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PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

X FORUM INTERNAZIONALE DEI GIOVANI
"IMPARARE AD AMARE"

OMELIA DI S.Em. ENNIO CARD. ANTONELLI
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

Rocca di Papa  – “Mondo Migliore”
Giovedì, 25 marzo 2010

 

Carissimi Giovani che partecipate a questo Convegno, grazia e pace a voi da Dio nostro padre e dal Signore Gesù Cristo.

Nella proclamazione del Vangelo abbiamo ascoltato il saluto dell’angelo a Maria: “Rallegrati, piena di grazia. Il Signore è con te” (Lc 1, 28). Piena di grazia significa ricolmata dall’amore gratuito di Dio, amatissima da Dio, resa tutta bella e tutta santa. Poi abbiamo ascoltato che l’angelo propone a Maria il progetto di Dio e lei risponde: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1, 38).

Dio per primo ha amato Maria e l’ha scelta ad essere la madre del Messia. All’amore di Dio Maria ha risposto con il suo amore, che è commossa gratitudine e pronta obbedienza, Magnificat e fiat.

Dio ha amato per primo anche noi: ci ha creati, ci fa vivere, ci dona le persone e le cose che formano il nostro mondo, ci ha donato se stesso in Gesù Cristo e ci chiama alla vita eterna. Anche noi come Maria possiamo e dobbiamo rispondere con gioiosa gratitudine e pronta obbedienza. All’amore si risponde con l’amore. Il bambino percepisce l’amore dei genitori attraverso il caldo contatto fisico, il suono della voce, la tenerezza dello sguardo, la carezza delle mani, l’essere preso in braccio; prova sensazioni di benessere; è felice di vivere; si sente amato. Allora per lui è spontaneo riamare i genitori e rispondere a loro con i suoi ineffabili sorrisi, che li fanno felici. Progressivamente impara anche a farli felici con l’obbedienza alla loro volontà, compiendo i loro desideri. Qualcosa di simile succede nel nostro rapporto con Dio. Nella misura in cui siamo persuasi di essere amati da lui, abbiamo anche la gioia e l’energia spirituale per obbedire ai suoi comandamenti, come afferma Benedetto XVI nella sua prima enciclica: “Siccome Dio ci ha amati per primo, l’amore adesso non è più solo un comandamento, ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro” (Deus Caritas Est, 1).

[[1]Noi siamo fatti non per la solitudine, ma per la relazione con gli altri. Siamo stati creati a immagine di Dio uno e trino. Come le persone divine vivono in perfetta comunione di amore tra loro, così noi possiamo essere felici se comunichiamo con gli altri e con Dio nell’amore. “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 10).

L’amore tra le persone ha molte modalità; ma l’amore tra l’uomo e la donna “emerge come archetipo di amore per eccellenza” (Benedetto XVI, Deus Caritas Est, 2). Il rapporto di coppia, se è autentico, è immagine primordiale e partecipazione della vita divina: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi” (Gen 1, 27-28). Questo rapporto costituisce il modello emblematico dell’uscire dalla solitudine ed entrare in comunione con gli altri: “Il Signore Dio disse: Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda” (Gen 2, 18)].

Ma che cosa è l’amore? Questa parola è usata e abusata con significati diversi e anche opposti. Spesso indica l’emozione fugace, l’infatuazione sentimentale, l’esercizio ludico della sessualità, l’effimera coincidenza degli egoismi, la strumentalizzazione individualistica dell’altro, le perversioni della sessualità. Ma queste sono contraffazioni, che degradano l’uomo. Altra cosa è l’amore vero e bello.

Nell’enciclica Deus Caritas Est Benedetto XVI spiega che l’amore ha due dimensioni: eros e agape, amore di desiderio e amore di donazione, amore possessivo e amore oblativo. Con il primo mi rivolgo alle persone e alle cose perché sono un bene per me. Con il secondo mi rivolgo alle persone e alle cose gratuitamente, perché sono un bene in se stesse. I due aspetti dell’amore “non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro” (Deus Caritas Est 7): l’eros senza agape sarebbe egoismo; l’agape senza eros sarebbe astrazione senza energia.

Occorre sottolineare che, essendo le persone umane soggetti spirituali e corporei, l’amore autentico coinvolge la personalità intera: intelligenza, volontà, sentimento, corporeità. Proviene dal cuore e si esprime in parole, azioni, gesti significativi come lo sguardo, il sorriso, la stretta di mano, la carezza, il bacio, l’abbraccio, l’amplesso coniugale. Essenziale è soprattutto la volontà di bene, del mio bene e di quello degli altri. “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Mt 22, 39); “ Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt  7, 12). Devo armonizzare il mio bene con quello degli altri. Gli altri sono meritevoli come me di essere aiutati a svilupparsi e ad essere felici. Con la stessa serietà, con cui voglio il mio bene, devo volere quello degli altri. Devo farmi carico, secondo le mie possibilità, della loro crescita umana integrale, rispettando la loro libertà, valorizzando le loro differenze positive, portando perfino il peso dei loro limiti e peccati, come ha fatto Gesù nei confronti di tutti gli uomini. Mi è lecito, anzi in una certa misura mi è necessario, cercare negli altri il mio utile. Sarebbe però un grave disordine morale ridurre il mio rapporto con gli altri alla sola dimensione utilitaria. Io rispetto davvero la dignità delle persone nella misura in cui le considero un grande bene in se stesse e voglio sinceramente il loro bene. All’altezza della loro dignità è solo la logica del dono e della gratuità. Se io cercassi solo il mio bene, danneggiando gli altri o riducendoli a puro strumento, questo sarebbe egoismo e non amore.

In una famiglia autentica l’amore di desiderio e l’amore di donazione si fondono spontaneamente. Ognuno considera gli altri una risorsa e un vantaggio per il proprio bene; ma soprattutto li considera un bene in se stessi, persone insostituibili, non intercambiabili, senza prezzo e con valore assoluto. Se c’è un’attenzione preferenziale, è per i più deboli: i bambini, i malati, i disabili, gli anziani.

L’amore, secondo S. Tommaso d’Aquino (S. Th. I-II q 26 a 2), è “virtus unitiva”, energia unificante nel rispetto dell’alterità. In famiglia si armonizzano e si valorizzano le differenze fondamentali dell’essere umano, quella dei sessi (uomo-donna) e quella delle generazioni (genitori-figli). L’uomo e la donna sono ambedue esseri umani di pari dignità, ma hanno anche importanti diversità fisiche e spirituali. Generano ambedue, ma in modo diverso: l’uomo fuori di sé; la donna dentro di sé. Comprendono, sentono, amano, comunicano in modo diverso; ciò che per uno è più spontaneo, l’altro deve impegnarsi ad apprenderlo. La differenza nell’uguaglianza non crea di per sé discriminazione; ma interazione, scambio, complementarietà, collaborazione, arricchimento reciproco. La sessualità è energia per uscire da sé e andare verso l’altro; è altruismo scritto nel corpo e nell’anima, differenza in vista della comunione.

Soprattutto l’uomo e la donna danno, l’uno all’altro, il potere di procreare e diventare genitore. Il rapporto sessuale tra i coniugi ha due significati oggettivi, unitivo e procreativo. Mentre si donano l’uno all’altro, i coniugi si aprono a una eventuale ulteriore alterità e unità, a una possibile vita nuova. Il figlio che nascerà da loro sarà il loro essere una sola carne, in senso pieno e permanente.

Unità e apertura caratterizzano non solo l’autenticità dell’atto coniugale, ma l’autenticità di tutta la vita di coppia e di famiglia. I coniugi guardano insieme verso i figli (cura ed educazione di comune accordo) e al di là dei figli e insieme con loro guardano verso la società, mediante obiettivi, progetti, impegni concordati. Così la famiglia genera nuove persone, produce beni relazionali, alimenta virtù indispensabili per la vita sociale: gratuità, reciprocità, fiducia, solidarietà, responsabilità, cooperazione, progettualità, capacità di sacrificio, sobrietà, propensione al risparmio, rispetto dell’ambiente. [La famiglia, istituzione del dono e della comunione, introduce nel mercato stesso, che è l’istituzione dello scambio utilitario, una componente di gratuità e solidarietà che gli è necessaria, come afferma Benedetto XVI nell’ultima enciclica Caritas in Veritate: “Anche nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono, come espressione della fraternità, possono e devono trovare posto entro la normale attività economica” (CV 36). Essendo una risorsa indispensabile per la società, la famiglia ha diritto a ricevere dalla società adeguato sostegno culturale, giuridico ed economico. E oggi giustamente le associazioni familiari rivendicano sempre più tale sostegno].

L’amore, inteso come farsi uno con gli altri, è elevato e rafforzato nella famiglia cristiana dal Sacramento del Matrimonio. I coniugi ricevono la grazia di partecipare all’amore di Cristo per la Chiesa e diventare immagine viva dell’alleanza nuziale di Dio con il suo popolo. La famiglia diventa chiesa domestica, “comunità salvata e comunità salvante” (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 49), dove si sperimenta la presenza di Cristo, si è uniti nel suo nome, si condivide il suo amore salvifico verso tutti gli uomini e verso tutto ciò che è autenticamente umano. E’ necessario però che la grazia venga accolta e vissuta in una concreta spiritualità coniugale e familiare. Non basta essere una famiglia socialmente rispettabile; non basta neppure essere una famiglia che va alla messa festiva, continuando però a pensare e agire alla maniera del mondo secolarizzato. Occorre avere una spiritualità cristiana, cioè un rapporto vivo e personale con il Signore Gesù: preghiera, ascolto della sua parola, Eucaristia, conversione permanente, edificazione reciproca, apertura al dialogo, servizio del prossimo, perdono reciproco, fede incarnata nelle relazioni e attività quotidiane. Allora la famiglia diventa soggetto di evangelizzazione al suo interno, nel suo ambiente, nella parrocchia, nella società.

[La cultura di oggi tende a privatizzare completamente la famiglia; riduce l’amore a emozione sessuale e sentimentale, senza un progetto e senza impegno; esalta la dimensione ludica del rapporto sessuale, impoverendo la dimensione relazionale e negando quella procreativa; propone lo sfruttamento individualista della propria sessualità e di quella degli altri, finendo per causare innumerevoli sofferenze].

Invece, secondo il disegno di Dio, la sessualità è integrata nell’amore vero, cioè nell’impegno per il bene delle persone, della società e della Chiesa. Intima comunione e apertura universale. Ricca comunicazione interpersonale e servizio alla crescita della vita, al bene comune, al regno di Dio. Gioia di stare insieme e anticipo delle nozze eterne con Dio, amore e felicità senza limiti. La Chiesa non deprime la sessualità, ma la esalta. Non la rende amara con i suoi comandamenti e divieti, ma la libera dalla tirannia dell’istinto, la preserva dalla degradazione del vizio, la purifica e la guarisce dal peccato, perché possa attuare tutto il suo significato e la sua bellezza.

Ci sono le norme morali, ma bisogna capirne il senso e il valore. I divieti servono a incanalare le energie verso un bene più grande. Ad esempio, no alla masturbazione perché chiude la persona in se stessa, nel proprio narcisismo; no ai rapporti prematrimoniali perché non esprimono il dono reciproco totale e definitivo, creano illusioni come una droga, ostacolando la vera conoscenza reciproca, l’accettazione dei limiti dell’altro, la saggia gestione delle difficoltà di coppia. Tutti i No sono in funzione di un grande Sì. Nella misura in cui si percepisce il senso e il valore delle norme morali, cresce anche l’energia per osservarle, specialmente se con la preghiera, la confessione e l’Eucaristia si alimenta il rapporto con il Signore Gesù Cristo che ci comunica la grazia dello Spirito Santo.

Chi è intimamente persuaso di essere amato dal Signore, ha anche vivo desiderio di contraccambiare l’amore e si impegna a compiere sempre più generosamente la volontà di Dio. Se a volte non ci riesce, riconosce umilmente di essere peccatore e si affida alla divina misericordia. Fa il bene che è capace di fare e prega per comprendere meglio il valore delle norme morali e per avere la forza di compiere quel bene che ancora non è capace di fare. Così cammina nella direzione giusta e gradualmente il suo amore si purifica e diventa più vero e più bello.

Maria, la piena di grazia, la tutta santa e tutta bella, madre spirituale di tutti gli uomini e cooperatrice di Cristo per la loro salvezza, accompagna con la sua vicinanza materna questo cammino di conversione continua, di purificazione progressiva verso la piena verità e bellezza dell’amore. La veneriamo come madre del bell’amore sia perché è la madre di Cristo, il Verbo dell’amore divino fatto uomo, sia perché madre dei veri discepoli di Cristo.

Alla tua protezione ci affidiamo, Santa Madre di Dio. Amen.

 

Cardinale Ennio Antonelli
Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia



[1] I testi inclusi tra parentesi probabilmente non verranno letti durante la celebrazione.

   

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