivi di salute; la sua relazione è stata letta da Nicola Tangheri, dellÂ’Università di Lecce) si è occupato della produzione musicale mariana nel periodo tardomedievale, umanistico e rinascimentale, fino alle soglie del barocco. Dopo aver messo in rilievo lÂ’unità musicale europea nel periodo considerato e, in questo contesto, la creatività del contributo italiano, Cattin ha richiamato lÂ’attenzione sul grande sviluppo della musica liturgica fra XIV e XVI secolo. In questo quadro si colloca anche lÂ’enorme fioritura di composizioni mariane (antifone, mottetti, sequenze, cori, litanie, planctus ecc.) che contraddistingue questi secoli. Lo studioso si è soffermato in particolare sulla lauda italiana, da quella delle confraternite e corporazioni fino alla lauda filippina, che secondo il suo santo ideatore deve "muovere e non far maraviglia", essere cioè edificante e non barocca in senso deteriore.

Alberto Basso si è interessato della tradizione mariana nella musica protestante di Johann Sebastian Bach, del suo ambiente di Lipsia e dei suoi contemporanei. Il musicologo ha messo in evidenza tutta una forte linea di devozione e spiritualità mariana, che parte da Lutero (specialmente con il suo Commento al Magnificat) e arriva fino al Â’700 e allÂ’età bachiana. Questa spiritualità non manca di riversarsi nel rito, nella liturgia e quindi nella musica sacra. In questo ambito Bach, definito da Basso un "fedele e severo coadiutore dei ministri del culto", compone una quantità innumerevole di Magnificat, di cui rimane uno solo in due versioni degli anni Â’30 del Â’700. In questa come in tutte le altre composizioni mariane di Bach, legate alle feste liturgiche soprattutto dellÂ’Annunciazione e della Visitazione, la sua fede nella Madre di Dio si esprime con dolcezza e solennità, levità e insieme fortezza.

Il P. Leopold Maximilian Kantner ha seguito lo sviluppo della musica mariana nell’impero asburgico del ’700 e del primo ’800. Dopo aver dimostrato il grande contributo degli Asburgo alla riscossa e alla restaurazione del cattolicesimo in Europa centrale, lo studioso ha messo in evidenza la nuova fioritura della fede e devozione mariana in tutti i Paesi dell’impero austro-ungarico. Sullo sfondo di questa rinascita cattolica (ottenuta non con la repressione, ha sottolineato l’oratore, ma con il buon esempio, la cura d’anime e il lavoro degli ordini religiosi, specie i gesuiti) la stessa famiglia reale a Vienna, a Praga e nei principali santuari dell’impero – in primis a Mariazell – ha promosso una grande produzione musicale di carattere liturgico-mariano. A volte i membri stessi di casa reale eseguivano queste composizioni, non solo per i cortigiani a palazzo ma anche in piazza per il popolo.

Infine il nostro collega Marcello Filotei si è occupato del "dolore di Maria nella musica del Â’900". Il relatore ha sintetizzato bene le caratteristiche della condizione contemporanea, "alimentata dalla contraddizione tra una religiosità incerta e un inestinguibile bisogno di trascendenza". Vittima di questo conflitto, anche la musica esita fra il "partecipare direttamente alla disperazione di Maria" o limitarsi a osservarla "in unÂ’estasi contemplativa dove il senso della perdita si unisce alla visione beatifica". In ogni caso sembra che la dimensione patiens di Maria sia la più adatta a ispirare una musica come quella novecentesca, "densa di forti contrasti", ha osservato Filotei, che sono "frutto di una sofferenza dalle radici profonde".

A coronamento del convegno si è tenuto un concerto nella Basilica di S. Maria Maggiore (in precedenza Luca Della Libera aveva documentato in una comunicazione la ricchezza dellÂ’archivio musicale della Basilica Liberiana). LÂ’Orchestra e il Coro Giovanili dellÂ’Accademia di Santa Cecilia, diretti rispettivamente da Giuseppe Mega e Martino Faggiani, ha eseguito Ave Maria per soli coro e orchestra di Valentino Miserachs, Salve Regina per soprano, coro, archi e organo di Franz Joseph Haydn, Salve Regina, antifona per contralto, archi e basso continuo di Nicola Porpora e Magnificat per soli coro e orchestra di Carl Philipp Emanuel Bach. Il concerto è stato offerto dallÂ’Accademia di S. Cecilia per festeggiare la conclusione del restauro di S. Maria Maggiore ed è stato ripreso da Raitre.

Mario Spinelli
(Articolo pubblicato su
LÂ’Osservatore Romano N. 235 dellÂ’11-12 ottobre 1999)

-       -       -

[Français]
La représentation de Marie, les dogmes, les mystères et les solennités liturgiques liées à la Sainte Vierge Mère de Dieu, ont été depuis toujours lÂ’objet privilégié de la contemplation lyrique des poètes, des artistes et surtout des musiciens. CÂ’est cet esprit, cette idée-force qui ont dominé les travaux des musiciens et des musicologues sur le thème : La Sainte Vierge Marie, source intarissable dÂ’inspiration pour la Musique. Ce congrès sÂ’est tenu à Rome, dans lÂ’auditorium de lÂ’Académie Nationale de Sainte-Cécile. Pour couronner le tout, un concert dans la Basilique de Sainte-Marie-Majeure, fut donné par lÂ’Académie de Sainte-Cécile, célébrant également la fin des travaux de restauration de la Basilique.

[English]
The dogmas, mysteries and liturgical celebrations linked to the Virgin Mother of God, and the image of Mary, have always been prominent in the lyric contemplation of poets, artists and – above all – musicians. This was the spirit and guiding theme in a gathering of musicians and musicologists on The Blessed Virgin Mary – a perennial source of musical inspiration, which took place in Rome, in the auditorium at the National Academy of Saint Cecilia. The convention culminated in the Basilica of Saint Mary Major, where the Academy of Saint Cecilia held a concert to celebrate the restoration of the Basilica.

[Español]
La figura de María, los misterios y las solemnidades litúrgicas ligadas a la virgen Madre de Dios, han sido desde siempre objeto privilegiado de la contemplación lírica de los poetas, de los artistas y sobre todo de los músicos. Este es el espíritu, la idea motriz que ha predominado durante los trabajos del encuentro de músicos y musicólogos acerca de María Santísima, fuente perenne de inspiración para la música, realizado en Roma, en el auditorio de la Academia Nacional de Santa Cecilia. Como culminación del encuentro tuvo lugar un concierto en la Basílica de Santa María la Mayor, ofrecido por la Academia de Santa Cecilia para conmemorar la conclusión de los trabajos de restauración de la Basílica.

 

*       *       *

 

EL CINE: IMÁGENES PARA UN DIÁLOGO ENTRE LOS PUEBLOS
Y UNA CULTURA DE LA PAZ EN EL TERCER MILENIO

Roma (Italia), 2-4 de diciembre de 1999

 

Del 2 al 4 de diciembre ha tenido lugar en Roma, en la sede de la Universidad Gregoriana, un encuentro internacional de estudios con el título El cine: imágenes para un diálogo entre los pueblos y una cultura de la paz en el Tercer Milenio. Este congreso, convocado y organizado por el Consejo Pontificio de la Cultura y el Consejo Pontificio de las Comunicaciones Sociales, en colaboración con el "Ente dello Spettacolo", está encuadrado dentro de los actos del festival internacional de cine Tertio Millennio, que este año ha llegado a su III edición.

El Festival del Cine Espiritual no es, ciertamente, de aquellos que atraen la atención de la prensa del corazón por la presencia de los astros de la pantalla. Sin embargo, dentro de sus modestos límites, ha logrado afianzarse como una presencia alternativa en el panorama cinematográfico. Como explica Andrea Piersanti, Presidente del "Ente dello Spettacolo" –la institución que ha ideado y organizado en estos tres años el festival– "la critica cinematográfica contemporánea, a base de limitarse al análisis estético de las películas, de contentarse con examinar los aspectos estéticos y técnicos, se ha visto incapaz de afrontar un análisis de los contenidos del cine, y sobre todo, falta de preparación para hablar de ética y valores humanos en el cine. El festival de cine espiritual pretende precisamente colmar este vacío". Para ello, busca dar espacio a otro tipo de cine, cargado de valores humanos, éticos y espirituales; ese cine que, desgraciadamente, sólo transmiten en televisión en la madrugada, como comentaba irónicamente el director argelino Rachid Benhadj, presente en el congreso.

Quizá la característica más importante de este festival de cine sea el querer colocar en el centro al hombre, en lugar de los datos de taquilla y las cifras de audiencia. Frente a la imagen plana y unidimensional del hombre que suele presentar el cine comercial, Tertio Millennio quiere privilegiar retratos humanos poliédricos, complejos, multidimensionales. Nos lo recordaba el Papa en la audiencia concedida a los participantes en el Encuentro: "Es necesario que el hombre, en su compleja y misteriosa realidad, se convierta en el sujeto de referencia de un cine de calidad, que proponga cultura y valores universales. El hombre, todo el hombre, uno e indivisible. Un cine que tome en consideración sólo algún aspecto de la sorprendente complejidad del ser humano, acaba inevitablemente por reducirlo y no desempeñar un fecundo servicio cultural".

Cine espiritual, sí, pero no cine clerical, ni cine "de sotana", según el mismo Piersanti. Un aspecto éste puesto de relieve por Benhadj, argelino, musulmán, autor de dos películas sobre el P. Comboni y los combonianos; para él, "hacer un film religioso, no es ilustrar la Biblia o el Corán, sino ilustrar la vida de los hombres, en la que se trasluce la presencia de Dios." Se trata de proponer o incluso de rescatar del olvido esas películas, a menudo en posición marginal en el mercado cinematográfico, que hablan de valores humanos, aun cuando utilicen un lenguaje fuerte como Salvad al soldado Ryan, o La delgada línea roja, que figuraban entre las películas del Festival.

Este congreso, en sus ediciones de años anteriores, ha tratado de explorar este territorio cinematográfico y de explotar la potencialidad del cine como vehículo de cultura. Tras el Congreso El cine, vehículo de espiritualidad y cultura del año 1998, e Imágenes de la vida, del año 1998, el tema de este año estaba dedicado al cine como instrumento de diálogo entre los pueblos, una cuestión siempre actual, como lo demuestra el hecho de que la UNESCO haya declarado el 2000 "año para la cultura de la paz". O el preocupante fenómeno de la violencia en las escuelas americanas, cuya principal fuente de alimentación, –no es un secreto para nadie– es cierto tipo de películas. El Card. Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consejo de la Cultura, en su saludo inaugural, hablando de las potencialidades del cine, explicaba así la elección del tema: "el cine, verdaderamente puede constituir un vehículo fascinante y potente para hablar a todo hombre y a todo el hombre, alcanzándolo en lo íntimo de su corazón, de su inteligencia y de su corazón, abriéndolo a la acogida del otro y de la trascendencia". Para Mons. John Foley, Presidente del Pontificio Consejo de las Comunicaciones Sociales, el gran recurso del cine es "la capacidad de contar por medio de imágenes, reforzando la memoria histórica". En el cine, la memoria de uno se hace colectiva, y la pantalla, lazo de unión entre diversas generaciones, entre mundos diferentes geográfica y culturalmente. A la salida de una proyección de una película violenta, los muchachos remedan los disparos y las explosiones que han visto; después de ver un film como La vida es bella, de R. Benigni, uno se siente dispuesto a afrontar la vida y el sacrificio con una sonrisa.

En el congreso han participado juntos estudiosos de cine y representantes del mundo del espectáculo. Entre estos el cómico Claudio Bisio, la actriz Giulia Boschi y los directores Franco Zeffirelli, Roberto Faenza, Rachid Benhadj y Giuseppe Piccioni. Entre los estudiosos, William Baugh, de la Universidad Gregoriana, Stefano Zecchi, de la Statale de Milán, García Noblejas de Navarra, Michael P. Gallagher, de Dublín y el P. Fantuzzi s.j., conocido crítico cinematográfico de la Civiltà Cattolica. Han dado su apoyo y su presencia también miembros del gobierno, como Giovanna Melandri, Ministra para los Bienes y Actividades Culturales del gobierno italiano, o el diputado Castellani, Presidente de la Comisión de Cultura e Instrucción del Parlamento italiano.

Relaciones, debate y también proyecciones durante los días del congreso. El jueves 2 de diciembre se proyectó el trabajo de Eyal Sivan Un especialista- Retrato de un criminal moderno (1999), hecho con material de archivo, grabado durante el proceso al jerarca nazi Adolf Eichmann en Jerusalén en los años Â’60. El film, que presenta el retrato de un hombre impecable, mediocre, celoso burócrata y al mismo tiempo responsable del exterminio de millones de judíos durante la II Guerra Mundial, expresa perfectamente esa "banalidad del mal" de la que habla Hannah Arendt, la pérdida completa de la capacidad de horrorizarse ante el mal, el familiarizarse con la depravación, que amenaza peligrosamente nuestra sociedad.

También se proyectó en el auditorio de la Gregoriana la película del director Bernaldo Bertolucci El asedio (1999), una historia profundamente humana que, –en palabras del Card. Poupard–, "tiene la capacidad de contar con medios escasos un amor de gran sensibilidad, hecho sobre todo de sacrificio". Sobre la película se ha expresado también muy positivamente el P. Fantuzzi, sj, definiéndolo "una manifestación de un artista che pone al desnudo su propia alma. En una película, todo autor pone una parte de sí mismo, y eso siempre merece respeto". Palabras de elogio para el director de El último tango en París, que escandalizó en los años 70 al público y a la crítica, y que ahora –quizá sea la madurez– ha querido detenerse en los valores del diálogo y de la solidaridad.

Bertolucci ha podido afrontar un tema así con la libertad y la independencia que le dan sus años y la fama que tiene a sus espaldas. Pero no resulta fácil superar los obstáculos para los que tratan de hacer un tipo de cine diferente. Otro director presente en el congreso, Giuseppe Piccioni, comentaba lo difícil que es hacer cine cuando simplemente se quiere contar historias de personas. En un mercado cinematográfico sin reglas, en la peor expresión de la globalización, Roberto Faenza, autor de El amante perdido, ha dicho: "hay dos maneras de trabajar: usar la película para ganar dinero, o arriesgarse a perderlo para hacer un film no convencional". Habla así un director que en su película ha abordado una parábola del entendimiento entre los pueblos, en una especie de Romeo y Julieta ambientado en el Israel donde judíos y árabes se enfrentan a diario. Su película narra la historia de amor entre una chica judía y un joven palestino.

Para poder contribuir al diálogo entre los pueblos, el cine no necesita recurrir a exhortaciones moralizantes. Basta que busque ensanchar el campo visual del espectador, lo cual, por desgracia, no es muy frecuente. Michael P. Gallagher, en su intervención acusaba al cine predominante en el mercado principalmente de cobardía, porque "con demasiada frecuencia refuerza las estructuras de la cultura dominante en lugar de ensanchar los horizontes o la sensibilidad del público". Esta tarea de ensanchamiento significa para Gallagher "invitarlos hacia regiones de sorpresa, más allá de las actitudes habituales". El problema del cine actual, por tanto, no es sólo el contenido banal, violento o fuertemente erótico de algunas películas, sino la falta de ambición, la ausencia de experiencia estética que pueda transformar el horizonte del espectador.

Que el cine pueda ser vehículo de diálogo y de paz lo demuestra también otra estupenda película presentada en el congreso el 4 de diciembre (su proyección oficial tendrá lugar en el festival de Berlín): Mirka, de Rachid Benhadj. Y al mismo tiempo, desgraciadamente, confirma las dificultades que encuentra el cine de países del tercer mundo, a pesar de contar en el cast de actores con Gérard Depardieu y Vanessa Redgrave. Mirka cuenta la historia de un niño nacido de una violación étnica durante el conflicto balcánico, y que va en busca de su madre. La violación, "un acto de amor usado como arma de guerra", y el niño fruto de esa violencia, se convierte en la película en una parábola de la aceptación del otro, del que es diferente, e incluso el enemigo. Al final, el amor logrará superar las reservas hacia ese hijo del odio, recuerdo vivo de la humillación sufrida por la madre. Para el director, Mirka es también la verdad que pone a todos un poco en crisis, que obliga a poner la vida frente a los hechos y la realidad.

Para la Iglesia, se puede decir que el tercer milenio ya ha comenzado, al menos por lo que respecta al mundo del cine. Tras una época de titubeos frente al séptimo arte, la Iglesia, experta en humanidad, realidad esencialmente sacramental, y por tanto visual, desea contemplar el cine con simpatía, aunque sin ingenuidad. "Deshagamos ese malentendido que atribuye a la Iglesia una insensibilidad frente al cine, y de empecinarse en una postura de incomunicación con el mundo trepidante, fascinante y difícil que gira en torno a todo lo que hoy es el mundo del cine". Así se expresó el Card. Poupard ante los periodistas en la conferencia de prensa de presentación del festival. Por su parte el Papa, amante del cine, ha querido reafirmar su esperanza de que el cine, en el cuadro del Gran Jubileo, "pueda hacer su aportación original para la promoción de un humanismo ligado a los valores del Evangelio, y, gracias a esto, creador de una auténtica cultura del hombre y para el hombre".

Don Melchor Sánchez de Toca y Alameda
Consejo Pontificio de la Cultura

-       -      -

[Français]
À lÂ’Université Grégorienne de Rome sÂ’est déroulé la rencontre internationale dÂ’étude sur Le cinéma : Images pour un dialogue entre les peuples et une culture de la Paix pour le troisième millénaire, dans le cadre des manifestations du Festival International du Cinéma Spirituel, célébrant cette année sa IIIe Édition. Devant une image unidimensionnelle de lÂ’homme que le cinéma présente souvent, ce festival a voulu se concentrer sur lÂ’homme plutôt que sur les recettes et les chiffres dÂ’audience, en soulignant les multiples facettes de lÂ’homme.

[English]
An international seminar on Film: Images for a Dialogue of Peoples and a Culture of Peace in the Third Millennium was held at the Pontifical Gregorian University in Rome, as part of the third International Festival of Spiritual Film. In contrast with the one-dimensional image of the human person often presented in films, this festival put the spotlight on the multi-faceted character of the human person, rather than on box-office takings and audience figures.

[Italiano]
Presso lÂ’Università Gregoriana di Roma ha avuto luogo lÂ’incontro internazionale di studio su Il cinema: immagini per un dialogo tra i popoli e una cultura della pace nel terzo millennio, tenuto nellÂ’ambito delle manifestazioni del Festival Internazionale del Cinema Spirituale, giunto questÂ’anno alla sua III Edizione. Davanti allÂ’immagine unidimensionale dellÂ’uomo, così come è presentata dal cinema, questo festival ha voluto mettere al centro lÂ’uomo anziché gli incassi e le cifre di audience, sottolineando le molteplici dimensioni dellÂ’uomo.

 

*       *       *

 

LETTERATURA DEL Â’900 E CATTOLICESIMO

Città del Vaticano, 1° febbraio 2000

 

Il 1° febbraio 2000 presso il Pontificio Consiglio della Cultura, promossa dalla Fondazione "Amici di Liberal" e con il patrocinio di Banca Intesa, si è svolta una giornata di riflessione sul tema: Letteratura e cattolicesimo nel Â’900: la poetica della fede nel secolo della morte di Dio.

Tredici relatori (uno in più rispetto al programma previsto, grazie allÂ’improvvisa adesione del filologo moscovita Sergej Averintsev che ha offerto il suo contributo parlando del poeta russo Ivanov) si sono alternati durante il corso della manifestazione che è partita, puntualmente, alle 9,30 del mattino, sotto la direzione del Cardinale Paul Poupard, e si è conclusa circa 12 ore dopo.

LÂ’idea iniziale era quella di parlare di letteratura e fede attraverso alcune figure di autori poco frequentati dalla critica "ufficiale". Pian piano è subentrata lÂ’idea di svolgere una giornata di riflessione su come i due temi della letteratura e del cattolicesimo si siano intrecciati in un secolo, il Â’900, comunemente considerato come il più lontano da Dio, quello in cui Dio è stato definitivamente estromesso dallÂ’orizzonte umano, quello in cui Dio "è morto", secondo la famosa affermazione di Nietzsche. Ma nonostante lÂ’orrore e il sangue di cui gronda, anche questo XX secolo apparentemente così ateo e pagano ha parlato di Dio e di Gesù, e lo ha fatto attraverso scrittori che in modi diversi e anche contraddittori si sono posti il problema religioso.

Come ha osservato il cardinale Poupard in una intervista apparsa proprio il 1° febbraio sul Tempo: "Se è vero che questo secolo si inaugura con la frase di Nietzsche, è vero anche che si chiude con quella di Heidegger "Ormai solo un Dio ci può salvare". E questo cammino, che attraverso lÂ’orrore, riconduce lÂ’uomo a superare il distacco da Dio, è vero per la filosofia, ma anche per lÂ’arte, la letteratura e la cultura tout court."

Su questa piattaforma di partenza, la scrittrice Elisabetta Rasy, allÂ’epoca vicedirettore della rivista Liberal, propose intelligentemente di scegliere i relatori non solo e non tanto tra i professori ed i critici, quanto invece direttamente tra gli scrittori ed i poeti, proprio a voler sottolineare lÂ’intenzione di non voler tenere una lezione scientifica, arida e distante, quanto invece di partire dal di dentro, dalla letteratura così come si incarna concretamente nella vita degli artisti. Alcuni scrittori di oggi che parlano degli scrittori di ieri, scegliendo tra le esperienze più significative e rappresentative di questo secolo.

E la scelta degli argomenti e dei relatori è stata fatta in spirito di grande fiducia e libertà avendo come unica preoccupazione quella di evitare le sovrapposizioni. La composizione del programma è stata quindi lasciata al libero gioco delle scelte dei relatori.

Il risultato è stato così riassunto dal Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura: "Tanti relatori, così diversi tra loro, si sono liberamente riuniti ed hanno apertamente parlato di altrettanti autori, anche loro così diversi e anche distanti tra loro: da Mauriac a C.S. Lewis, da Paul Claudel a Simone Weil, da Cristina Campo a Bernanos. E tutto questo è stato un incontro, non uno scontro. Tutto è stato fatto in piena libertà e in spirito di comprensione reciproca."

Di fronte ad una notevole folla di ascoltatori che hanno gremito ininterrottamente il salone del Pontificio Consiglio della Cultura, alle 9,30 il Card. Poupard, con una breve introduzione, ha aperto i lavori del convegno che è entrato subito nel vivo con la prima relazione, forse la più attesa dellÂ’intera giornata: quella di Mario Luzi su François Mauriac.

LÂ’ottantacinquenne poeta fiorentino (che, nella fase preparatoria del convegno, per un certo periodo era stato scelto come "argomento" e non come relatore) con lÂ’intelligenza e la simpatia che gli sono universalmente riconosciute, ha parlato dellÂ’opera del grande romanziere francese soffermandosi prevalentemente sulle opere giovanili, ed in particolare su "Il bacio al lebbroso" del 1922 e "Thérèse Desqueyroux" del 1926. Un intervento vibrante e al tempo stesso leggero che ha suscitato lÂ’interesse e il consenso di tutto il pubblico accorso alla manifestazione.

Dopo Luzi ha preso la parola il critico Alfonso Berardinelli con uno stimolante discorso tutto incentrato sul testo della "Lettera ad un religioso" scritto nel 1942 da Simone Weil.

Anche Elio Guerriero, scrittore e saggista, ha concentrato la sua attenzione quasi esclusivamente su unÂ’unica opera del romanziere abruzzese Ignazio Silone: "Pane e vino" del 1936. Partendo dalla biografia di Silone (ed in particolare sui rapporti con Martin Buber), Guerriero si è soffermato sul tema ben rappresentato dal titolo della relazione: "LÂ’eredità cristiana ed il linguaggio biblico-simbolico di Ignazio Silone".

Dopo un breve intervallo, la discussione è stata ripresa dallÂ’interessante intervento della poetessa rumena Smaranda Cosmin, che si è interrogata sul rapporto (per lo più composto da forti contrapposizioni) tra quattro autori francesi: Céline, Bazin, Michaux e Claudel.

E sulla "gigantesca" figura di Paul Claudel si è soffermato anche il critico letterario Giovanni Raboni, partendo da un audace parallelismo tra Claudel e Victor Hugo.

La prima sezione della giornata di riflessione si è conclusa con una intensa e partecipata rivisitazione della vita e delle opere della scrittrice italiana Cristina Campo. Autrice di questa piacevolissima relazione è stata Elisabetta Rasy che, come organizzatrice del convegno, ha svolto anche il ruolo di "moderatore" della discussione insieme a P. Bernard Ardura O.Praem., Segretario del Pontificio Consiglio della Cultura.

Dopo lÂ’intervallo per il pranzo, i lavori sono stati riaperti dal grande filologo russo Sergej Averintsev che, in lingua francese (ma ricca di citazioni in italiano), ha approfondito lÂ’opera del poeta russo Vjačeslav Ivanov. La presenza del figlio del grande poeta russo, che al termine dellÂ’intervento, visibilmente commosso, ha abbracciato il relatore anche lui commosso, ha rappresentato uno dei momenti più toccanti della manifestazione.

La stessa commozione ha attraversato il pubblico quando ha preso la parola Dacia Maraini per parlare di Pier Paolo Pasolini. Più che una relazione critica si è trattato di un ricordo personale, intimo, di un amico.

Dopo la Maraini si sono avvicendati due giovani scrittori italiani, Eraldo Affinati e Luca Doninelli che hanno parlato di Bernanos e Péguy. Sono stati due interventi molto interessanti anche perché si è potuto vedere come il rapporto tra i relatori e gli autori non fosse di pura ammirazione culturale o intellettuale, ma una passione autentica, quasi una forma di identificazione. Ancora di più si può dire dellÂ’intervento della poetessa Patrizia Valduga che ha dedicato il suo contributo alla figura di Clemente Rebora. La Valduga si è alzata, "perché la poesia si deve recitare in piedi" e la sua relazione è stata una vibrante navigazione attraverso le poesie del poeta italiano. Poche note di commento hanno accompagnato i versi sublimi di Rebora letti ad alta voce, con grande intensità emozionale da parte della Valduga.

Ha concluso il convegno lÂ’intervento del giovane giornalista Andrea Monda sui due scrittori inglesi J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis. Monda, che ha contribuito alla realizzazione ed alla organizzazione del convegno, ha sottolineato il tema della gioia presente in tutti e due gli autori cristiani e, partendo dal rapporto di profonda amicizia che ha legato i due scrittori, ha raccontato come si possa essere fieramente e felicemente cristiani anche in questo secolo buio e pieno di dolore.

Al termine della giornata di riflessione, dopo i saluti del Card. Poupard, lÂ’Associazione Giovani Musici Italiani ha deliziato il pubblico con un breve intermezzo di musica classica.

È possibile tracciare un primo bilancio della manifestazione. Il convegno è stato seguito sempre con molta attenzione ed interesse dai numerosi partecipanti, i mass-media hanno riservato una grande attenzione a questo convegno, le richieste degli atti (tra breve pubblicati dalla Liberal-Libri) sono state tantissimeÂ…

Tutto questo lascia prevedere che, quasi sicuramente, tra breve, di questo convegno si terrà una seconda edizione.

Andrea Monda
Fondazione "Amici di Liberal"

-       -       -

[Français]
Au siège du Conseil Pontifical de la Culture, sÂ’est tenue la journée de réflexion sur la Littérature du XXe siècle et le catholicisme, dans le but dÂ’analyser comment les deux thèmes de la littérature et du catholicisme se sont entrecroisés dans un siècle, le XXe, fréquemment considéré comme le plus loin de Dieu, celui où Dieu " est mort ", selon la fameuse affirmation de Nietzsche. Malgré lÂ’horreur et le sang qui coule en abondance, ce XXe siècle apparemment athée et païen, a aussi parlé de Dieu et de Jésus, et il lÂ’a fait à travers des écrivains qui, dans des styles différents et même contradictoires, se sont posés la question du problème religieux.

[English]
The aim of the day of reflection held at the Pontifical Council for Culture on Twentieth Century Literature and Catholicism was to analyse how literature and Christianity have been closely intertwined in the twentieth century, often considered as the era furthest from God, the age of the "death of God", according to the phrase made famous by Nietzsche. Despite all its horror and bloodshed, even in this apparently atheistic and pagan century much has been said about God and Jesus, in the words of writers who in many and often contradictory ways have raised the religious question.

[Español]
Se ha realizado en la sede del Consejo Pontificio de la Cultura la jornada de reflexión sobre Literatura del 900 y Catolicismo, con el fin de analizar cómo ambos temas, literatura y catolicismo, se han entrelazado en un mismo siglo. El 900, siglo generalmente considerado como el más lejano de Dios, aquél en el que Dios "ha muerto", según la conocida expresión de Nietzsche. A pesar del horror y la sangre, este siglo, aparentemente ateo y pagano, ha hablado de Dios y de Jesús y lo ha hecho a través de los escritores, quienes en diferentes modos, en ocasiones contradictorios, se han planteado el problema.

 

*       *       *

 

POUR UNE CULTURE CHRÉTIENNE DE LA PAIX

Yaoundé (Cameroun), 23-24 Mars 2000

 

À lÂ’initiative du Conseil Pontifical de la Culture sÂ’est tenue les 3 et 4 mars 2000 à Yaoundé, au Cameroun, une rencontre consacrée à la culture chrétienne de la paix. La première journée sÂ’est déroulée dans le monastère bénédictin du Mont Febe, tandis que la seconde journée a eu lieu à lÂ’Université catholique dÂ’Afrique centrale à Yaoundé, avec la participation de professeurs et dÂ’étudiants.

En Afrique, seize États sont encore impliqués dans des conflits divers auxquels participent également les " enfants-soldats ". Mais la paix est bien plus que lÂ’absence de guerre. Les États touchés par des conflits ethniques et par lÂ’instabilité politique ne connaissent pas la paix. Dans certaines nations, les jeunes nÂ’ont même jamais connu une seule année de paix. Mais lÂ’Afrique ne manque pas moins dÂ’espérance. Le message évangélique offre à tous un patrimoine exceptionnel pour une authentique culture de la paix et de nombreuses traditions africaines offrent, outre de véritables défis, également de nombreux éléments positifs sur lesquels greffer la Bonne Nouvelle du Christ pour tous les hommes de bonne volonté.

Les chrétiens puisent dans lÂ’Évangile, dont les Béatitudes sont un résumé éloquent, la lymphe vitale qui nourrit la culture chrétienne de la paix. Dans ce manifeste du Royaume, Jésus déclare que les comportements exigés par son Évangile sont la bonté, lÂ’amour réciproque, la mansuétude, le souci de bâtir des ponts de communion, la guérison des cÂœurs blessés, lÂ’acceptation des torts et la consolation des larmes. Disciples du " Prince de la Paix " annoncé par le prophète Isaïe, qui prêche un Évangile dÂ’amour, de salut, de piété, de pardon, de réconciliation, de paix, de joie, de conversion et de sacrifice, les chrétiens sont invités à annoncer comme lÂ’ange de Bethléem : " Je vous annonce une grande joie, qui sera celle de tout le peuple ". Le Christ vainc la peur, qui conduit souvent lÂ’homme à agresser son frère, le transformant en ennemi, et nous enseigne à pardonner, premier pas vers la réconciliation. Le Saint-Père nous rappelait, lors de la grande Journée du Pardon : " Les chrétiens, pardonnés et disposés à pardonner, entrent dans le troisième millénaire comme des témoins plus crédibles de lÂ’espérance ". Dans le contexte spécifique de lÂ’Afrique, lÂ’Évangile invite les disciples de Jésus à dépasser les limites traditionnelles de la famille, de la tribu, pour entrer dans la grande famille de Dieu et à développer les grandes richesses offertes par les diverses cultures, en particulier lÂ’amour pour les parents et pour tous les membres de la grande famille, le respect de la femme considérée comme source de la vie et le respect de la vie elle-même, que ce soit celle du nouveau-né, de la personne âgée, considérée comme un lien fondamental avec les ancêtres, celle du malade, ou encore de lÂ’accueil de lÂ’étranger.

La culture chrétienne de la paix implique une dimension éthique qui se manifeste essentiellement dans la solidarité et dans le développement intégral de la personne humaine et de sa société. Lorsque lÂ’Église intervient dans la dimension temporelle de lÂ’existence humaine pour la renouveler, elle unit la dimension morale et spirituelle, guidant les consciences vers des actions qui respectent la paix dans toutes ses composantes et, avant tout, sa dignité inaliénable. La paix réside dans le cÂœur de lÂ’éthique, car elle consiste en un choix de vie et une action. La paix offre à lÂ’homme, que ce soit dans son individualité ou dans ses relations sociales, les conditions de sa réalisation et de sa prospérité. Alors que la solidarité offre la base éthique de lÂ’action, le développement devient ce quÂ’un frère offre à son frère afin que tous deux puissent vivre pleinement dans toute la complémentarité et la diversité qui caractérisent la civilisation humaine. En effet, vivre la solidarité signifie être convaincus du fait que les hommes forment une famille, une humanité commune, un héritage commun. Le développement, fruit de la paix dans la solidarité, couvre le domaine des valeurs, aidant lÂ’homme à obtenir ce qui est bon et vrai, à respecter la dignité et la liberté humaine. La solidarité et le développement sont donc les clés de la paix, car la solidarité, authentique fraternité, porte avec elle un développement, qui garantit les conditions nécessaires à une vie harmonieuse, personnelle et communautaire. LÂ’élaboration de la culture chrétienne de la paix exige lÂ’éducation de la conscience aux valeurs morales pour apprendre à connaître et à pratiquer le bien et à éviter le mal. Cette culture de la paix passe par les modèles de la culture, cÂ’est-à-dire lÂ’école, la science, les Âœuvres culturelles. les rites et les coutumes. En effet, la constitution dÂ’une société saine repose sur des valeurs éthiques. Cela implique la préparation des futurs responsables politiques et lÂ’organisation dÂ’une société dans laquelle le bien public soit respecté de tous. Dans le contexte spécifique de lÂ’Afrique, il faut édifier de véritables nations dans lÂ’unité des citoyens. De nombreuses guerres civiles en Afrique sont des guerres ethniques résultant souvent de lÂ’opposition de particularismes mal intégrés. Pour construire une véritable culture de la paix, il est nécessaire de prendre en compte la centralité de la personne humaine, car concrètement cÂ’est à lÂ’homme quÂ’il revient de construire la paix. LÂ’annonce de lÂ’Évangile doit donc purifier et féconder le berceau des décisions humaines, cÂ’est-à-dire la conscience dans laquelle retentit la voix de Dieu.

Pourquoi parler de culture de la paix ? Car la culture consiste à placer dans les conditions les plus favorables lÂ’être humain afin quÂ’il puisse développer les composantes nécessaires à la réalisation de sa vocation, cÂ’est-à-dire lÂ’ensemble des vertus théologales et morales qui conduisent lÂ’homme à connaître et à réaliser le bien, dans le respect de la loi divine. De même que lÂ’on cultive la vigne ou le blé, lÂ’homme doit cultiver, cÂ’est-à-dire promouvoir une atmosphère de paix, un patrimoine de paix. En puisant à lÂ’enseignement du Concile Vatican II et à la doctrine sociale de lÂ’Église, les chrétiens ont la mission inaliénable dÂ’édifier la cité terrestre à la lumière de lÂ’Évangile qui illumine la cité du ciel. En édifiant cette cité avec un engagement renouvelé, les disciples du Christ ouvriront lÂ’humanité aux valeurs les plus élevées et les plus nobles et même à lÂ’adoration et à la contemplation du Créateur de lÂ’univers. CÂ’est pourquoi le chrétien ne doit pas avoir peur face aux difficultés et aux obstacles quÂ’il rencontrera en sÂ’approchant de la culture contemporaine. En puisant à la riche tradition patristique en particulier à 1Â’oeuvre de lÂ’Évêque dÂ’Hippone, Augustin, les chrétiens du IIIe millénaire découvriront que " la paix de la cité est lÂ’harmonie des citoyens dans le commandement et lÂ’obéissance. La paix de la cité céleste nÂ’est autre que la communauté ordonnée et engagée dans la fraternité pour vivre de Dieu et vivre avec Dieu. La paix des choses est la tranquillité de lÂ’ordre. Et lÂ’ordre est la disposition qui attribue sa place à chaque chose, semblable et différente ". Notre paix sur cette terre atteindra sa plénitude grâce à une autre paix, bien suprême de lÂ’homme, la paix de la cité céleste de Dieu, dans laquelle notre paix atteindra sa perfection. Certes, édifier une culture de la paix implique non seulement humaniser la personne humaine, mais également humaniser toute lÂ’humanité en un développement solidaire, car nous sommes membres les uns des autres : solidarité, donc, entre les hommes, entre les peuples, entre les nations. Étant donné que chaque culture est une réalité vivante, elle doit se développer et croître à la lumière des principes de réflexion et de jugement, que lÂ’Évangile du Christ nous propose dans leur fraîcheur éternelle.

La mission spécifique de paix qui sÂ’impose à lÂ’Église qui est en Afrique consiste à proposer une culture de la paix avec sa propre créativité, à partir des cultures africaines millénaires. Face aux guerres actuelles ne manquent pas les exemples de pactes de paix signés entre les ancêtres de diverses ethnies qui ont été scrupuleusement respectés par les parties en conflit. Le défi actuel consiste à faire coexister, modeler, mêler les valeurs authentiques de la paix dÂ’origine autochtone aux valeurs chrétiennes de paix. Il sÂ’agit en somme dÂ’inculturer la paix selon lÂ’Évangile dans les cultures de paix de lÂ’Afrique. La promotion dÂ’une culture de la paix véritablement chrétienne et africaine ne peut manquer de sÂ’appuyer sur les diverses composantes des cultures africaines, afin de promouvoir toutes les ressources des diverses communautés dans une culture authentique de la paix. Ce programme exige un profond effort et une grande vigilance, en particulier dans les régions qui sont confrontées à des situations de guerre, peu christianisées ou dans les régions où les chrétiens sont en minorité. Que lÂ’on pense par exemple aux pays dÂ’Afrique, dans lesquels les musulmans constituent une majorité écrasante. Mais, dans lÂ’islam, lÂ’un des plus beaux noms de Dieu nÂ’est-il pas la Paix ? LÂ’homme de foi africain, quelle que soit son appartenance religieuse, nÂ’est-il pas porté à rencontrer dÂ’autres frères qui, comme lui, espèrent la paix ? Tel est le message apporté par le Saint-Père au cours de sa récente visite en République arable unie dÂ’Égypte. En proposant une culture de la paix, lÂ’Église catholique sÂ’adresse à tous les hommes de bonne volonté pour les aider, face aux nombreux défis. Riche de sa tradition bimillénaire, lÂ’Église invite encore au dialogue pour susciter en Afrique une " trêve de Dieu " pour une paix juste, en développant le dialogue interreligieux, indispensable pour favoriser un dialogue de paix. LÂ’espérance de la paix passe nécessairement par lÂ’espérance du pardon et de la réconciliation. Il ne sÂ’agit pas dÂ’une utopie, mais dÂ’un défi, que seul lÂ’amour peut saisir. LÂ’Église veut réveiller en tous la flamme de la dignité de lÂ’homme, révéler à tous les talents des promoteurs de paix, en insistant sur la nécessité dÂ’édifier lÂ’Église-famille de Dieu, qui illumine toutes les familles humaines, en mettant en lumière le rôle singulier de la femme, qui porte la vie et lÂ’offre. Une culture de la justice, de lÂ’amour et de la paix ne pourrait se développer sans la mission fondamentale des mères dans le don de la vie et lÂ’éducation des jeunes au sein de la famille. A travers son engagement dans lÂ’éducation des enfants et des jeunes, dans le monde du travail, dans la préparation des catéchistes, et à travers ses Centres culturels catholiques, lÂ’Église catholique promeut des communautés ecclésiales vivantes pour donner à lÂ’Église-Famille de Dieu sa pleine mesure dÂ’Église.

LÂ’espérance pour le IIIe millénaire en Afrique est le Christ, notre paix, et le Pape Jean-Paul II nous rappelle en ces jours de repentir : " LÂ’Église offre à lÂ’humanité en chemin sur le seuil du troisième millénaire lÂ’Évangile du pardon et de la réconciliation, comme fondement pour construire une paix authentique ".

P. Bernard Ardura O.Praem.
Secrétaire du Conseil Pontifical de la Culture

-       -       -

[English]
Why speak of the culture of peace? Because culture is about creating the best conditions for the human person, in order to allow people to develop what they need to respond to their calling. Human beings must cultivate and promote an atmosphere of peace and a heritage of peace. This was the theme of a meeting held in Yaoundé (Cameroon), entitled Towards a Culture of Peace. On the first day, the African members and consultors of the Pontifical Council for Culture met at the Mount Febe Benedictine monastery. The meeting on the second day, at the Catholic University of Central Africa, involved the universityÂ’s teaching staff and students.

[Italiano]
Perché parlare della cultura della pace? Perché la cultura consiste nel creare le migliori condizioni per lÂ’uomo, affinché possa sviluppare le componenti necessarie per la realizzazione della sua vocazione. LÂ’uomo deve promuovere unÂ’atmosfera di pace, un patrimonio di pace. Con questo scopo si è tenuto a Yaoundé (Cameroun), lÂ’incontro Per una cultura della pace. La prima giornata si è svolta presso il Monastero benedettino di Mont Febe per i Membri e Consultori del Pontificio Consiglio della Cultura dellÂ’Africa, mentre la seconda giornata a Yaoundé, allÂ’Università Cattolica dÂ’Africa Centrale, con la partecipazione di professori e studenti.

[Español]
¿Por qué hablar de la cultura de la paz? Porque la cultura consiste en crear las mejores condiciones para el hombre, de modo que pueda desarrollar los componentes necesarios para la realización de su vocación. El hombre debe promover una atmósfera de paz, un patrimonio de paz. Con este propósito se ha celebrado en Yaoundé, Camerún, un encuentro con el tema Hacia una Pastoral de la Paz. La primera jornada se realizó en el monasterio benedictino de Mont Febe con la presencia de los miembros y consultores del Consejo Pontifico de la Cultura de Africa. La segunda jornada ha tenido como sede la Universidad Católica de Africa Central en Yaoundé, con la participación de profesores y estudiantes.

 

*       *       *

 

LE VOCI DELLA PASSIONE

Roma (Italia), 30-31 marzo 2000

 

Il 30 e 31 marzo 2000 il Pontificio Consiglio della Cultura ha organizzato, in collaborazione con il Pontificio Istituto di Musica Sacra, un Convegno di Studio dedicato a Le voci della Passione. Il Convegno, ospitato presso la Sala Accademica del predetto Istituto, ha visto impegnati per la prima volta insieme, in un comune lavoro organizzativo ed in una comune finalità artistica, le tre maggiori Istituzioni musicali di Roma, ossia lÂ’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Teatro dellÂ’Opera e lÂ’Accademia Filarmonica Romana. Sicuramente è un fatto dÂ’assoluto rilievo: non è facile raggiungere una tale sinergia fra realtà così diverse. Ma questo primo risultato fa ben sperare per una sempre più proficua collaborazione che favorisca il dialogo e la crescita culturale di tutti.

Il Convegno è stato concepito, ricalcando unÂ’affermazione di Gregorio di Nissa – "Benché fissa in un punto, la Croce diffonde i suoi raggi in tutte le direzioni" – secondo un approccio pluridisciplinare: focalizzare lÂ’attenzione sulla passione di Nostro Signore, ascoltando le voci dei vari e diversi protagonisti che partecipano a questo grande ed universale dramma corale. A partire da un contesto strettamente musicale, lÂ’orizzonte della riflessione si è allargato ad un approfondimento che ha toccato la storia e le scienze umane, la teologia e la filosofia, lÂ’arte e lÂ’estetica, il cinema e lÂ’immagine.

La Passione in musica ha una storia che attraversa un arco di quattro secoli, dai secenteschi Oratorii della Scuola Romana e dalle Historiae luterane, fino allÂ’opera dei musicisti del nostro tempo, con i grandi capolavori di Bach e Telemann. In occasione del Giubileo del 2000 le Istituzioni Musicali romane, che hanno collaborato al progetto, hanno anche contemporaneamente programmato di ricostruire un percorso attraverso questa storia, offrendo un panorama sulle forme musicali della Passione. Venerdì 31 marzo 2000, presso lÂ’Auditorio di Via della Conciliazione, lÂ’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha offerto, di Johann Sebastian Bach, la Passione secondo Marco, per soli, coro e orchestra BWV 247, nella ricostruzione di Ton Koopman, alla guida degli The Amsterdam Baroque Orchestra and Choir. Il 6 aprile, al Teatro Olimpico, sede della stagione concertistica dellÂ’Accademia Filarmonica Romana, Claudio Ambrosini ha presentato la sua Passione secondo Marco su testi di Sandro Cappelletto, unÂ’apposita commissione in prima esecuzione assoluta, diretta da Fabio Maestri. Martedì 11 aprile è stata la volta dei complessi artistici del Teatro dellÂ’Opera diretti da Jansung Kakhidze che, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, hanno eseguito, per la prima volta in Italia, Le ultime ore del Redentore di Louis Sphor. Infine, Peter Neumann, dirigendo il suo splendido Kartäuserkantorei di Colonia, ha diretto in modo intenso e sofferto la stupenda Passione secondo Matteo SWV 479 di Heinrich Schütz nella sontuosa cornice della Basilica di San Lorenzo in Lucina mentre, al Teatro Olimpico, si è impegnato con la Passione secondo Giovanni BWV 245 di Bach.

Apertesi con i saluti augurali di Mons. Valentino Miserachs, Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra, di S.Em. il Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, di Bruno Cagli, Accademico di Santa Cecilia, di Francesco Ernani, Sovrintendente del Teatro dellÂ’Opera, e di Roman Vlad, Presidente dellÂ’Accademia Filarmonica Romana, le due giornate hanno inanellato una serie di interventi rivolti ad approfondire alcune specifiche aree di ricerca. Per lÂ’arte, Jean Clair, Direttore del Museo Picasso di Parigi, ha trattato il tema de LÂ’image de la Passion dans lÂ’art du XXe siècle, de Klinger à Picasso, mentre Claudio Strinati ha dedicato il suo intervento a La Via crucis dellÂ’Oratorio del Gonfalone a Roma. Aspetti dellÂ’arte figurativa nel tardo Cinquecento. Per lÂ’estetica, Sergio Givone: Arte, tempo e verità. Quanto alla letteratura, è intervenuto Vincenzo Consolo: Passione e poesia. Le oltranze di Jacopone da Todi; alla storia, Anna Morisi Guerra: Lutero, teologo della Passione; alle scienze umane, Carla Landi: Passione divina – passione umana, senza dimenticare il cinema, con Claudio Siniscalchi: Classicità, Modernità, Postmodernità. Tre forme cinematografiche per narrare la Passione. LÂ’aspetto musicale ha avvicinato diverse aree storiche, a cominciare dal Medioevo, con lÂ’intervento di Antonio Lovato: Intonazione della Passione nel Medioevo e nel Primo Rinascimento; poi Agostino Ziino: Immagini della Passione nelle laudi musicali del Due-Trecento; Sandro Cappelletto: Morire cantando – sulla Croce; Leopold Maximilian Kantner: La passione tra musica liturgica ed oratorio; Alberto Basso: La Passione secondo Marco di J. S. Bach e Ton Koopman: Una nuova passione secondo Marco; Peter Ryom: Une voix orthodoxe ed infine il compositore contemporaneo Claudio Ambrosini: "Incarnarsi" dei suoni. Naturalmente saranno pubblicati entro fine anno, a cura dellÂ’Accademia di Santa Cecilia, gli Atti del Convegno.

Grande spazio è stato dedicato alle discipline teologiche. La prima fonte per conoscere la Passione sono, naturalmente, i testi scritti. Padre Ugo Vanni, s.j, docente di Esegesi biblica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, ha suggerito, per comprendere in quale modo gli evangelisti raccontano ed interpretano la Passione di Cristo, "un duplice approccio: cÂ’è un logos, ossia un messaggio, una parola, un significato – il valore vero e proprio della passione – dunque un contenuto kerygmatico. Esso è veicolato da una precisa forma letteraria, che ha una sua pressione, un suo impatto sul lettore, quindi un suo pathos, una sua parte emotiva. Quindi, sin dallÂ’inizio, il racconto della passione si struttura con una sua logica narrativa interna per raccontare un fatto unitario composto da diversi fatti".

"Il mistero della passione e della croce – ha spiegato Padre Luigi Padovese, Preside dellÂ’Istituto di Spiritualità del Pontificio Ateneo Antonianum e Docente di Teologia patristica e Patrologia – non deve essere letto con i nostri occhi, ma con quelli di un uomo del mondo antico. Soltanto così si può intendere il significato paradossale e scandaloso di questÂ’evento che Paolo definisce come stoltezza e scandalo. In effetti, confrontare lÂ’idea di un dio trascendente, provvidente e buono, divulgata dalla filosofia, con quella che emerge dalla realtà della croce, porta a un fenomeno stridente: veramente il Dio cristiano opera una rivoluzione nel concetto di Dio, perché lo spoglia apparentemente di tutta la sua trascendenza, di tutta la sua potenza, di tutta la sua forza".

LÂ’aspetto della sofferenza ha catalizzato per secoli lÂ’interesse della liturgia, condizionandola e creando un certo allontanamento del rito da quella purezza così come vissuta dalle comunità dellÂ’età apostolica, investite dalla novità dei Vangeli e dal forte spessore etico e parenetico del pensiero dei Padri. Padre Fabio Duque Jaramillo, ofm, Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, ha sottolineato "Â… come tutta la liturgia fa sempre presente il mistero pasquale nella sua interezza, senza mai separare il momento della Croce da quello della Risurrezione. Essa celebra il passaggio di Dio Padre attraverso lÂ’azione dello Spirito che ha riscattato suo Figlio dalla morte per salvare lÂ’uomo. Passaggio è la parola fondamentale di tutto il libro dellÂ’Esodo e quella che definisce ed interpreta la liturgia. Passaggio è ciò che caratterizza tutta la nostra vita. Dio passa tramite la passione del Figlio per dimostrare allÂ’uomo che la morte è vinta. La liturgia, senza la storia dellÂ’uomo, è inutile".

"Questo Convegno – ha concluso il Cardinale Poupard – è, evidentemente, solo una piccola, ma significativa proposta, per affrontare un tema così vasto come la Passione del Signore. Che può appassionare, credenti e non credenti, e sicuramente avvicinare al mistero della sofferenza di Dio e dellÂ’uomo. Dunque, un ulteriore tassello di quel mosaico che costituisce lÂ’obiettivo del nostro lavoro: un umanesimo cristiano per il Terzo Millennio".

Don Luca Pellegrini
Pontificio Consiglio della Cultura

-       -       -

[Français]
Auprès de la Salle de concerts de lÂ’Institut Pontifical de Musique Sacrée sÂ’est tenue la rencontre sur Les voix de la passion. Il sÂ’agissait de focaliser lÂ’attention sur la Passion de Notre-Seigneur, écoutant les voix diverses et variées des différents interprètes qui participaient à ce grand et universel drame choral. À partir dÂ’un contexte strictement musical, l'horizon de la réflexion sÂ’élargit à un approfondissement interdisciplinaire, qui touche lÂ’histoire et les sciences humaines, la théologie et la philosophie, l'art et l'esthétique, le cinéma et lÂ’image.

[English]
A conference on Voices of the Passion took place in the Academic Hall of the Pontifical Academy of Sacred Music. The idea is to focus on the passion of Our Lord, and to listen to the voices of the various players involved in this great universal choral drama. The context will broaden out from a strictly musical one to an interdisciplinary reflection involving history and the human sciences, theology and philosophy, art and aesthetics, film and visual imagery.

[Español]
Se ha efectuado en la sala de la Academia del Pontificio Instituto de Música Sacra, el congreso Las voces de la Pasión. Se pretende focalizar la atención sobre la pasión de Nuestro Señor Jesucristo, escuchando las voces de diferentes protagonistas que participan en este grande y universal drama coral. A partir de este contexto estrictamente musical, el horizonte de la reflexión se extenderá para una profundización interdisciplinar, el cual hace contacto con la historia y las ciencias humanas, la teología y la filosofía, el arte y la estética, el cine y la imagen.

 

*       *       *

 

¿CUAL HUMANISMO PARA EL TERCER MILENIO?

Roma (Italia), 6-7 de marzo de 2000

 

Del 6-7 de abril, en la Pontificia Universidad Urbaniana, ha tenido lugar el Coloquio Internacional promovido por el Pontifico Consejo de la Cultura, con el tema ¿Cuál Humanismo para el Tercer Milenio? Tal evento, promovido por este Dicasterio, y realizado en colaboración con el "Instituto Superior para el Estudio de la No-creencia, de la Religión y de la Cultura" (I.S.A.). El Coloquio, ha querido presentar propuestas positivas que, sin desentenderse de los vertiginosos cambios en que vive la sociedad, desea animar y colaborar con la Cultura Cristiana ante los nuevos retos de los no creyentes. Este Coloquio, ha colocado al centro de las intervenciones al "Hombre" cuya identidad y misterio fue considerado tanto por la ciencia y la filosofía, por la poesía y por la comunicación, como por la inspiración y la contemplación.

¿Cuáles son los valores, las ideas, las propuestas de aire universal que logran sobrevivir a las adversidades de la historia al grado de mantenerse como puntos de referencia para la comprensión del "humanum"? ¿Es posible ofrecer una "propuesta positiva" la cual, teniendo en cuenta los cambios culturales reales, sepa apoyar la cultura cristiana ante los nuevos retos de la No-creencia?

La introducción a los trabajos del Coloquio estuvo a cargo del Rector Magnifico de la Universidad Urbaniana, Mons. Ambrogio Spreafico, quien hizo la siguiente observación: guardando con realismo a la sociedad en la que nos movemos, no podemos dejar de reconocer que entre los dos polos "Dios-Hombre" prevalece el hombre. Dios aparece como detrás del telón de la historia, y el hombre tiende a dominarla, forjando una cultura que lo hace ver protagonista y dueño. Ante una humanidad enferma, es por tanto necesario descubrir el valor de un humanismo que sepa aquilatar de la mejor manera "la preciosa herencia y el inestimable patrimonio de la fe cristiana".

La ponencia magistral introductoria estuvo a cargo del Cardenal Paul Poupard, Presidente del Consejo Pontifico de la Cultura. Fueron muchos los conceptos emitidos que merecen consideración, entre otros dijo: "La mayor parte de las personas muchas veces vive un materialismo sin darse cuenta, un hedonismo subyugante, un pragmatismo sin trascendencia. Las instituciones internacionales expresan cada vez más la tendencia a ocuparse de las religiones pero vaciándolas de su contenido específico, reduciéndolas al mínimo posible, convirtiéndolas en una especie de sincretismo débil. Este humanismo inmanentista, se convierte en relativismo ante la verdad, en nihilismo en el ámbito de la filosofía, en escepticismo frente a las normas éticas, permisivismo en el comportamiento diario. Uno de los retos más grandes para la Iglesia de nuestro tiempo, es el de convencer al hombre de hoy que Dios no es el rival de la grandeza y felicidad del hombre, sino la garantía segura de su libertad y realización auténticamente humana".

Parecería que la modernidad debería ser el horizonte radiante del hombre y desafortunadamente la realidad nos dice que no es así, porque se encuentra ante un futuro sin porvenir. Al inicio del siglo XX, Nietzsche enunciaba: "Dios ha muerto"; más tarde Heidegger proclamaba: "Ahora sólo Dios puede salvarnos". "Este camino – continuó exponiendo el Cardenal – que ha visto el horror del siglo pasado lleva al hombre a superar el alejamiento de Dios, tal situación es un hecho para la filosofía, para el arte, la literatura y para la cultura".

La intervención del Cardenal Poupard, dejó en claro la necesidad de afianzar un "Humanismo Cristiano" que supere el individualismo y que lo convierta en un ser orientado a la comunión. Un Humanismo Cristiano que es "cultura de la vida, de la interioridad, de la auténtica espiritualidad, como también cultura del diálogo y de la esperanza. Sólo en esta dimensión renovada, el hombre dejará de ser un ídolo y logrará todavía levantar la cabeza para contemplar el cielo y gustar la nostalgia de Dios".

La intervención de Mons. Życiński, tuvo como tema: “La persona humana y la visión del mundo en la física contemporánea", el Arzobispo de Lublín, Mons. Józef Mirosław Życiński, se ha detenido sobre la “crisis de identidad" que con frecuencia acomete a la persona humana. El hombre ya no siente su relación ni con la naturaleza ni con la cultura contemporánea. Arrancado de la tradición y de su conexión con la historia, aparece como huérfano cósmico y nómada de cultura. Sintomático para el postmodernismo, es el aniquilamiento del sentido de vivir, lo cual conlleva el peligro de una destrucción de la persona, con la consecuencia del nihilismo, regreso a las tesis que por muchos siglos aparecieron incontestables para las principales corrientes del humanismo.

Ante estas condiciones, una tarea particularmente importante para el humanismo cristiano será la "terapia intelectual que exija de las ciencias naturales contemporáneas precisar el lugar que ocupa la persona humana en el mundo. El hecho de que el cristianismo contemporáneo – continuó diciendo el Arzobispo de Lublín – no siempre alcance a precisar eficazmente el papel de los valores cristianos en la imagen científica del mundo, depende en gran parte de la carencia de una adecuada comprensión del lenguaje de las ciencias naturales. El diálogo entre representantes del pensamiento cristiano y las ciencias naturales, se vuelve condición indispensable para la construcción de aquellas formas de humanismo integral de los cuales son asumidos los principales retos de nuestro tiempo".

Al tema del "humanismo integral" ha dedicado su participación Mons. Alain Contat, de la Pontificia Universidad Urbaniana. Al respecto, dijo: "Ellas se han aglutinado en tres grandes condicionamientos de la existencia humana: el psíquico, el socio-etnico y el lingüístico".

La sesión del viernes 7, fue presidida por Mons. Lluis Clavell, Rector magnífico de la Pontificia Universidad de la Santa Cruz. En su ponencia dedicada al tema "La Palabra y el Mensaje", el Profesor Gaspare Mura, presidente del I.S.A., ha puesto el acento entre otros puntos en el "hombre de la escucha", el cual sabe comprender hasta lo más profundo la necesidad del cambio (metanoia) del que tienen necesidad el pensamiento y la vida moderna. "Al colonialismo cultural representado hoy por la globalización, sabe contraponer una mundialización hecha con el respeto a las diversas culturas, con el diálogo, con la aceptación del otro".

Ha sido un Coloquio en el cual es de señalar el interés de los participantes, sobre todo en los diferentes momentos en los que surgió el dialogo abierto, claro e iluminador. Tanto la organización como el desarrollo del mismo han sido muy bien apreciados y satisfactorios. Siempre se mantuvo el interés y la seriedad del argumento. Fue denominador común de los ponentes sostener la propuesta: "el humanismo integral incluye al hombre y a todos los hombres en los diferentes aspectos: biológico, económico, filosófico, científico, poético, así como el también el campo espiritual y contemplativo". Este amplio panorama proyectado así por los organizadores, ha colocado en el centro al hombre, cuya identidad y misterio fueron considerados por la ciencia y la filosofía, por la poesía y la comunicación, por la sabiduría y la contemplación. Estos, son puntos de referencia para todo "proyecto hombre" que quiera presentar el Evangelio de Jesús como fuente siempre viva de humanismo sin el cual el futuro de la humanidad, queda sin esperanza y se vuelve inseguro. Al respecto el Cardenal Poupard, en su intervención señaló: "el nuevo humanismo, exige una presentación renovada del mensaje cristiano, el cual sobre la base de la tradición puede y debe ser sostenido por el testimonio" (Para una Pastoral de la Cultura, n. 25). En el diálogo entre culturas y religión está oculto el futuro del mundo. El testimonio constituye el mayor compromiso como lo subraya también el Sínodo de América, "Es necesario anunciar a Cristo con alegría y con valor pero sobre todo con el testimonio de la propia vida" (Ecclesia in America, n. 67).

La Iglesia propone para el tercer milenio, un humanismo nuevo, cristiano y pleno, el cual puede ser llamado sencillamente "Humanismo Cristiano". El modelo del hombre es Cristo que convierte al hombre en hombre nuevo e integro, "en realidad solamente en el misterio de Verbo encarnado encuentra verdadera luz del misterio del hombreÂ… CristoÂ… revela también el hombre al hombre y le hace conocedor de su altísima vocación" (Gaudium et Spes, n. 22). Solo en Jesús, el hombre puede finalmente conocer la verdad sobre sí mismo. La verdad perfectamente humana de Jesús, entregada completamente al amor y al servicio del Padre y de la humanidad. Frente a los retos del nuevo milenio, la Iglesia con grande esperanza continúa en su propuesta de encarnar el Evangelio en la cultura de nuestro tiempo con el nuevo humanismo cristiano inspirado en la esperanza que viene del Espíritu Santo y que ofrece la riqueza inagotable del Evangelio, riqueza de sentido y de valores, de humanidad y de conocimiento de Dios. ¿Cuál Humanismo para el tercer Milenio? El Coloquio en conclusión, ha evidenciado con solidez y actualidad que el anuncio del mensaje cristiano en nuestro tiempo es portador de auténtica esperanza.

Mons. Herminio Vázquez Pérez
Consejo Pontificio de la Cultura

-       -       -

[Français]
Quelles sont les valeurs, les idées, les propositions de portée universelle qui, même dans les crises de lÂ’histoire, demeurent des points de référence fondamentaux pour la compréhension de lÂ’" humanum " et quÂ’est-il juste dÂ’introduire dans le nouveau millénaire pour un futur dÂ’espérance ? Est-il possible de présenter dÂ’une façon synthétique une proposition positive qui, tenant compte des changements culturels en cours, saura animer et nourrir la culture chrétienne face aux nouveaux défis de la non-croyance ? Ce sont les questions soulevées lors du Colloque Quel humanisme pour le IIIe Millénaire ?, qui sÂ’est tenu à lÂ’Université Urbaniana de Rome.

[English]
Which values, ideas and universal reflections – basic reference points in the struggles of history – allow us to understand the "humanum", and give us a basis for hope in the new Millennium? And is it possible to compress all this into positive suggestions which take account of contemporary cultural change and yet can enliven and reinforce Christian culture, challenged by unbelief? These are some of the questions raised in the colloquium held at Rome’s Urbaniana University on the theme Which is the humanism for the Third Millennium?.

[Italiano]
Quali i valori, le idee, le proposte di respiro universale che, pur nel travaglio della storia, permangono come punti di riferimento fondamentali per la comprensione dellÂ’"humanum" e che è doveroso traghettare nel nuovo millennio per un futuro di speranza? Ed è possibile articolare in modo sintetico i contenuti, offrendo una proposta positiva che, tenendo conto dei cambiamenti culturali in atto, sappia animare e corroborare la cultura cristiana di fronte alle nuove sfide della non credenza? Sono questi gli interrogativi che hanno suggerito il Colloquio Quale umanesimo per il terzo millennio?, tenutosi presso lÂ’Università Urbaniana di Roma.


top