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TERZA PUBBLICA SEDUTA DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE
Contributo delle Pontificie Accademie all'umanesimo cristiano

Maria, icona e modello
dell'umanità redenta da Cristo

7 novembre 1998

 

A distanza di un anno, giovedì 7 novembre 1998, si terrà, in Vaticano, la III Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie. Attuando il programma stabilito dal Santo Padre, le Pontificie Accademie si propongono di fornire il proprio contributo all'umanesimo cristiano all'alba del III Millennio.

Per questa terza edizione della Seduta comune delle Accademie, l'argomento trattato da illustri Accademici membri della Pontificia Accademia dell'Immacolata e della Pontificia Accademia mariana Internazionale, sarà incentrato sulla figura di Maria, icona e modello dell'umanità redenta da Cristo.

Per la seconda volta, il Santo Padre Giovanni Paolo II consegnerà il Premio delle Pontificie Accademie, da lui istituito due anni da.

 

PROGRAMMA

10.30 - Coro: Josquin Desprez: Ave Maria Virgo Serena

Introduzione ai lavori: S. E. il Cardinale Paul POUPARD, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie

10.45 - Relazione del Prof. Rev.do Padre Alfonso POMPEI, O.F.M.Conv., Pontificia Accademia dell'Immacolata

11.15 - Coro: Guillaume Dufay: Vergene bella

11.25 - Relazione del Prof. Rev. do Padre Ignacio Maria CALABUIG ADAN, O.S.M., Pontificia Accademia Mariana Internazionale

11.55 - Coro: Franz Liszt: Ave Maria (1853)

12.00 - Indirizzo di saluto del Cardinale Paul POUPARD

Discorso di Sua Santità GIOVANNI PAOLO II

Consegna del Premio delle Pontificie Accademie

Coro: Giuseppe Verdi: Ave Maria

Coro giovanile dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, diretto dal ME. Martino Faggiani


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MARIA, L'ICONA PIÙ PERFETTA DELLA
LIBERTÀ E DELLA LIBERAZIONE DELL' UMANITÀ

Rev. Prof. Alfonso Maria Fompei, O.F.M.conv.
Pontificia Accademia dell'Immacolata

Il titolo della presente relazione accademica è desunto dall'Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede, Libertà cristiana e liberazione, approvata dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, e dall'Enciclica Redemptoris Mater, del medesimo Sommo Pontefice. Questi due documenti sono stati i miei principali punti di riferimento. Il tema, come è evidente, non potrà essere pienamente sviluppato nell'ambito del tempo qui disponibile.

Il nostro tempo è caratterizzato da una crescente consapevolezza della libertà e dignità individuale e sociale dell'uomo e dei suoi diritti inalienabili. Essa si esprime nell'insopprimibile diffondersi di movimenti di liberazione. Prescindendo da Dio e dalla legge morale, alcuni cercano, mediante la scienza e la tecnica, mediante l’azione politica e sociale, di eliminare la povertà, l’ignoranza e le varie forme di oppressione dell'uomo sull'uomo, che, dall'esterno, limitano o impediscono l’esercizio della libertà, e offendono la dignità di molte persone e di intere popolazioni. Altri ritengono che l’uomo stesso deve conquistare la libertà negando, nella sfera privata e pubblica, la legge morale in quanto tale e Dio stesso, considerati come alienazione dell'uomo in quanto essere pensante e volente.

Gli innegabili risultati raggiunti attraverso scienza e tecnica, organizzazione politica e sociale, non hanno impedito, nelle democrazie industriali, il nascere di nuove minacce, nuove servitù, oppressioni, dipendenze, disuguaglianze nella ripartizione dei beni, degradanti povertà, occasioni di cruenti terrorismi. E non hanno impedito alle società fondate su ideologie atee di sfociare in totalitarismi tirannici, genocidi, terrorismi di Stato, sfruttamenti, sopraffazioni di individui e di intere popolazioni.

La radice di questa tragedia è proprio nel fatto che, prescindendo da Dio e dalla legge morale, e persino negandoli, si ignora o si nega il criterio fondamentale per stabilire la nozione di libertà umana e di liberazione: si ignora, cioè, la verità riguardante l’uomo, che, come ricorda insistentemente il Magistero conciliare e pontificio, scaturisce dal Vangelo dell'incarnazione del Verbo eterno di Dio e della redenzione dell'uomo per sua opera.

Effettivamente, il tema della dignità, libertà e liberazione dell'uomo è nel cuore stesso del Vangelo della redenzione dell'umanità per opera del Figlio di Dio fatto uomo "per noi uomini e per la nostra salvezza". Per questa ragione, i cristiani hanno il dovere di esprimere in parole il Vangelo e le sue dimensioni liberatrici, e, soprattutto, di tradurlo nella loro vita individuale sociale. In tal modo, svolgendo il compito assegnato da Dio a ciascuno nella vita presente, si associano all’opera liberatrice di Cristo in attesa del suo ritorno finale, e si rendono "realmente e intimamente solidali con il genere umano e la sua storia", e si fanno eco delle suddette aspirazioni umane alla liberazione.

Ma come si svela in Cristo la verità riguardante l’uomo, la quale è criterio fondamentale per un retto discorso sulla libertà e la liberazione? In Cristo, come Verbo eterno incarnato e redentore, si manifestano pienamente il Padre e il suo amore paterno per noi, e l’uomo e la sua libertà: l’uomo non è solo creatura di Dio, ma è coinvolto liberamente e gratuitamente da Dio in una storia di alleanze, culminata nell'incarnazione redentrice del Verbo. In altre parole, Dio ha creato l’uomo come propria "immagine", gli ha partecipato il suo essere eterno, e, senza rinunciare alla propria assoluta trascendenza, si è donato a lui, gli ha dato irrevocabilmente la libertà, per poter essere realmente suo vero e proprio interlocutore, ed ha concluso un' alleanza con lui. E' in questa storia di Dio con l’uomo, in questa storia del suo amore per l’umanità e della risposta libera e amorosa dell'uomo al suo amore, che si gioca la libertà umana e se ne manifesta la profondità. La vita umana, come compimento della missione terrena conferita all’uomo dal Creatore, è la risposta all’amore di Dio, è esercizio della vera libertà, che lo inserisce in questa storia di alleanze di amore. Pertanto, l’avvento del Verbo di Dio nella storia, "per noi uomini e per la nostra salvezza", ci dice che in questa storia di alleanze, l’uomo ha abusato, sin dalle origini, della libertà, ed è andato soggetto alle alienazioni, che inficiano l’esercizio della vera libertà, e sono causa di nuove schiavitù. Cristo è venuto appunto a liberare la nostra libertà dal male più radicale che contrasta questo esercizio della libertà: il peccato.

L'uomo, "con la sua inquietudine e incertezza, ed anche con la sua peccaminosità" avvicinandosi a Cristo, "entrando in Cristo con tutto se stesso", con la propria vita e la propria morte, non solo riconosce veramente se stesso, ma si trova anche nella condizione di conoscere e, soprattutto, di esperimentare la vera libertà e la vera liberazione. E nella presente vita, svolgendo i compiti terreni assegnatigli da Dio, potrà e dovrà, con il suo impegno individuale, sociale, ecclesiale, associarsi alla liberazione operata da Cristo. Potrà, in una parola, essere persona nella storia.

Riflettendo metodicamente sul mistero mariano, la teologia scorge nella fede e nell'itinerario di fede di Maria in che modo il credente, consapevole della propria condizione umana, esperimenta e vive la libertà dei figli di Dio e, esercitando la missione affidatagli da Dio in questa vita, è associato all’opera di liberazione compiuta da Cristo nella storia. Maria, infatti, come ora vedremo, per mezzo della sua fede e con il suo cammino di fede, esperimenta, nel modo più eminente possibile ad una creatura umana, la vera libertà e liberazione dell'umanità, e compiendo il ruolo unico che Dio le ha affidato, è associata, come nessun'altra creatura umana, alla liberazione dell'umanità. In tal senso, pertanto, Maria, "accanto al Figlio, è l’ icona più perfetta della libertà e della liberazione dell'umanità e del cosmo", alla quale la Chiesa guarda "per scoprire il senso della propria missione nella sua pienezza".

In primo luogo, Maria è icona della vera libertà e liberazione dell'umanità, perché rappresenta eminentemente quei credenti che, nella fede, riconoscono veramente se stessi e conoscono ed esperimentano la vera libertà e liberazione. Maria, infatti, è Colei che, consapevole di essere Madre di Dio, è la figura storica, umana, massimamente rappresentativa di tutti quei credenti, particolarmente i "poveri e i piccoli", che, mediante la fede e nella fede, sanno di essere oggetto dell'amore infinito di Dio, scoprono la propria dignità inalienabile e insopprimibile, comprendono la verità sull'uomo, esperimentano la profondità di questa libertà e le sue esigenze, e, come Maria, figlia di Sion, nel Magnificat, cantano la lode di Dio liberatore, e la gioia liberatrice di cui è inondato il loro cuore. Questi "piccoli", mediante Gesù, conoscono Dio come padre amorosissimo, e perciò, dice lo stesso Gesù, non sono più servi, ma amici: e questa conoscenza li libera, li emancipa di fronte alle pretese di dominio dei detentori del sapere e del potere. Sanno di avere la conoscenza più alta a cui è chiamata l’umanità: sanno cioè di essere amati da Dio come e in certo senso più di tutti gli altri uomini. Essi vivono così nella libertà che, come abbiamo detto, scaturisce dalla verità e dall'amore" e sanno che la liberazione più radicale dell'uomo è quella compiuta dalla morte resurrezione di Cristo: liberazione dalla morte e dal peccato.

La fede di Maria, in risposta alla chiamata divina, è atto eminentemente libero, nel quale ella esperimenta inoltre la liberazione da parte di Dio. Agli albori del suo peregrinare nella fede, a Maria era stato detto da Elisabetta: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore". Nelle parole dell'angelo aveva compreso che Dio l’aveva eletta e predestinata ad essere Madre verginale del Messia. Ed aveva risposto dichiarandosi serva obbediente e abbandonata alla volontà di Dio. La rivelazione divina esige fede, e Maria la esprime con questo atto personale di obbedienza, un atto di libertà eminente: "avvenga di me quello che hai detto". Cosciente, infatti, dei suoi limiti, della sua umile condizione, e del pericolo che la concezione verginale potesse procurarle solitudine e incomprensione da parte dell'ambiente, tuttavia non dubita, non è scettica, ma, prima di dare il suo consenso, s'informa previamente sul "come" avverrà ciò. In tal modo, Maria si dimostra sorella esemplare di noi credenti, "che, finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione" e, pur avendo la fede, a volte siamo preda di dubbi, e, con il soccorso divino, dobbiamo impegnare la nostra libertà. Dio ha predestinato Maria alla maternità divina, e, in previsione della redenzione operata da Cristo, l'ha santificata totalmente sin dal primo istante della sua esistenza, donandole la "pienezza" della sua grazia. Tuttavia, Dio non gioca con lei, rispetta la sua libertà umana, creaturale. Maria non è strumento inerte per Dio, bensì interlocutrice, e proprio per questo Ella è, nel senso più elevato, "persona nella storia della salvezza"

Guardando Maria, comprendiamo che, al Dio che si rivela, è dovuta "l'obbedienza della fede" con la quale l’uomo si abbandona a Dio tutt' intero e liberamente, prestandogli " il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà". Senza questo libero abbandono dell'uomo al Dio che misericordiosamente ha deciso di liberarlo e di costituire con lui un'alleanza salvifica, il piano divino non si realizza per lui. E' in questa obbedienza di fede, che l’uomo esperimenta la libertà e l’azione divina che vuole trarre questa libertà dalle catene in cui si è cacciata. La liberazione divina viene dunque esperimentata soltanto in questa totale dipendenza, disponibilità, abbandono e consacrazione a Dio, di cui Maria, dopo Cristo, "Fattosi obbediente sino alla morte", è il più eccelso esempio, l’icona. In questi suoi atteggiamenti si attua la realtà della persona umana, come uditrice fedele della parola divina. Ed è chiaro che la vera libertà a cui deve aspirare ogni movimento di liberazione, non è libertà di pensare, volere e fare tutto, ma è libertà di scegliere, nei nostri concreti impegni, il bene, Dio.

Per questa ragione, nel Nuovo Testamento Maria, che è Madre di Gesù, è presentata dai vangeli sinottici anche come sua prima discepola e madre dei discepoli, e quindi archetipo di tutti i discepoli, anzi loro madre. E Maria, svolgendo fedelmente questo compito materno unico, partecipò e partecipa alla liberazione dell'umanità, compiuta dal suo Figlio Gesù.

Ma, prima di approfondire questo suo ruolo, vediamo brevemente in che modo Dio stesso l’ha inserita eminentemente, pienamente in questa storia di liberazione operata dal suo Figlio. Nel disegno divino, Maria è al centro della drammatica, dura lotta, che accompagna tutta la storia biblica dell'umanità, dalle origini all'apocalissi, perché il vincitore è suo figlio. In questa storia, che è storia di liberazione dell'umanità dalla potenza del male accumulato nel mondo in seguito all'originaria ribellione dell'uomo, Maria, Madre "dell'Agnello che toglie il peccato del mondo", "rimane, per l'umanità in cammino, un segno di sicura speranza" di liberazione, offerto da Dio agli uomini. E' il grande segno apocalittico della vittoria definitiva sul male, che tiene in catene la libertà umana: infatti, in previsione dei meriti del suo Figlio redentore, Ella, sin dal suo concepimento nel seno materno, è "preservata immune da ogni colpa originale", libera dai ceppi, che impediscono all'uomo di scegliere liberamente L’unico suo bene, Dio. Colei che fu concepita senza peccato originale è segno di sicura speranza di liberazione per l’umanità, perché in questa sua santificazione totale si svela, in primo luogo, che, sin dall'eternità, Dio ci ha eletti ad essere suoi figli adottivi, ci ha chiamati ad essere partecipi della natura divina" , e ci ha donato la libertà per rispondere a questa profferta amorosa; ci si manifesta, in secondo luogo, che questa elezione divina è più potente di ogni esperienza del peccato, e per questa ragione, Dio "è disposto a ristabilire a caro prezzo il disegno eterno del suo amore mediante l’umanizzazione del Figlio, a Lui consustanziale". Maria è concepita immacolata, totalmente santa, "piena di grazia", come le dice l’angelo Gabriele, in vista di questa umanizzazione del Figlio di Dio: ella è totalmente santa, immacolata, perché è in Lei, Madre del Redentore, che avverrà questa umanizzazione del Verbo divino, nella quale si rivela il grande amore di Dio per gli uomini, che "parla agli uomini come ad amici... e si intrattiene con essi per invitarli alla comunione con se ed accoglierli in essa". In lei, Dio invita l’uomo caduto a risorgere. Lo invita, cioè, a compiere la grande svolta determinata dal mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, la quale accompagna il cammino dell'umanità e dei singoli nella storia iniziata con la ribellione contro Dio. Maria Immacolata, sta all’inizio di questa svolta che corre lungo la storia. E' l’icona dell'uomo creato libero per rispondere all’amore di Dio. E' l’icona del frutto della redenzione operata da Cristo. E' l’icona, che riflette le speranze umane passate, presenti e future, e tutte le aspirazioni umane alla liberazione.

Inserita da Dio in questa storia di liberazione, Maria si associa alla liberazione operata da Cristo, svolgendovi il suo ruolo come Madre di Dio, discepola del proprio figlio, e madre dei suoi discepoli.

Madre di Dio. - Il titolo di Madre di Dio non vuole dire che ella è una dea - madre. Maria è creatura, non è creatrice. Il titolo di Madre di Dio è un asserto primariamente cristologico: il suo figlio è "il Verbo che si è fatto carne e ha abitato tra noi". Per renderci tutti "figli" di Dio, liberati e destinati alla risurrezione. Il titolo di madre di Dio, tuttavia, indica anche il ruolo di Maria: ella è scelta da Dio, come libero strumento, per farla cooperare alla liberazione dell'umanità come donna, che solo riceve da Lui, e, con la sua fede, è totalmente disponibile alla sua iniziativa. Non diventa una dea. Resta un vergine, umile e povera, come dice ella stessa, perché ha concepito il Figlio soltanto per opera dello Spirito Santo. E, tuttavia, agli occhi della fede, è "benedetta fra tutte le donne". Dio ha liberamente scelto la vergine Maria ad essere Madre di Dio. Maria non ha meritato le grazie eccellentissime, di cui è "piena". Dio le ha accordato una santità unica: solo lei, tra i figli di Eva, "nel primo istante della sua concezione, in vista dei meriti di Cristo¼ , è stata preservata immune da ogni colpa originale". Dio Le ha donato un' integrità di vita incomparabile. Maria ha risposto i suoi "SI", ha risposto con due fondamentali virtù, l’umiltà e l’obbedienza: proclamandosi umile Serva del Signore, proclama la sua nullità, e confessa che solo l’Onnipotente "ha fatto cose grandi" in lei. Quali sono queste grandi opere? Sono le opere liberatrici, elencate da Maria stessa nel Magnificat, che Dio vuole realizzare servendosi del ruolo, che ella deve svolgere nei confronti del Figlio di Dio, incarnato e redentore: ruolo di Madre e di discepola di Cristo, e di Madre dei discepoli di Cristo. Svolgendo questo ruolo, Maria è icona, nella quale si manifesta che la vera associazione di ogni uomo, della comunità umana, della Chiesa alla liberazione operata da Cristo, consiste nell'assolvimento della missione terrena a cui Dio ci chiama.

Scegliendola come Madre, Dio ha destinato Maria a farsi, con il suo impegno materno, un modello per il suo Figlio. Il titolo "Madre di Dio", infatti, rinvia esplicitamente alla relazione materna, che lascia il segno nel Figlio. Maria trasmette la vita al Figlio Gesù, gli dona la vita e lo educa. Accanto a Maria, Gesù riceve calore umano, tenerezza, e così sviluppa sentimenti, e capacità di amore. Nel seno materno della famiglia, ogni bimbo scopre l’altro, e così matura la sua personalità; impara a sorridere e parlare; è esortato a sopportare ingiustizie, a condividere, a scegliere. Come ogni Madre, Maria educa alla virtù il figlio Gesù, che doveva essere il "santo", il santo di Dio per eccellenza, e quindi non doveva ricevere dalla propria madre il minimo esempio difforme dalla santità. Dio, per così dire, doveva adornare questa Madre con tutte quelle virtù che si troveranno in massimo grado nel Cristo: bontà e misericordia, saggezza e generosità, apertura e accoglienza, dolcezza e sopportazione, pazienza intrepida e fortezza dinanzi al male, lucidità, determinazione, adattabilità.... Grazie a queste attenzioni materne di Maria, il Figlio di Dio incarnato per noi, può davvero "compatire le nostre debolezze": è il figlio di una Madre compassionevole, che soffre per e con il suo Figlio.

Con Giuseppe, Maria è attiva nell'infanzia di Gesù. I genitori, in particolare, gli trasmettono il meglio del popolo d'Israele: la fede e la preghiera di un "popolo umile e povero", personificato da Maria, nel quale Gesù poté riconoscere, "come in uno specchio, enigmaticamente abbozzata, la sua missione del Servo di Dio che espia per noi.

Discepola di Cristo. - Maria, tuttavia, rispetta la libertà di Gesù. Egli non restò soggiogato a un vincolo materno dominante. La missione di una madre, infatti, non è solo donare la vita, educare alla virtù e portare alla maturità, ma anche restare presente quando il figlio diventa indipendente.

Il momento della maturità del figlio è l’inizio di un'esperienza traumatica per i genitori. Con la maturità del figlio, un secondo periodo si apre nella vita della madre: è il periodo in cui il dono di se della madre prende la forma di interrogazione e ascolto, caratteristica dei discepoli. Maria pure conobbe questo periodo. A Giuseppe e Maria, che lo avevano cercato affannosi e finalmente lo trovarono nel tempio, il dodicenne Gesù rispose: "Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio". I genitori non compresero. Ma "sua Madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza età e grazia davanti a Dio e agli uomini". La madre di Gesù s'interroga sul contributo, sul messaggio, sull'apporto che darà al mondo suo figlio. Nell'ascoltare il figlio Gesù, come una discepola, la Madre gli dà coraggio e fiducia. Ella, con questo ruolo di discepola, s'inserisce attivamente nella missione liberatrice del Figlio. E in ciò è icona dei discepoli di Cristo.

Come ogni madre, e più di ogni madre, Maria non solo si dona al Figlio procreandolo, educandolo; non solo lo aiuta, quando è maturo, a prendere fiducia in se, ascoltandolo e apprezzandone il messaggio. La vera maternità accompagna i figli nei conflitti e nelle prove. A volte le madri sono risparmiate dall'assistere alla morte dei figli, e dall'aiutarli a morire. Il più delle volte, sarà un'altra donna ad assistere maternamente il loro figli a superare quei momenti. Questa missione materna richiede sempre una forza ammirevole, l’oblio di se, per far sentire la propria presenza al morente: richiede a volte l’eroismo, quando la morte del figlio è atroce, nel disprezzo e nell'odio, subita per essere fedele alla missione, all’ideale non compreso, non condiviso. In tal caso il morente ha un intenso bisogno di non sentirsi totalmente rigettato, abbandonato, isolato; ha bisogno di sentire che c'è qualcuno, che non solo lo ama, ma ha compreso il mistero della sua morte, e si associa alla sua agonia.. Per questo Maria, la Madre dolorosa, stava ai piedi della croce di Gesù.

Gesù beve il calice, esperimenta come l’abbandono, affida la propria madre al discepolo

Diletto si congeda da Lei, per così dire, l’abbandona, e la rende partecipe dell'abbandono da parte degli uomini e dall'apparente abbandono da parte del Padre. In quest' "ora" di Gesù, in cui, portando a termine la sua opera di riscatto, "rimette" lo spirito, Maria è sotto la croce, non solo come madre umana, bensì come donna credente, come discepola trascinata dal maestro sin sotto la croce, come personificazione di Israele, dei discepoli di Cristo, della Chiesa, dell'umanità. In quest' "ora" di Gesù, si realizza la vittoria della potenza del male, che s'intreccia, come in un nodo, con la storia umana. Maria ha realmente partecipato a questa vittoria liberatrice, svolgendo sino in fondo il suo ruolo di madre. Condividendo l’obbedienza di fede di Gesù, Maria è la madre di colui che calpesta il serpente, è colei che scioglie quel nodo che legava l’uomo e la sua libertà, e intercede per noi. Maestra di fede e di preghiera, materna maestra di compassione per Gesù, e, nello stesso tempo, discepola di un Maestro severo e rigoroso, che vuole introdurla nell'obbedienza richiesta dal Padre, Maria, ai piedi della croce, "soffrì profondamente con il suo unigenito e sì associò con animo materno al sacrificio di Lui".

Concludo. - Divenire Madre di Gesù avrebbe dovuto generare solo giubilo e gloria, il canto del Magnificat... E invece fu una croce per Gesù e per Maria. La causa di ciò va ricercata non nella maternità di Maria, ma altrove. Gesù, infatti, veniva tra noi non da trionfatore, ma per salvarci dal peccato, per liberarci, per aprirci all'amicizia del Padre suo. Il disegno di Gesù era di associare Maria alla sua opera, facendo di Lei la Madre dei riscattati, dei liberati: sulla croce si rivolge a Maria: "Donna, ecco il tuo figlio", e a Giovanni: "Ecco tua Madre". Così voleva il disegno divino.

Maria ci riceve ufficialmente come figli nel corso della passione del figlio, quando l’opera di liberazione, la salvezza, non era ancora compiuta, non eravamo ancora stati liberati. Ciò, affinché conoscessimo chiaramente che Maria partecipa all'opera della nostra liberazione, stando all'ombra di Gesù, ai piedi della croce. Vera Madre, accoglie i discepoli passati, presenti e futuri di Cristo, così come essi sono, con le loro miserie, deformità tradimenti, crimini. E' une torre in cui si rifugiano i peccatori, che ella scuote, attira e libera. E tutto ciò Ella compie additando Cristo redentore universale. In questa sua opera, infatti, Maria non è mai sola, anzi non prende l’iniziativa. E' Gesù che la conduce e la trascina nel dramma del Golgotha, in cui è in gioco la vita eterna dell'umanità. E Maria lo segue. La missione di Maria verso l’umanità soggetta a tante alienazioni e vittima di tante cause alienanti, non è nell'agire, ma nello spingerci a lasciarci trascinare da Gesù. E' Gesù che vuole donare la vita, e che la dona; e, nella vita, Egli restituisce l’uomo alla sua libertà. Tuttavia, quando Gesù ce l’addita come Madre, intende donarci la vita e liberarci dal male, in lei, nella sua Madre. E Maria diventa il luogo della grazia procurataci da Cristo, il luogo del conferimento dello Spirito, e, accanto a suo Figlio, resta, per tutte le generazioni umane, l'Icona più perfetta della libertà e della liberazione dell'uomo. E' a Lei che la Chiesa, di cui Ella è Madre e modello, deve guardare per comprendere il senso della propria missione nella sua pienezza".


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MARIA, DONNA DELLO SPIRITO

Rev. Prof. Ignacio M. Calabuig, O.S.M.
Pontificia Accademia Mariana Internazionale

Nell'ambito del tema generale, Maria, icona e modello dell'umanità redenta da Cristo, di questa "Terza pubblica seduta delle Pontificie Accademie" che, Ella, Santità, ha voluto onorare con la sua presenza, a me è stata affidata la trattazione, se pure sommaria, di un aspetto di esso, vale a dire: Maria, donna dello Spirito.

Gesù fu "uomo dello Spirito": tutta l'esistenza terrena di Gesù fu sotto il segno dello Spirito.

Gesù è colui sul quale, germoglio del tronco di Iesse (cf. Is 11, 1), si sarebbe posato abbondantemente "lo Spirito del Signore" (cf. Is 11, 1-9, 42, 1-4). L'inizio della sua esistenza terrena fu opera dello Spirito, che scese su Maria, la madre, fecondandone il grembo verginale (cf. Lc 1, 35; Mt 1, 20), come pure l'inizio della sua missione, nel battesimo al Giordano, quando "il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea" (Lc 3, 21-22; cf. Mt 3, 16; Mc 1, 10).

La presenza dello Spirito nell'uomo Gesù è una realtà permanente, non temporanea. "Gesù non è un uomo che a un dato momento della sua vita viene investito dalla potenza dello Spirito che lo induce all'azione. Lo Spirito è una realtà intrinseca al suo essere e al suo agire".

Gesù, l'Uomo, è l'uomo dello Spirito. Come lui, ogni uomo e ogni donna, per il solo fatto di essere stati creati per mezzo di lui e in vista di lui (cf. Gv 1, 3; Col 1, 16-17), partecipano dello Spirito di Cristo.

* * *

"Maria è donna". Donna che partecipa pienamente della condizione dell’"essere umano" nella specifica condizione femminile. Anzi, nella visione cristiana, Maria è "la Donna". In lei , "la Donna", posta accanto a Cristo, si ricompone, superandone immensamente la valenza, la coppia originaria Adamo-Eva. È noto che fin dal secolo II la riflessione cristiana completò il parallelismo paolino tra Adamo-Cristo (cf. 1 Cor 15, 20-28. 45-49) con il parallelismo Eva-Maria, a Cristo, "nuovo Adamo", Dio associò Maria, "nuova Eva", chiamandola a cooperare "alla salvezza dell'uomo con libera fede e obbedienza".

Maria è "essere umano", perché ella possiede tutto ciò che, secondo l'antropologia cristiana, costituisce l'uomo: il corpo e l'anima, l'intelligenza e la volontà, la libertà e la relazionalità, il sentimento e la memoria, l'immagine e la somiglianza divina, la conformità a Cristo, il destino immortale. Anzi qualche teologo, riflettendo sul fatto che la persona si definisce in base alla relazionalità e sui singolari rapporti che Maria di Nazaret ha avuto con ciascuna delle tre Persone divine, ritiene che "Maria può essere presentata come persona umana, anzi come la Persona, nel senso radicale della parola"; ella è qualitativamente "la prima persona dell'umanità [ ... ]: è persona essendo donna e credente, come associata a Gesù, madre di Dio, immagine della Chiesa; è persona come creatura, la prima creatura di indole personale che germoglia sul mondo (e si realizza liberamente) in relazione a Cristo".

Maria è donna perché, secondo l'eterno disegno di Dio, doveva essere la Madre del Verbo incarnato, Gesù.

Maria è donna perché doveva ricapitolare in sé, trascendendola, la missione di Eva, la prima donna, la sposa e collaboratrice di Adamo, la "madre dei viventi " (Gen 3, 20); è donna perché, a nome dell’umanità, doveva pronunziare il "si" sponsale, che avrebbe congiunto in indissolubili nozze il Verbo divino alla natura umana; è donna perché doveva essere figura (Typus) della Chiesa, la cui espressione più alta è quella di essere la Sposa dell'Agnello (cf. Ap 21, 2. 9-10; 22, 17; Ef 5, 25-27. 29). Maria, la nuova Eva, per la sua presenza presso la Croce, là dove lo Sposo dà la vita per la Sposa, può essere ritenuta l'"Immagine originaria e il centro personale della Chiesa-sposa, e persino la sposa archetipica di Cristo".

Ma Maria è donna nella stessa linea i n cui Cristo è uomo:t come Gesù è "l'Uomo dello Spirito", così Maria è "la Donna dello Spirito". Il suo essere e il suo agire sono sotto il segno del Pneuma divino.


1. Lo Spirito nella Concezione della Vergine

Il momento del concepimento di una persona, quel "primo istante" del suo essere ed esistere, è oscuro, inafferrabile e indefinibile. In rapporto a Maria di Nazaret la Chiesa cattolica insegna quale verità di fede che quel "primo istante" fu un momento storico-salvifico di vasta portata per tutto il genere umano: su quella primizia di esistenza si proiettò, anticipata, la luce della Pasqua, discese lo Spirito che un giorno sarebbe sgorgato dal cuore trafitto di Cristo (cf. Gv 19, 30). Discese e agì: interruppe il fiume del peccato che contamina ogni essere umano che si affaccia alla vita, la riempì di superna grazia (cf. Lc 1, 28), impresse in lei, quale divino iconografo, i tratti del cuore nuovo promesso dai profeti (cf. Ger 31, 31; 32, 40; Ez 11, 19; 36, 25-26).

La concezione immacolata di Maria è evento trinitario: del Padre che, approssimandosi la pienezza del tempo (cf. Gal 4, 4), si china misericordiosamente su quella che sarà la sua "figlia prediletta"), e riversa su di lei i doni del suo amore; del Figlio che prepara la sua tenda (cf. Gv 1, 14), dimora di carne, dalla quale egli prenderà la sua carne; dello Spirito, che la plasma, la rende nuova creatura, ne fa il suo santuario.

Nell'evento della concezione senza macchia di Maria non v'è azione umana che interferisca nell’agire di Dio: esso è frutto della grazia, puro dono. Non v'è parola umana che risponda al Verbo divino: è solo silenzio, perché un giorno dal cuore dell'Immacolata scaturisca il fiat della nostra salvezza (cf. Lc 1, 38).

L'evento della concezione immacolata è presenza nascosta di Dio nel cuore puro di una creatura. È seme divino seminato nei solchi della storia della salvezza, che germoglierà nella Benedetta tra tutte le donne (cf. Lc 1. 42). È primizia della "grazia di Cristo", dell'uomo redento "creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera" (Ef 4, 24), soglia del Testamento nuovo. È momento di vittoria sul nemico del genere umano, inizio del ritorno dell'uomo e della donna al Giardino, primo disegno della "Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza".

Lo Spirito si è posato sulla Vergine nell'alba stessa della sua esistenza. Ella non avrà bisogno di santi segni , di nascere "da acqua e da Spirito", (cf. Gv 3, 5): il suo battesimo è la presenza dello Spirito in lei, nell’intimo del suo essere.


2. Lo Spirito nella concezione verginale di Cristo

L'effusione dello Spirito nella concezione immacolata di Maria è ordinata alla concezione verginale di Cristo: là si prepara la radice (cf. Is 11, 1), qui germoglia il frutto benedetto (cf. Lc 1, 42); là si adorna la dimora, qui se ne sollevano le porte perché entri il Re della gloria (cf. Sal 23 [24], 7. 9); là si dispone la veste - limpida natura umana -, qui il Verbo la indossa.

In un periodo in cui lo Spirito profetico sembra aver cessato di parlare e rare sono divenute le sue manifestazioni, il Pneuma divino irrompe in Maria di Nazaret, perché dalla solitudine verginale fiorisca Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, primogenito di una moltitudine di fratelli (cf. Rm 8, 29).

La concezione immacolata si era svolta nel silenzio, la concezione verginale si compie nel dialogo: Gabriele annuncia, Maria si stupisce; l’angelo spiega, l'ancella acconsente. Alla Vergine del silenzio subentra la Madre della Parola. Nell'economia dello Spirito la concezione immacolata e il dono del cuore nuovo erano ordinati a suscitare, libero e pieno di fede, il fiat salvifico di Maria (cf. Lc 1. 38). Lo Spirito sostiene la volontà della Vergine perché essa apra, secondo l'espressione di san Bernardo, "il cuore alla fede, le labbra all'assenso, il grembo al Creatore".

Il carattere pneumatologico dell’incarnazione del Verbo è fortemente attestato dalla Scrittura, attraverso esplicite parole (cf. Lc 1, 35; Mt 1, 20-21) e trasparenti simboli. "come la nube coprì la tenda del convegno e la Gloria del Signore riempì la Dimora" (Es 40, 34), cosi Io Spirito copri con la sua ombra Maria di Nazaret, ed ella concepì nel suo grembo, divenuto fecondo in modo ineffabile, l'Autore della vita. Per la presenza in lei del Verbo e dello Spirito la tradizione cristiana non ha dubitato di applicare a Maria i simboli più alti del culto di Israele, per cui la saluta come dimora santa e tabernacolo dell'Altissimo, tempio vivo, e vero 'santo dei santi', roveto ardente, arca della nuova alleanza, sorgente delle acque vive.

Presenza del Verbo e del Pneuma divino nel grembo della Vergine. Ella quindi è la Theotokos, il santuario dello Spirito. L'Immacolata, già radicalmente santa, è avvolta dal Santo e dal Santificatore: fulgori di santità nuova nello splendore della primigenia santità.

Presenza dell'Eccelso nell'umile Maria: la Chiesa contempla e adora, ora immersa nel silenzio stupito, ora esultante nella lode grata.


3. Lo Spirito e la Vergine della Visitazione

La visita di Maria alla casa del sacerdote Zaccaria è un episodio salvifico in cui lo Spirito è protagonista, è la protopentecoste del Nuovo Testamento.

La Vergine, che "si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda" (Lc 1, 39) è già piena dello Spirito, che è sceso su di lei rendendola madre del Messia (cf. Lc 1, 35). Sant'Ambrogio attribuisce allo Spirito la gioiosa premura con cui Maria si reca dalla parente Elisabetta: "La grazia dello Spirito Santo non conosce ostacoli, che ritardino il passo".

Maria incontra e saluta Elisabetta: due donne incinte, due santuari della vita, due maternità di grazia. In quell'incontro, abbraccio simbolico tra l’Antico e il Nuovo Testamento, Elisabetta "fu piena di Spirito Santo" (Lc 1, 41). Su una collina di Giuda è festa dello Spirito: nello Spirito, Elisabetta benedice, Maria canta, Giovanni esulta, Gesù santifica.

Elisabetta infatti, sotto l’influsso del Pneuma divino, intuisce la maternità prodigiosa di Maria e, soprattutto, riconosce che il figlio che essa porta nel grembo è il Signore, perciò esclama "a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno!". A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?" (Lc 1, 42-43) e ne loda la fede: "E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1, 45). Maria risponde con il canto. Esulta nello spirito e intona "il Magnificat dei secoli": canto suggerito dallo Spirito di profezia, in cui confluiscono i cantici di Myriam, "profetessa, sorella di Mosè" (cf. Es 15, 20-21); di Debora, "giudice di Israele, una profetessa" (Gdc 4, 4) (cf. Gdc 5, 2-31); di Giuditta (cf. Gdc 16, 1-17); di Anna, donna afflitta e umiliata, madre del profeta (cf. 1 Sam 2, 1-10). "Myriam, Debora, Giuditta, Anna, donne di coraggio, di profezia e di poesia". Attraverso il Magnificat, lo Spirito, quasi memoria della Chiesa sposa, ricorda ad essa quotidianamente gli eventi salvifici dell'incarnazione del Verbo e dell'incontro di Maria con Elisabetta, del Messia con il suo Precursore.

Elisabetta parla a gran voce, Maria canta, Giovanni, chiuso ancora nel grembo della madre, non può articolare parole né innalzare cantici, ma possiede lo Spirito e con il corpo esprime quanto gli suggerisce Io Spirito: sussulta nel grembo della madre per salutare il Cristo, suo Signore; esulta di gioia (cf. Lc 1, 44), perché è venuto il Messia e quindi danza, linguaggio del corpo che non ha bisogno di parole.

Gesù santifica. Concepito per opera dello Spirito, Gesù possiede lo Spirito e lo comunica senza misura (cf. Gv 3, 34). Egli, chiuso nel seno della Vergine, compie il suo primo viaggio: per portare grazia e salvezza a Giovanni. Cosi avverrà lungo tutto l'arco della sua vita: fino al giorno stesso della morte sulla Croce (cf. Gv 19, 30), nella sera della Pasqua (cf. Gv 20, 22-23). Nel cinquantesimo giorno in cui egli, glorificato presso il Padre, effonde sulla Chiesa nascente il fuoco e il vento dello Spirito (cf. At 2. 1-4).


4. Lo Spirito e la Vergine dell'Ora

Le nozze di Cana sono episodio di grande portata salvifica, momento anche di sicura valenza pneumatologica: "fu [ ... ] Io Spirito Santo che spinse Maria a sollecitare amabilmente dal Figlio suo il prodigio della conversione dell'acqua in vino, col quale Gesù diede inizio alla sua attività taumaturgica, provocando la fede dei suoi discepoli (cf. Gv 2, 11l)".

Nel prodigio della conversione dell'acqua in vino alcuni Santi Padri hanno visto il preludio di quella ancor più alta conversione che lo Spirito compie in ogni Eucaristia tramutando il vino delle nostre mense nel sangue prezioso del Signore; oppure hanno interpretato, come san Gaudenzio di Brescia (+ 411), il vino delle nozze di Cana, come il simbolo dello Spirito: manca il vino dello Spirito nelle nozze dell'antico Israele, "non essendoci ormai i profeti che lo avevano somministrato nel popolo dei Giudei"; ma nelle nozze del nuovo Israele, Gesù, lo sposo messianico, procura in abbondanza "il vino buono" (Gv 2. 10): le giare, colme di acqua - simbolo del battesimo -, diventano recipienti dello Spirito.

L'ora di Gesù non era giunta a Cana (cf. Gv 2, 4). Giunge sul Calvario: ora di passione-glorificazione (cf. Gv 12, 23. 27-29), ora dello Spirito (cf. Gv 19, 30). La tradizione cristiana ha attribuito a un dono dello Spirito "il vigore che sorreggeva Maria nella sua "compassione" ai pledi della Croce".

Presso la Croce, Maria, la Donna nuova, sta per diventare la vera "madre dei viventi" (Gen 3, 20), È ora di parto (cf. Gv 16, 21), l'ora della maternità spirituale di Maria. Il fiat pronunziato a Nazaret si prolunga "senza esitazioni" fino al Calvario. "Fu ancora lo Spirito Santo che dilatò, con immensa carità, il cuore della Madre dolorosa, affinché accogliesse dalle labbra del Figlio, quale suo estremo testamento, la missione di Madre nei riguardi del Figlio prediletto Giovanni (cf. Gv 19, 25), prefigurante, "secondo il perenne sentimento della Chiesa", la sua maternità spirituale a beneficio dell'intera umanità".


5. Lo Spirito e la Vergine del Cenacolo

Nella sua condizione specifica di "Madre di Gesù", Maria è presente alla prima Pentecoste cristiana, l'evento pneumatologico-ecclesiale per eccellenza: "Tutti questi - gli Undici espressamente nominati in Atti 1, 13 - erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui" (At 1, 14). Da tempo è stato rilevato il parallelismo certamente intenzionale che l'evangelista Luca stabilisce tra l'infanzia di Gesù (Lc 1-2) l’ ‘infanzia della Chiesa' (At 1-2).

Meditando sulla presenza della Madre di Gesù nel Cenacolo pentecostale, la tradizione cristiana ha messo in luce la sua funzione esemplare e la sua missione ecclesiale - ambedue molteplici - derivanti dalla nuova effusione del Pneuma divino su di lei. La Vergine del Cenacolo è:

- l’Orante che, in ambito comunitario, in modo assiduo e con animo concorde, implora dal Padre la venuta del Paraclito secondo la parola di Gesü (cf. Lc 24, 49; At 1. 4-5);

- la Madre della Chiesa. perché con la sua presenza presso la comunità dei discepoli, ella inizia a compiere la missione materna ricevuta poco pri ma dal suo Figlio morente sulla Croce: una missione che ella può svolgere solo nello Spirito e con l’energi a con cui lo Spirito l’ha avvolta, con i doni di grazia con cui l'ha arricchita;

- la Testimone dell'evento dell’incarnazione del Verbo per opera dello Spirito Santo: per la sua singolare conoscenza ed esperienza del mistero, Maria costituisce il punto di raccordo tra il kerigma sulla risurrezione di Gesù (la sua rinascita da intatto sepolcro), che gli apostoli devono testimoniare (cf. At 1, 21-22), e la sua origine divino-umana (la sua nascita da intatto grembo), che nessuno come lei può testimoniare; "La Chiesa [. . . ] sin dal primo momento, "guardò" Maria attraverso Gesù, come "guardò" Gesù attraverso Maria. Questa fu per la Chiesa di allora e di sempre una singolare testimone degli anni dell'infanzia di Gesù e della sua vita nascosta a Nazaret, quando "serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 19; cf. Lc 2, 51)";

- la Vergine dell'attesa, perché ella, nei giorni intensi che vanno dall’Ascensione alla Pentecoste, attese con perseveranza (cf. At 1, 14) l'adempimento della Promessa, nel Cenacolo Maria prolungava un atteggiamento spirituale caratteristico della sua vita: come donna ebrea, personificazione della Figlia di Sion, attese implorante la venuta del Messia; come donna incinta attese che giungesse l'ora del parto (cf. Lc 2, 6); come associata all’opera redentrice del Figlio attese durante oscuri e lunghi anni la sua manifestazione messianica; attese che giungesse l'ora indecifrabile della passione-glorificazione del Figlio; attese, sola, piena di fede, la risurrezione del Figlio; nel Cenacolo quindi Maria attende, con perseverante implorazione, la venuta del Paraclito; l'attende insieme con la prima comunità ecclesiale e diviene per essa e per la Chiesa di tutti i tempi modello dell'attesa dell'ultima venuta del Signore; la Chiesa che con lo Spirito supplica: "Vieni, Signore Gesù" (Ap 22, 20) è stata discepola della Vergine del Cenacolo;

- la Madre dell'unità, presenza pacificatrice; nel Cenacolo Maria è al centro di una comunità di discepoli eterogenea, ma concorde nella preghiera, che presto si distinguerà per l'"unione fraterna" (At 2, 42) dei suoi membri (cf. At 4, 32); nella Vergine del Cenacolo, sulla quale è sceso lo Spirito di concordia e di unità, di perdono e di pace, di mitezza e di gioia (cf. Gal 5, 22), la Chiesa ha scorto una presenza pacificatrice che l'accompagna nel suo cammino, per cui nella liturgia la saluta quale mater reconciliationis, mater unitatis, pacis alumna;

- la Regina degli Apostoli; il titolo indica alla Chiesa un paradigma per la sua attività apostolica; lo Spirito della Pentecoste fu dato per la missione, perché Pietro e gli altri apostoli uscissero dal chiuso del Cenacolo e percorressero le strade del mondo annunciando la Buona Novella e portando Cristo agli uomini (cf. Mt 28, 19-20); in altri termini: perché ripetessero l’esperi enza di Maria di Nazaret la quale, dopo che era di sceso su di lei lo Spirito, si recò con sollecitudine da Elisabetta per annunciarle che era giunta l'ora messianica e per portare Cristo a Giovanni.


Conclusione

Secondo la visione cristiana, Gesù è l’Uomo nuovo, l’Uomo dello Spirito. Maria è la Donna nuova, la Donna dello Spirito. Maria è colei che, "in modo particolare ed eccezionale - come nessun altro - ha sperimentato la misericordia [ ... ] divina"; anche lei è stata redenta, sia pure "in modo più sublime": non liberata dal peccato, ma preservata da esso, con la grazia dello Spirito.

In quanto donna perfettamente redenta e piena dello Spirito, Maria è icona e modello dell’umanità redenta, che vive non più "sotto il dominio della carne, ma dello Spirito" (Rm 8, 9).

La Vergine Maria è la creatura In cui la libertà si armonizza pienamente con il servizio, la ragione con la fede, le aspirazioni dell’anima con i valori del corpo.

Per la sua concezione immacolata, Maria offre l'immagine compiuta della creatura pienamente libera dal peccato, il quale tenacemente insidia l'uomo e la donna nel travaglio della loro esistenza, ma che non appartiene alla natura umana: è estraneo ad essa, contrario al progetto di Dio sull'uomo e sulla donna.

Per la sua gloriosa assunzione, la Vergine mostra realizzata in sé la suprema aspirazione dell’uomo: la vittoria sulla morte e il possesso della vita senza fine nella perenne comunione con Dio.

Maria è l’immagine pura di una umanità pacificata: con Dio, sua origine e suo destino; con tutti gli uomini, che sono immagini viventi del Dio della gloria; con tutte le creature, nelle quali si rispecchia la bontà del Creatore.

Maria è il modello di una 'umanità figlia' che, per la inabitazione in sé dello Spirito, può rivolgersi a Dio chiamandolo "Abbà, Padre" (Rm 8, 15); di una umanità profondamente radicata in Cristo, l'unico Salvatore e Mediatore, Fratello universale; di una umanità pervasa dal dono dello Spirito di verità e di amore, docile alla sua voce.

La Vergine è ancora l’immagine di una umanità in cui il culto a Dio si compone con l’impegno per la causa dell’uomo; la fedeltà alla terra con l’aspirazione profonda al cielo, l'amore alla tradizione del Padri con la capacità di accogliere le incessanti novità del divenire storico.

Maria è l’icona di una umanità in cui, secondo l’insegnamento del Maestro, la menzogna e l'odio sono banditi, l'amore e la solidarietà sono la regola suprema della condotta; in cui il mistero della sofferenza ha un significato salvifico, ed è compatibile con una gioia serena (cf. 2 Cor 7, 4).


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INDIRIZZO DI SALUTO
DEL CARDINALE PAUL POUPARD

Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
e del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie

Beatissimo Padre,

1. L'annuale Pubblica Seduta delle Pontificie Accademie ci offre la gioia di accogliere la Santità Vostra in quest'anno di preparazione del Grande Giubileo dedicato allo Spirito Santo, per assaporare il lavoro scientifico svolto dalle Accademie.

Questa Seduta è stata affidata alle cure delle due Accademie mariane. Abbiamo appena ascoltato le relazioni del Reverendo Padre Alfonso Pompei, della Pontificia Accademia dell'Immacolata, e del Reverendo Padre Ignacio Maria Calabuig Adán, della Pontificia Accademia Mariana Internazionale. Questi due eminenti mariologi hanno sviluppato, ognuno seguendo il proprio approccio, il tema generale della Seduta: Maria, icona e modello dell'umanità redenta in Cristo.

2. Infatti, nell’assolvere il compito che la Santità Vostra ha affidato alle Pontificie Accademie, cioè fornire un originale contributo all'umanesimo cristiano alle soglie del Terzo Millennio, il tema mariano è apparso come il più consono in quest'anno dedicato allo Spirito Santo. La Santità Vostra ci ha rammentato, nell’Esortazione Apostolica Tertio Millennio Adveniente, quanto la Madre di Dio sia un insostituibile pedagògo del Vangelo di Cristo. Per dirlo con le parole di Edith Stein, Suor Teresa Benedetta della Croce, canonizzata dalla Santità Vostra l’11 ottobre scorso: " Maria è simbolo perfetto della Chiesa ed anche componente unica della Chiesa, volontieri chiamata il cuore della Chiesa. Quando chiamiamo Maria nostra Madre, questa espressione non è soltanto una semplice immagine. Maria è nostra Madre nel senso più eminente e più reale, vale a dire in un senso che supera il senso terreno. Per questa ragione, esistono dei legati intimi tra lei e noi: Ella ci ama, ci conosce, desidera fare di ciascuno di noi quello che deve essere, e, soprattutto, vuol mettere ciascuno di noi in più stretta relazione con Nostro Signore ". Maria è donna di fede, testimone di speranza e modello di carità; è " la Donna " per eccellenza. La Vergine di Nazareth, moglie di Giuseppe il carpentiere, madre di Gesù, si presenta ai nostri occhi come modello compiuto dell’umanesimo cristiano e ci invita a varcare con tutta la Chiesa, sotto la saggia guida della Santità Vostra, la soglia del nuovo millennio.

Il Giubileo dell’Anno Duemila, orientato verso il grande mistero dell'Incarnazione, ci esorta ad accogliere l’immenso dono del Verbo Eterno fattosi carne nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, rendendoci maggiormente consapevoli della stupenda cooperazione fra una figlia del Popolo d'Israele e lo Spirito Santo " che è Signore e dà la Vita ".

Camminando sulle orme di Maria Santissima, ogni cristiano risponderà con generosità e dedizione alla propria vocazione. Contemplando la Donna, Sposa dello Spirito Santo, nella quale il Verbo Eterno è venuto incontro ad ogni uomo, alla nostra storia e alle nostre culture, facendosi tutt’uno con noi, la Chiesa saprà scoprire le vie nuove per annunciare il Vangelo della Salvezza a tutti gli uomini e a tutte le donne nelle loro culture.

3. Per la seconda volta, la Santità Vostra assegnerà oggi il Premio delle Pontificie Accademie, il cui scopo principale è di stimolare, fra i giovani studiosi o artisti, la ricerca o la creazione per un rinnovato incontro fra la fede e la cultura. Al fine di diffondere le ricchezze dell'umanesimo cristiano, per illuminare il nuovo millennio e offrire agli uomini e alle donne di buona volontà nuove ragioni di speranza, il Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie Vi ha presentato quest’anno, fra opere pervenute da varie parti del mondo, gli studi più significativi in Mariologia.

Gli Accademici Pontifici rinnovano il loro impegno scientifico al servizio del Successore di Pietro e della Santa Sede, mentre, a nome di tutti, ringrazio la Santità Vostra per il dono della Sua Paterna Presenza e per il prezioso insegnamento mariano dei Suoi primi vent’anni di pontificato ispirato al Suo motto monfortiano Totus Tuus. Con filiale affetto, chiediamo, Santo Padre, la Sua paterna Benedizione Apostolica.


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DISCORSO DEL SANTO PADRE
AI PARTECIPANTI ALLA TERZA SEDUTA PUBBLICA
DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE

Signori Cardinali,
Signori Ambasciatori,
Illustri Accademici Pontifici,
Carissimi Fratelli e Sorelle,

1. Questa Terza Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, convocata per porre in rilievo il loro contributo all’umanesimo cristiano, mi offre l'occasione di incontrarVi nuovamente. Ringrazio di cuori tutti voi qui presenti.

Saluto il Signor Cardinale Paul Poupard, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie e lo ringrazio per le gentili espressioni che, a nome di tutti, mi ha appena rivolto. Saluto pure i Signori Cardinali, i Venerati Fratelli nell'Episcopato, i signori Ambasciatori presenti, i sacerdoti, i consacrati e le consacrate e gli illustri membri delle Accademie Pontificie. Saluto, infine, il Prof. Bruno Cagli, Presidente dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia e ringrazio di cuore i componenti del Coro giovanile della stessa Accademia, diretti dal M° Martino Faggiani, che rendono ancora più solenne questo incontro con la loro magistrale esecuzione di noti brani musicali ispirati all'amore del popolo cristiano verso Maria Santissima.

2. E’, infatti, alla Vergine Maria che l’odierna solenne seduta è consacrata: Maria, Icona e Modello dell'umanità redenta da Cristo.

L’attenzione a Lei rivolta, si è alimentata anche ai contributi teologici offerti dagli illustri relatori sui vari aspetti del suo ruolo nella storia della salvezza. In effetti, la riflessione sull’uomo sviluppatisi nelle varie culture lungo il corso dei secoli, ha tratto dal confronto con il mistero di Gesù, Verbo di Dio fattosi carne nel seno di Maria, uno straordinario incremento. Nel nuovo orizzonte cognitivo che la Rivelazione ha aperto si staglia il ruolo eminente della Vergine Madre di Dio.

Nella lettera ai Galati, San Paolo scrive: " Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli " (Gal 4,4-5). Le parole dell’Apostolo ci conducono al cuore stesso della storia: nella " pienezza del tempo ", il Figlio di Dio nacque da una donna, Maria di Nazareth, partecipe in modo unico del mistero del Verbo, avendo dato alla luce nel tempo il Figlio generato dal Padre fin dall'eternità.

Maria è figlia del popolo eletto, e perciò stesso figlia della sua cultura, arricchita dall’incontro millenario con la Parola di Dio: è la Donna che partecipa attivamente al primo miracolo di Gesù a Cana, manifestando la sua gloria (cfr. Gv 2,1-12) ed è presente sul Golgota per essere indicata quale Madre del discepolo amato e Madre nostra.

I Vangeli e la Tradizione cristiana ci insegnano a riconoscere in Lei la "sede" in cui si è compiuta storicamente l’Incarnazione. Da duemila anni, la vita di Gesù e l'annuncio della Buona Novella della salvezza hanno una dimensione squisitamente mariana. La Vergine Madre è vicina al cuore degli uomini di ogni tempo e di ogni cultura, come testimoniano i capolavori del genio umano, fioriti in ogni epoca della storia.

3. La Vergine viene presentata dal Nuovo Testamento come una donna straordinaria nella semplicità della sua esistenza. I Padri della Chiesa, maestri di spiritualità cristiana, hanno dato voce alla fede della comunità dei credenti, mettendo in luce le verità che riguardano l’eccezionale specificità di Maria. Ella è la Theotokos, la Deipara, la Madre di Dio, che la Chiesa onora con un " culto speciale " (Lumen Gentium, 66).

Alle soglie del Grande Giubileo dell'Anno Duemila, mi è gradito ricordare l'immenso tesoro di amore, di devozione e di arte testimoniato, nell’arco di due millenni, dalle Chiese d’Oriente. Esse onorano Maria Santissima, la Theotokos, anche con altri splendidi titoli come Panaghia; Hiperagionorma, Santa sopra ogni limite; Platytera, immensa; Odigitria, colei che indica la via; Eleousa, colei che è piena di misericordiosa tenerezza. La tradizione mariana orientale contempla, venera e canta le lodi della Vergine, le cui icone richiamano a tutti che la Madre di Dio è l'immagine prescelta dell'umanità redenta da Cristo. Le Chiese d’Oriente ci offrono, dunque, nel loro ricchissimo patrimonio mariano, non solo un cammino ecumenico, ma anche un modello di umanesimo cristiano.

4. Quanto all’Occidente, la teologia, la spiritualità e l'arte, per onorare la Madre di Dio e per metterne in rilievo la maternità spirituale universale, attingono ai misteri della Santissima Trinità e del Verbo incarnato. La sua unione a Cristo e l’archetipo dell’unione della Chiesa e dei singolo Cristiani al Redentore. Riflettendo su ???? di essa, i discepoli del Signore hanno compreso ben presto che Maria Santissima è la prima fra i redenti, immagine perfetta della redenzione. Il Beato Giovanni Duns Scoto, cantore dell’Immacolata Concezione, scrisse a questo proposito "Se dunque Cristo ci ha riconciliato perfettissimamente con Dio, ha meritato che venisse rimesso a qualcuno questo gravissimo castigo. Questo non poté essere che a favore della Madre sua" (Opus Oxoniense, III, d. 3. q. 1). Mi rallegro che la Pontificia Accademia Mariana Internazionale e il Pontificio Ateneo Antonianum, abbiano istituito una cattedra di studi mariologici intitolati a questo grande teologo.

Sulla scia dell'Esortazione Apostolica " Marialis Cultus " del mio venerato predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, ho voluto ribadire, nell’Enciclica " Redemptoris Mater " il legame essenziale che intercorre fra Maria e la Chiesa, mettendone in rilievo la missione all’interno della comunità dei credenti. Nell’Esortazione Apostolica " Mulieris Dignitatem " ho ricordato, poi, come Maria illumini e arricchisca l'umanesimo cristiano che al Vangelo si ispira, perché, oltre ai vari aspetti dell’"umanità nuova" che in Lei si è realizzata, mette in risalto la dignità e il "genio" della donna. Scelta da Dio per l'attuazione del suo disegno di salvezza, Maria ci aiuta a capire la missione della donna nella vita della Chiesa e nell'annuncio del Vangelo.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle, accogliendo la proposta del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, sono lieto ora di consegnare il premio delle Pontificie Accademie alla Dottoressa del Costa Rica Deyanira FLÓRES GONZÁLES, per il suo lavoro in Mariologia, intitolato: La Virgen Maria al pie de la cruz (Gv 19, 25-27) en Ruperto de Deutz, presentato dalla Pontificia Facoltà Teologica Marianum. Volentieri offro pure, quale segno di apprezzamento, una medaglia del Pontificato, a due neolaureati: la Dottoressa Marielle LAMY, francese, per la sua tesi Le culte marial entre doctrine et dévotion: étapes et enjeux de la controverse de l'Immaculée Conception au Moyen Âge (XIIe - XVe siècles), presentata presso l'Università Paris X Nanterre, ed Padre Johannes SCHNEIDER, francescano austriaco, per la sua tesi Virgo Ecclesia facta: la presenza di Maria nel Crocifisso di San Damiano e nell'Officium Passionis di San Francesco d'Assisi, presentata presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma.

Come è noto, il Premio delle Pontificie Accademie, istituito due anni fa, intende incoraggiare giovani universitari, artisti ed istituzioni, a contribuire allo sviluppo delle scienze religiose, dell'umanesimo cristiano e delle sue espressioni artistiche. Esprimo, in particolare, l’auspicio che un rinnovato impegno degli studiosi nelle ricerche di Mariologia, possa mettere in rilievo i tratti dell'umanesimo fecondato dallo Spirito della grazia, di cui Maria Santissima è Modello ed Icona.

Con tali sentimenti, di cuore imparto a voi, alle vostre famiglie ed a quanti vi sono cari una speciale Benedizione Apostolica.


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IL SANTO PADRE ASSEGNA
IL PREMIO DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE

Nel corso della III Seduta pubblica delle Pontificie Accademie, tenutasi nell'Aula del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre ha assegnato per la terza volta il Premio delle Pontificie Accademie. Presentata dal Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, la Dott.ssa Deyanira Flórez González, della Diocesi di San Giuseppe in Costarica, è stat premiata per il suo lavoro in Mariologia, intitolato: La Virgen Maria al pie de la cruz (Gv 19, 25-27) en Ruperto de Deutz, presentato dalla Pontificia Facoltà Teologica Marianum.

L'Autrice è la prima laureata in Mariologia del Costa Rica, dove ha iniziato l'insegnamento di questa disciplina teologica, impegnandosi nella diffusione degli studi mariologici nel suo paese e in altri dell'America Latina.

Nella sua tesi, Ella dimostra come Ruperto interpreta la Scrittura con la Scrittura per dedurre la maternità spirituale di Maria, che sul Calvario partorisce Cristo come primogenito dei morti, diventando anche così Madre del popolo cristiano.

Assieme ad un assegno di Lit. 60.000.000, il Santo Padre ha consegnato alla Premiata una pergamena con la seguente scritta in latino, a firma del Cardinale Poupard, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie: summus pontifex ioannes paulus ii proponente consilio pro academiarum pontificiarum coordinatione optimae dominae deyanirae flórez gonzález e dioecesi sancti josephi in costarica praemium academiarum pontificiarum benevole tribuit. Ex Aedibus Vaticanis, die vii mensis Novembris A.D. mcmxcviii.

Quindi su proposta del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, il Santo Padre ha voluto premiare ed incoraggiare gli autori di due tesi di alto livello universitario, offrendo a questi due neodottori una medaglia del XX anno di Pontificato.

La Dottoressa Marielle LAMY, francese, per la sua tesi Le culte marial entre doctrine et dévotion: étapes et enjeux de la controverse de l'Immaculée Conception au Moyen Âge (XIIe - XVe siècles), in tre volumi, presentata presso l'Università Paris X Nanterre.

Il Dottore Padre Johannes SCHNEIDER, O.F.M., austriaco, per la sua tesi "Virgo Ecclesia facta: la presenza di Maria nel Crocifisso di San Damiano e nell'Officium Passionis di San Francesco d'Assisi", presentata presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma.


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