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III Incontro di politici e legislatori d'America  (3-5 agosto 1999) “Dichiarazione di Buenos Aires ”

Famiglia e vita, a cinquant'anni dalla “Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo”

5 agosto 1999

Introduzione

 

Noi, Politici e Legislatori d'America, in nutrite delegazioni di quasi tutte le nazioni americane, per un totale di oltre quattrocento partecipanti, accompagnati da un gruppo di Cardinali, Arcivescovi e Vescovi delle Chiese nel Continente, ci siamo riuniti a Buenos Aires, in Argentina, dal 3 al 5 agosto 1999, su invito del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

            Il Santo Padre, per mezzo del Cardinale Segretario di Stato, ci ha inviato un significativo e paterno messaggio. Lo ringraziamo vivamente per i suoi saggi orientamenti che ci sono serviti da ispirazione e da stimolo e per la sua vicinanza piena di fiducia e di speranza nellanostra importante e delicatamissione.

            Ringraziamo sinceramente per la sua generosa collaborazione il Presidente della Repubblica Argentina, Dott. Carlos Saúl Menem, il quale ci ha accolti calorosamente e ha cooperato alla realizzazione di questo incontro, che ha tenuto a definire “d'interesse nazionale” e che ha voluto inaugurare personalmente. Il Senato argentino ha parimenti sottolineato il suo particolare interesse per questo evento.

            Esprimiamo la nostra viva gratitudine alla Chiesa argentina nella persona dell'Arcivescovo di Buenos Aires, S.E. Monsignor Jorge Mario Bergoglio, S.J., che ha presieduto l'Eucaristia inaugurale nella Cattedrale Primaziale, e di S.E. Monsignor Estanislao Esteban Karlic, Arcivescovo di Paraná e Presidente della Conferenza Episcopale Argentina, che ci ha dato il benvenuto. Il nostro ringraziamento va anche al Pontificio Consiglio per la Famiglia, al suo Presidente, il Cardinale Alfonso López Trujillo, e ai suoi collaboratori, così come a S.E. Monsignor Jean-Louis Tauran, Arcivescovo, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, che ha partecipato con un significativo messaggio.

            Esprimiamo la nostra riconoscenza a quanti hanno prestato la loro preziosa collaborazione accanto al Pontificio Consiglio per la Famiglia, in particolare all'Ambasciatore della Repubblica Argentina presso la Santa Sede, Dott. Esteban Juan Caselli, e al Dott. Rodolfo Carlos Barra, Consigliere presidenziale per la difesa dei Diritti del Nascituro, e a quanti hanno collaborato con essi per la fruttuosa realizzazione dell'incontro.

            È la terza volta che ci incontriamo dopo le esperienze di Rio de Janeiro, nell'agosto del 1993, e di Città del Messico, nel giugno del 1996. In questa occasione abbiamo riflettuto su la famiglia e la vita, a cinquant'anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Il tema riveste un'enorme importanza all'alba del Terzo Millennio, contraddistinto da tanti interrogativi, incertezze e anche da tante e fondate speranze. Difendere la famiglia e la vita nell'ambito politico e legislativo e far rispettare i loro diritti è fondamentale per il futuro dei nostri Paesi e di tutta l'umanità.

 

Conclusioni

 

            1. Ci uniamo con gioiosa speranza alla celebrazione del cinquantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, approvata e proclamata dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) il 10 dicembre 1948. Riconosciamo il valore e la costante capacità d'ispirazione di questa Dichiarazione per tutto ciò che concerne il riconoscimento della dignità dell'uomo, nonostante alcune riserve formulate circa il fatto che possa favorire l'individualismo e il soggettivismo. È bene notare la convergenza fra questa dichiarazione e l'antropologia e l'etica cristiane, sebbene in essa non vi sia alcun riferimento esplicito a Dio. La Dichiarazione costituisce indubbiamente una vibrante difesa dell'uomo e della sua dignità trascendente, inviolabile, inalienabile e insostituibile. Giovanni Paolo II lo ha definito “uno dei documenti più preziosi e significativi della storia del diritto” (Messaggio al Presidente dell'Assemblea Generale dell'ONU in occasione del 50° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, 30/11/98).

            2. Non intendiamo esaminare qui tutti i suoi aspetti, neppure quelli legati al tema prescelto. Riteniamo invece necessario sottolinearne alcuni punti, considerare il suo valore e anche i suoi limiti.

            3. La prima riflessione da fare è che la Dichiarazione non concede i diritti che proclama ma li riconosce. Non si tratta quindi di diritti creati dalla Dichiarazione ma di diritti riconosciuti e codificati da essa, in quanto inerenti alla dignità della persona umana. Sono diritti universali, indipendenti da qualsiasi cultura, religione, contesto politico, sociale ed economico, perché legati alla natura umana ed espressione dei suoi beni fondamentali. Si distinguono così dai diritti e dai beni particolari, secondari nella gerarchia dei valori, e dagli pseudo diritti arbitrari o legati a una determinata cultura e ideologia.

            4. Il secondo punto della nostra riflessione si concentra sul fatto che i diritti articolati nella Dichiarazione costituiscono un insieme integrato, che ha come base comune il principio della dignità di ogni persona. Qualsiasi deroga a uno di questi diritti viola la persona nella sua umanità e costituisce pertanto una violazione della totalità dei suoi diritti, come in una rete integrata. Giovanni Paolo II ha opportunamente affermato che l'uso selettivo dei suoi principi mina “la struttura organica della Dichiarazione, che associa ogni diritto ad altri diritti e ad altri doveri e limiti necessari per un ordine sociale giusto” (Messaggio al Presidente dell'Assemblea Generale dell'ONU in occasione del 50° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, 30/11/98).

            5. Il terzo aspetto della nostra riflessione fa riferimento al fondamento stesso dei diritti dell'uomo. L'interpretazione individualistica, che considera il soggetto isolato di fronte allo Stato, come in un territorio privato, è radicalmente insufficiente. Il fondamento di questi diritti non risiede nella soddisfazione privata dell'individuo, ma nella natura sociale dell'uomo e della famiglia. I diritti umani sono basati sul diritto naturale — quello che è giusto in virtù dell'ordine naturale — che è l'espressione della saggezza dell'umanità. Tali diritti presuppongono la facoltà giuridica di esigere il rispetto del diritto naturale.

            6. Sottolineiamo e riaffermiamo, per il suo grande valore sociale, l'articolo 16, comma c, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo: “La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto di essere protetta dalla società e dallo Stato”. La vita e la famiglia non devono essere considerate solo come diritti inalienabili, ma anche come origine e condizione di tutti gli altri diritti. La famiglia, in particolare, rappresenta l'ambito primigenio e privilegiato di qualsiasi diritto. I diritti della famiglia sono il nucleo originale dei diritti dell'uomo. La difesa della famiglia e della vita è il fondamento e il punto culminante del processo di umanizzazione avviato con l'abolizione della schiavitù e il riconoscimento della fondamentale uguaglianza fra uomo e donna. Per questo la famiglia deve essere riconosciuta nella sua natura di soggetto sociale. Ha diritto alla tutela dello Stato e anche della comunità internazionale. Se la personalità giuridica dell'individuo si fonda sulla sua titolarità di diritti riconosciuti dall'ordine internazionale, lo stesso deve accadere con la personalità giuridica della famiglia. Lo Stato non può adottare misure volte a dissolvere la famiglia senza incorrere in atti contrari alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Occorre quindi difendere la famiglia, proclamandola come Buona Novella per l'umanità, data la sua capacità di ispirare azioni e atteggiamenti che edificano la società.

            7. La famiglia è il nucleo centrale della società civile. Ha certamente un ruolo economico importante, che non può essere dimenticato, in quanto costituisce il più grande capitale umano, ma la sua missione include molti altri compiti. È prima di tutto una comunità naturale di vita, una comunità fondata sul matrimonio e che quindi presenta una coesione superiore a quella di qualsiasi altra comunità sociale. La famiglia deve dunque essere rispettata e protetta dallo Stato come la prima istituzione sociale che, in base al principio della sussidiarietà, chiede allo Stato stesso di non intervenire in quegli ambiti in cui l'iniziativa familiare è sufficiente. Negli ultimi decenni un impatto molto negativo sulla famiglia è stato esercitato dal fatto che le sono stati rivolti gli stessi attacchi che lo Stato ha sferrato contro gli altri organismi intermedi della “società civile”, indebolendoli, sopprimendoli o cercando di controllarli. Quando lo Stato si arroga il potere di regolare i vincoli familiari e di dettare leggi che non rispettano la comunità naturale che è la famiglia, ad esso anteriore e superiore (cfr Aristotele Etica Nicomachea, VIII, 15-20),  vi è il fondato pericolo che lo Stato si avvalga della famiglia per i propri interessi e che, invece di proteggerla e di difendere i suoi diritti, la indebolisca e la disgreghi. La Dichiarazione Universale previene simili deviazioni. Riconosce il diritto dell'uomo e della donna a costituire una società matrimoniale (cfr art. 16, a) e a creare così una famiglia. Insistendo sul fatto che questa cellula “naturale e fondamentale” (Art. 16, c) merita la protezione non solo dello Stato ma anche della società, la Dichiarazione Universale previene tali deviazioni.

            8. La famiglia così riconosciuta dalla Dichiarazione costituisce un bene fondamentale per la società (cfr Gaudium et spes, n. 52). Tuttavia, alle soglie del Terzo Millennio, si scopre che si sta promuovendo una visione ambigua ed erronea della famiglia che attenta contro la sua natura; si parla allora di una crisi d'identità. Nonostante la famiglia abbia un'identità molto precisa, fondata sul matrimonio, che è la sua origine e la sua fonte, oggi si afferma che non la si può definire, che esistono diverse famiglie, diversi modelli di famiglia e s'insinua che i cambiamenti che la famiglia sperimenta sono molto rapidi e le forme che può assumere quasi infinite. Si arriva persino a dire che non è possibile assicurare nulla sul futuro della famiglia. Tutto sarebbe il frutto di progetti umani per via consensuale e con il sostegno legale. Così facendo s'indebolisce l'idea di una istituzione naturale, stabile e permanente, che merita la protezione della società. Questa riduttiva visione antropologica, che concepisce la famiglia come un club o un'associazione che si fa e si disfa a capriccio, svuota l'uomo del senso di responsabilità e d'impegno e genera nei focolari domestici germi di disgregazione sociali; e sono i figli a pagarne il prezzo più alto. La ragione di questi attacchi contro l'idea stessa di famiglia radica nel fatto che molti non accettano più l'idea di una “legge naturale” e non accettano neppure le istituzioni naturali. In realtà, la ragione profonda è che rifiutano Dio, origine della legge naturale. Non si accetta più la dimensione di verità e ciò porta a un'autentica “eclissi del senso di Dio e dell'uomo” (Evangelium vitae, n. 23). A contare è l'opinione personale, il fatto contingente. Ne consegue che ogni possibile forma di convivenza, etero ed omosessuale, potrebbe essere inserita in questa concezione della famiglia.

            9. È a causa di questa profonda crisi della verità, di questa illusione antropologica, che in diversi Parlamenti del mondo si è proposto di riconoscere le unioni di fatto come “famiglie” e di attribuire loro gli stessi vantaggi offerti alla famiglia. Si tratta in realtà di unioni “di fatto” e non di diritto. Alcuni Parlamenti vogliono far prevalere il “fatto” sul diritto, adducendo che non si devono “discriminare” le unioni di omosessuali o di quanti non desiderano contrarre matrimonio. Il rischio insito in questa confusione concettuale è che il matrimonio diventi un'istituzione socialmente irrilevante, il che sarebbe tragico, in quanto esso è un bene naturale e costituisce il migliore mezzo di socializzazione. La sua assenza si ripercuote negativamente sulla trasmissione dei valori ed è causa di numerose patologie sociali. Dobbiamo vegliare in modo particolare affinché le unioni consensuali libere e le unioni di fatto non trovino posto nelle nostre legislazioni.

            10. Gli attacchi contro la famiglia provengono dalle stesse persone che attaccano la vita umana nei suoi due momenti decisivi: la nascita per il bambino e la morte per il malato. Questo parallelismo fra gli attacchi alla famiglia e quelli alla vita umana non sorprende, in quanto non vi è vita senza famiglia e non vi è famiglia senza la vita. La famiglia è la “culla” della vita umana, come afferma Giovanni Paolo II (cfr Chrstifideles laici, n. 40). È nella famiglia che la vita ha inizio, si sviluppa, matura e giunge al termine nel modo più adeguato. Perciò chi attacca la famiglia attacca anche la vita umana e chi promuove la famiglia promuove anche, e in modo coerente, la vita umana. Questo vincolo fondamentale fra la famiglia e la vita è chiaramente evidenziato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, che pone come conseguenza immediata e principale dell'affermazione della dignità di ogni essere umano il diritto fondamentale alla vita riconosciuto nell'articolo 3: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”.

            11. Questo principio del diritto alla vita, fondamento di tutti gli altri diritti in quanto inviolabile, garantito e tutelato in qualunque situazione, è stato sviluppato dalla Dichiarazione dei Diritti del Bambino, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959, secondo la quale il bambino, per la sua mancanza di maturità fisica e mentale, ha bisogno di protezione e di cure speciali, includendo la debita protezione legale sia prima che dopo la nascita (cfr Preambolo). Questo principio considera l'embrione umano come un essere umano fin dal primo istante della sua esistenza, ossia dal momento del concepimento e non della nascita. Tale principio deve essere posto alla base del sistema di tutela internazionale dei diritti umani.

            12. Partendo dalla Dichiarazione, abbiamo quindi riflettuto sullo statuto dell'embrione umano. Il nascituro è una persona, soggetto di diritti, o semplicemente un individuo umano? Il diritto positivo internazionale (cfr Dichiarazione dei Diritti del Bambino, Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Bambino, Convenzione Americana sui Diritti dell'Uomo - Patto di San José de Costa Rica) riconosce l'embrione come soggetto di diritti propri, ossia distinti da quelli della madre o di terzi. Ciò giustifica l'interdizione a compiere atti arbitrari sull'embrione e il dovere di proteggerlo e di assisterlo. Tuttavia nel diritto positivo di diversi Paesi (Spagna, Stati Uniti d'America) si fa una distinzione fra essere umano e persona. Solo quest'ultima, che s'identifica con gli esseri già nati, sarebbe soggetto di diritti. Il nascituro viene considerato umano ma non persona. La sua tutela è concepita come una concessione dello Stato ai diritti della madre o agli interessi dello Stato stesso. In tal modo si stabilisce un ingiusto criterio di discriminazione fra esseri umani in diversi stadi del loro sviluppo, contraddicendo così il diritto stesso. È quindi necessario legiferare sullo statuto dell'embrione umano, soprattutto nei Paesi dove si fa una fallace distinzione fra essere umano e persona umana. È necessario riflettere e tradurre in leggi coerenti le esigenze etiche che rendono illecita la fecondazione assistita sia omologa sia eterologa (cfr Donum vitae, II). È inoltre necessario proclamare i diritti dell'embrione: diritto alla vita, diritto all'identità, diritto alla protezione da parte dello Stato e della società. Il “nascituro” non può essere oggetto di manipolazioni e di aggressioni che conducono alla sua eliminazione. Non sono degni della persona umana la produzione di embrioni e il trattamento al quale vengono sottoposti come se non fossero esseri umani e persone umane, ma cose o strumenti. La ragione è che qualsiasi fecondazione al di fuori dell'atto sessuale comporta un processo non umano, ossia carente di quell'espressione integrale e significativa che è l'unione sessuale, ed è quindi incompatibile con la dignità del nuovo essere concepito (cfr Donum vitae, I.6 e II.4.a).

            13. La famiglia, quale culla della vita umana, è anche il luogo più adeguato a curare i malati e a seguirli nell'evolversi della loro malattia fino alla morte. Oggi si propone una “morte degna” e con questo argomento si intende erroneamente giustificare e sostenere la proposta di eutanasia per i malati gravi. È necessario comprendere adeguatamente il concetto di “dignità umana”, fondamentale nella bioetica che si fonda sulla verità dell'uomo, su un'antropologia che riconosce il valore eminente della persona umana. Il concetto di “morte degna” esige una continua revisione per non divenire un termine vuoto o convenzionale, soprattutto di fronte al criterio utilitaristico di costo/beneficio, con il quale s'intende concedere o negare le risorse in campo sanitario. Se l'umanità viene sostituita dall'utilità, come può la vita avere di per sé valore? L'uso distorto del concetto di “dignità” occulta una deformazione del valore della vita e della persona. Il vero diritto a morire con dignità presuppone il saper morire con la dignità propria dell'uomo: con nobiltà, accettazione e serenità; bisogna cioè “compiere l'ufficio della vita fino alla fine” (Cicerone, Somnium Scipionis, III, 7). Il malato, seguito con le dovute cure, nelle diverse manifestazioni di un amore responsabile, soprattutto in famiglia, nelle cliniche e negli ospedali, muore con la dignità di essere amato da Dio, dai suoi e da tutti coloro che devono riconoscere la sua dignità di persona (cfr Evangelium vitae, n. 88; cfr anche 46-47, 67, 83).

            14. Vi è una parola che sta assumendo sempre più importanza nel linguaggio contemporaneo: “globalizzazione”. Questo concetto non deve limitarsi al campo dell'interrelazione economica fra i popoli, ma deve aprirsi ad altre dimensioni, prestando sempre attenzione alle esigenze etiche. Nell'Esortazione Apostolica Ecclesia in America, frutto del Sinodo per l'America, Giovanni Paolo II avverte: “Se però la globalizzazione è retta dalle pure leggi del mercato applicate secondo le convenienza dei potenti, le conseguenze non possono essere che negative. Tali sono, ad esempio, l'attribuzione di un valore assoluto all'economia, la disoccupazione, la diminuzione e il deterioramento di alcuni servizi pubblici, la distruzione dell'ambiente e della natura, l'aumento delle differenze fra ricchi e poveri, la concorrenza ingiusta che pone le Nazioni povere in una situazione di inferiorità sempre più marcata” (n. 20). È evidente l'importanza che tutto ciò riveste per la famiglia. Inoltre, oggi con globalizzazione si è soliti intendere un criterio relativistico di giudizio che si è esteso a tutti gli ambiti, un processo di scelta fra alternative paragonabili fra di loro. Di fronte a questa “indifferenza” degli oggetti, diviene determinante la considerazione soggettiva del gusto, della preferenza, dell'utilità, dell'opportunità. Questo criterio di valutazione e di giudizio sta dietro a molti problemi attuali della vita e della famiglia che costituiscono la materia di questo incontro: divorzio, convivenza, aborto, eugenetica, eutanasia. Se è indifferente la persona con cui si vive o il figlio che si genera — il tutto solo in base a preferenze soggettive — allora non può più esistere un criterio di scelta che trascenda le circostanze, la reazione istintiva. Di fronte a questo imperante soggettivismo che conduce al relativismo etico, con i gravi rischi che questo comporta, dobbiamo attribuire nuovamente un posto centrale, da pietra d'angolo, alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, vista la tutela che garantisce alla famiglia e alla vita.

            Raccomandazioni

 

            Queste conclusioni ci portano a formulare le seguenti raccomandazioni:

            1. Considerare la difesa della famiglia e della vita come un'azione centrale per i politici e i legislatori, al fine di tutelare i valori fondamentali nei loro rispettivi Paesi e nei forum internazionali, in risposta alle false alternative.

            2. Influire sui Governi affinché le loro delegazioni presso gli organismi e le assemblee internazionali siano realmente rappresentative dei sentimenti di ogni Paese a favore della famiglia e della vita, tenendo conto dell'alto concetto e della stima che manifestano.

            3. Promuovere la conoscenza e la diffusione dell'Enciclica Evangelium vitae, quale difesa profetica delle persone povere, innocenti e derelitte, come categoria che richiede un'attenzione particolare. Tale  Enciclica difende i fondamenti della società contro gli eccessi dell'individualismo e della cultura della morte, che costituiscono una crescente minaccia contro i popoli poveri, la cui sovranità viene calpestata con una sorta di invasione ideologica che priva la famiglia e la vita dei suoi diritti.

            4. Opporsi con fermezza a qualsiasi forma di legalizzazione dell'aborto e cercare di cambiare progressivamente le leggi permissive laddove esistono. In tale ambito legislativo è importante lottare sempre e non rassegnarsi, impegnandosi in questa nobile e decisiva causa, poiché le leggi sono sempre migliorabili.

            5. Promuovere leggi che riconoscano l'embrione umano come soggetto sullo stesso piano di qualsiasi altro individuo già nato e rifiutare quelle che lo ritengono un oggetto che si può manipolare.

            6. Far sì che le politiche di educazione sessuale siano basate sui valori della famiglia e della vita nel rispetto e in un uso adeguato della libertà che eviti la “banalizzazione” del sesso, e che rispettino il diritto dei genitori a scegliere l'educazione da impartire ai figli. 

            7. Vegliare affinché nei mezzi di comunicazione sociale il valore della vita e della famiglia venga rispettato e promosso come fondamento stesso della democrazia.

            8. Intervenire con leggi nel campo della fecondazione artificiale, per contrastare il permissivismo attuale, scegliendo come criterio di orientamento il bene dei figli e garantendo loro il diritto alla vita, alla famiglia e all'identità. È necessario legiferare in difesa dell'embrione umano, con il riconoscimento dei diritti che gli sono dovuti in quanto soggetto, persona umana.

            9. Promuovere la lotta contro il dolore anche mediante cure palliative e favorire la creazione di strutture pubbliche e private volte ad assistere, dal punto di vista umano, spirituale e fisico, i disabili e i malati cosiddetti terminali.

            10. Sostenere l'organizzazione dei servizi sanitari pubblici e privati, di modo che a tutti sia garantito di poter accedere alla tutela della vita e della salute.

            11. Vegliare sulla formazione del personale sanitario, medico e paramedico, affinché presti una rispettosa attenzione ai diritti delle famiglie, dei bambini nati e dei nascituri, e offra un'accurata assistenza ai malati gravi e terminali.

            12. Vegliare non solo sull'elaborazione delle leggi ma anche sulla loro applicazione pratica nei regolamenti, facendo sì che il personale amministrativo che le applica sia consapevole e formato ai principi e ai criteri etici.

            13. Controllare l'operato delle amministrazioni nazionali, dipartimentali o locali, affinché rispettino le leggi, le norme e i programmi stabiliti a favore della famiglia e della vita.

            14. Tenendo presente che “la politica familiare deve essere perno e motore di tutte le politiche sociali” (Evangelium vitae, n. 90) far sì che i Parlamenti sanciscano leggi che creino un'autentica politica pro famiglia con il positivo concorso dei genitori e delle istituzioni familiari per lo meno sui seguenti punti:

            - pari opportunità di lavoro e di salario fra uomo e donna;

            - periodi comuni di vacanze per i coniugi di modo che si conservi e si rafforzi l'unità della famiglia come comunità di vita;

            - possibilità per i coniugi di lavorare in aree non molto distanti fra loro;

            - ricercare modi per far sì che il lavoro della donna al di fuori del focolare domestico, al quale spesso si vede obbligata, non vada a detrimento della sua missione nella famiglia, creando strutture di aiuto e di sostegno;

            - garantire alla donna un tempo libero adeguato durante la gravidanza e, se necessario, anche all'uomo;

            - evitare di discriminare la donna in vista di una possibile gravidanza o per l'attenzione che deve prestare ai figli piccoli;

            - dare la possibilità alle nuove famiglie di acquistare o di affittare una casa.

            15. Favorire l'organizzazione di una rete continentale di legislatori e politici d'America a difesa della vita e della famiglia, al fine di creare un ambito permanente ed agile di comunicazione, consulenza e coordinamento di iniziative comuni.

            16. Favorire la creazione di una commissione pluripartitica di legislatori pro vita, che traduca in pratica i contenuti e gli impegni di questo III Incontro di Legislatori e Politici d'America e inauguri un ambito permanente di riflessione e di azione legislativa a favore della vita umana.

            17. Promuovere l'organizzazione di centri di ricerca e di sostegno per le attività pro vita e pro famiglia.

            18. Organizzare dibattiti e incontri simili a questo in ogni Paese d'America in occasione del Giubileo dell'Anno 2000.

            Siamo consapevoli della grande responsabilità che grava sulle nostre spalle quali Politici e Legislatori delle nostre Nazioni e riconosciamo le grandi sfide che dobbiamo affrontare per la difesa della famiglia e della vita.

            Siamo però anche consapevoli di non essere privi di risorse, di aiuti o di forze. Il Signore della Famiglia e della Vita è con noi. La chiamata di Cristo ci spinge, come figli e figlie della Chiesa   d'America, a continuare ad esercitare la nostra vocazione di politici e di legislatori in un dialogo aperto e impegnato che metta il bene della famiglia al centro delle nostre preoccupazioni e dei nostri compiti, prestando attenzione alle ispirazioni profonde dei nostri popoli e seguendo fedelmente gli insegnamenti e gli orientamenti del Magistero della Chiesa. Così facendo risponderemo all'esortazione, che il Santo Padre ha avuto la bontà di rivolgerci, a rinnovare i nostri “sforzi per promuovere, in particolare nell'ambito politico e legislativo, i valori fondamentali della famiglia e della vita, favorendo instancabilmente la sua trascendente dignità”.

 

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