The Holy See
back up
Search
riga


MISCELLANEA


 

 

 

IUS ECCLESIARUM – VEHICULUM CARITATIS

 

Promosso dalla Congregazione per le Chiese Orientali, si è tenuto un Simposio Internazionale per il decennale dell’entrata in vigore del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium dal 19 al 23 novembre 2001, in Vaticano, intitolato Ius Ecclesiarum – Vehiculum caritatis. Il numero dei partecipanti iscritti ha superato il 500: ai lavori hanno preso parte studiosi provenienti da tutto il mondo, personalità ecclesiastiche e diplomatiche, numerosi gli ambasciatori presso la Santa Sede. Il Pontificio Consiglio della Cultura è stato rappresentato da Mons. Gergely Kovács, laureato in diritto canonico.

Pur essendo un Simposio incentrato soprattutto sugli aspetti relativi al diritto vigente, non sono mancati ripetuti riferimenti all’elemento e alla dimensione culturale. Infatti, sebbene il Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium sia comune, unico e unitario per tutte le Chiese orientali cattoliche, cioè le 21 Chiese che fanno capo ai 5 riti, riflette e rispetta la specifica originalità delle singole Chiese orientali cattoliche, tenendo conto, per ciascuno di esse, del diritto proprio, della tradizione di ognuna, della propria cultura e della propria storia. Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali rispetta la legittima differenziazione delle Chiese locali o particolari, il patrimonio spirituale e ecclesiale di tutte le singole Chiese orientali cattoliche.

Il Simposio ha avuto un Presidente d’eccezione, Sua Beatitudine Em.ma Ignace Moussa I Daoud, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che ha personalmente presieduto tutte le sessioni, iniziando ogni sessione con una preghiera in una lingua diversa, quasi ricordando il concetto di “unità nella diversità” del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium.

Le singole sessioni sono state moderate dal Vice-Rettore della Pontificia Università Gregoriana, quattro decani ed un vice-decano delle Facoltà di Diritto Canonico dell’Urbe ed il Prof. Carl Gerold Fürst. Tra i relatori personalità di spicco, studiosi e professori eminenti del diritto orientale e latino, come P. Ivan Žužek SJ, Prof. Dimitrios Salachas, P. Velasio de Paolis CS, P. George Nedungatt SJ, S.E.R. Mons. Péter Erdő, P. Jobe Abbas OFM, P. Cyril Vasil’ SJ, Prof. Onorato Bucci, Prof. Péter Szabó e altri.

I lavori si sono articolati in una ventina di relazioni su argomenti scelti del Codice, con momenti di confronto e dibattito. Il Simposio è stato arricchito anche da comunicazioni pervenute da diversi studiosi e che saranno pubblicate negli Atti del Simposio. Alla sessione inaugurale ha partecipato S.E.R. Mons. Leonardo Sandri, Sostituto della Segreteria di Stato per gli Affari Generali, mentre alla sessione pomeridiana del 22 novembre ha preso parte l’Em.mo Cardinale Segretario di Stato, Angelo Sodano che ha portato il saluto del Santo Padre e si è soffermato su alcune tematiche di particolare importanza.

Si è trattato non solo di un evento accademico e scientifico, bensì di un eccezionale momento d’incontro tra diverse culture e tradizioni ecclesiastiche. Non sono mancati spazi spirituali: i lavori si sono aperti ufficialmente con la celebrazione in rito bizantino dell’Akathistos, con canti in quattro lingue diverse e sono stati chiusi, nell’ultimo giorno, con la celebrazione della liturgia eucaristica in rito maronita. Il Simposio si è ufficialmente concluso con l’udienza del Santo Padre.

 

top

 

 

IV FORUM DEL PROGETTO CULTURALE DELLA CEI
Il futuro dell’uomo. Un progetto di vita buona: corpo, affetti, lavoro
 

Dal 30 novembre al 1° dicembre 2001 si è svolto, presso Villa Aurelia, il IV Forum del Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana. Quest’anno il tema conduttore era: Il futuro dell’uomo. Un progetto di vita buona: corpo, affetti, lavoro. I lavori sono stati aperti dalla prolusione del cardinale Camillo Ruini, Presidente della CEI, e dalle relazioni del prof. Robert Spaemann e del prof. Alberto Oliverio. Moderava il dibattito il Prof. Andrea Riccardi, insieme ai Responsabili del Servizio nazionale per il Progetto Culturale.

Al Forum hanno partecipato più di un centinaio di invitati, in maggior parte docenti universitari, provenienti sia dalle università statali che da quelle ecclesiastiche. Ciascuno rappresentava un indirizzo di ricerca ed un campo di specializzazione, così che si è potuto osservare un panorama quanto mai differenziato: erano, infatti, presenti teologi e fisici, biologi e filosofi, pedagogisti e giornalisti, esperti in comunicazione e vescovi, tutti ugualmente interessati a delineare l’orizzonte culturale attuale della società italiana e, in questo specifico contesto, il futuro dell’uomo con le sue problematiche, le sue sfide, i possibili progetti di “vita buona”.

Il Pontificio Consiglio della Cultura era rappresentato da Don Pasquale Iacobone, Officiale del Dicastero, che ha seguito tutte le fasi del Forum, intervenendo anche nel dibattito seguito alle relazioni.

Nelle relazioni di apertura come nei numerosissimi interventi successivi sono emerse non poche preoccupazioni riguardo al futuro dell’uomo, la cui libertà e dignità è continuamente minacciata dallo strapotere dei media come anche dalle recenti scoperte delle biotecnologie. Si è parlato di profondi cambiamenti del “paradigma antropologico”, o addirittura di mutazione antropologica, in cui emerge la difficoltà della Comunità Cristiana a proporre con forza e con chiarezza la visione antropologica ed escatologica cristiana.

Molti hanno sottolineato l’importanza di ripensare la formazione cristiana perché le persone e le comunità maturino una efficace coscienza critica ed una adeguata capacità di discernimento nei confronti di mode e fenomeni che tendono a rendere l’individuo sempre più autoreferenziale, isolato ed estraneo alle sue radici, senza più una fisionomia personale ed una capacità-possibilità di vivere serenamente le sue tappe di maturazione. I tre ambiti specifici oggetti del Forum, corpo affetti lavoro, si sono rivelati come tre momenti cruciali in cui queste tendenze problematiche dimostrano tutta la loro rilevanza e potenzialità.

Purtroppo non c’è stato il tempo sufficiente per approfondire tutti gli ambiti toccati dal tema, ma l’ampia e diversificata panoramica di interventi ha perlomeno aiutato tutti i partecipanti a cogliere la complessità dei problemi, la loro pregnanza ed attualità, come pure l’urgenza di interventi precisi e capaci di proporre all’uomo contemporaneo nuovi e più adeguati metodi e strumenti di comprensione della realtà, ma soprattutto una visione del proprio futuro che riapra alla speranza e alla fiducia.

Sono apparsi, perciò, molto significativi gli interventi che hanno sottolineato il valore della bellezza e della testimonianza personale nella comunicazione di un progetto di vita e di fede, perché sia attraente e affascinante per tutti, ed in particolare per le giovani generazioni.

Ai bambini, ai giovani che vivono intensamente ed esclusivamente il presente, l’attimo fuggente, non riuscendo più a immaginare e “sognare” un futuro ed un loro progetto di vita per il futuro, bisogna saper comunicare il Vangelo della vita, il Vangelo della speranza, che ha nel volto di Cristo la sua sorgente e la sua piena realizzazione.

All’ultimo uomo di Nietzsche, assunto dal Prof. Spaemann come paradigma dell’uomo contemporaneo, si contrappone allora, quale alternativa veramente umana, Gesù di Nazareth, l’Uomo Nuovo, che assumendo un corpo umano e vivendo gli affetti come ogni altro uomo, li ha elevati ad una altissima dignità, quella assolutamente unica ed originale dei Figli di Dio.

 

top

 

 

LATIN TEACHING IN EUROPE

 

The Union Latine organised an international conference on Latin teaching in Europe at the International Centre for Mechanical Sciences (C.I.S.M.), located in the Palazzo del Torso in Udine, from 22 to 24 November 2001. The conference was funded by Italy’s Ministry of Foreign Affairs and the Cassamarca Foundation in Treviso, and was supported by the University and Municipality of Udine. Those taking part represented Bulgaria, the Czech Republic, France, Great Britain, Greece, the Holy See, Hungary, Italy, Latvia, Luxembourg, the Netherlands, Poland, Portugal, the Russian Federation, the Republic of San Marino, Spain and Slovakia. Apart from the working sessions, there was a brief visit to the university and a concert recital of selections from Ovid’s Amores, performed by the Caronte chamber group to an original setting by Alessandro Alexovits, the violinist for this occasion. This sort of attention to detail created a pleasant and friendly atmosphere in which to work.

There were four working sessions. The first began, of course, with official words of welcome and encouragement. The more than dialectical tension underlying discussions of cultural identity and language was instantly apparent. Speakers placed varying emphases on the desirability of making the most of cultural diversity, the idea of referring to “Latin Europe” with the same ease with which we mention Latin America, the idiosyncratic nature of international English – which bears little resemblance to that spoken in England, for example – and the tortuous path trodden by those who had tried in the past to foster a single language in Europe. There were special greetings to the representative of the Holy See, Father Peter Fleetwood of the Pontifical Council for Culture, and for the representative of the educational authorities in the Republic of San Marino. Francine Girond, from the Paris headquarters of the Union Latine, read a message from Jacques Lang, the Minister for Education in France. Ernesto Bertolaja, the Union’s director of language promotion and teaching, brought the group up to date on developments since the previous meeting in Trieste in July 2000. He pointed out that the group gathered in Udine represented a much larger territory and mentioned that not everyone present was a Latin teacher; some were classics teachers or were involved in allied subjects. He also referred to a suggestion from one participant that serious consideration be given to the development of a marketing strategy.

In the first working session, participants were asked to describe the situation regarding Latin teaching in their home countries. Since the situation is similar in many respects in most countries, with a slow but sure decline in numbers studying Latin and scant regard for culture generally, it is worth mentioning simply a few exceptional projects. Vita Paparinska (Riga, Latvia) mentioned the success of summer schools, and this was echoed when Hans-Joachim Glücklich (Euroclassica) and Édouard Wolter (Luxembourg) spoke of an annual Certamen Ciceronianum held in Italy. A remark worth hearing was made by Gyöngyi Havas (Debrecen, Hungary), who pointed out that Latin in her country was taught in private and religious schools. The only person to speak entirely in Latin at this point was Alexander Podossinov (Moscow, Russian Federation). As Francine Girond (Union Latine) pointed out in her résumé at the beginning of the second session, government educational reforms seem to have been many and damaging, while competition from other (living) languages seems to squeeze Latin and Greek out of the timetable. Perhaps competitions and contests should be promoted; in any case, work needs to be done on improving the image of Latin, and it would be more effective if it was on a really European scale.

The second session was given over to representatives of different organisations working to promote Latin and classical studies. Euroclassica began life in 1991. Only organisations may join. It promotes the following summer schools: Academia Homerica, Academia Aestiva and Academia Latina. Yves Liébert (Limoges, France) spoke about Eurosophia, which is not strictly scientific, but exists to promote the teaching of classics at all levels of education. Ewen Bowie (Oxford, Great Britain) said that large numbers attend Latin and Greek summer schools in Britain. The Cambridge Latin Course is extremely popular, and the Omnibus journal is increasingly successful. There are also interesting developments in teaching Latin and the classics via the Internet, above all the Minimus project – Mini-mus is a mouse who lives on Hadrian’s Wall, and a story has grown around this and other characters. The course based on this story requires 30 minutes per week, and minimal paper resources. Even teachers who know little or no Latin have been using it successfully. An added benefit comes from its links with English and history, and the project could well be “exported” to other languages. Edouard Wolter (Luxembourg) explained a joint project initiated in three schools in Luxembourg, Germany and Austria, in which students had to discover neo-Latin inscriptions in their schools and then describe and eventually translate them. It had been an enormous success in terms of motivating the students, leading – in the case of Luxembourg, at least – to the publication of a guide to a tour of the city based on Latin inscriptions. Francine Girond spoke of the European meeting of young humanists, funded in part by the Union Latine and the European Community. Antonio Alvar Ezquerra (Alcalá, Spain) mentioned a prize of 12,000 Euro for a Latin book for adults and other cultural initiatives in Spain. Odile Mortier-Waldschmidt (Amiens, France) mentioned festivals organised by CNARELA, and a correspondence course in Greek. Various other participants made suggestions.

The third session was led by Sylvie Lainé (Paris, France), who attempted to persuade participants of the value of communications skills specifically in terms of “selling a product”. The style was not to everybody’s taste, but the message was clear. Latin teachers are not always the best people to publicise their subject.

The goal of the final session was to work out a common project. Francine Girond began by suggesting various ideas, including a slogan competition with an attractive prize (something done successfully in Ecuador), an observatory on Latin teaching, a concerted effort to spread neo-Latin languages, and even a (separate) recommendation to European education ministers. A very long and complex debate followed, in which some people warned against duplication of efforts already under way, and others wondered what support might be obtained from the European Union and the Council of Europe. Several participants recalled Sylvie Lainé’s advice to be outward-looking rather than defensive of territory already held; it seems urgent to attract new young minds to Latin and classics. Michael Paschalis (Rethymnos, Greece) reminded people of the massive support for classical studies that there is in the United States of America, and thought that was a country to involve in future.

The Italian Ambassador to UNESCO, Gabriele Sardo, gave a very positive evaluation of the work of the Union Latine in the final session; he thought that, perhaps, all that is missing is an invitation to Australia and America, and that they ought to be included in future. Ernesto Bertolaja thanked all involved and expressed his satisfaction with the way the conference had gone.

 

top

 

 

QUALI REGOLE PER LA GLOBALIZZAZIONE?

 

Ha avuto luogo, dal 12 al 14 dicembre 2001, presso il Centro Studi e Ricerche di Preganziol, Treviso, Italia, un Convegno sul tema Quali regole per la globalizzazione? Diritto, diritti e ordine mondiale, organizzato dall’Istituto Internazionale Jacques Maritain, in collaborazione con la Fondazione Mondo Unito del Vaticano e sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana. Sono intervenute personalità eminenti del mondo della politica, dell’economia, del diritto e della cultura e le loro relazioni sono stati seguite da un pubblico numeroso, nonostante l’improvviso peggioramento del tempo: il gelo e la neve hanno provocato considerevoli difficoltà.

Il Convegno rientra nel quadro di un progetto di ricerca internazionale, iniziato nel 1995, inteso ad esaminare i processi di globalizzazione alla luce del loro impatto sulla “pace”. La ricerca, iniziata con un convegno internazionale a Roma nel 1995, sul tema della globalizzazione in generale, poi articolata in tre successivi seminari internazionali sui temi della globalizzazione economica e dell’esclusione, a Milano nel 1998, della globalizzazione finanziaria, a Santiago de Cile nel 1999 e degli effetti del mercato globale e delle nuove tecnologie sulle culture, a Venezia nel 2001, trova oggi motivi nuovi e gravi per riflettere sulle interdipendenze mondiali.

Il Convegno ha proposto di avviare una riflessione su come ripensare l’intero processo di globalizzazione nella complessità dei suoi aspetti politici, economici, giuridici e culturali, nella prospettiva di un ordine mondiale capace di controllare le tensioni, rimuoverne le cause e costituire la premessa per un maggior giustizia e pace.

I lavori sono stati aperti, il 12 dicembre sera, con un incontro-dibattito sul tema Pace e guerra nel contesto globale, con l’intervento di Federico Mayor, Presidente della Fondazione Cultura di Pace di Madrid, Spagna, Massimo Cacciari, Sindaco di Venezia, Italia, e Robert Royal, Presidente del Faith and Reason Institute di Washington D.C., Stati Uniti d’America.

La sessione inaugurale del Convegno ha avuto luogo il 13 dicembre, iniziato con il saluto di Roberto Papini, Segretario Generale dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain. Le relazioni sono state raggruppate intorno a tre tematiche, in tre sessioni: 1. Regole e istituzioni della globalizzazione economica, 2. Diritti umani: riconoscimento e tutela giurisdizionale e 3. È possibile un ordine globale?

Numerose le relazioni di specialisti in politica, economia e diritto, provenienti dell’Occidente e dell’Oriente, appartenenti a organizzazioni internazionali e nazionali, pubbliche e private, professori d’università, presidenti di associazioni o istituzioni interessati nel processo della globalizzazione come, ad esempio, Louis Sabourin dell’Università di Quebec, già Presidente del Centro per lo sviluppo OCSE, Nicholas John McNally, Giudice della Corte Suprema dello Zimbabwe, S.E. Francesco Paolo Fulci, già Ambasciatore italiano presso le Nazioni Unite, Héctor Faúndez Ledesma dell’Istituto dei Diritti Umani, Università Centrale di Caracas, Venezuela, Ke-Young Chu del Fondo Monetario Internazionale, Washington D.C., Khaled Fouad Allam dell’Università di Trieste, Yudhishthir Raj Isar, Direttore della Sezione Storie della Divisione del Dialogo interculturale dell’UNESCO.

Gli organizzatori non hanno mancato di assicurare adeguato spazio anche per la voce della Chiesa. Sono intervenuti con relazioni S.E.R. Mons. Diarmuid Martin, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Agenzie Specializzate a Ginevra e P. Bernal Restrepo SJ, Decano della Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana di Roma. Per il Pontificio Consiglio della Cultura, ha partecipato Mons. Gergely Kovács.

 

 

top

 

 

I FONDAMENTI E LA QUESTIONE ONTOLOGICA

 

Nello scorso mese di gennaio, dal giorno 7 al giorno 10, si è tenuto presso la Pontificia Università Lateranense un Congresso Internazionale su: I Fondamenti e la Questione Ontologica. Prospettive per il Nuovo Millennio. Questo Congresso è stato organizzato dall’IRAFS, International Research Area on Foundations of the Sciences della Facoltà di Filosofia dell’Università (http://www.pul.it/pul/irafs/irafs.htm), in collaborazione con l’UIP, Université Interdisciplinaire de Paris, Francia, (http://www.uip.edu) e lo SSQ, Science and the Spiritual Quest, un programma di ricerca del CTNS, Center for Theology and Natural Sciences di Berkeley, USA (http://www.ctns.org), sotto l’Alto Patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura.

 

Scopo del Congresso

Lo scopo del Congresso è stato quello di presentare e discutere durante i quattro giorni del suo svolgimento la situazione e le prospettive dell’indagine sui fondamenti in tre differenti aree della ricerca scientifica: «Logica e Matematica», «Fisica e Cosmologia» e «Scienze Cognitive», con un’attenzione speciale alle implicazioni ontologiche dello studio sui fondamenti in ciascuno di questi campi. Queste implicazioni sono state in maniera specifica discusse nella quarta sezione del Congresso dedicata alle «Connessioni Ontologiche».

L’attenzione alle questioni ontologiche è giustificata da due fattori:

1.       Innanzitutto per il grande pubblico, ciò che è realmente interessante nel dibattito sui fondamenti non sono i tecnicismi sul formalismo delle teorie scientifiche, ma le conseguenze dell’uso di differenti linguaggi formali per una conoscenza dell’oggetto reale d’indagine di una data teoria scientifica.

Per esempio, la gente non è interessata, a proposito dell’ipotesi sul «big-bang» in cosmologia, a sapere se esso debba considerarsi o meno una «singolarità» del continuo spazio-temporale della teoria generale della relatività. Invece il grande pubblico è interessato a sapere che cosa l’ipotesi del «big-bang» può dirci sull’origine dell’universo in cui viviamo e, semmai, se dal punto di vista religioso, essa può fornire una base fisica ragionevole al dato di fede di una creazione dell’universo da parte di Dio.

2.       Un secondo fattore rende il dibattito ontologico sui fondamenti così importante nell’orizzonte scientifico contemporaneo. Soprattutto in campi quali la fisica quantistica o le scienze cognitive, le acquisizioni più recenti nel dibattito sui fondamenti nei rispettivi campi, riguardano proprio la natura degli oggetti reali di questi tipi d’indagine.

Riguardo alla fisica quantistica, le scoperte riguardo alla cosiddetta «non-località» dei fenomeni nella fisica dell’infinitamente piccolo stanno cambiando profondamente il punto di vista moderno sulla natura dello spazio e del tempo, come pure le «vecchie» convinzioni sul determinismo nella realtà fisica. Con «non-località quantistica» s’intende infatti la capacità di due particelle di uno stato quantico ad interagire simultaneamente (di essere entangled), quasi fossero dotate di capacità «telepatiche». Ebbene, negli ultimi vent’anni, è stato scoperto che questi fenomeni avvengono non solo quando le particelle sono vicinissime, ma anche quando sono estremamente lontane l’una dall’altra – fino a 12 km di distanza! Se si pensa che l’unità di misura quantistica, dove «è normale» che avvengano questi fenomeni di entanglement è dell’ordine dei 10-8 cm (100 milionesimi di centimentro, il raggio di un atomo), la suddetta distanza (1,2 milioni di centimetri) vuol dire salire di ben 14 ordini di grandezza, moltiplicare cioè l’unità quantistica per centomila miliardi di volte! Si comprende allora perché una gran parte delle relazioni che nel Congresso hanno trattato questioni di fisica sia nella Sezione di cosmologia, sia nella Sezione di ontologia hanno trattato delle profonde implicazioni che questi fenomeni hanno sul nostro modo di considerare l’ontologia della realtà fisica.

D’altro canto nelle scienze cognitive, ci troviamo di fronte ad un drastico cambio di paradigma nell’interpretare la natura della mente e delle operazioni mentali, soprattutto la conoscenza. Invece d’interpretare la conoscenza nei termini moderni di rappresentazione «interna» di una realtà «esterna» come nelle filosofie di Cartesio, Hume e Kant – e dove dunque, per questo preconcetto rappresentazionistico si era costretti ad attribuire una consistenza puramente ipotetica alla realtà esterna medesima –, i modelli basati sul principio d’intenzionalità sembrano più adeguati a corrispondere all’evidenza neurologica e psicologica attualmente disponibile. Si tratta infatti – come si è molto insistito nelle relazioni della Sezione di scienze cognitive – di modelli dove il flusso di conoscenza viene interpretato nei termini dell’«arco intenzionale» fra l’agente e il mondo. «Non appena l’agente acquisisce una determinata abilità – ha affermato testualmente Deyfus –, queste abilità vengono “immagazzinate” non come rappresentazioni nella mente ma come disposizioni sempre più raffinate a rispondere alle sollecitazioni di percezioni sempre più raffinate a loro volta, della situazione corrente».

Da un altro punto di vista, questa focalizzazione sulle implicazioni ontologiche della ricerca scientifica hanno consentito al nostro Congresso di fornire un duplice contributo:

·   Agli scienziati impegnati nella ricerca su fondamenti, ha fornito l’occasione – invero sempre più rara – di presentare e discutere gli ultimi risultati della loro ricerca;

·   Ai filosofi e anche ai teologi ha fornito un contributo perché le loro ricerche sui risultati e le applicazioni delle scienze naturali e matematiche, possa basarsi anche sulla ricerca fondazionale condotta indipendentemente all’interno di ciascuna disciplina. Ciò potrà fornire un non piccolo aiuto per evitare incomprensioni e conclusioni affrettate.

 

I relatori

L’aspetto certamente più qualificante del Congresso, capace di suscitare l’in­teresse anche della stampa italiana, è stato certamente l’alto livello dei relatori invitati a dare il loro contributo. E’ stato questo il risultato più immediato della collaborazione delle istituzioni internazionali impegnate nell’organizzazione di questo evento.

Per evidenziare l’altissimo livello scientifico del nostro Congresso, è sufficiente dare solo la lista dei relatori. Ogni commento ulteriore sarebbe superfluo.

·      Per la Sezione «Matematica e Logica», Edward Nelson, Princeton University, USA (chairman); Pierre Cartier, École Normale Supérieure de Paris, France; Bengt Nordström, Chalmers University of Technology, Göteborg, Sweden; Simon Kochen, Princeton University, USA.

·      Per la Sezione «Fisica e Cosmologia», Roger Penrose, Oxford University, GB (chairman); Anton Zeilinger, Wien Universität, Austria; Paul Steinhardt, Princeton University, USA; Joe Silk, Oxford University, GB; Lyman Page, Princeton University, USA.

·      Per la Sezione «Scienze Cognitive», Walter Freeman (chairman) e Hubert Dreyfus, ambedue dall’Università di Berkeley, USA; Arthur Peacocke, Oxford University, GB; Philip Johnson-Laird, University of Princeton, USA; Rodolfo Llinàs, University of New York, USA.

·      Per la Sezione sulle «Implicazioni Ontologiche», Bernard D’Espagnat, Institut de France, Paris (chairman); John Polkinghorne, Cambridge University, GB; Basarab Nicolescu, Université de Paris, France; Philip Clayton, Harvard University, USA.

Il livello scientifico dei relatori ha ottenuto un risultato duplice ed in qualche modo inaspettato.

Innanzitutto ha coinvolto tutti i relatori e il pubblico presente nella sala, non solo a partecipare attivamente a tutte le Sezioni con molte domande alla fine di ogni relazione – malgrado gli argomenti trattati fossero molto specialistici e talvolta anche molto distanti fra loro, almeno per i non addetti ai lavori – ma anche a partecipare attivamente a ciascuna delle tavole rotonde che alla fine di ogni Sezione la concludeva. Abbiamo partecipato – e anche organizzato – nella nostra attività professionale molti simposi e congressi in diverse parti del mondo. E’ stata la prima volta, però, in questo Congresso che ci è accaduta una simile cosa. Ogni giorno era difficile concludere in tempo la tavola rotonda, malgrado durasse più di un’ora, per le molte persone che volevano intervenire.

Naturalmente questo grosso coinvolgimento ha fatto sì che anche molte relazioni interpersonali si stringessero fra i relatori, e anche fra e con gli scienziati e gli studenti presenti nel pubblico. Si tratta di una dato molto importante, perché la conoscenza personale fra ricercatori, ai vari livelli, è la condizione necessaria per futuri lavori comuni oltre che spesso il motivo principale per partecipare a Congressi da parte dei ricercatori stessi. Ciò che in un Congresso viene detto si può leggerlo negli Atti. Le relazioni interpersonali possono stringersi solo partecipando personalmente all’evento.

Il secondo risultato è stato l’attenzione al Congresso riservata dal primo quotidiano economico nazionale «Il Sole 24 Ore», il più venduto in Italia e in Europa. Non solo il nostro Congresso è stato annunciato sul suo prestigioso Supplemento Culturale Domenicale letto da centinaia di migliaia di lettori in tutta Italia, ma stiamo trattando per la possibilità di pubblicare un ampio resoconto speciale dell’evento in uno dei prossimi numeri del Supplemento. Le molte centinaia di richieste che stiamo ricevendo in queste settimane, chiedendoci i testi delle relazioni dei diversi Autori, testimoniano l’interesse che è stato suscitato in tutta Italia e non solo dall’evento. In ogni caso stiamo terminando la raccolta di questi testi che saranno disponibili on line sul sito web dell’IRAFS, http://www.pul.it/irafs/irafs.htm, a partire dall’ultima settimana di febbraio.

Prospettive

L’interesse per le questioni ontologiche suscitate dalla ricerca scientifica è dunque evidente. Ciò che spesso dal grande pubblico non è ancora molto conosciuto è che attualmente la ricerca ontologica è uno dei programmi di ricerca interdisciplinare più promettenti (e anche sempre più massicciamente finanziati), a cavallo fra logica, linguistica, informatica, filosofia e praticamente ciascuna delle discipline scientifiche, naturali ed umane oggi coltivate. Questo fenomeno è legato, da una parte, al progresso della ricerca nella logica simbolica e nella filosofia analitica degli ultimi cinquant’anni, ormai ben lontane dal riduzionismo della prima metà del secolo scorso legato alla loro origine all’interno del movimento neo-positivista. D’altra parte, l’interesse alla ricerca ontologica ha ricevuto un tremendo impulso negli ultimi dieci anni dall’urgente bisogno di rigorosi strumenti trans-culturali e trans-disciplinari richiesti dal fenomeno impetuoso della globalizzazione in ogni campo della ricerca scientifica, economica, sociale, culturale e ormai anche religiosa della nostra società ormai di dimensione mondiale.

In questa situazione, non è sorprendente la nascita di una nuova disciplina a metà strada fra l’analisi metafisica, logica e linguistica chiamata «ontologia formale». E non è sorprendente che uno dei più promettenti settori di sviluppo in tutto il mondo di questa neonata disciplina è la sua inaspettata applicazione informatica, chiamata «ingegneria dell’ontologia formale» (formal ontology engineering). Per aiutare il lettore – sicuramente sconvolto da queste nostre affermazioni, abituato com’è alle geremiadi esistenzialiste sull’oblio dell’essere nella cultura contemporanea – a rendersi conto di quanto sia diffuso questo programma di ricerca anche per un dialogo fra filosofia e scienza, lo invitiamo a visitare il sito web http://www.formalontology.it. Attualmente è il sito Internet più completo e aggiornato sull’argomento, indispensabile per avere uno sguardo d’insieme immediato su quanto nel mondo si fa in questo campo, anche attraverso la vasta bibliografia continuamente aggiornata ivi suggerita, nonché attraverso il gran numero di collegamenti ad altri siti nel mondo dedicati a questo tema.

Per comprendere brevemente cosa sia l’ontologia formale, è necessario ricordare che il potere della scienza moderna, come G. Leibniz per primo comprese all’inizio dell’età moderna, è legato all’uso del linguaggio formale, «libero da contenuti (content-free)» della matematica. Ogni scienziato usa formule (matematiche) per comunicare con altri scienziati in una maniera non-ambigua. Per comprendere infatti cosa significa una formula matematica, non è necessario condividere tutto il background culturale dell’inventore di quella formula e men che mai essere convinto della sua verità o utilità per un certo problema: è sufficiente conoscere le regole sintattiche del linguaggio matematico. Nondimeno, anche lo scienziato deve usare il linguaggio ordinario – italiano, francese, inglese, tedesco… – quando vuole illustrare ad altre persone (se stesso compreso, quando riflette in un secondo momento sulla propria teoria) la sua teoria scientifica formalizzata. La principale differenza fra i linguaggi ordinari e i linguaggi formali è così che i primi sono «dipendenti dal contenuto (content-dependent)» i secondi «liberi da contenuti». Per questa ragione, quando vogliamo parlare di qualcosa (le teorie scientifiche formali incluse) è necessario usare il linguaggio ordinario. E per questa stessa ragione ogni ontologia, filosofica, religiosa o teologica usa i linguaggi ordinari per esprimere i suoi propri contenuti.

La falsa dicotomia che ha bloccato la mentalità moderna nella falsa contrapposizione fra le due culture è perciò presto detta. Se si usano i linguaggi formalizzati delle scienze, si hanno linguaggi non ambigui, resi universali dalla semplice conoscenza di regole sintattiche, mediante i quali gli scienziati possono comunicare esclusivamente fra di loro, senza alcun riferimento né ai loro rispettivi e diversi background culturali, né con alcun impegno ontologico sull’esistenza o meno dei propri oggetti in senso extra-linguistico. In tal modo si può minimizzare l’utilizzo del tempo per la comprensione reciproca e massimizzare tutte le risorse alla soluzione dei problemi. D’altro canto, un’ontologia che si affida esclusivamente all’uso dei linguaggi ordinari per esprimere i propri contenuti sembra «più democratica» in quanto chiunque può condividere il processo comunicativo, senza una specifica preparazione di tipo scientifico. Ma questa è solo apparenza: di fatto la mancanza di ogni linguaggio formale di tipo simbolico, opportunamente adattato ad esprimere contenuti ontologici, costringe gli agenti del processo comunicativo a dover condividere di fatto, per la mancanza di qualsiasi esplicitazione delle regole di costruzione delle espressioni linguistiche, la più gran parte del background culturale l’uno dell’altro per riuscire a comprendere senza fraintendimenti ciò che l’uno intendeva davvero comunicare all’altro con una data formula o espressione linguistica. E senza una previa comprensione di ciò che qualcuno intende con una data espressione, è impossibile comprendere l’oggetto a cui questa espressione si riferisce. L’ontologia sembra così condannata ad un indefinito processo alle intenzioni.

In altri termini, per questa dicotomia, l’ontologia – e dunque la metafisica, la religione e la teologia, che sono le forme di ontologia che caratterizzano una data cultura – sono state confinate nella prigione delle ideologie. Perpendicolarmente ai linguaggi formali delle scienze moderne, l’ontologia sembra essere concepita per massimizzare il tempo dedicato alla reciproca comprensione, così da minimizzare il tempo dedicato alla definizione – e ancor meno, perciò – alla soluzione dei problemi comuni. Ogni progresso diviene così straordinariamente lento, se non del tutto impossibile: ars longa vita brevis, sentenziavano con tanta sapienza gli antichi! Se questa situazione non era poi così tragica in un’epoca dove le ideologie erano confinate in una ben definita «nicchia» territoriale e temporale, per le difficoltà della comunicazio­ne sia fisica che informazionale, questa situazione non è più sostenibile in un’epoca globale come la nostra. Per esempio, com’è possibile tollerare che i problemi legali di un commercio mondializzato siano lasciati al «libero gioco delle interpretazioni» dei diversi sistemi giuridici o addirittura di singoli giudici? O com’è possibile che i formalismi delle diverse teorie scientifiche, quando trasferiti dall’accademia al pubblico dominio e anche al pubblico utilizzo per supportare decisioni etiche, politiche, amministrative o anche semplicemente industriali o commerciali – non meno importanti e decisive per la vita e il benessere di migliaia se non milioni di uomini –, siano di nuovo oggetto di «libere interpretazioni», dove ognuno è autorizzato a leggere e utilizzare i dati scientifici come meglio crede? O com’è possibile tollerare che le differenti religioni siano ridotte a sempre più violenti strumenti di conflitto fra integralismi opposti?

Una via percorribile per cominciare ad uscire da questa impasse è stata trovata negli ultimi cinquant’anni e solo ora comincia ad essere utilizzata sistematicamente e conosciuta dal grande pubblico. Essa consente che si vada oltre ed anzi si possa supportare in forma di condizione sufficiente l’indispensabile buona volontà per un dialogo, che rimane ineliminabile condizione necessaria per qualsiasi comunicazione efficace. Consiste nella chiara distinzione fra la logica estensionale della matematica e dei linguaggi formali e la logica intensionale dei linguaggi ordinari, dipendenti da un contenuto, propri delle differenti ontologie. Si presti attenzione ad un punto fondamentale: la formalizzazione dei linguaggi ordinari, mediante l’uso della logica simbolica di tipo intensionale, è del tutto differente da quella cui siamo abituati nella logica simbolica di tipo estensionale propria della matematica e della scienza. Le logiche intensionali e i loro simbolismi sono finalizzati non a eliminare le differenze fra le diverse ontologie, secondo un programma riduzionista, quale quello della filosofia analitica neo-positivista della prima metà del ‘900 che, appunto, pretendeva di usare i formalismi della logica matematica come criterio di sensatezza di ogni linguaggio, giungendo perciò a eliminare come privi di senso tutti i linguaggi non-scientifici.

Al contrario, l’uso dei modelli di logica intensionale è finalizzato non a ridurre, bensì ad evidenziare le differenze fra le differenti ontologie, rendendole esplicite, così da minimizzare le ambiguità e le supposizioni tacite e facilitare la reciproca comprensione. In una parola: l’uso di simbolismi intensionali è un indispensabile strumento di onestà intellettuale per chiunque voglia davvero far capire ciò che intende dire. In una parola, se ciascuno degli agenti di un processo comunicativo, fa lo sforzo di formalizzare le sue convinzioni e le sue intenzioni, è possibile vedere dove le differenze realmente si trovano. In questo modo, diviene fattibile anche trovare, quando è possibile, soluzioni comuni che non contraddicano ciò che è davvero essenziale per ciascun sistema di convinzioni. Questa formalizzazione delle differenti ontologie mediante modelli di logica intensionale (logiche modali, epistemiche, temporali, deontiche, etc.) è ciò che s’intende coll’espressione «ontologia formale».

Per sintetizzare, la logica intensionale è lo strumento formale per il dialogo fra le differenti culture in tutti i campi delle discipline umanistiche, da quelle giuridiche, a quelle etiche, a quelle filosofiche, fino alle discipline teologiche. Essa è anche uno strumento formale per un dialogo effettivo fra discipline umanistiche e scientifiche contro la tentazione di reciproche riduzioni e, oggi soprattutto, di reciproche strumentalizzazioni. Infine, per comprendere come l’ontologia formale possa riguardare anche il progresso informatico, se vogliamo che Internet non divenga lo strumento di un’impossibile globalizzazione, tendente a nullificare le reciproche differenze culturali – impossibile perché, come già drammaticamente visto, porterà solo alla ribellione violenta di chi si sente, a torto o a ragione, minacciato nella sua identità –, oppure se vogliamo che le nuove tecnologie possano essere usate anche da popolazioni povere, addirittura non alfabetizzate, occorre «aprire» gli stessi linguaggi formali dei nostri computer ai differenti linguaggi ordinari. Infatti, rendere i diversi database – veri thesauri della ricchezza spirituale e materiale dell’uomo post-moderno – realmente accessibili a chiunque, richiede necessariamente l’uso e l’integrazione informatica di modelli intensionali di linguaggio formalizzato. Un primo, limitato esempio di cosa sia possibile realizzare mediante la neonata disciplina, dal nome apparentemente assurdo, dell’«ingegneria dell’ontologia formale», può trovarsi nell’avanzata realizzazione del progetto del Governo Indiano del «simputer» (simple computer). Esso usa come tasti solo simboli dell’esperienza ordinaria, dando indietro all’utilizzatore umano le sue istruzioni non in forma scritta sul video, dove appaiono solo immagini, ma in forma verbale usando quattro fra i più diffusi dialetti. In tal modo il simputer può essere usato da ogni capovillaggio e dalla sua popolazione analfabeta, consentendo loro l’accesso ad Internet, almeno per quelle funzioni dove quel tipo d’interfaccia è stato già sviluppato.

Non è così una vana speranza aspettarsi che, come lo sviluppo della logica matematica, estensionale, durante l’età moderna è stato il segreto dell’incredibile sviluppo della scienze moderne, lo sviluppo della logica intensionale e dell’ontologia formale, sarà il motore di un analogo progresso in tutte le discipline umanistiche della nostra età post-moderna. Lo sviluppo pacifico e sostenibile del nostro mondo e, allo stesso tempo, il superamento del terribile divide tecnologico dipendono da questo dialogo rinnovato fra le culture, quella scientifica e quella umanistica innanzitutto.

Nel nostro Congresso, molti contributi, soprattutto di quegli scienziati con una competenza specifica nei linguaggi filosofici e teologici – come Pierre Cartier, Basarab Nicolescu e John Polkinghorne –, se non filosofi e teologi essi stessi – come Hubert Dreyfus, Philip Clayton e Arthur Peacocke – si sono tutti mossi in questa direzione, anche se quasi nessuno ha fatto riferimento esplicito a termini come «logiche intensionali» o «ontologia formale», che poi sono solo etichette, a ben guardare, di un contenuto ben più ricco e articolato. In questo senso, il nostro Congresso ha costituito solo un primo passo di un viaggio che speriamo lungo e fruttuoso.

 

Ringraziamenti

Per concludere, vorremmo ringraziare gli amici che hanno condiviso con noi l’onere e l’onore dell’organizzazione e della realizzazione di questo Congresso: Sarah Jones Nelson, dell’Università di Princeton; Jean Staune e Tom MacKenzie, dell’UIP; Philip Clayton, Direttore del Prognamma SSQ2 del CTNS di Berkely; Melchor Sanchez de Toca del Pontificio Consiglio per la Cultura. Senza il loro aiuto e la loro amicizia questo Congresso non avrebbe potuto, né aver luogo né ottenere tanto successo. Anche questa fruttuosa integrazione di competenza scientifica e professionale, con contenuti tipicamente umani, quali l’amicizia e la passione etica e religiosa, sono dei segni pieni di promesse della nuova era che siamo chiamati a costruire.

 

Gianfranco Basti & Antonio Luigi Perone
International Research Area on Foundations of the Sciences
Pontificia Università Lateranense

 

 

top

 

 

VISITE AD LIMINA DES ÉVÊQUES DU VIETNAM

 

Le 18 janvier 2002, le Conseil Pontifical de la Culture a accueilli neuf évêques du Vietnam en visite ad Limina. Dans cette région de l’Asie où les catholiques représentent une minorité et sont parfois considérés par les adeptes des religions ou sagesses asiatiques comme des étrangers dans leurs propres pays, l’Église catholique a, cependant, toujours été proche de la culture des cinquante-quatre ethnies qui constituent aujourd’hui le Vietnam.

En effet, le peuple vietnamien voue naturellement un culte au ciel, il est doté d’un fort sentiment religieux et manifeste une profonde piété envers les ancêtres. Préparation à accueillir le message de l’Évangile, la culture du Vietnam bénéficie d’une langue nationale systématisée par un missionnaire catholique. Certes, la langue est importante pour la communauté catholique, car elle peut, grâce à l’œuvre des missionnaires, exprimer sa foi dans sa propre langue et sa propre culture, mais la langue est encore et plus largement un cadeau de l’Église catholique au peuple vietnamien.

Les évêques du Vietnam ont tenu à souligner quelques défis principaux que l’Église catholique se doit de relever dans le domaine de la culture, malgré un manque cruel d’ouvrages de culture chrétienne et le manque de moyens pour unir et stimuler les intellectuels.

–   L’Église catholique prend en considération la présence depuis des temps reculés de plusieurs religions nées en Asie et qui semblent plus proches que le christianisme de la culture vietnamienne.

–   Les chrétiens, toutes religions confondues, ne représentent que 8% de la population. L’inculturation de la foi est une priorité centrale pour l’annonce de l’Évangile dans ce pays.

–   Malgré la distance qui sépare les conditions de vie et le contexte culturel du Vietnam et des sociétés occidentales, le phénomène de la mondialisation atteint la société vietnamienne. Les évêques redoutent un mélange culturel, rapide et artificiel, qui s’effectue au détriment des cultures locales, de l’identité personnelle et du fondement moral de la société traditionnelle.

–   Les mouvements migratoires suscitent parfois de vives inquiétudes, car ils ne sont pas organisés, notamment dans les grandes villes.

Les évêques du Vietnam ont déjà lancé une pastorale de la culture, fondée sur la promotion des valeurs de la famille chrétienne, première cellule de transmission de la culture et de la foi. Dans ce contexte, les évêques soulignent l’importance du catéchisme et de la piété populaire, car cette piété est un lieu de rencontre privilégié entre la foi et la culture. On ne peut encore parler de réseau de Centres Culturels Catholiques, mais un fait s’impose à tous, c’est l’engagement courageux et généreux des chrétiens vietnamiens dans tous les mouvements sociaux et culturels du pays. Les évêques accordent une importance primordiale à la culture du peuple, qui est une authentique préparation à l’accueil de l’Évangile.

 

 

top

 

 

LA CAEL E IL LESSICO TOMISTICO BICULTURALE

 

L’udienza di Giovanni Paolo II al P. Roberto Busa S.J., al Comitato d’onore e alla Presidenza dell’Associazione CAEL (Computerizzazione delle Analisi Ermeneutiche Lessicologiche) per la presentazione del Progetto «Lessico Tomistico Biculturale» (LTB) si situa in una lunga tradizione. Ogni udienza papale ha segnato, infatti, una tappa importante del lungo lavoro che ha portato alla realizzazione dell’«Index Thomisticus», prima, e ora al varo del progetto del «Lessico Tomistico Biculturale». Nel 1998 fu presentata a Giovanni Paolo II l’edizione definitiva del CD-Rom contenente tutte le opere di S. Tommaso d’Aquino con gli indici e le concordanze. In precedenza nel 1981 erano stati portati in udienza i cinquantasei volumi dell’«Index Thomisticus» contenenti le forme e i lemmi di tutte e singole le parole dell’Opera Omnia di S. Tommaso, con le rispettive frequenze e i relativi contesti. Un lavoro immenso reso possibile dalla elaborazione elettronica su macchine IBM.

Due udienze del Papa Paolo VI indicarono nel 1974 e nel 1976 l’avvio della pubblicazione, sotto gli auspici dello stesso Sommo Pontefice, e i primi volumi a stampa. Il Beato Giovanni XXIII già nel 1961 aveva potuto apprezzare i primi risultati di quell’immane compito di ricerca che aveva dato inizio ad una nuova disciplina: la «linguistica computazionale», di cui il Padre Busa era stato l’ideatore fin dai primi anni ’40 del secolo appena trascorso.

L’iniziativa scientifica è stata, fin dai suoi albori a New York nel 1949, una cooperazione italo-statunitense volta alla elaborazione dell’analisi statistica verbale degli undici milioni di parole latine del corpus thomisticum.

Ed ora la nuova impresa consiste nel tradurre nelle lingue moderne i concetti espressi da S. Tommaso d’Aquino nel latino medievale.

E’ un «lessico tomistico» perché intende riferirsi a tutte le parole presenti negli scritti di S. Tommaso e in quelli a lui attribuiti; è «biculturale» perché traduce la cultura enciclopedica di S. Tommaso nelle espressioni proprie della cultura contemporanea.

E’ un progetto di estrema importanza perché le opere di S. Tommaso d’Aquino costituiscono non solo una summa del pensiero filosofico-teologico medioevale ma anche e soprattutto una vera enciclopedia del sapere di secoli e secoli di civiltà mediterranea a partire dalle tradizioni greca, latina, araba.

Ad avvalorare il significato culturale e l’importanza dell’impresa un Comitato d’Onore presieduto dal Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e che vede la partecipazione dei Cardinali Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, e Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Genova, ma anche il Prof. Michel Camdessus, Presidente del Fondo Monetario Internazionale, il Prof. Hans Tietmeyer, Presidente della Deutsche Bundesbank, il Prof. Alberto Quadrio Curzio, Preside della Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e il Segretario Prof. Guido Crapanzano, Rettore dell’Istituto di Scienze della Comunicazione di Milano. Ricordiamo che l’Associazione CAEL, responsabile del Progetto LTB, ha per Presidente l’Ambasciatore Romualdo Bettini, per vicepresidenti P. Georges Cottier O.P., Teologo della Casa Pontificia, e P. Sandro Barlone S.J., della Pontificia Università Gregoriana, per Segretario Don Samuele Sangalli.

Segnaliamo che a partire dal 12 febbraio vengono tenuti un corso e un seminario di lessicologia e di ermeneutica tomistiche computerizzate, dal P. Busa e dal Dott. Sangalli rispettivamente presso la Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino e la Pontificia Università Lateranense.

La CAEL sta preparando un sito con working station per il progetto LTB; per ul­teriori informazioni ci si può rivolgere all’indirizzo di posta elettronica cael@unigre.it.

 

(Giangiulio Radivo, Le significative tappe di un paziente lavoro di ricerca e di studio, in: L’Osservatore romano, edizione quotidiana, 2-2-2002, p. 5).

 

Indirizzo di saluto del Presidente

 

All’inizio dell’udienza, il Presidente del Comitato d’Onore, Antonio Fazio, Governatore della Banca d’Italia, ha rivolto a Giovanni Paolo II il seguente indirizzo di saluto:

 

Beatissimo Padre,

 

a nome del Comitato d’onore dell’Associazione per l’analisi lessicologica del corpus delle opere di San Tommaso d’Aquino desidero esprimerLe i sentimenti della nostra riconoscenza per averci ricevuto in udienza e per incoraggiarci con la Sua parola.

Il Comitato è composto dalle Eminenze Reverendissime Cardinali Re e Tettamanzi, dal dottor Michel Camdessus, dal dottor Hans Tietmeyer, dal professor Guido Crapanzano. Ho l’onore di presiederlo.

Il pensiero di Tommaso d’Aquino e di altri grandi pensatori medievali che Ella ha ricordato nell’enciclica Fides et ratio costituisce uno dei fondamenti della cultura europea e occidentale e del pensiero politico moderno. C’è un rinnovato interesse specialmente nel mondo anglosassone per le teorie di questi grandi della cultura cristiana e universale.

L’opera dell’Aquinate raccoglie in mirabile sintesi la cultura di dodici secoli di civiltà cristiana; attinge alla sapienza dell’Antico Testamento e alla saggezza della Grecia antica. Assimila e fonde in una grande visione di tutta la realtà il pensiero di filosofi arabi ed ebrei medievali.

Santità,

Ella con l’incontro di Assisi ha insegnato a tutti gli uomini di buona volontà che possiamo dialogare con le altre grandi culture, quella orientale cristiana, quella araba, la cultura ebraica e quelle di antichissima tradizione dell’India e dell’Estremo Oriente, le culture indigene dell’Africa e dell’America.

Con tutte queste e ancora prima con le loro Religioni dobbiamo ricercare ciò che è bene per l’uomo e per la comunità, oramai globale e cattolica, in cui ognuno vive.

Nella Fides et ratio Ella ci ha indicato l’opera di alcuni pensatori dell’Occidente e dell’Oriente: Rosmini, Maritain, Gilson, Edith Stein, Florensky, Solov’ev che hanno saputo riprendere e riproporre in chiave moderna le riflessioni e il metodo degli antichi maestri. La filosofia deve anche saper orientare le altre scienze. E’ significativo che verso la teoria economica nutrano insoddisfazione proprio autorevoli economisti che si pongono il problema di trascenderla per affermare l’obiettivo della felicità dell’uomo.

E’ l’uomo, la persona con la sua moralità e la sua spiritualità, che va salvaguardato dai possibili effetti sconvolgenti, ma che sono anche densi di opportunità, della globalizzazione. La modernità di Tommaso d’Aquino ci aiuta a risolvere alcune apparenti contraddizioni.

Ella, Santità, con la Sua opera di filosofo e di letterato ci ha fatto meglio conoscere chi è l’uomo, l’importanza della famiglia e quella della coscienza. Con il Suo insegnamento, con il Suo messaggio di speranza, con la Sua instancabile ed eccezionale opera per il bene comune richiama noi, soprattutto quelli investiti di funzioni pubbliche, alla virtus che Tommaso pone alla base della capacità di amministrare e governare.

Nel XXI secolo dobbiamo raccogliere come una sfida la rivisitazione della grande visione dell’Aquinate per applicarla ai problemi dell’oggi, per contribuire all’edificazione di un nuovo umanesimo.

Con l’ausilio degli odierni mezzi informatici possiamo analizzare meglio la coerenza interna di quell’opera, la sua attualità.

Chiediamo, per questo nostro proposito, il Suo incoraggiamento. Invochiamo la protezione dell’Altissimo per l’opera che ci accingiamo a compiere.

 

 

Discorso del Santo Padre

 

Signor Cardinale, Illustri Signori e Signore, Cari Fratelli e Sorelle!

Con viva cordialità rivolgo a tutti il mio saluto, che si ispira ad un sentimento di apprezzamento per le finalità che vi animano.

Ringrazio il Dottor Antonio Fazio, Governatore della Banca d’Italia, per le parole pronunciate in qualità di Presidente del Comitato d’Onore dell’«Associazione per la Computerizzazione delle Analisi Ermeneutiche Lessicologiche» (CAEL) riguardanti san Tommaso d’Aquino.

Saluto, altresì, gli altri membri del Comitato: il Signor Cardinale Giovanni Battista Re, con un pensiero augurale per il Cardinale Dionigi Tettamanzi, il Dottor Camdessus, l’Ambasciatore Bettini, Presidente della CAEL, come pure tutti gli altri intervenuti.

Esprimo il mio più vivo apprezzamento al Padre Roberto Busa, S.J., pioniere della linguistica computazionale, e alla sua équipe per il lavoro svolto. Ne sono testimonianza i 56 volumi dell’Index Thomisticus.

San Tommaso col suo genio ha segnato un’epoca e rimane una figura luminosa per la ricerca e l’amore della verità, che ne dominano tutta la mirabile costruzione filosofica e teologica.

Sono felice d’incoraggiare la vostra intenzione di sostenere una nuova impresa, che sarà compiuta da un’équipe internazionale di giovani accompagnati da studiosi più maturi: l’elaborazione cioè di un “Lessico Tomistico Biculturale”, che in alcuni decenni dovrebbe tradurre tutte le voci dell’enorme lessico di San Tommaso in parole odierne.

Avete scelto l’opera dell’Aquinate come vera e propria enciclopedia del suo tempo, sintesi di 40 secoli di cultura mediterranea: ebraica, greca, latina, araba e cristiana. Infatti il “Lessico Tomistico Biculturale” considererà in San Tommaso principalmente quanto egli ha in comune con gli autori suoi contemporanei.

Nella visione sapienziale di San Tommaso, che pur dipende in alcune delle sue parti dalla scienza coeva, il cosmo appare retto da un unico programma universale in cui tutto è organicamente legato; un programma incorporato nella natura dal Pensiero divino, creatore di quell’intelligenza umana che ha concepito l’informatica.

Affido alla divina Provvidenza l’opera che vi accingete a compiere, mentre di cuore imparto ai presenti e alle loro famiglie la mia affettuosa Benedizione.

 

 

top

 

 

FORUM ORIENT-OCCIDENT

 

Le 2 février 2002, s’est tenue la première session du Forum Orient-Occident à Trieste, en Italie. Une quarantaine de jeunes philosophes de l’Institut International Jacques Maritain, Section Friuli-Venezia Giulia, en Italie, de l’Association Kud-Logos de Ljubljana, en Slovénie, et du Forum Studi e Ricerche per la cultura de Gorizia, en Italie, se sont réunis pour débattre sur « La réflexion chrétienne en dialogue avec la post-modernité ». Le Conseil Pontifical de la Culture y a été représenté par le Père Laurent Mazas.

Les membres de ces trois institutions ont choisi de se retrouver deux fois par an en un forum de réflexion, et offrir ainsi une contribution culturelle à la construction d’une « Europe à deux poumons ». Les thèmes de l’anthropologie culturelle et de la théologie sont abordés par ces jeunes penseurs particulièrement sensibles aux interrogations de la post-modernité et aux défis de la société contemporaine. La pensée de la « négativité » peut-elle aider à développer une « nouvelle pensée chrétienne » ? Les concepts de « finitude » et de « passivité », entendus dans la philosophie post-moderne comme dimensions positives de l’être, sont-ils opposés à la métaphysique dite traditionnelle ? Quelle est la spécificité de l’expérience chrétienne ? Comment se rencontrent les traditions chrétiennes, orientale et occidentale ? Autant de questions soulevées, de débats francs et passionnés, encourageants, de la part de jeunes adultes désireux de s’interroger sur la culture de notre temps. De brefs exposés sur « Charité et mondialisation », « Le mystère de la croix dans l’environnement de la post-mondialisation », « La philosophie chrétienne comme philosophie trinitaire » et « Quelques provocations de penseurs orthodoxes face à la théologie occidentale » ont donné lieu à de riches confrontations entre les participants.

 


top