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PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

RIFLESSIONE DEL CARD. ALFONSO LÓPEZ TRUJILLO

"Partial-birth abortion":
da un crimine disumano all'umanizzazione

 

Il termine partial-birth abortion, o aborto con nascita parziale, designa una tecnica di aborto utilizzata negli ultimi mesi di gravidanza, durante la quale viene praticato un parto intravaginale parziale del feto vivente, seguito da un'aspirazione del contenuto cerebrale prima di completare il parto. Questa tecnica ha potuto essere legalmente utilizzata negli Stati Uniti dopo la decisione dell'Alta Corte Federale di Giustizia Roe vs. Wade del 1973, che ha autorizzato i diversi Stati ad assumere disposizioni che consentono gli aborti provocati.

La ragion d'essere dello sviluppo di questo metodo è di ordine legale:  avendo la Corte Suprema degli Stati Uniti deliberato che il termine "persona", così come viene usato nel 14° emendamento della Costituzione, non si applica al bambino non nato, se n'è dedotta la possibilità di porre un termine alla vita di questo bambino senza incorrere in azioni giudiziarie, e questo fino al momento del parto. Per contro, le leggi dei diversi Stati precisano tutte che, nel corso del parto, quando un bambino è uscito completamente dall'utero materno, e quando manifesta anche solo il più piccolo segno di vita, egli è ormai persona di fronte alla legge, così che privarlo deliberatamente della vita sarebbe un omicidio sul piano legale. Per contro, è legalmente possibile togliere la vita a questo bambino, nel corso del parto, a condizione che sia ancora parzialmente nell'utero.

Secondo i suoi promotori, si tratta di un gesto rapido, potendo essere praticato senza degenza ospedaliera, sotto anestesia locale. L'intervento è preceduto da una preparazione di tre giorni, con dilatazione meccanica del collo uterino. L'operazione si svolge in cinque fasi:  in un primo tempo, guidato da ultrasuoni, l'operatore, dopo l'eventuale capovolgimento, se necessario, della posizione del feto nell'utero, afferra i suoi piedi con una pinza. Con una trazione, porta allora le gambe del feto fuori dell'utero e provoca il parto, estraendo la totalità del corpo del bambino, tranne la testa.

Chi pratica l'aborto esegue allora un'incisione alla base del cranio del bambino, attraverso la quale fa passare la punta di un paio di forbici per perforare la scatola cranica. Introduce nell'orifizio così predisposto l'estremità di un fine tubo evacuativo, attraverso il quale viene aspirato il cervello e il contenuto della scatola cranica del bambino. A questo punto, per portare a termine l'aborto, più non resta che estrarre la testa ridotta di volume.

A quanto pare, tale tecnica sembra abbia iniziato ad essere utilizzata fin dal 1979, come alternativa alla tecnica più abituale per gli aborti tardivi (che consisteva nell'iniettare nel feto una droga letale, quindi nell'estrarlo, smembrandolo) (1). Un progetto di legislazione, che mirava a vietare il partial-birth abortion, è stato presentato il 14 giugno 1995 alla Camera dei Rappresentanti del Congresso degli Stati Uniti (2). Il Presidente Clinton aveva fatto sapere il 28 febbraio la sua opposizione (3). Il progetto di legge è stato, ciononostante, presentato il 5 aprile al Presidente Clinton, che gli ha opposto il suo veto il 10 aprile. Per superare il veto presidenziale, al Congresso era richiesta una maggioranza dei due terzi, il che era allora impossibile. Per giustificare il suo veto, il Presidente Clinton, nel corso di una conferenza stampa, il 10 aprile 1996, ha presentato ai giornalisti quattro testimonianze di persone che erano state sottoposte ad un aborto con nascita parziale. Il 16 aprile 1996, otto Cardinali americani e il Presidente della Conferenza Episcopale hanno scritto al Presidente Clinton per manifestare la loro "costernazione" per il veto da lui opposto al progetto di legge (4). In questa lettera avvertivano il Presidente del rischio di "far varcare al paese un passo di più nell'accettazione dell'infanticidio", e denunciavano una "cultura di morte" che si andava diffondendo, ed accennavano anche alle "recenti decisioni delle due corti federali d'appello che cercano di legalizzare il suicidio assistito". Nella sua risposta, il Presidente Clinton si dichiarava disposto a firmare la legge se fossero stati eccettuati i casi di rischio per la salute della donna, un modo di ridurre praticamente a nulla la portata della legge. In seguito, 27 milioni di lettere-petizioni mandate dai fedeli di tutte le Diocesi degli Stati Uniti si sono accumulate nella posta della Casa Bianca, protestando contro il veto presidenziale.

Il 20 settembre 1998, il Senato degli Stati Uniti non riuscì in un secondo tentativo di superare il veto presidenziale:  64 senatori votarono per far passare il progetto di legge, ma per annullare il veto presidenziale ne sarebbero stati necessari 3 di più (69 su 100). Tuttavia 24 Stati si erano allora già dotati di una legislazione per vietare localmente la procedura. Nell'ottobre 1999, il progetto di divieto dell'aborto con nascita parziale fu di nuovo presentato alle Camere, ma anche questa volta mancarono due voti. Infine, il 29 giugno 2000, la Corte Suprema degli Stati Uniti, con una decisione di 5 voti contro 4, decretò che il progetto di legge dello Stato del Nebraska, che intendeva vietare la procedura, non era accettabile, e questo rimise in discussione tutte le leggi dello stesso genere accolte anteriormente dai diversi Stati. A seguito di questa decisione, i giudici federali annullarono le leggi che ostavano alla pratica dell'aborto con nascita parziale negli Stati del Michigan, dell'Illinois e del Wisconsin. Nel settembre 2001, toccò all'Ohio vedere la propria legge bloccata da un altro giudice federale.

Con il cambiamento dell'amministrazione alla Casa Bianca, ci si poteva aspettare presto un capovolgimento della situazione. Di fatto, però, un tale capovolgimento non poteva avverarsi, giacchè il Partito repubblicano si trovava in minoranza al Congresso. Per di più, dopo l'11 settembre, gli uomini politici americani hanno avuto altre preoccupazioni ritenute più urgenti. Però, il numero di aborti con nascita parziale effettuati negli Stati Uniti si è moltiplicato negli ultimi tre anni, passando da 650 nel 1996 a 2.200 nell'anno 2000. Questo rappresenta lo 0,17 % di tutti gli aborti legali provocati.

Dopo il recente rovesciamento di maggioranza nel Congresso, è stata presentata alla Camera dei Rappresentanti, il 19 giugno 2002, una nuova proposta di legge (H.R. 4965), destinata ad aggirare la decisione della Corte Suprema del 29 giugno 2000, allo scopo di vietarne l'uso. L'House Judiciary Subcommittee ha approvato il progetto l'11 luglio 2002, e la Camera dei Rappresentanti ha votato con 274 voti contro 151, avendo il sostegno di 65 Democratici, il 24 luglio, a favore del "bill". Questa era la quarta volta che la House of Representatives approvava un progetto di legge per vietare la procedura di aborto tardivo. Con il cambiamento del majority leader del Senato, nel novembre 2002, questo progetto di legge è stato presentato al Senato. Il Presidente Bush, in una dichiarazione fatta il 22 gennaio 2003, ha invitato vigorosamente il Congresso a votare la nuova legge, e ha reiterato questo messaggio nel suo State of Union Address il 28 gennaio. Questa volta, il progetto ha passato l'esame del Comitato del Senato, il 31 gennaio. I senatori hanno introdotto il "bill"- divenuto "S.3", nella discussione del Senato giovedì 13 febbraio 2003, e la discussione è iniziata l'11 marzo. Lo stesso giorno, il Presidente Bush ha espresso di nuovo il suo forte sostegno a questa legge. Il Senato degli Stati Uniti, con 64 voti contro 33, ha votato la legge il 13 marzo, ponendo così fine a un dibattito cominciato otto anni prima.

Questo dibattito ha rivelato in alcuni interventi una estrema povertà antropologica nei confronti dell'embrione umano, nonché atteggiamenti arbitrari e permissivi. Mentre alcuni Stati degli Stati Uniti ammettono l'aborto entro 10 settimane, altri lo ammettono entro 12, e altri ancora entro 13. Si potrebbe dire, insieme a Pascal:  "Vérité en deçà des Pyrénées, erreur au-delà"! (Pensées, V, 294). L'estremo confine della possibilità dell'aborto appare, quindi, non già la nascita, ma la nascita completa. L'intera vicenda lascia intuire come le conseguenze del positivismo giuridico conducano, prima o poi, all'inconsistenza dell'arbitrio capriccioso e prepotente, e come prevalgano, sulla sensatezza e la serenità di giudizio, le imposizioni di un potere arbitrario, precluso al riconoscimento, tra i diritti umani fondamentali, di quello che è il principale tra di essi, cioè il diritto alla vita di ogni persona umana. Tale è infatti anche il bambino non nato.

Malgrado tutto, la verità, seppure zoppicando, avanza. Siamo di fronte ad un momento di lucidità dei legislatori, quando questi capiscono che non è più sopportabile che un crimine di una tale portata e disumanità contro l'umana dignità non susciti la reazione, quindi la sanzione, dell'ordinamento giuridico. In questo senso, non si può non segnalare il diverso atteggiamento, in tutta questa vicenda, dei Presidenti Clinton e Bush.

La recente votazione del Senato nordamericano non solo rappresenta un evento legislativo di considerevole importanza nella costruzione di una cultura della vita, ma suppone anche l'affermarsi di un nuovo atteggiamento nei legislatori, procedente da un progressivo, lento ma autentico, cambiamento della mentalità tra la gente degli Stati Uniti. Al di là di certi elementi in cui l'atteggiamento del Senato rimane ancora legato al fardello delle recenti politiche (la dichiarazione che la Sentenza Roe vs. Wade è stata "appropriata" e che questa legge non intende essere contro il "diritto" all'aborto o l'eccezione fatta riguardo ad una eventuale liceità giuridica delle pratiche poste in essere in caso di pericolo per la vita della madre), il riconoscimento del fatto che l'aborto con nascita parziale sia una pratica inumana e terribile, che merita appieno la qualificazione di crimine e deve essere punita dalle leggi, risulta molto significativo.

Precedentemente il sentimento di orrore degli americani nei confronti di questa pratica barbarica, la cui cancellazione è stata iniziata dal Senato degli Stati Uniti giovedì 13 marzo, si imbattè in forti resistenze legali, specialmente nella Supreme Court e, finalmente, per ben due volte, nel veto del Presidente Clinton, che ritenne opportuno accogliere le voci discrepanti. Questa volta invece, il progetto ha la probabilità di varcare la soglia di un ampio consenso tra i legislatori della House of Representatives. È pure nota la chiara e decisa volontà del Presidente Bush di non opporre, questa volta, il veto.

Gli argomenti recati da ognuna delle parti nelle varie fasi di questo dibattito, sono rimasti più o meno invariati. Il principale argomento addotto nei precedenti tentativi legislativi di opporsi al divieto di questa pratica abortiva, cioè il timore che questa misura finisse per tradursi in un deterioramento dei diritti della donna, non è riuscito ad ottenere, in questa occasione, che scarsi consensi. Sono pochi, infatti, coloro che ancora pensano che i diritti della donna risultino danneggiati, se l'aborto con nascita parziale di bambini di più di 20 settimane e, addirittura, a poche settimane dalla nascita viene bandito dalla legge.

In questo senso, il progresso della cultura della vita è ovvio. Va crescendo giorno dopo giorno la convinzione che v'è profonda sintonia tra valore della vita e dignità della donna:  il diritto alla vita e i diritti della donna non solo non sono incompatibili (com'è invece postulato da un certo femminismo radicale) ma sono, addirittura, in stretto rapporto tra loro. Tanto l'uno quanto gli altri, infatti, sono fondati nella stessa legge naturale. I credenti riconoscono l'origine ultima di questa dinamica naturale dei diritti e dei doveri in Dio.

La percezione di una sintonia tra diritto alla vita e dignità della donna, che sta alla base della proibizione dell'aborto con nascita parziale, suppone un lento ma reale progresso della percezione dell'esistenza di una legge naturale. Di tale percezione è manifestazione la più acuta sensibilità del diritto alla vita di ogni essere umano: questa sensibilità si situa in un insieme di valori di rispetto verso l'ambiente, verso la natura e in primo luogo verso i diritti umani. Una sensibilità e una convinzione, queste, che devono raggiungere il mondo della politica, dello Stato e delle istituzioni internazionali, nonché quello della società e della cultura.

Nel suo Discorso del 5 ottobre 1995 all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a proposito della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, formulata dopo i disastri della Seconda Guerra Mondiale, il Santo Padre affermava che i diritti umani (il diritto alla vita è fondamento di tutti gli altri) trovano la loro radice nella natura della persona e riflettono le esigenze oggettive ed imprescindibili della legge morale universale:  "Ci ricordano anche che non viviamo in un mondo irrazionale o privo di senso, ma che, al contrario vi è una logica morale che illumina l'esistenza umana e rende possibile il dialogo tra gli uomini e tra i popoli. Se vogliamo che un secolo di costrizione lasci spazio a un secolo di persuasione, dobbiamo trovare la strada per discutere, con un linguaggio comprensibile e comune, circa il futuro dell'uomo. La legge morale universale, scritta nel cuore dell'uomo, è quella sorta di "grammatica" che serve al mondo per affrontare questa discussione circa il suo stesso futuro" (5). Come mai è possibile che l'umanità faccia tanta fatica a riconoscere questa "grammatica", così che il divieto di aborto con nascita parziale sia arrivato tanto in ritardo? La persistenza di una modalità così crudele di pena di morte su di un bambino innocente si spiega con la supposizione che il bambino non sia "persona" fino a che la sua nascita non sia completa. Ma tale arbitrarietà e capriccio nell'utilizzo del termine "persona" non rivela forse una vera e propria contraddizione con i postulati più ovvii della "logica morale"?

Se l'aborto con nascita parziale sarà proibito negli Stati Uniti dalla Camera dei Rappresentanti (come tutto pare indicare), saremo di fronte ad un vero passo in avanti, non solo della cultura della vita, ma anche di una disciplina legale più consona con essa, una disciplina radicata in una più approfondita comprensione delle esigenze della dignità umana, e in una più affinata percezione della profonda sintonia tra diritto alla vita e dignità della donna.


1) Essa è stata presentata al pubblico nel 1993 dal Dr. Martin Haskell di Dayton (Ohio).

2) Questa legislazione, definita Partial Birth Abortion Ban Act (H.R.-1833), proposta dal rappresentante Charles Canady e dal senatore Robert Smith, ha ricevuto l'approvazione delle due Camere, il 3 gennaio 1996.

3) Il Presidente Clinton ammetteva, in questa lettera, che la procedura ha qualcosa di shockante:  The procedure described in H.R.-1833 is very disturbing, and I cannot support its use on an elective basis, where the abortion is being performed for non-health related reasons and there are equally safe medical procedures available. Tuttavia il Presidente aggiunge che vi sono casi rari in cui, su responso medico, la procedura può essere necessaria to save a woman's life or to preserve her health.

4) In questa lettera si afferma: Dear President Clinton, It is with deep sorrow and dismay that we respond to your April 10 veto of the Partial-Birth Abortion Ban Act. Your veto of this bill is beyond comprehension for those who hold human life sacred. It will ensure the continued use of the most heinous act to kill a tiny infant just seconds from taking his or her first breath outside the womb... Mr. President, your action on this matter takes our nation to a critical turning point in its treatment of helpless human beings inside and outside the womb... It moves our nation one step forward toward acceptance of infanticide. Si rifiutano gli argomenti del Presidente Clinton riguardanti la necessità di permettere la procedura del partial-birth abortion in alcuni casi drammatici:  Most partial-birth abortions are done for reasons that are purely elective, specificando che permettere aborti tardivi per "ragioni di salute" significava accettare tutte le richieste di aborti, senza porre nessun limite ad esse.

5) Giovanni Paolo II, Discorso alla 50ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 5-10-95, n 3.

      

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