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SESTA SEDUTA PUBBLICA DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE

Contributo delle Pontificie Accademie all'umanesimo cristiano

 

DIMENSIONI CULTURALI DELLA GLOBALIZZAZIONE

UNA SFIDA ALL'UMANESIMO CRISTIANO

8 novembre 2001

 

 

A distanza di cinque anni, giovedì 8 novembre 2001 alle ore 10.30, si terrà, in Vaticano, la VI Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie. Il Sommo Pontefice consegnerà il Premio delle Pontificie Accademie "attribuito periodicamente a una persona — giovane universitario o artista — o a una istituzione, la cui ricerca, opera o attività contribuisca in modo rilevante allo sviluppo delle scienze religiose, dell'umanesimo cristiano e delle sue espressioni artistiche".

Questa sesta edizione del Premio delle Pontificie Accademie è dedicata al campo della teologia e della filosofia, nella prospettiva del contributo delle Pontificie Accademie all'umanesimo cristiano, Tertio millennio ineunte.


 

 

PROGRAMMA

 

10.30 

Iesu Rex admirabilis

Testo: attribuito a Bernardo di Chiaravalle; Musica: Giovanni Pierluigi da Palestrina

Preludio e Interludi per quintetto di ottoni: Valentino Miserachs

Apertura della Seduta

Cardinale Paul POUPARD

Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie

10.45

L'umanesimo cristiano alla ricerca del volto umano della globalizzazione.

Relazione del Rev.mo P. Abelardo LOBATO, O.P.

Presidente della Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino

11.25

Andante espressivo (Omaggio a Corelli)

Musica: Luigi Molfino

Viola: Rosaria Arrigo; Pianoforte: Don Massimo Palombella SDB

11.30

Le sfide della globalizzazione all'umanesimo cristiano.

Relazione della Rev.da Suor Marcella Farina, F.M.A.

Consigliere della Pontificia Accademia di Teologia

11.55

Alleluia: Praedicabat Iesu

Testo: dalla Liturgia

Musica: Don Massimo Palombella, SDB

12.00

Ingresso del Santo Padre

 

Tu es Petrus

Testo: dalla Liturgia; Musica: Lorenzo Perosi

 

Indirizzo di saluto del Cardinale Paul Poupard

 

Discorso del Santo Padre e consegna del Premio delle Pontificie Accademie

 

Salve Mater Misericordiae

Testo: anonimo del sec. XIV ca.

Musica: dalla Tradizione della Chiesa; Polifonia: Valentino Miserachs

 

Coro Interuniversitario di Roma diretto dal Maestro Don Massimo Palombella, SDB.

             


 

LÂ’8 novembre 2001, nel corso della VI Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, tenutasi nellÂ’Aula del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha rivolto la sua parola agli Accademici Pontifici nonché agli Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede e alle numerose personalità del mondo della cultura presenti allÂ’annuale Tornata accademica.

Per questa Sesta Seduta Pubblica, il Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie aveva affidato alla Pontificia Accademia di San Tommaso dÂ’Aquino e alla Pontificia Accademia di Teologia il compito di preparare due Relazioni per illustrare la tematica stessa della Seduta: Dimensioni culturali della globalizzazione: una sfida allÂ’umanesimo cristiano. In questo contesto culturale nuovo, la figura stessa dellÂ’uomo appare in contrapposizione con i valori tradizionali, fondati sullÂ’essere e la verità dellÂ’essere. Pertanto, i filosofi e teologi cristiani sono chiamati a cogliere la sfida e a tradurre nel mondo del millennio nascente il messaggio di Cristo, perché ogni persona umana sia, in verità, immagine di Dio.

Accogliendo il Santo Padre, il Cardinale Poupard ha detto: «Sin dallÂ’inizio del Vostro Pontificato, il dialogo con la cultura è stato una priorità pastorale, che non è rimasta senza risultati. La creazione del Pontificio Consiglio della Cultura, di cui ci accingiamo a celebrare presto il ventesimo anniversario, gli innumerevoli incontri con gli uomini e le donne di cultura in tutto il mondo, e la creazione del Consiglio di Coordinamento tra Accademie Pontificie, sono testimoni eloquenti dellÂ’impegno profuso in questo campo, “dove si gioca il destino dellÂ’umanità”. Le Accademie Pontificie, da parte loro, secondo la loro secolare tradizione, e con spirito rinnovato, si presentano pubblicamente davanti alla comunità internazionale, rappresentata dagli Eccellentissimi Ambasciatori, per testimoniare il loro impegno a favore dellÂ’uomo: di tutto lÂ’uomo, di ogni uomo».

Il tema delle dimensioni culturali della globalizzazione, considerata come una sfida allÂ’umanesimo cristiano, è stato trattato sotto vari aspetti da due Relatori rappresentanti delle due Accademie incaricate della Seduta.

LÂ’intervento del Rev.mo Padre Abelardo Lobato, O.P., Presidente della Pontificia Accademia di San Tommaso, intendeva «essere un approccio al fenomeno della globalizzazione sotto il punto di vista della sua incidenza nellÂ’antropologia cristiana». La dottrina tomistica ci offre oggi «non i dati tecnici e scientifici della globalizzazione quale si sviluppa oggi in parecchi fronti, ma il criterio antropologico per la scoperta del volto umano, talvolta nascosto e sfigurato. Ed è questo che conta in verità quando si tratta dellÂ’uomo, quale si rivela in Cristo, nel disegno di Dio e nella storia. Il problema dellÂ’uomo trascende lÂ’uomo. LÂ’antropologia deve far ricorso alla meta-antropologia: allÂ’ontologia, dato che propone la domanda sullÂ’essere, alla teologia, poiché lÂ’imago Dei si deve vedere alla luce dellÂ’esemplareÂ… Il criterio per il discernimento del volto umano della globalizzazione bisogna prenderlo non dalle cose che lÂ’uomo ha o può avere, ma dallo stesso essere dellÂ’uomo, che non può essere ridotto a mero produttore o prodotto materiale come lungo tanti anni ha preteso il materialismo dialettico e il comunismo ateo. Bisogna prendere lÂ’uomo nella sua integralità». Prima di elencare le urgenze culturali legate al fenomeno della globalizzazione, il Relatore sintetizzava: «LÂ’umanesimo cristiano viene incontro allÂ’uomo della globalizzazione e collabora nellÂ’edificazione del mondo più giusto, anche nella distribuzione del pane quotidiano. Tommaso ci orienta verso la scoperta dellÂ’umanità dellÂ’uomo con la sua dottrina del primato dellÂ’uomo sulle cose, la dignità che compete ad ogni uomo per il fatto di essere membro della specie umana, creato da Dio per amore, chiamato ad uno sviluppo integrale, persona nella comunità umana, destinato a conformarsi con Cristo, uomo in pienezza».

Per la Pontificia Accademia di Teologia è intervenuta la Rev.da Suor Marcella Farina, F.M.A. Facendo riferimento al più recente insegnamento del Santo Padre sul fenomeno della globalizzazione, ha sottolineato che: «Nessun sistema è fine a se stesso ed è necessario insistere sul fatto che la globalizzazione, come ogni altro sistema, deve essere al servizio della persona umana, della solidarietà e del bene comune». La posta in gioco è importante, perché «con le sue tecnologie, la globalizzazione modifica i rapporti di lavoro, rischiando di rendere inefficaci norme e strutture sociali che tutelano le persone, pretendendo lÂ’adozione di nuovi stili di lavoro, di vita e di organizzazione delle comunità. Così da fenomeno economico e finanziario dilata i confini e invade le sfere dei valori sociali, ambientali, culturali, spirituali. Tende a conquistare virtualmente e anche rapidamente il mondo intero con il suo carattere invasivo, penalizzando proprio le persone e i gruppi più svantaggiatiÂ… I popoli del mondo hanno un compito-missione comune: ottenere il rispetto e la promozione dei diritti umani con lÂ’adempimento delle Convenzioni, delle Dichiarazioni, dei Piani di Azione che nellÂ’ultimo decennio del secolo XX hanno delineato un nuovo modello sociale ed economico, nazionale e internazionale, in cui tutti i cittadini devono avere le stesse opportunità, ove la povertà va vinta, la ricchezza va ridistribuita e le risorse naturali salvaguardate per le generazioni future. Nello svolgere questa missione bisogna mettersi in rete, come fanno le imprese globali; i popoli devono collaborare, creando opportunità di cooperazione tra organizzazioni popolari, movimenti, associazioni di nazioni, al fine di definire programmi per la persona umana».

Il Santo Padre ha rivolto la parola agli Accademici e, nel contesto attuale della globalizzazione, ha precisato la missione delle Pontificie Accademie: «In tale contesto le Pontificie Accademie possono offrire une prezioso contributo, orientando le scelte culturali della comunità cristiana e di tutta la società e proponendo occasioni e strumenti di confronto tra fede e culture, tra rivelazione e problematiche umane. Esse sono chiamate altresì a suggerire percorsi di conoscenza critica e di dialogo autentico, che pongano sempre lÂ’uomo e la sua dignità al centro di ogni progetto al fine di promuoverne lo sviluppo integrale e solidale».

 

Il Premio delle Pontificie Accademie

In occasione della VI Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, il Santo Padre ha consegnato, per la quinta volta, il Premio da lui istituito nel 1995.

Presentata dal Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, la Dott.ssa Pia Francesca de Solenni, Statunitense, è stata premiata per la Tesi Dottorale discussa presso lÂ’Università della Santa Croce e pubblicata nella collana «Apollinare Studi», dal titolo A Hermeneutic of AquinasÂ’s Mens through a Sexually Differentiated Epistemology. Towards an Understanding of Woman as Imago Dei. LÂ’esame delle teorie femministe consente allÂ’Autrice di sottolineare lÂ’originalità dellÂ’antropologia di San Tommaso dÂ’Aquino. Se questÂ’ultimo dipende da Aristotele per quello che riguarda lÂ’aspetto biologico della sessualità, se ne distacca con lÂ’affermazione centrale che lÂ’uomo, maschio e femmina, è stato creato ad immagine di Dio. È lÂ’imago Dei che fonda la finalità specifica, che è il conoscere e la contemplazione. Per significare la distinzione tra maschio e femmina si parla di differentiated equality.

La distinzione di origine aristotelica, ma profondamente ripensata da Tommaso, fra il passivo e lÂ’attivo nel processo di generazione costituisce unÂ’analogia con il processo di conoscenza, sicché lÂ’epistemologia tomista diventa una chiave di intelligibilità per una filosofia della donna. Il pensiero del Santo Padre Giovanni Paolo II in questo campo specifico è anchÂ’esso messo in rilievo dalla riflessione dellÂ’Autrice. LÂ’opera rivela una grande padronanza del tema nonché una profondità di riflessione, davvero poco comune. Lo scritto, di grande chiarezza e con una informazione di prima mano, riesce ad armonizzare lo studio di una tematica di indiscussa attualità con la riflessione teologica della grande tradizione cristiana, offrendo linee di soluzione plausibili e moderne.

Quindi, il Santo Padre ha consegnato alla Dott.ssa Pia Francesca de Solenni un assegno di Lit. 60.000.000 e una pergamena con la seguente scritta in latino: Summus Pontifex Ioannes Paulus II, proponente Consilio pro Academiarum Pontificiarum coordinatione, optimae dominae Piae Franciscae de Solenni e DiÂœcesi Vashingtonensi, Praemium Academiarum Pontificiarum benevole tribuit. Ex aedibus Vaticanis, die VIII mensis Novembris A.D. MMI.

Il Santo Padre ha, poi, offerto una Medaglia del Pontificato a P. Johannes Nebel, Austriaco, della Famiglia Spirituale «LÂ’ÂŒuvre», per la sua tesi dottorale presentata presso il Pontificio Istituto Liturgico «SantÂ’Anselmo» di Roma, dal titolo: Die Entwicklung des römischen Messritus im ersten Jahrtausend anhand der Ordines Romani. Eine synoptische Darstellung. Questo lavoro di ricerca è un esame dello sviluppo del rito della Messa attraverso un lavoro sinottico sugli Ordines Romani, lavoro minuziosissimo e frutto di tanta pazienza e perseveranza.

Il prossimo bando per il Premio delle Pontificie Accademie 2002 prenderà in considerazione il campo della Mariologia.

 


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L'UMANESIMO CRISTIANO ALLA RICERCA
DEL VOLTO UMANO DELLA GLOBALIZZAZIONE
 

Relazione del Rev.mo P. Abelardo LOBATO, O.P.
Presidente della Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino
 

  1. La globalizzazione, fatto e genealogia

  2. La globalizzazione: quaestio disputata

  3. Il giudizio e il volto umano della globalizzazione.

 

Abbiamo lÂ’esperienza di vivere in un tempo di crisi, di cambio, di novità. Di solito la vita comporta allo stesso tempo eredità ricevuta e novità aspettata, non ripete e non va indietro, perciò ci sembra più proiettata verso il futuro che verso il passato. Siamo sempre interessati alle novità, alle realtà ultime, ai segni dei tempi che ci indicano ciò che sarà il nostro avvenire. Siamo entrati quasi di colpo nel secolo XXI, nel III millennio della Redenzione,e ci interroghiamo sulle novità che stiamo vivendo. Siamo nel tempo nuovo che richiede anche un uomo nuovo. Il cristiano vive sempre in questa tensione, di uscire dal sepolcro dove muore lÂ’uomo vecchio, e di rinascere vero uomo nuovo, con la novità che Cristo ci ha portato, consapevole di dover percorrere prima la via dellÂ’uomo, la via storica e culturale e poi, per grazia, la Via che conduce al Padre.

Una delle novità che stiamo sperimentando viene descritta come globalizzazione. «Non cÂ’è dubbio che la componente più nuova e determinante della civiltà moderna, dice il Nobel C. Rubbia, è la sua globalizzazione, a livello planetario». Il rapporto ONU sullo sviluppo umano nel 1999 era dedicato totalmente alla globalizzazione. Tutto sta a indicare che siamo dentro questÂ’orizzonte culturale. EÂ’ giusto e necessario che ci domandiamo anche noi,come gli ebrei nel deserto, davanti al cibo che Dio gli invia dal cielo ogni notte: «manhú? Cosa è questo?» (Es. 16, 15).

La domanda, e la chiarificazione in questo caso, è fondamentale per lÂ’umanesimo cristiano, sempre molto attento a quanto tocca da vicino lÂ’essere umano. Anche noi diciamo in verità come Terenzio, «Homo sum, nihil humanum a me alienum puto». LÂ’umanesimo cristiano ritiene come fondamento che lÂ’uomo è un progetto di Dio, fatto in vista del mistero dellÂ’Incarnazione, che è la discesa di Dio nel profondo dellÂ’uomo, e lÂ’assunzione dellÂ’umano allÂ’unione con la natura di Dio nella persona del Verbo. Questo umanesimo non coincide in tutto con lÂ’umanesimo laico, che descrive Paolo VI come sforzo dellÂ’uomo moderno per farsi come Dio, ma cerca di andargli incontro per un vero dialogo[1]. La globalizzazione attuale tocca le dimensioni dellÂ’umano e perciò deve essere considerata con diligente attenzione.

La mia riflessione vuole essere un approccio al fenomeno della globalizzazione sotto il punto di vista della sua incidenza nellÂ’antropologia cristiana. LÂ’Accademia di San Tommaso intende seguire da vicino lÂ’esempio e la dottrina del maestro, nellÂ’accoglienza di ogni verità sullÂ’uomo, sul mondo e su Dio, per un vero dialogo. Abbiamo dedicato lÂ’ultima sessione annuale al tema della verità nel dibattito contemporaneo. Siamo in grado di affermare con San Tommaso che lÂ’uomo è capace della verità, e che questa, da qualunque fonte venga, procede sempre, in ultima istanza, dallo Spirito Santo[2]. Quello che conta è conoscere la verità sullÂ’uomo e, dalla forza di questa verità, dare una risposta alle nostre domande, anche a quella della globalizzazione attuale. Non a caso Tommaso è onorato dal Papa Giovanni Paolo II nel 1980, col titolo «Doctor Humanitatis», sia per la sua grande filantropia e apertura al dialogo, sia per la penetrazione nel profondo dellÂ’uomo e la comprensione del suo essere[3].

Di fronte alla realtà del cosmo lÂ’uomo è «parva res», ma davanti a Dio, solo egli nel cosmo è «capax Dei», e la sua vocazione come «imago Dei» è di conformarsi con Cristo fino allo sviluppo delle sue capacità di andare allÂ’incontro con Dio. Tommaso «Doctor humanitatis» ci ha lasciato aperta la via dellÂ’umanesimo cristiano[4].

Potrebbe sembrare strano e fuori luogo il ricorso a Tommaso trattando della globalizzazione del nostro tempo, essendo lui uomo medievale, così lontano dal nostro. Infatti egli non conosce né la parola né il fenomeno. Talvolta parla del «globus lunae»[5] : questo globo e il corpo celeste più vicino alla terra,a volte luminoso, a volte oscuro, che ha un grande influsso sul nostro pianeta in quanto è motore degli elementi umidi, «omnium humorum motrix». Riporta il pensiero di chi afferma che la terra è rotonda[6], ma non la chiama globo. Tutto questo è ben lontano dalla globalizzazione. Ma in compenso, egli ha portato a termine per primo, essendo in verità un teologo, una filosofia cristiana, e un trattato De Homine di grande e provata solidità. Da questa dottrina tomista è possibile entrare in dialogo con gli umanesimi che la storia ci propone[7].

Non soltanto siamo debitori a Tommaso di una comprensione integrale dellÂ’uomo, ma anche di un metodo esigente. Egli è esemplare nel modo di trattare i problemi con rigore scientifico, e ha portato al vertice il metodo delle Quaestiones Disputatae, nelle quali propone la dialettica degli opposti, del Sic et Non[8].In verità la globalizzazione è oggi una vera «quaestio disputata» dove la disputa non si fa solo nelle scuole, e solo con argomenti dialettici, ma nelle strade, con la violenza, con i pugni, con la lotta armata, con spranghe e ferri, con i bastoni e le bombe, in modi veramente disumani e indegni.

In questo orizzonte sappiamo in anticipo ciò che possiamo aspettarci dal «Doctor Humanitatis»: non i dati tecnici e scientifici della globalizzazione quale si sviluppa oggi in parecchi fronti, ma il criterio antropologico per la scoperta del volto umano, talvolta nascosto e sfigurato. Ed è questo che conta in verità quando si tratta dellÂ’uomo, quale si rivela in Cristo, nel disegno di Dio e nella storia. Il problema dellÂ’uomo, trascende lÂ’uomo. LÂ’antropologia deve far ricorso alla metantropologia: allÂ’ontologia, dato che propone la domanda sullÂ’essere, alla teologia, poiché l'«imago Dei» si deve vedere alla luce dellÂ’esemplare. Il Concilio Vaticano II ci apre la strada con la sua affermazione, dicendo che il problema dellÂ’uomo si risolve alla luce del mistero del Verbo Incarnato[9]. Tale era la convizione di Agostino davanti a Dio in dialogo e preghiera: «Noverim Te, noverim me!».

Da queste premesse possiamo anticipare lo sviluppo del tema in tre momenti: la globalizzazione come fatto culturale nuovo del nostro tempo: la dialettica del confronto nei campi economico, politico e culturale, nei quali ancora risulta ambivalente: «adversus hominem, et pro homine»; il giudizio di discernimento per la scoperta del volto umano della globalizzazione.

 

 

I. La globalizzazione, fatto e genealogia

 

La globalizzazione è un fatto culturale, che sta davanti a noi, un fatto molto complesso nel quale siamo immersi. Di questo fatto ancora non abbiamo una idea chiara e distinta, e perciò neanche il vocabolario adatto. In una descrizione approssimativa implica due note, una di totalità, l'altra di presenza. La parola globalizzazione ha la sua origine nel vocabolo latino «globus», quella sfera luminosa e opaca, che Tommaso assegnava al «Globus lunae», che poi si applica ai corpi sferici e luminosi. Nella scuola del mio paese, da bambino ho imparato questi versi così espressivi: «Mira la luna colgada, del vacío, con gran peso, y dime ahora, por tu vida, gran ateo, si no hay Dios, ¿quién ha hecho eso?».

Negli anni 80 del sec. XVIII i fratelli Montgolfier hanno inaugurato un viaggio per via aerea, nel globo gonfiato di elio. La notizia arriva presto a Siviglia, in Spagna, e il domenicano Francisco Alvarado che disputa su Aristotele, scrive lettere immaginando che dalla Sima di Cabra esce nientemeno che il filosofo Averroè e viene in «mongolfiera» fino alla bella città dellÂ’Andalusia per fare la difesa del Filosofo[10]. Il Globo terrestre o celeste è sferico, come poligono di infiniti lati, un tutto ben rotondo. McLuhan quando osserva la capacità di comunicazione dellÂ’uomo mediante il linguaggio, che i mass media, diffondono dappertutto, parla del mondo come un «villaggio globale». LÂ’espressione è rimasta ben incisa nel nostro tempo, e tutti lÂ’adoperiamo.

La globalità indica un rapporto nuovo con la realtà. Prima lÂ’uomo aveva un rapporto limitato con gli altri abitanti del pianeta, isolato dalle distanze, dalle barriere di ogni tipo. Il mondo era un orbe, ma composto, come lÂ’arcipelago, di isole. Oggi non più. La totalità coinvolge tutto senza residui. Inoltre questa totalità di fatti, di eventi, di notizie, si fa simultanea. Tutto accade allÂ’istante, davanti ai nostri occhi, come un naufragio con spettatore. Il nostro mondo, lÂ’11 settembre, assiste allÂ’attentato delle Twin Towers, come testimone oculare: eravamo presenti per vederlo con i nostri occhi terrorizzati.

 Allo scopo di apprezzare la novità possiamo fare qualche paragone col passato. Il fatto più grande della storia, lÂ’incarnazione e la nascita di Dio fatto uomo, «miraculum miraculorum», come lo descrive Tommaso, accade nel silenzio, nella notte, e ne hanno notizia solo Maria, Giuseppe, gli angeli e alcuni pastori; e dopo due millenni ancora non tutti conoscono lÂ’evento salvifico. La scoperta dellÂ’America, il 12 ottobre 1492, un fatto che cambia la storia umana del pianeta, viene conosciuta nella sua portata reale molto tardi e solo in parte lungo tutto il secolo XVI. Al contrario lÂ’arrivo dellÂ’uomo sulla luna è stato visto di notte da tanti milioni di persone con lÂ’entusiasmo di essere partecipi del più sorprendente dei viaggi umani.

Nella globalizzazione gli eventi hanno una ripercussione universale. Niente è più isolato, tutto si fa presente. Un chirurgo americano può fare un intervento al cuore, via Internet, alla distanza di 7.000 km. Totalità e simultaneità degli eventi fanno la globalizzazione. Finalmente possiamo suonare le campane nella torre e allo stesso tempo partecipare alla processione scalzi per le strade!

Non tutti sono dÂ’accordo sulla parola «globalizzazione» e la sua adeguata applicazione. A molti sembra appropriato parlare di globalizzazione quando si tratta di economia. In realtà è in questo campo dove i vantaggi o gli svantaggi sono rispettivamente più ricercati o temuti. Le operazioni finanziarie hanno un effetto globale. EÂ’ distante il Giappone dallÂ’Europa, ma se lì cade a picco la borsa, quella caduta condiziona le borse di tutto il mondo finanziario. La globalizzazione coinvolge tutti nellÂ’ economia, vincenti o perdenti. Invece, quando si tratta di fatti e eventi nel campo della politica, ci sono molti che preferiscono parlare di «mondializzazione» e non di globalizzazione. Accade anche quando si tratta di fatti culturali. In questo orizzonte alcuni usano parlare di «eventi olistici» perché implicano la totalità radicale e nascosta dellÂ’uomo immerso nella cultura.

Il vocabolario quindi risulta ancora fluttuante, non solidificato. La parola è lÂ’espressione dei concetti come questi sono segni della realtà. Ed è proprio questa nuova realtà ancora non fissa che ci lascia nel buio di concetti e di parole.

Questo dato ha la sua importanza. Di notte tutte le mucche sono grigie e tutti i gatti sono neri. Le parole imprecise si prestano a tutte le interpretazioni, sono come lÂ’a priori kantiano che impone una forma al fiume delle esperienze dei sensi. In questa circostanza la globalizzazione serve per la proiezione delle passioni e dei sentimenti dei diversi soggetti. Nei movimenti antiglobalizzazione confluiscono gruppi tra di loro incompatibili, proprio perché la parola e i suoi significati supportano letture molto diverse[11].

Al di là dei nomi la globalizzazione è un fatto, che sta davanti a noi con lÂ’eloquenza e il peso proprio dei fatti. Le parole hanno un certo valore per la comunicazione della verità, ma molto più valido è il peso dei fatti. «Contra facta non valent argumenta», dicevano i latini, o più forte ancora: «Contra facta negantem, fustibus est arguendum!» Cosa inumana questa, ma reale e brutale nella difesa o nella lotta che suscita la globalizzazione. Che la globalizzazione sia prima di tutto un fatto bisogna riconoscerlo, piaccia o non piaccia[12].

La globalizzazione non cade dal cielo, ha una genealogia nella storia. Essa arriva a suo tempo. Il fatto nasce dallÂ’unione dei due componenti: la scienza e la tecnica, è un fatto tecno-scientifico. Possiamo vederlo nei suoi prodotti attuali: il mondo virtuale di Internet, i telefonini tascabili, i computers. La scienza e la tecnica non sono più mondi separati, ma profondamente uniti e inseparabili.Questo indirizzo verso la conoscenza che domina la realtà era un desideratum della modernità. Bacone anticipava il processo, quando scriveva i suoi aforismi: «Scientia et potentia in unum coincidunt». Il conoscere deve lasciare da parte la funzione contemplativa, e dare preferenza alla funzione dominante. Il sapere tende al dominio. In questÂ’ indirizzo si arriva alla costruzione del mondo moderno, nuovo mondo, dove ad imitazione di quello di Dio, nel quale ci sono le «magnalia Dei», si arriverà anche alle «magnalia hominis». Il pensiero di Marx si orienta in questo senso. Nelle Tesi contro Feuerbach, afferma lÂ’inutilità della contemplazione fatta nel passato dai filosofi, e lascia posto allÂ’ attività fattiva e produttiva, la quale si propone il cambiamento del mondo. La scienza moderna è stata in grado di penetrare nella realtà in modo nuovo e profondo. La tecnica ha dato allÂ’uomo il supplemento dei sensi per la descrizione e il dominio dei tre infiniti di Teilhard de Chardin, in grandezza, piccolezza e complessificazione, e così ha iniziato un viaggio che non finisce mai, sia nella fisica che nella biochimica o nelle comunicazioni. Abbiamo un mondo nuovo per gli occhi, per la mano,per lÂ’orecchio. La scienza non lo ha prodotto,lo ha trovato, ordinato, meraviglioso, caos e kosmos,e ha scoperto lÂ’uomo in mezzo a questo mondo creato per il suo servizio. La globalizzazione è frutto di questo connubio tra sapere e potere, tra scienza e tecnica.

La globalizzazione è un fatto inarrestabile. Così nella storia culturale, in un momento del passato, ha scoperto il coltello, la spada, la ruota, ha fatto le vie tra le città, la navigazione a vela, lÂ’elettricità, la radio, la TV, lÂ’aereo. Aristotele lo aveva predetto: è un fatto che lÂ’uomo nasce nudo, scalzo, inerme, e perciò più bisognoso di aiuto che gli animali. Ma la natura lo compensa con due facoltà: la mente e la mano, e con queste due è in grado di vestirsi, fare le scarpe, preparare le armi, non in modo uniforme per tutti, ma in modi infiniti nelle diverse culture[13]. Ed ecco lÂ’ultimo grido di questo processo, la globalizzazione: tutti ci troviamo nel mondo umano cooperando attivamente e passivamente, uniti nelle stesse avventure, sottomessi alle stesse esperienze di esaltazione o di morte, del bene e del male.

Il fatto della globalizzazione è una conquista. Il bene o il male dipende dallÂ’uso o dall'abuso che in essa può fare lÂ’uomo. LÂ’accetta di pietra o di ferro serve per la caccia e per lÂ’agricoltura, ma anche per lÂ’omicidio. San Benedetto insegnava al barbaro goto a tagliare con la falce le spine che impedivano la crescita del grano seminato nellÂ’ agro. San Domenico inaugurava una nuova era nella cultura portando il libro sotto il braccio, per lÂ’evangelizzazione. Ma anche Guglielmo di Saint-Amour scriveva un libro contro i mendicanti e in esso ne progettava la soppressione: «De periculis novissimorum temporum!» Mentre molti cantano con gioia le lodi dellÂ’uomo per le scoperte della modernità, Hitler accende i forni di Auschwitz per lo sterminio degli ebrei. Davanti a questo fatto orrendo i filosofi sÂ’interrogano se, dopo Auschwitz, si possa dire che lÂ’uomo esista davvero. Non è lo strumento che sia buono o cattivo, è lÂ’uso che fa lÂ’uomo dello strumento, in questo caso della globalizzazione. Il fatto tecnico scientifico è ben saldo, e non potrà scomparire, anzi è chiamato a nuovi e sorprendenti conquiste dellÂ’uomo, nelle cui mani e sotto i cui piedi il Signore ha messo il mondo: Omnia sunt vestra![14]

 

 

II. La globalizzazione: quaestio disputata

 

Se vista come un fatto culturale, la globalizzazione potrebbe essere ben accolta poiché è indice delle conquiste della scienza e della moderna tecnica; di fatto accade il contrario[15]. In poco tempo è diventata il campo di Agramante,il luogo degli scontri più violenti in tempo di pace. Lungo il secolo XX, proprio per il potere che la tecnica ha messo nelle mani dellÂ’uomo, si sono avute sempre accanite dispute di carattere filosofico. Il filosofo Marcel scriveva un saggio Les hommes contre lÂ’humain, e Heidegger denunciava il demonio della tecnica, mentre altri, come Huxley nel libro Brave New World. Un mondo felice, pretendono che solo lÂ’uomo in un mondo prodotto dalla tecnica può trovare la vera felicità.

Nella attualità siamo testimoni degli scontri violentissimi che hanno luogo dovunque vi sia convocata una riunione dei così detti Grandi per fare un nuovo ordine nel mondo. Episodi clamorosi, dove le città vengono devastate, si sono avuti per primo a Seattle, poi a Davos, e questÂ’anno a Genova. La globalizzazione scatena gli animi e accende la rabbia. Dobbiamo cercare il perché di questi scontri così disumani. Mentre coloro che trovano nella globalizzazione uno strumento per avere accesso facile al danaro o al potere hanno fatto di essa un mito, gli altri che si sentono esclusi, o non hanno umane possibilità di accesso, la denunciano come una vera minaccia per lÂ’umanità alla quale bisogna opporsi con anima e corpo.

LÂ’opposizione sembra totale e irriducibile. Ciascuno dei gruppi presenta le proprie ragioni. In fondo si possono ridurre alla dialettica del «Sic et non», al dilemma «adversus hominem» e «pro homine». La dialettica della strada deve essere ricondotta al tribunale della ragione. Abelardo aveva introdotto questo metodo nelle scuole di teologia, e Tommaso ha visto in esso uno strumento connaturale allÂ’uomo intelligente che trova la verità nel giudizio della ragione, mediante i suoi atti di affermare o negare, dai quali nascono i primi principi di non contraddizione e di identità che sono le colonne della vita dellÂ’intelletto. LÂ’opposizione si produce in tre campi della realtà umana e toccano nel vivo sia lÂ’«homo oeconomicus» che lÂ’«homo politicus» o lÂ’«homo culturalis». Non essendo possibile uno sviluppo completo di tutti e tre in questa sede, vediamo con uno sguardo cosa capita nel primo, quello della globalizzazione economica. Degli altri due possiamo dedurre qualcosa per analogia.

La modernità ha scoperto meglio del mondo antico o del medievale il valore e il peso dellÂ’economia per la vita dellÂ’uomo, svelando la faccia nascosta dellÂ’«homo oeconomicus» in stretto rapporto con lÂ’essenziale corporeità. Per la sua corporeità lÂ’uomo è un tutto che si muove per i suoi bisogni e desideri. Il danaro è il mezzo che può soddisfare entrambi, e per questo diventa la leva dell'uomo moderno. La globalizzazione attuale viene preferibilmente letta in chiave economica.

La considerano come una conquista e un bene «pro homine» coloro che hanno uno stato economico soddisfacente, siano questi Stati o nazioni, gruppi o persone. Infatti sono loro i promotori della globalizzazione. Le ragioni che adducono sono diverse. Ne indichiamo soltanto tre:

— La globalizzazione implica il libero mercato, nel quale si dà la competitività e la produzione qualificata è garantita;

— la globalizzazione indica la fine dei totalitarismi oppressivi, i quali hanno fallito così clamorosamente nel campo economico che pretendevano risolvere; allo stesso tempo offre la possibilità di sviluppo dei talenti dei singoli e dei servizi sociali;

— infine solo la globalizzazione è in grado di produrre e distribuire i beni di consumo a tutti gli uomini del pianeta con lÂ’eliminazione, una volta per tutte, della fame globale che ammazza ogni giorno migliaia di persone.

Questa lettura viene rovesciata da coloro che considerano la globalizzazione economica un fatto grave «adversus hominem». Sono essi che alzano la voce fino al cielo e gridano «Delenda est globalizatio!» Questi adducono anche tre motivi principali:

— La globalizzazione è fattore di divisione. Infatti sono ben pochi quelli che hanno la maggior parte dei beni di tutti. Il mondo attuale è fortemente diviso: ricchi e poveri, Nord sviluppato e Sud arretrato; Ovest potente, Est ancora vittima della fame e la povertà. Questa profonda differenza costituisce una spogliazione e una grave ingiustizia strutturale.

— Inoltre la globalizzazione è fattore di discriminazione per una grande parte dellÂ’umanità. Si verifica davanti a tutti, nei nostri giorni, la parabola del ricco epulone e il povero Lazzaro.

— Infine, lÂ’economia globalizzata è una minaccia costante per tutti. I giochi del denaro nelle borse, in mano dei potenti, dei gruppi di pressione, delle Compagnie transnazionali, possono rovinare un paese, un continente. La globalizzazione infatti poggia sull'ingiustizia: il danaro e i beni conseguenti non sono più frutto del lavoro, ma dellÂ’astuzia della ragione. EÂ’ chiaro che nel mondo non vi sarà pace se non vi è giustizia. Quindi lÂ’emarginazione di una parte dellÂ’umanità sarà sempre fonte di instabilità, di terrorismo, una culla di movimenti antiglobalizzazione.

Qualcosa di simile accade nel campo della politica, che cerca la globalizzazione della «comunitas Orbis», allo scopo di legiferare in nome dellÂ’umanità e nel campo della cultura, dove si propone un modello di uomo del futuro robotizzato e figlio del pensiero debole e del nichilismo. Infatti circolano due proposte dellÂ’ONU in questo indirizzo, un «Global Pact», un Patto globale, e una Charta della Terra Madre, la «Gaia», da dove viene dove torna lÂ’uomo. La globalizzazione in ascesa impone di togliere ogni differenza, anche religiosa, e tornare alla polvere dalla quale Dio ha creato lÂ’uomo, prima del soffio sulle narici. La globalizzazione implica la uniformazione alla mentalità sincretica della New Age senza nessun fondamento assoluto di natura o legge naturale, che poggia solo sul consenso dei rappresentanti[16]. Contro questi movimenti di globalizzazione bisogna alzare la voce in difesa dellÂ’uomo e della sua libertà, della pluralità delle culture[17].

Davanti a questa situazione bisogna arrivare alla soluzione e, con lÂ’aiuto del maestro, determinare la questione, col «Respondeo dicendum». Globalizzazione sì, ma con il volto umano. Globalizzazione sì, con il compito di togliere ogni discriminazione. Globalizzazione sì, nella solidarietà della gestione globale dei beni. Il 27 aprile di questÂ’anno, il Pontefice Giovanni Paolo II, nel discorso allÂ’Accademia delle Scienze, affermava: «La globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno. Nessun sistema è fine a sé stesso, ed è necessario insistere sul fatto che la globalizzazione, come ogni altro sistema, deve essere al servizio della persona umana, della solidarietà e del bene comune».

 EÂ’ ben nota la dottrina di Tommaso sui beni, sul lavoro, sul capitale. Egli ricorda che solo Dio, creatore del mondo, è il Signore del mondo e padrone di tutto; gli uomini sono amministratori. Inoltre, i beni del mondo devono arrivare a tutti gli uomini e nessuno deve essere privato del necessario: cibo, vestito, casa, lavoro. LÂ’uomo è nato per il lavoro che produce, comunica e distribuisce i beni. Il lavoro è della persona e ha sempre il primato sul capitale. La dottrina di San Tommaso sui beni dellÂ’economia è stata proposta in modo preciso e attuale dalla Enciclica «Centesimus annus»[18]. In difesa della vita mendicante egli scopre il valore superiore del lavoro intellettuale su quello manuale, che per Guglielmo di Saint-Amour era lÂ’unico. La globalizzazione deve essere lo strumento della distribuzione giusta dei beni: il necessario a tutti, lÂ’utile ai capaci di sviluppo, il superfluo come premio ai bisognosi. Globalizzazione sì, a condizione che rispetti la giustizia e la destinazione dei beni con regole precise in modo da assicurare, come dice Giovanni Paolo II la «globalizzazione senza emarginazione». Questo ideale di globalizzazione risulta ancora lontano, ma deve essere proposto come meta delle nuove generazioni. La globalizzazione non sarà umana né cristiana se non rispetta la natura, la cultura, le famiglie dei popoli.

 

 

III. Il giudizio e il volto umano della globalizzazione.

 

Il criterio per il discernimento del volto umano della globalizzazione bisogna prenderlo non dalle cose che lÂ’uomo ha o può avere, ma dallo stesso essere dellÂ’uomo, che non può essere ridotto a mero produttore o prodotto materiale come per tanti anni ha preteso il materialismo dialettico e il comunismo ateo. Bisogna prendere lÂ’uomo nella sua integralità. Il corpo è essenziale allÂ’uomo, ma la corporeità umana non viene dalla quantità di materia, bensì dalla stessa forma umana che è lÂ’anima[19].

Il moderno tentativo del materialismo e delle scienze ci aiuta a scoprire una dimensione dellÂ’umano, ma non lÂ’uomo. La realtà umana è un tutto integrale. LÂ’uomo unidimensionale non esiste nella realtà. Anch'egli, come la luna, ha una faccia nascosta, che bisogna scoprire. EÂ’ un luogo comune dire, con Heidegger e Scheler, che oggi conosciamo molte più cose di prima sullÂ’uomo, ma ignoriamo più che mai cosa in verità sia lÂ’uomo. Altrove ho proposto di percorrere alcuni sentieri che ci aiutano alla scoperta di cosa sia lÂ’uomo nella sua realtà integrale. Tale è il compito di ogni umanesimo in modo speciale di quello cristiano. La globalizzazione, nelle sue diverse dimensioni, può servire da scala per arrivare alla totalità del genere umano nella sua unità, chiamato a condividere i beni del mondo e ad essere solidale. Ogni uomo ha bisogno di sapere che non è solo, che il volto dellÂ’altro lo aiuta a svelare la propria realtà. La solidarietà con lÂ’altro, la condivisione dei beni, la collaborazione per il sollievo e la compassione sono aspetti dellÂ’umano.

LÂ’umanesimo cristiano va incontro allÂ’uomo della globalizzazione e collabora allÂ’edificazione di un mondo più giusto, anche nella distribuzione del pane quotidiano. Tommaso ci orienta verso la scoperta dellÂ’umanità dellÂ’uomo con la sua dottrina del primato dellÂ’uomo sulle cose, la dignità che compete ad ogni uomo per il fatto di essere membro della specie umana, creato da Dio per amore, chiamato ad uno sviluppo integrale, persona nella comunità umana, destinato a conformarsi a Cristo, uomo in pienezza. Nella catechesi sul Pater noster, fatta a Napoli per il popolo, egli spiega cosa chiediamo a Dio quando diciamo «sia fatta la tua volontà» e trova che sono tre le cose che Dio attende e vuole dallÂ’uomo: che arrivi alla salvezza, che osservi i comandamenti, e finalmente che conquisti la pienezza che compete allÂ’uomo, fino ad arrivare alla perfezione del primo uomo o, meglio ancora, alla pienezza dell´uomo perfetto che è Cristo[20]. Nella globalizzazione deve essere compresa anche questa capacitá di totalità e di presenza dellÂ’uomo allÂ’uomo, dellÂ’uomo singolo a Cristo salvatore dellÂ’uomo.

Il volto umano, ancora nascosto, della globalizzazione è questa dimensione umana della totalità e della salvezza. In questa nuova situazione oggi si richiede un deciso orientamento delle possibilità che offre. Tre cose sono urgenti:

 

 1. Promozione dellÂ’ uomo in tutto il mondo con istruzione e qualificazione. LÂ’uomo è la risorsa più grande del capitale. La conoscenza diventa il fattore principale per il futuro dellÂ’uomo. La persona è anteriore e superiore allo Stato, è la base della famiglia e della comunità umana. Attenzione allÂ’uomo. AllÂ’ inizio di questÂ’anno, nel saluto ai politici, il Papa Giovanni Paolo II alzava la sua autorevole voce in favore dellÂ’uomo, quasi un SOS; «Salviamo lÂ’uomo, tutti insieme salviamo lÂ’uomo». Una cultura umanista deve curare più di qualsiasi altra cosa, lÂ’umanità dellÂ’uomo[21].

 

 2. Solidiaretà nella distribuzione dei beni, con attenzione preferenziale ai popoli e ai paesi più bisognosi. Si deve togliere ogni emarginazione, con il possibile condono del debito pubblico e la promozione dei popoli con lo sviluppo , che è il nome odierno della pace sulla terra. La dottrina sociale della Chiesa offre le vie di soluzione di questo grande problema.

 

 3. Istituzioni sovranazionali per regolare con giustizia il mercato mondiale. La globalizzazione selvaggia sorpassa il potere degli Stati e diventa una fonte di instabilità.Gli organismi internazionali non devono diventare il Big Brother, ma devono essere al servizio del bene comune, che solo è raggiungibile nella giustizia, nel dialogo e nella pace. Questa è la voce dellÂ’umanesimo cristiano circa la globalizzazione attuale. «La Chiesa spera veramente che tutti gli elementi creativi nella società cooperino alla promozione di una globalizzazione al servizio di tutta la persona e di tutte le persone»[22].

 

In questo indirizzo della globalizzazione economica, politica e culturale, dÂ’accordo con il primato della persona umana e la sua dignità, si puó trovare il volto umano, ancora troppo nascosto, di questo fatto così nuovo e potente. Analogamente a ciò che il Signore affermava del sabato (Mc, 2,27), possiamo noi ritenere giusto che: non è lÂ’uomo per la globalizzazione, ma la globalizzazione è per lÂ’uomo. Questa verità fondamentale deve essere il criterio di discernimento nella promozione della solidarietà e del dialogo tra uomini, popoli e culture. Verso questa meta deve indirizzarsi oggi lÂ’umanesimo cristiano.

 


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LE SFIDE DELLA GLOBALIZZAZIONE
ALL'UMANESIMO CRISTIANO

 

Relazione della Rev.da Suora Marcella FARINA, F.M.A.
della Pontificia Accademia di Teologia
 

 

Premessa

 

            Durante la settima sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, dal tema Globalizzazione e umanità: dimensioni etica e istituzionale (Roma dal 25 al 28 aprile del 2001), il 27 aprile, il Santo Padre ha rivolto ai partecipanti un discorso nel quale, mentre ha richiamato le coordinate del fenomeno, ha sottolineato lÂ’impegno della Chiesa nel difendere e promuovere la persona umana nella sua identità e dignità di immagine di Dio.

            Ha riconosciuto che questo progressivo dilatarsi dell'economia di mercato introduce l'umanità in una nuova fase della sua storia. Ne fa unÂ’acuta e propositiva disamina richiamando i credenti in Cristo a discernere, quindi ad operare con saggezza evangelica, perché «la globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno. Nessun sistema è fine a se stesso ed è necessario insistere sul fatto che la globalizzazione, come ogni altro sistema, deve essere al servizio della persona umana, della solidarietà e del bene comune»[23].

            Il Santo Padre è ritornato sovente sullÂ’argomento, esplicitandolo ed approfondendolo. Come aveva profeticamente fatto nel 1991 con lÂ’enciclica Centesimus annus, propone una via perché «tutti possano partecipare a fissare le regole e a costruire le nuove istituzioni socio-economiche, a selezionare gli scopi e a decidere in merito alle priorità da porre a fondamento dellÂ’azione politica»[24]. Soprattutto indica le finalità teologali e antropologiche per uno sviluppo genuinamente umano. Offre indicazioni pratiche e criteri fondamentali di giudizio non solo per i credenti, ma anche per ogni persona di buona volontà, perché si operi in maniera efficace sulle precondizioni socio-economiche, socio-politiche che creano disuguaglianze e divisioni, costituendo queste lÂ’humus concreto dei conflitti. «La Chiesa continuerà a operare con tutte le persone di buona volontà per garantire che in questo processo vinca l'umanità tutta e non solo un'élite prospera [¼]. La Chiesa spera veramente che tutti gli elementi creativi nella società cooperino alla promozione di una globalizzazione al servizio di tutta la persona umana e di tutte le persone».[25]

 

 

«Globalizzazione» una parola-realtà al vaglio del Vangelo

 

Il ministero del discernimento

             Non è una presunzione proporre il Vangelo come lÂ’istanza critica di questo fenomeno transnazionale?

            Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio, è il Signore, Salvatore unico del mondo. Facendosi uno di noi, salva lÂ’umanità, quale Nuovo Adamo, rigenerandola. Per il mistero dellÂ’incarnazione, vive dallÂ’interno la vicenda umana e, quale Sapienza eterna del Padre, offre nella sua persona e nel suo messaggio la luce di verità e di amore per discernere i processi storici e riscattarli dallÂ’ambiguità e dal peccato.

            Il Giubileo è stato il tempo propizio per ricomprendere – nella riflessione critica, nellÂ’esperienza di fede e nella prassi pastorale -, questo mistero di misericordia. LÂ’esortazione apostolica Novo Millennio Ineunte lo ripropone con lo slancio del «Duc in altum».

            Il discernimento evangelico, che ogni credente e la Chiesa intera sono chiamati ad operare, non è, pertanto, una retorica di occasione o un giudizio «privato», ma è fondamentalmente la disponibilità del credente e della Chiesa a farsi accoglienza del giudizio salvifico di Dio. È prima di tutto ascolto del Signore della vita e, conseguentemente, per il mistero dellÂ’incarnazione, è attenzione alla storia e ai suoi processi perché siano spazio della salvezza.

            Con parresia la comunità cristiana è chiamata ad accogliere e proclamare il giudizio del Signore, quindi ad indicare con chiarezza ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è vero e ciò che è falso.

            È un ministero necessario ed urgente oggi: aiutare la comunità umana a pronunciarsi come collettività sui valori che costruiscono la persona umana, oltrepassare una certa cultura democratica della tolleranza che, per un falso rispetto del pluralismo, abdica a dire chiaramente che cosÂ’è il bene e che cosÂ’è il vero, rischiando di limitare i propri pronunciamenti collettivi ad aspetti superficiali della convivenza umana e rimandando alle decisioni individuali il mondo delle finalità ultime.

            La comunità cristiana è chiamata a svolgere questo ministero entrando nel merito dei problemi, studiando i processi e identificandone risorse e limiti.

            Il prof. Zamagni propone alcuni interrogativi fondamentali nei quali convergono istanze umane ed evangeliche. «È possibile umanizzare lÂ’economia e, se sì, quali strategie perseguire per rendere accettabile il processo di transizione? Poiché, nelle condizioni storiche del momento, lÂ’unico modello di economia in essere è quello del mercato, lÂ’interrogativo può essere reso così: è possibile umanizzare il mercato? Vale a dire, è possibile prefigurare un modello di mercato al quale chiedere conto non solo dellÂ’efficienza dei suoi risultati, ma anche della sua capacità di includere, almeno tendenzialmente, tutti gli uomini e di avvalorare tutto lÂ’uomo, nelle sue plurime dimensioni?»[26]

            Ci interroghiamo come comunità cristiana, solidale con la comunità umana, sulla globalizzazione perché sia al servizio della persona nella costruzione della cultura della solidarietà, della pace, dellÂ’amore.

 

Il fenomeno «globalizzazione»

             Un noto coraggioso missionario comboniano, Alex Zanotelli, che vive in una baraccopoli a Korogocho (periferia di Nairobi), dice: «Non ho nulla contro la globalizzazione. Ce lÂ’ho contro questo tipo di globalizzazione che permette a pochi di vivere da nababbi, a spese di molti morti di fame»

            I NoGlobal[27] del G8 di Genova (20-22 luglio 2001) hanno tracciato, con fatti sconcertanti, una linea di demarcazione tra le denuncie come proteste distruttrici e la denuncia come discernimento per il bene. La marcia della pace Perugia-Assisi[28] ha inaugurato un nuovo linguaggio NewGlobal, per sottolineare il bisogno di rendere solidale, pienamente umana, la globalizzazione.

            Come si vede, la parola «globalizzazione» sta diventando un grande contenitore che può raccogliere elementi contrapposti.

            La parola globalizzazione indica lÂ’«inglobamento» del mondo in un unico sistema economico, ponendo in particolare rilievo la produzione. Il mondo diventa un unico spazio produttivo, allÂ’interno del quale ogni fase della produzione può essere spostata ove sono offerte maggiori occasioni di profitto (delocalizzazione dei processi produttivi). Si presenta come un processo attraverso il quale, nei vari Paesi, mercati e produzione diventano sempre più interdipendenti, grazie al dinamismo del sistema economico, internazionale e nazionale, che velocizza la libera circolazione non regolamentata e lo scambio di beni, servizi e persone, grazie alla riduzione delle barriere doganali e alla liberalizzazione dei mercati finanziari, che spingono le economie nazionali alla competitività selvaggia, grazie ai movimenti di capitale sempre meno investito nello sviluppo e sempre più collocato sui conti bancari degli azionisti, grazie alla tecnologia che da una parte facilita questi percorsi e dallÂ’altra con i grossi network confeziona informazioni e notizie che entrano nelle case di tutto il mondo come una legittimazione, come un nuovo tipo di colonialismo che toglie il diritto ai popoli privandoli del loro patrimonio religioso e spirituale, della loro libertà.

            Non raramente i politici e i media usano il termine per indicare un nuovo roseo futuro in cui tutti saremo vincitori, o al contrario, la globalizzazione viene proposta come una fatalità contro la quale non si può far nulla, perché è visto come un processo ineluttabile (è la sindrome «Tina»: «There Is No Alternative»).

            La globalizzazione è una precisa strategia economica soprattutto dei Paesi del mondo industrializzato e delle multinazionali. In un certo senso è imposta ai Paesi in via di sviluppo che rischiano di subire una nuova forma di sfruttamento e di impoverimento. Ma anche nei primi Paesi solo pochi individui accumulano enormi ricchezze, la maggioranza ne trae poco profitto. Spesso i lavoratori ne subiscono pesantemente gli effetti, perché i governi abbassano gli standard lavorativi per attrarre investimenti stranieri. Con le sue tecnologie, la globalizzazione modifica i rapporti di lavoro, rischiando di rendere inefficaci norme e strutture sociali che tutelano le persone, pretendendo l'adozione di nuovi stili di lavoro, di vita e di organizzazione delle comunità. Così, da fenomeno economico e finanziario dilata i confini e invade le sfere dei valori sociali, ambientali, culturali, spirituali. Tende a conquistare virtualmente e anche rapidamente il mondo intero con il suo carattere invasivo, penalizzando proprio le persone e i gruppi più svantaggiati. È una sorta di trionfo del mercato e della sua logica che genera e propaga nuove idee filosofiche ed etiche, imponendo uno stile di vita non sempre rispettoso delle esigenze più profonde della persona, riducendo la sfera della libertà. Il mondo diventa un piccolo villaggio ove vige l'interdipendenza reciproca con pochi «vincitori» e molti vinti. Le culture locali spesso non sono in grado di rispondere ai rapidi cambiamenti che esso provoca negli svariati campi della convivenza umana, spingendo la gente a scambiare la vita reale con il consumismo.

            La globalizzazione ha limiti, ma anche positività da vagliare e valorizzare criticamente. È necessario in tal senso un criterio di giudizio condiviso che non può derivare da fattori puramente economici, né può essere deciso solo dai Paesi industrializzati o dalle multinazionali. Va cercato e condiviso dalla società civile e deve avere il suo centro nella dignità della persona e dei popoli.

 

 

Istanze critiche

 

            «Meno Stato, più mercato» è la parola d'ordine della globalizzazione economica. Le leggi dell'economia promuovono la libera concorrenza come un bene, ma non sempre è libera e trasparente, proprio per i punti di partenza diversi tra ricchi e poveri. Le politiche neoliberiste del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale hanno effetti disastrosi sui Paesi poveri. Questi, impegnati in politiche di aggiustamento strutturale e di risanamento economico, operano tagli alla spesa pubblica con il blocco dei salari, le privatizzazioni, la riduzione dei fondi per cibo, istruzione, salute, casa, che sono beni fondamentali per tutti gli abitanti del pianeta.

            Quindi, lÂ’incremento economico di pochi è per i più riduzione delle possibilità di accesso ai beni fondamentali. Lo si è visto anche nella sessione speciale dellÂ’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, svoltasi a New York dal 5 al 9 giugno del 2000, su Donne 2000: uguaglianza dei sessi, sviluppo e pace per il Ventunesimo Secolo, Assemblea con lÂ’obiettivo di fare un bilancio su Pechino e verificare in che modo e con quali esiti sono state attuate le strategie di azione lì decise. Si è visto che tanti problemi restano in gran parte ancora insoluti.[29]

            Questi effetti perversi, ossia non desiderati, generano insicurezza e sfiducia nelle organizzazioni mondiali, producono nuovi focolai di rivalità e di conflitti, alimentano il traffico di armi gestito da nuovi soggetti, confondendo interessi politici e commerciali.

            In tali squilibri chi deve assicurare a tutti i cittadini i diritti fondamentali e una vita dignitosa, se gli Stati abdicano al loro ruolo?

            Non sembra le istituzioni economiche internazionali, come il FMI o la BM, dato che oggi il 90% delle transazioni finanziarie è di natura speculativa, provocando una divaricazione tra economia finanziaria ed economia reale di tale proporzione da far abbassare i livelli occupazionali nei Paesi industrializzati per salvare le Borse valori. Molti imprenditori non sentono più obblighi nei confronti del proprio Paese, del quale sfruttano le possibilità (ricerca tecnologica, incremento delle comunicazioni, infrastrutture) e sono disposti a trasferire le loro produzioni ove il lavoro è sottocosto, causando una pericolosa frattura del patto sociale tra governi, imprese e forza lavoro.

            Denunciare non basta, ancor meno demonizzare. Bisogna capire il processo e agire di conseguenza, come invita il Papa, pensando non solo alla nostra vita, ma anche a quella degli altri, soprattutto alle generazioni future. LÂ’economia globale non è lÂ’unico orizzonte possibile di sviluppo.

            Perciò bisogna operare su vari fronti[30].

            I governi sono interpellati a svolgere il loro ruolo fondamentale politico, riconsiderando il criterio delle pari opportunità e tenendo presenti i punti di partenza diseguali, per evitare il sorgere irreparabile di nuove povertà. Devono promuovere il bene comune, assicurando i bisogni fondamentali e difendendo i diritti umani, favorendo lÂ’occupazione e frenando lÂ’accumulo nel mercato finanziario che rischia di creare crisi economiche anche nei Paesi ricchi.

            I Paesi da soli non sono in grado di resistere agli arbitri dei mercati. Per prevenirli e gestirli occorre organizzare unÂ’azione globale mediante un governo globale e nazionale che metta al centro lo sviluppo umano e lÂ’equità. Per «governo» sÂ’intende una struttura di regole, istituzioni e pratiche stabilite che normano il comportamento di individui, organizzazioni e aziende, favorendo un modello di sviluppo condiviso e non solo deciso e imposto da una élite.

            Nel corso dei secoli l'umanità ha maturato la consapevolezza dei diritti inalienabili della persona, ha individuato forme di tutela dell'ambiente, condizioni per un modello di sviluppo umano e sostenibile, regole della convivenza pacifica tra popoli diversi. LÂ’applicazione e il rispetto di questi principi rendono possibile la pace, lo sviluppo, la giustizia, i diritti umani, la salvaguardia del creato.

            Se i governi passano sopra a queste esigenze, se negli ingranaggi dell'economia i ricchi continuano ad arricchirsi a dismisura e i poveri diventano sempre più poveri, se i modelli culturali emergenti svuotano il senso della vita umana e favoriscono guerre e genocidi, sarà in pericolo lÂ’umanità.

            I popoli del mondo hanno, quindi, un compito-missione comune: esigere dai propri governi il rispetto e la promozione dei diritti umani con l'adempimento delle Convenzioni, delle Dichiarazioni, dei Piani di Azione che nell'ultimo decennio del secolo XX hanno delineato un nuovo modello sociale ed economico, nazionale e internazionale, in cui tutti i cittadini devono avere le stesse opportunità, ove la povertà va vinta, la ricchezza va ridistribuita e le risorse naturali salvaguardate per le generazioni future.

            Nello svolgere questa missione bisogna mettersi in rete, come fanno le imprese globali; i popoli devono collaborare, creando opportunità di cooperazione tra organizzazioni popolari, movimenti, associazioni di nazioni, per definire programmi per la persona umana in unÂ’ottica di globalizzazione dal basso. I Paesi sottosviluppati presentano difficoltà e problemi di carattere politico, economico e sociale molto gravi, hanno bisogno di solidarietà concreta. La ridistribuzione delle ricchezze e delle opportunità, per garantire a tutti un livello adeguato di sviluppo umano e di sicurezza sociale, è unÂ’urgenza di carattere morale oltre che sociale. Vanno messi in crisi a livello teorico e soprattutto pratico gli stili di vita che provocano disuguaglianze. Il «malsviluppo» del nord che si contrappone al «sottosviluppo» del sud, è un processo iniquo che va corretto trasformando i meccanismi economici e politici che generano queste piaghe. Quotidianamente ciascuno di noi, come singoli e come comunità, deve cambiare comportamenti e atteggiamenti culturali, deve convertirsi alla solidarietà, maturare nella consapevolezza di far parte di unÂ’unica famiglia umana ponendo piccoli gesti che possono far passare da un sistema globale disumanizzante a un sistema umanizzante, con al centro la persona umana.La società civile è il fattore decisivo nel neutralizzare gli effetti perversi della globalizzazione.

            Il progresso, come si vede, va individuato e costruito soprattutto partendo dalla sfera dei beni immateriali. A partire di qui si potrà operare sul resto.

            In questa direzione la comunità cristiana è interpellata a discernere evangelicamente, offrendo al mondo una nuova forma di ministero della verità. Le società avvertono lÂ’urgenza e la necessità di segnare una svolta. Più o meno direttamente affermano la priorità dell'etica sullÂ’economia. «I valori etici non possono essere dettati dalle innovazioni tecnologiche, dalla tecnica e dall'efficienza, perché sono radicati nella natura stessa della persona umana. L'etica non può essere la giustificazione o la legittimazione di un sistema, ma piuttosto deve essere la tutela di tutto ciò che c'è di umano in ogni sistema. L'etica richiede che i sistemi si adattino alle esigenze dell'uomo, e non che l'uomo venga sacrificato per la salvezza del sistema»[31].

            Per fortuna esistono già tentativi di globalizzazioni alternative fondate sulla dignità della creatura umana[32]. Si parla di economia di giustizia, economia della reciprocità, economia di comunione, economia sociale[33].

            La Chiesa richiama due principi inseparabili: il valore inalienabile della persona umana, fonte di tutti i diritti e di tutti gli ordini sociali, e il valore delle culture umane che nessun potere esterno può sminuire, tanto meno distruggere. La motivazione di fondo che spinge a farsi carico di queste persone è la loro dignità di immagine di Dio, quindi di creature dellÂ’universo che valgono di più: «Voi valete di più», dice Gesù (Lc 12, 7. 22-34).

 

 

Il Volto di Gesù Cristo contemplato nella persona umana: la scommessa della carità

 

            «Duc in altum! Questa parola risuona oggi per noi, e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro»[34].

            I problemi complessi della globalizzazione economica, politica, culturale, i conflitti e le tensioni tra singoli e popoli che feriscono la speranza nel cuore dellÂ’umanità, interpellano i credenti ad essere testimoni di speranza[35], organizzandola anche per gli altri, a farsi ministri dei sogni dei poveri, ad essere «scaricatori di lieti annunci [..], custodi di una parola esplosiva che non può essere «trattata», controllata, disinnescata»[36]. Gesù è il Salvatore del mondo e «guida la sua Chiesa alla pienezza della verità e della vita, fino al giorno del suo glorioso ritorno nel quale si adempiranno tutte le promesse e saranno colmate le speranze dellÂ’umanità»[37].

            E la speranza ha nome teologale, va intesa «come fiaccola della fede e sprone della carità, verso un futuro dagli imprevedibili esiti»[38].

 

Messaggeri di speranza

             Noi non siamo «come coloro che non hanno speranza!» (1 Tes 4, 13), non perché chiudiamo gli occhi alla realtà, ma perché sappiamo che Gesù Salvatore è presente nella storia. E «se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?» (Rom 8, 31). Gesù, nel discorso escatologico, esorta: «Sentirete di guerre e di sconvolgimenti [...], non è la fine [...]; insorgerà popolo contro popolo e regno contro regno. Vi saranno grandi terremoti e qua e là pestilenze e carestie [...]. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli smarriti a causa del fragore del mare e dei flutti [...]. Quando tali cose cominceranno a venire, alzatevi e levate la testa perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21, 9s. 25. 28). La fine non è la catastrofe, ma il trionfo dell'amore divino. Il Signore è salvezza; la sua destra non si è raccorciata (Is 50, 2). Il Padre lavora sempre! (Gv 5, 17). Egli, pure nelle contraddizioni della nostra storia, ci dona un anticipo di fiducia, offrendoci saggezza evangelica per discernere le possibilità di bene nascoste nel cuore di ogni persona, di ogni gruppo umano, nell'intera creazione.

            Quindi, la fiducia e lÂ’ottimismo hanno radici in Dio: «Guardate gli uccelli del cielo [...]. Osservate i gigli dei campi» (Mt 6, 26-30); «Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati» (Lc 12, 7); «Coraggio! Io ho vinto il mondo» (Gv 16, 33).

            La teologia è interpellata ad elaborare la teologia della storia dentro le coordinate prodotte o provocate dal processo di globalizzazione, che dal piano economico si è dilatata a quello politico e culturale e persino religioso.

            La Rivelazione divina, quale realtà teoantropologica, proclama il primato di Dio Padre Figlio e Spirito, di Dio Amore. Tale primato è lÂ’affermazione più radicale ed universale del valore della persona umana e della positività della creazione. La precedenza del dono di Dio su ogni nostra iniziativa genera la speranza, lÂ’affidamento radicale. Egli è il Fedele e rende possibile la nostra fedeltà: «lÂ’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo elargitoci» (Rm 5, 5).

            «Dio e l'umanità, scrive Simone Weil, sono come un amante e una amante che si sono sbagliati circa il luogo dell'appuntamento. Ciascuno è lì prima dell'ora, ma sono in due posti diversi, e aspettano, aspettano, aspettano. Lui è in piedi immobile, inchiodato al posto per la perennità dei tempi. Lei è distratta e impaziente. Sventurata se ne ha abbastanza e se ne va! Perché i due punti in cui si trovano sono lo stesso punto nella quarta dimensione. La crocifissione del Cristo è l'immagine di questa fissità di Dio. Dio è l'attenzione senza distrazione. Bisogna imitare l'attesa e l'umiltà di Dio»[39].

            La teologia della storia si fonda su questa presenza operante di Dio, su questa sua fissità nel Crocifisso, nellÂ’Eucaristia. Il Signore nel Memoriale della sua Pasqua ci fa comunicare alla sua opera. Così, il nostro affidamento si traduce, grazie allÂ’Eucaristia, nel divenire noi pure per i nostri fratelli e sorelle rivelazione della carità di Dio. È questo il senso del Sacramento[40], il criterio di discernimento per eccellenza nel processo in atto di globalizzazione.

            Vi è un intimo nesso tra Fractio Panis e servizio ai poveri. La logica è evidente: Gesù si dona totalmente a noi in questo memoriale del suo amore, «sino alla fine»; noi ci doniamo totalmente a Lui servendolo nei poveri, luogo privilegiato della sua presenza nel mondo. DallÂ’Eucaristia siamo trasformati in sollecitudine, in provvidenza per gli altri. Così diveniamo testimoni di speranza.

            Nella storia dellÂ’umanità si continua a ripetere il miracolo di Zaccheo che, nellÂ’accogliere Gesù in casa sua, accoglie tutti i poveri donando generosamente i suoi beni. LÂ’episodio è idealmente collegato con quello del ricco notabile (Lc 18, 18-27; 19, 1-10) e con una serie di ammaestramenti del Signore sulla pericolosità delle ricchezze e sulla beatitudine-gioia del farsi poveri per il Regno.

            Gesù, con le sue parabole, specie quelle del ricco stolto e del ricco epulone (12, 16-21; 16, 16-31), e con lÂ’ammonimento in occasione del rifiuto del ricco notabile (18,18-30), ammaestra sulla disgrazia, anzi sulla tragedia irreparabile nella quale precipita chi accumula per sé e non davanti a Dio.

            Il ricco stolto, la società della cupidigia del denaro, non pensa a «questa notte», non guarda allÂ’Oltre, guarda unicamente ai granai in cui ammassare il raccolto, ma, non pensando allÂ’Oltre, a Dio, non pensa nemmeno allÂ’altro; è un uomo solo, tutto finisce con lui: «quello che hai raccolto per chi sarà?» È la società sterile, senza futuro, senza discendenza.

            Il ricco epulone è un gaudente, la società opulenta, pensa solo a godersi la vita, dimentica persino chi gli sta accanto, lacerato dalla fame. È lÂ’emblema della solitudine e della cecità prodotte dallÂ’edonismo. È un uomo autistico con un orizzonte cortissimo. È cieco, icona di unÂ’antropologia egologica e narcisistica. Alla fine, il capovolgimento delle sorti e la terribile, irreparabile disgrazia. Il mondo virtuale, illusorio crolla ed appare la realtà, quella genuina, eterna. «Che vale allÂ’uomo guadagnare il mondo intero, se perde la sua anima?» (Mt 16, 26); «badate a difendervi da ogni avidità, perché non dipende la vita di alcuno dallÂ’abbondanza, dai beni che possiede» (Lc 12, 15). Questi non danno identità, non danno senso alla vita.

            Il ricco notabile se ne va triste perché ha molti beni: il centro del suo cuore è nelle ricchezze, serve mammona, ma questa degenera in mammona di iniquità (Mt 6, 24; Lc 16, 9. 13).

            Gesù non dà ai poveri il brevetto di santità, né offre un proclama di riforme sociali, ma pone la questione in un orizzonte più ampio: quello teologale. «Di fronte a ogni questione, cerca di condurre gli interroganti a una visione nuova del problema. Non si lascia imprigionare nei termini stretti in cui le questioni vengono poste. Egli si mostra sempre convinto che cÂ’è qualcosa più indietro da recuperare, qualcosa che rinnova i problemi dalle fondamenta»[41]. Vive un profondo distacco da ogni forma di possesso, non per una forma di disprezzo; al contrario, vive la gioia dei doni di Dio, ma nella libertà. «La sua libertà trova la propria radice e la propria ragione nellÂ’appartenenza totale al padre e alla propria missione [¼], totalmente al servizio della verità»[42]. Il Maestro sottolinea che non è la ricchezza in sé che genera la catastrofe, ma il cuore attaccato ad essa, perché si disorienta dalla unica sorgente della vita: lÂ’affidamento a Dio. Egli è scambiato con i beni di questo mondo che, come idoli, alienano la persona. DallÂ’ateismo esistenziale viene lÂ’egoismo, dallÂ’ateismo ed egoismo la tristezza perché lÂ’uomo, così, perde il suo centro, lÂ’unico vero tesoro. Fatto ad immagine di Dio, porta iscritto in sé il segno di appartenenza al Creatore: lÂ’ethos dellÂ’amore, amando i beni di questo mondo corrompe proprio questo nucleo essenziale. La più grave tragedia che possa capitare. La tristezza che ne deriva è terribile perché non ha soluzione, se non si pone riparo in tempo. La gioia, al contrario, è il segno di un cuore ben orientato, di un cuore che ama il Signore e le sue creature.

            Oggi è urgente testimoniare la gioia del farsi poveri per il Regno. La comunità cristiana al riguardo ha una ricca eredità che parte dalla kenosi del Figlio di Dio, che si fa figlio dellÂ’uomo, kenosi condivisa dalla Madre che eccelle tra gli umili e i poveri del Signore (LG, 55). La povertà evangelica è, quindi, mistica e servizio.

            Nei secoli, pur tra limiti e tensioni, il servizio ai poveri è un movimento continuo di carità, universale per i destinatari e per i servizi[43]. La scelta radicale di povertà emerge a ondate, come un richiamo allÂ’ordine evangelico per tutta la Chiesa, perché serva i poveri da povera, come Gesù. Forse il momento attuale vuole una nuova ondata di radicalismo evangelico.

            Sia la scelta di povertà che il servizio ai poveri hanno la loro sorgente nel Memoriale Eucaristico ove la Chiesa nasce nel suo essere e nella sua missione. Di qui la fiducia sconfinata in Dio e il condividere la logica del suo amore che si riversa su tutti. Di qui il soccorso ai poveri da poveri con un servizio grande come si conviene ai figli di Dio.

            È fondamentale annunciare, testimoniare e tradurre oggi in «sistema culturale» questa logica eucaristica senza la quale anche le strutture giuste possono corrompersi, perché possono mettere tra parentesi la dignità della creatura umana e chiamare in causa altri criteri legati agli idoli.

 

Secondo lÂ’ethos dellÂ’amore

             Il fenomeno complesso della globalizzazione sta richiamando gli studiosi alla dimensione etica della scienza. «È oggi assai diffusa tra gli economisti, in senso lato, la sensazione che sia necessario un radicale cambiamento di rotta [¼]. Sempre più insistenti nella letteratura degli ultimi anni sono le sollecitazioni per un ampliamento del raggio di azione della ricerca economica. E ciò proprio a seguito del riconoscimento che lo strumento non è mai scindibile dallÂ’obiettivo conoscitivo. Ciò significa che un linguaggio specialistico non offre allÂ’economista degli strumenti conoscitivamente neutrali, ma una rete di rimandi significativi che ordina e ricrea - come tutti i linguaggi - lÂ’oggetto di cui lÂ’economista tratta. Adottare un certo linguaggio specialistico equivale allora a enfatizzare o ad offuscare un certo scopo - tra i vari possibili - dellÂ’impresa scientifica. Dai lavori dellÂ’ultimo ventennio sui fondamenti del discorso economico emerge con chiarezza il segnale del disagio di continuare a muoversi entro una camicia di Nesso, che impone di credere alla presunta neutralità del sapere scientifico. Al contrario, è ormai ai più chiaro che le teorie economiche non sono strumenti neutrali di conoscenza del comportamento umano, dal momento che esse inducono sempre, in qualche modo, comportamenti negli uomini. Non trasmettono, cioè, solo risultati di esperimenti o di simulazioni; sono anche, direttamente o indirettamente, strumenti di modificazione degli assetti esistenti. Ecco perché lÂ’economia non può avere unÂ’esistenza utile separata dai valori»[44].

            Nella cultura attuale sta emergendo la tendenza a prediligere i saperi procedurali rispetto ai saperi dei significati.

            La teologia, quale intellectus fidei, è chiamata ad offrire il suo contributo perché nelle varie forme di conoscenza sia tenuta desta la nostalgia per il sapere incondizionato, per il sapere la «finalità». In quanto intus/inter-legere evidenzia lÂ’intenzionalità dellÂ’intelligenza, ossia la strutturale apertura della persona umana alla realtà, la sua radicale capacità di accoglienza, di obbedienza nei confronti della verità. Contemporaneamente, fa emergere la precedenza dellÂ’intellectus rispetto alla ratio, il primato dellÂ’intuizione del vero rispetto alla sua certificazione.

            Gli studiosi di scienze umane parlano di intelligenze multiple: intelligenza somatica, estetica, emotiva, trascendentale, motivazionale, pratica, utopico-preventiva, ecc. La logica galileiana mostra i suoi limiti e chiede un ampliamento dellÂ’orizzonte conoscitivo. Si fa riferimento allÂ’approccio olistico, alla capacità simbolica come lo specifico del conoscere del vivente umano rispetto agli altri esseri viventi, una capacità che si esprime, nelle forme più elevate, nellÂ’arte, nella filosofia e nella religione.

            La teologia può rendere ragione di queste esigenze esplicitando le implicanze conoscitive della creatura umana fatta ad immagine di Dio, tematizzando lÂ’intelligenza protesa verso la verità e la bontà. La teleologia, la tensione verso il bene, non è indifferente nel processo conoscitivo, anzi lo rende genuinamente umano. La mente si può prostituire alla menzogna, ma in questo si degenera.

            LÂ’impronta dellÂ’immagine divina nella creatura, lÂ’ethos dellÂ’amore, risulta, quindi, un principio epistemologico e metodologico. Per questo la conoscenza vera è comunionale-dialogante, aperta alla multidisciplinarità e multiculturalità e tende verso la interdisciplinarità.

            Le molteplici relazioni che lÂ’intelligenza intesse con il reale trovano piena attuazione nel rapporto interpersonale. Vari studi attestano che il modo di conoscere simbolico-relazionale ha delle affinità con il conoscere delle donne, grazie al loro privilegiato rapporto con il mondo della vita. LÂ’ingresso delle donne nel mondo della ricerca può segnare lÂ’ingresso di un nuovo soggetto epistemologico, quindi lÂ’ingresso di nuove risorse conoscitive che, essendo umane, sono pure maschili. Sono possibilità umane da gestire nella libertà. LÂ’essere donne e uomini nel mondo non è una fatalità, è un dono, un compito da svolgere.

            LÂ’intellectus fidei chiama in causa queste esigenze epistemologiche e ne può dare una giustificazione radicale a livello antropologico e teologico.

            La Chiesa in tal senso ha un ricco patrimonio, quello che nasce e matura nel rapporto interpersonale con Gesù Eucaristia e con Maria, la Madre. Maria di Nazaret, con il suo meditare nellÂ’accoglienza grata e sollecita nella carità di Dio, è lÂ’icona sulla quale ritornare costantemente per scorgere le coordinate del pensare secondo lÂ’ethos dellÂ’amore.

 

Nella comunione dei generi e delle genealogie

            La rivelazione biblico-cristiana è tutta un cantico di gioia per la fedeltà del Dio Vivente che dona la vita perché Amore. Il grido esultante di Israele «eterna è la sua misericordia» (Sl 118) collega, come un filo rosso, le opere del Signore che costituiscono la sua opera di Creatore e Salvatore. Israele esulta perché è creatura di Jhwh. Ma ogni creatura umana può esultare perché è fatta ad immagine e somiglianza di Dio, come un tu davanti al Tu, miracolo dellÂ’amore divino. In questo essere davanti al Creatore il tu umano matura nel riconoscimento dellÂ’altro tu, nella reciprocità, e nel farsi carico dellÂ’intera creazione a nome del Signore.

            Nella pienezza dei tempi Gesù svela definitivamente questo mistero e lo porta a pienezza nella sua persona e nella sua opera. Egli, lÂ’Unigenito, è pure il Primogenito. Colui nel quale tutto è creato è pure il riscattatore di ogni creatura. Esalta la persona umana innalzandola, con il dono dello Spirito, alla dignità filiale, giudica e dà senso solidale a ogni differenza, edificando la famiglia di Dio.

            Il compimento terrestre di questo evento è lÂ’Eucaristia. Qui i generi e le genealogie sono in comunione. Uomini e donne formano lÂ’unico corpo di Cristo, la Chiesa sacramento dellÂ’intima unione degli uomini con Dio e dellÂ’unità di tutto il genere umano (cf LG, 1). Qui la Chiesa terrestre è in maniera singolare in comunione con quella celeste e purgante, formando lÂ’unico Popolo dellÂ’Alleanza: le genealogie della fede formano lÂ’unica umanità in senso diacronico e sincronico.

            Questo mistero di salvezza interpella la teologia a svolgere un compito fondamentale: far emergere nel dialogo interreligioso la novità e lÂ’universalità del Monoteismo rivelato da Gesù di Nazaret, il monoteismo non di solitudine, ma di comunione, che fonda radicalmente lÂ’uguaglianza in dignità di ogni persona e di ogni popolo, fonda la comunione delle persone e dei gruppi umani, diventa criterio di discernimento e di giudizio dellÂ’interdipendenza.

            Si fa strada lÂ’interrogativo: il monoteismo di solitudine può giustificare lÂ’uguaglianza dei diversi a livello di genere, di genealogie, di culture? O piuttosto non tenderà a gerarchizzare interiorizzando e discriminando, quindi ponendo le precondizioni per conflitti e rivalità?

            La Rivelazione di Gesù mostra la sua valenza salvifica riscattando lÂ’antropologia del maschile e del femminile e diventando criterio ermeneutico delle antropologie culturali.

            Ma, per tradurre in «sistema culturale» questa novità evangelica, occorre dare nome teologico alla paternità e alla maternità, ossia generare vita ed elaborare la cultura della vita con consapevole tensione verso Dio.

            «Dio nessuno l'ha visto. L'Unigenito che è nel seno del Padre ce lo ha rivelato» (1,18). Dio è Padre e Madre. Donne e uomini sono chiamati a divenire accoglienza del dono divino ed effonderlo per la crescita di tutti! È il miracolo della presenza di Dio in mezzo a noi, della presenza di Maria.

            LÂ’Eucaristia è la sorgente di ogni vocazione. La Chiesa, fin dalle origini, la celebra con esultanza. Caro Christi caro Mariae: lÂ’esultanza eucaristica rimanda al magnificat della Vergine.

            Il Papa, con la Novo Millennio Ineunte, incoraggia a testimoniare questa spiritualità feconda fatta di gratitudine, scandendo e invitando a scandire la storia con lÂ’inno alla misericordia, celebrando le opere di Dio.

            La gioia è anche un compito, una missione. È partecipazione alla felicità soteriologica di Dio.

            F. Dostoevskij illustra questa dimensione della fede. Nell'Idiota, dopo aver presentato tre uomini (un ateo, un omicida, un imbroglione), parla di una contadina con un bambino: «La donna era ancora giovane, e il bimbo avrà avuto circa sei settimane. Il bimbo le aveva sorriso, così aveva osservato lei, per la prima volta da quando era nato. Guardo, vedo che d'un tratto si fa molto devotamente il segno della croce. «Perché lo fai sposina?» domando. «Ecco - dice - la gioia che prova una madre quando vede sorridere il suo bambino per la prima volta è la stessa gioia che prova Dio ogni volta che dal cielo vede che un peccatore si mette a pregare dal profondo del suo cuore» [...]. È un pensiero in cui si esprime tutta l'essenza del cristianesimo, cioè la nozione di Dio come il nostro vero padre e della gioia di Dio davanti all'uomo come gioia del padre per il proprio figlio, il pensiero fondamentale di Cristo! Una semplice contadina! È vero che era una madre»[45].


 

  [1] Paolo VI, Omelia nella Chiusura del Concilio Vaticano II, 7.12.1965.

    [2] Cf. S. Tommaso, Summa Theol., I.II, q.109, 1 ad 1.

    [3] Cf. A. Lobato, Juan Pablo II y Santo Tomás «Doctor Humanitatis», in AA.VV. LÂ’uomo. Via della Chiesa, Massimo, Milano, 1991, p. 13-32.

    [4] Cf. S. Tommaso, In Psalmo 8, vv. 3-5.

    [5] S. Tommaso, In II Sent., 17, q. 3, a.2 arg.2.

    [6] S. Tommaso, Summa Theol., I, 1 art.2. arg. 2.

    [7] Cf. A. Lobato, El hombre en cuerpo y alma, Valencia, EDICEP, 1994, p. 261-275.

    [8] Cf. S. Tommaso, Le questioni disputate, Bologna, ESD, 1992; A. Lobato, Introduzione, p. 5-65.

    [9] Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 22.

    [10] Cf. A. Lobato, Vida y obra de Francisco Alvarado, Sevilla, 1954, p. 22-25.

    [11] Cf. D. Tettamanzi, Globalizzazione, una sfida, Casale Monferrato, Piemme, p. 100-110.

    [12] Cf. M. Mantovani, «Quale uomo per il tempo della globalizzazione», in AA.VV, Quale globalizzazione?, Roma, Las, 2000, p. 11-14.

    [13] Aristotele, De Anima, III, 432 a 1; De partibus animalium, 687 a 21. Cf. A. Lobato, Homo loquens, ESD, 1992, p. 185-194.

    [14] I Cor. 3, 22.

    [15] Cf. G.P. Salvini, «La globalizzazione, minaccia o mito?», La Civiltà Cattolica, 1997, p. 11.

    [16] Cf. M. Schooyans, La face cachée dellÂ’ONU, Paris, Editions Le Sarment/Fayard, 2000.

    [17] Cfr. G. Mura, «Processo di mondializzazione e pluralismo culturale», in AA.VV., Quale globalizzazione?, Roma, Las, 2000, p. 113-122.

    [18] Cf. Giovanni Paolo II, Enciclica «Centesimus annus», n. 39; S. Tommaso, Summa Theol., II-II, 66.2.

    [19] Cf. S. Tommaso, De spirit. Creaturis, 2, ad 5.

    [20] S. Tommaso, In Pater noster, n. 3.

    [21] Cf. A. Lobato, «La humanidad del hombre en Santo Tomás de Aquino», in Atti del IX Congresso tomistico, Vaticano, LEV, vol. I, 1991, p. 51-82.

    [22] Giovanni Paolo II, «Discorso del 27 aprile alla Pontificia Accademia delle Scienze», L'Osservatore Romano, p. 5.

    [23] Giovanni Paolo II, «LÂ’etica richiede che lÂ’uomo non venga sacrificato per la salvezza del sistema», in L'Osservatore Romano, 28 aprile, p. 5. Il Papa ha richiamato le esigenze etiche che scaturiscono dal progetto divino di salvezza, rivolgendosi non solo ai credenti, ma anche a studiosi, capi di Stato e di istituzioni nazionali e internazionali.

    [24] Cf. S. Zamagni, «Il messaggio della “Centesimus annus” nellÂ’epoca della globalizzazione», in La Società. Studi. Ricerche. Documentazione sulla Dottrina Sociale della Chiesa 11 (2001) 402. Si possono trovare utili informazioni e valutazioni critiche nei siti www.volint.it/scuolevis/globalizzazione/; diocesi.Genova.it/g8_globalizzazione; g8italia.it,.

    [25] Giovanni Paolo II, LÂ’etica..., o. cit.

    [26] S. Zamagni, Il messaggio..., op. cit., 401s.

    [27] Esistono vari siti noglobal. Ne ho visti 79. Si può vedere quanto siano diversi i motivi ispiratori e gli obiettivi. Per cui anche in questa direzione siamo interpellati come credenti perché la difesa dei poveri non sia una strumentalizzazione per altri fini, anchÂ’essi legati al mercato globale.

    [28] È stata preceduta dalla Quarta Assemblea dellÂ’ONU dei Popoli, espressione coniata da Mons. Tonino Bello durante la marcia a Sarajevo, che con lÂ’aiuto del movimento «Beati i costruttori di Pace» organizzò dal 7 al 13 dicembre del 1992. Nel suo discorso pronunciato al Teatro di Sarajevo, disse che quellÂ’adunanza era una specie di ONU dei Popoli, lÂ’ONU della base, dei poveri e, come Mosè, bisogna salutare la terra anche se non vi si entra (cf. T. Bello, «AllÂ’inferno e ritorno», in Diari e Scritti pastorali, Molfetta, Luce e Vita, 1993, 124). Per la marcia cf. www.tavoladellapace.it.

    [29] Cf. S. Costa, Relazione triennale (1997-2000) della Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra Uomo e Donna; Pechino+5. Donne 2000. A cinque anni dalla conferenza mondiale di Pechino. Le cose fatte, gli ostacoli incontrati, le cose da fare, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dipartimento per le Pari Opportunità, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 2001 (cf. www.palazzochigi.it/cmparita;).

    [30] A. Fazio, Globalizzazione, progresso economico e riduzione della povertà, Intervento al Pontificium Consilium de Iustitia et Pace, il 14 settembre 2001.

    [31] Giovanni Paolo II, LÂ’etica..., op. cit.

    [32] R.A. White, «La comunicazione pastorale», in C. Giuliodori – G. Lorizio (edd.), Teologia e comunicazione, Cinisello Balsamo (MI), San Paolo 2001, 188-193.

    [33] Cf. G. Martirani, Il drago e lÂ’agnello. Dal mercato globale alla giustizia universale, Milano, Paoline, 2001; M. Schooyans, Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dellÂ’umanità, Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 2000.

    [34] Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte, n. 1.

    [35] Concilio Vaticano  II, Gaudium et Spes, n. 1. 4.

    [36] A. Bello, Omelie e Scritti quaresimali, Molfetta, Luce e Vita, 1994, 21, 26; cf. Id., Sui sentieri di Isaia, Molfetta, Luce e Vita-La Meridiana, 1989, 106; Ad Abramo e alla sua discendenza, Molfetta (Bari), La Meridiana 1992, 49-53.

    [37] X Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi,. Instrumentum laboris. Il vescovo servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la salvezza del mondo, n. 1.

    [38] Loc. cit.

    [39] S. Weil, Quaderni II, Milano, Adelphi, 1985, 178.

    [40] Cf. G. Segalla, Gesù pane del cielo per la vita del mondo. Eucaristia e cristologia in Giovanni, Padova, Il Messaggero, 1976.

    [41] B. Maggioni, Era veramente uomo. Rivisitando la figura di Gesù nei Vangeli, Milano, Ancora, 2001, 10.

    [42] Ivi, 8 s.

    [43] Il settenario delle opere di misericordia spirituali e corporali, coniato nel Medio Evo, vuole sottolineare lÂ’universalità dei destinatari e lÂ’ampiezza del servizio che si estende a tutti i bisogni, come emergono dalla storia. La carità che sgorga dallÂ’Eucaristia è come una logica nella grammatica della storia.

    [44] S. Zamagni, Il messaggio..., op. cit., 402 s.

    [45] F.M. Dostoevskij, L'Idiota, Milano, Garzanti, 1991, 258-261.

 


 

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INDIRIZZO DI SALUTO
DEL CARDINALE PAUL POUPARD
 

Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura

e del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie

 

 

 

Beatissimo Padre,

 

1. Tertio Millennio Ineunte, la Santità Vostra ci onora nel presiedere la Seduta Pubblica delle Accademie Pontificie, giunta alla sua sesta edizione, per assegnare il Premio delle Accademie Pontificie. Si avvera così il desiderio espresso dalla Santità Vostra, di unificare gli sforzi di queste prestigiose Istituzioni in una feconda sinergia, affinché esse diventino “un soggetto privilegiato nel dialogo fra la fede e la cultura del nostro tempo” (Discorso alle Accademie Pontificie, 28.11.1996). Sin dallÂ’inizio del Suo Pontificato, il dialogo con la cultura è stato una priorità pastorale, che non è rimasta senza risultati. La creazione del Pontificio Consiglio della Cultura, di cui ci accingiamo a celebrare presto il ventesimo anniversario, gli innumerevoli incontri con gli uomini e le donne di cultura in tutto il mondo, e la creazione del Consiglio di Coordinamento tra Accademie Pontificie, sono testimoni eloquenti dellÂ’impegno profuso in questo campo, “dove si gioca il destino dellÂ’umanità”. Le Accademie Pontificie, da parte loro, secondo la loro secolare tradizione, e con spirito rinnovato, si presentano pubblicamente davanti alla comunità internazionale, rappresentata dagli Eccellentissimi Ambasciatori, per testimoniare il loro impegno a favore dellÂ’uomo: di tutto lÂ’uomo, di ogni uomo.

2. Le Pontificie Accademie, ognuna nel suo campo specifico, dalla filosofia alla teologia, dalla ricerca storica e archeologica alla creatività artistica, cercano di offrire il loro contributo allÂ’umanesimo cristiano davanti alle sfide della globalizzazione. Sappiamo quanto sia prezioso per la Santità Vostra lo studio della persona umana, alla quale si è dedicata con attente e approfondite ricerche, riflesse poi nel ricco insegnamento che non si stanca di offrire alla Chiesa fin dallÂ’inizio del Suo pontificato. “LÂ’uomo è il cammino della Chiesa” (Redemptor hominis, 14), lÂ’uomo oggi sottoposto a terribili minacce di catastrofi senza precedenti.

In questo frangente, gli uomini si domandano preoccupati quale sarà il modello di uomo per lÂ’avvenire e quale avvenire sarà riservato allÂ’uomo, se questi, facendo un uso sbagliato della sua libertà, si chiude alla trascendenza e dimentica lÂ’immagine di Dio impressa nel suo cuore. Occorre, pertanto, più che mai, far risplendere il modello dÂ’umanesimo incarnato in Cristo, il solo che rivela pienamente lÂ’uomo allÂ’uomo.

3. In questo il ruolo delle Accademie si rivela fondamentale. Esse, infatti, presentandosi con lÂ’abito semplice del testimone che, avendo conosciuto il Mistero, forte di una fede consapevole ed operosa, ha esperimentato la forza trasformante del Vangelo, potranno riaffermare, in maniera credibile ed efficace, davanti alla cultura odierna la bellezza ed il valore dellÂ’umanesimo cristiano.

Padre Santo, in qualità di Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, ho avuto lÂ’onore di presentare alla Santità Vostra le conclusioni dello stesso Consiglio, incaricato di proporre le candidature per il Premio delle Pontificie Accademie. Adesso, facendomi voce di tutti i presenti, ringrazio la Santità Vostra per il dono della Sua Paterna presenza e per la concessione di questo Premio. Sostenuti dal Suo illuminante esempio e dal Suo costante magistero, chiediamo con filiale devozione, Beatissimo Padre, la Sua Benedizione Apostolica.

 


 

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Discorso del Santo Padre

 

 

Signori Cardinali,

Signori Ambasciatori,

Illustri Accademici Pontifici,

Carissimi Fratelli e Sorelle,

 

1. Sono lieto di porgere il mio cordiale saluto a ciascuno di voi, che in questa Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie desiderate rinnovare la vostra fedeltà al Successore di Pietro ed il vostro impegno per la promozione dell'umanesimo cristiano, nell'era della globalizzazione.

Rivolgo un affettuoso pensiero al Signor Cardinale Paul Poupard, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, e lo ringrazio per le gradite parole che ha voluto indirizzarmi a nome dei presenti. Con lui saluto i Cardinali, i Fratelli nell'episcopato, gli Ambasciatori, i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, come pure i componenti del Coro Interuniversitario di Roma, che hanno voluto arricchire con la bellezza della musica il nostro incontro.

 

2. Quest'anno la Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino e la Pontificia Accademia di Teologia, organizzano la Seduta Pubblica sullo stimolante tema Dimensioni culturali della globalizzazione: una sfida all'umanesimo cristiano. Come ho più volte ricordato gli aspetti culturali ed etici della globalizzazione, costituiscono per la Comunità cristiana motivo di speciale interesse e di maggiore attenzione, rispetto agli effetti puramente economici e finanziari del fenomeno.

La riflessione cristiana sulla globalizzazione può trovare utili indicazioni dall'evento di Pentecoste. San Luca, nel Libro degli Atti, narra che, pieni di Spirito Santo, gli apostoli “cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi” e la folla numerosa, proveniente da “ogni nazione che è sotto il cielo”, udì annunziare nelle varie lingue del mondo “le grandi opere di Dio” (cf. At 2,4-11). La Chiesa, inviata alle genti per essere “sacramento universale di salvezza” (Lumen gentium, n. 48), all'inizio del terzo millennio – tertio millennio ineunte -  continua a percorrere le mille strade del mondo per annunziare ovunque il vangelo di Gesù, “Via, Verità e Vita” (Gv 14,6), ammaestrando “tutte le nazioni” (cfr. Mt 28,19), essa immette nelle culture del mondo il sale della verità e il fuoco della carità, con la novità e la salvezza arrecate da Cristo. Nella sua quotidiana missione la Chiesa "parla tutte le lingue, e tutte le lingue nellÂ’amore intende e comprende, superando così la dispersione babelica” (Ad gentes, n. 4).

Esperta in umanità, essa viene interpellata per discernere e valutare il novum culturale prodotto dalla globalizzazione. E' un novum che investe lÂ’intera comunità degli uomini, chiamata da Dio, Creatore e Padre, a formare una sola famiglia nella quale a tutti vengano riconosciuti gli stessi diritti e doveri, in forza della comune e fondamentale dignità della persona umana.

 

3. Il discernimento che, come discepoli di Cristo, siamo chiamati ad operare, pur riguardando l'aspetto economico e finanziario della globalizzazione, ha come oggetto primario i suoi inevitabili riflessi umani, culturali e spirituali. Quale immagine di uomo viene in tal modo proposta, ed in un certo senso anche imposta? Quale cultura viene favorita? Quale spazio viene riservato all'esperienza di fede e alla vita interiore?

Si ha l'impressione che i complessi dinamismi, suscitati dalla globalizzazione dell'economia e dei mezzi di comunicazione, tendano a ridurre progressivamente l'uomo, ad una delle variabili del mercato, ad una merce di scambio, ad un fattore del tutto irrilevante nelle scelte più decisive. L'uomo rischia di sentirsi, in tal modo, schiacciato da meccanismi di dimensioni mondiali e senza volto, e di perdere sempre più la sua identità e la sua dignità di persona.

A motivo di tali dinamismi, anche le culture, se non accolte e rispettate nella propria originalità e ricchezza, ma adattate forzatamente alle esigenze del mercato e delle mode, possono correre il pericolo dell'omologazione. Ne deriva un prodotto culturale connotato da un sincretismo superficiale, in cui si impongono nuove scale di valori, derivanti da criteri spesso arbitrari, materialistici e consumistici,e restii a qualsiasi apertura al Trascendente.

 

4. Questa grande sfida, che all'inizio di un nuovo millennio mette in gioco la stessa visione dell'uomo, il suo destino, e il futuro dell'umanità, impone un attento ed approfondito discernimento intellettuale e teologico del paradigma antropologico-culturale, prodotto da questi cambiamenti epocali. In tale contesto le Pontificie Accademie possono offrire un prezioso contributo, orientando le scelte culturali della Comunità cristiana e di tutta la società, e proponendo occasioni e strumenti di confronto tra fede e culture, tra rivelazione e problematiche umane. Esse sono chiamate altresì a suggerire percorsi di conoscenza critica e di dialogo autentico, che pongano sempre l'uomo e la sua dignità al centro di ogni progetto al fine di promuoverne lo sviluppo integrale e solidale.

Occorre vincere ogni timore ed affrontare tali sfide epocali, confidando nella luce e nella forza dello Spirito che il Signore Risorto continua a donare alla sua Chiesa.

"Duc in altum!- prendi il largo!", ho ripetuto più volte nella Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte. Oggi affido anche a Voi questo invito di Cristo perché possiate affrontare con coraggio e competenza, i molteplici e complessi del nostro tempo, per sostenere un umanesimo, nel quale l'uomo possa ritrovare la gioia di essere immagine più viva e più bella del Creatore.

 

5. Carissimi Fratelli e Sorelle, come ben sapete, sei anni or sono ho istituito il Premio delle Pontificie Accademie, al fine di suscitare nuovi talenti ed incoraggiare l'impegno di giovani studiosi, di artisti e di istituzioni che dedicano le loro attività alla promozione dell'umanesimo cristiano. Accogliendo la proposta del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, in questa solenne occasione sono lieto di consegnare tale Premio alla Dottoressa Pia Francesca de Solenni, per il suo lavoro in teologia tomistica, intitolato: A Hermeneutic of Aquina's Mens through a Sexually Differentiated Epistemology. Towards an Understanding of Woman as Imago Dei, presentato alla Pontificia Università della Santa Croce. Desidero, altresì, offrire, quale segno di apprezzamento, una medaglia del Pontificato ad un altro neolaureato, il Dottor Johannes Nebel, membro della Famiglia Spirituale “L'Opera”, per la sua tesi Die Entwicklung des römischen Messritus im ersten Jahrtausend anhand der Ordines Romani. Eine synoptische Darstellung, presentata presso il Pontificio Ateneo di Sant'Anselmo in Roma.

Al termine di questa solenne Seduta, mi è caro manifestare a tutti gli Accademici, e specialmente ai Membri delle Pontificie Accademie di Teologia e di San Tommaso, vivo apprezzamento per la attività svolta, ed esprimere l'auspicio di un rinnovato impegno in campo filosofico e teologico, come pure nella formazione dei giovani studiosi.

Con tali sentimenti, affido ciascuno di voi, come pure la vostra preziosa opera di studio e di ricerca, alla materna protezione della Vergine Maria, Sede della Sapienza, e di cuore imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica.

 


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IL SANTO PADRE

GIOVANNI PAOLO II CONSEGNA

IL PREMIO DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE

 

  

Nel corso della VI Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha consegnato per la quinta volta il Premio delle Pontificie Accademie.

Presentata dal Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, la Dott.ssa Pia Francesca de Solenni è stata premiata per la Tesi Dottorale discussa presso l'Università della Santa Croce e pubblicata nella collana «Apollinare Studi», dal titolo A Hermeneutic of Aquinas's Mens through a Sexually Differentiated Epistemology. Towards an Understanding of Woman as imago Dei.

L'esame delle teorie femministe consente all'Autrice di sottolineare l'originalità dell'antropologia di San Tommaso d'Aquino. Se quest'ultimo dipende da Aristotele per quanto che riguarda l'aspetto biologico della sessualità, se ne distacca con l'affermazione centrale che l'uomo, maschio e femmina, è stato creato ad immagine di Dio. È l'imago Dei che fonda la finalità specifica, che è il conoscere e la contemplazione. Per significare la distinzione tra maschio e femmina, si parla di differentiated equality.

La distinzione di origine aristotelica, ma profondamente ripensata da Tommaso, fra il passivo e l'attivo nel processo di generazione, costituisce un'analogia con il processo di conoscenza, sicché l'epistemologia tomista diventa una chiave di intelligibilità per una filosofia della donna. Il pensiero del Santo Padre Giovanni Paolo II in questo campo specifico è anch'esso messo in rilievo dalla riflessione dell'Autrice. L'opera rivela una grande padronanza del tema nonché una profondità di riflessione poco comune. Lo scritto, di grande chiarezza e con una informazione di prima mano, riesce ad armonizzare lo studio di una tematica di indiscussa attualità con la riflessione teologica della grande tradizione cristiana, offrendo linee di soluzione plausibili e moderne.

Quindi, il Santo Padre ha consegnato alla Dott.ssa Pia Francesca de Solenni un assegno di Lit. 60.000.000 e una pergamena con la seguente scritta in latino:

 

Summus Pontifex Ioannes Paulus II

proponente Consilio pro Academiarum Pontificiarum coordinatione

optimae dominae

Piae Franciscae de Solenni

e DiÂœcesi Vashingtonensi

Praemium Academiarum Pontificiarum

benevole tribuit.

Ex aedibus Vaticanis, die VIII mensis Novembris A.D. MMI.

 

Quindi, il Santo Padre ha offerto una Medaglia del Pontificato a P. Johannes Nebel, Austriaco, della Famiglia Spirituale «L'ÂŒuvre», per la sua tesi dottorale presentata presso il Pontificio Istituto Liturgico «Sant'Anselmo» di Roma, dal titolo: Die Entwicklung des römischen Messritus im ersten Jahrtausend anhand der Ordines Romani. Eine synoptische Darstellung.


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