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PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

SEMINARIO INTERNAZIONALE DI STUDIO
CON LE ASSOCIAZIONI PRO-VITA

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OMELIA DI S.Em. ENNIO CARD. ANTONELLI
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

Roma, Casa La Salle
26-27 marzo 2010

 

La pagina del Vangelo che è stata proclamata ci ha presentato lo scontro drammatico tra Gesù e i capi dei Giudei, l’ultimo scontro prima della passione, avvenuto a Gerusalemme nel tempio in occasione della festa della dedicazione. Oggetto del contendere è l’identità di Gesù, che qualche mese dopo avrebbe costituito anche il tema del processo davanti al Sinedrio. L’evangelista Giovanni anticipa la controversia, perché vede tutta la vicenda di Gesù come un processo continuo, che culmina nella condanna a morte e che continuerà anche dopo la sua risurrezione lungo tutta la storia della Chiesa. Davanti a Gesù gli uomini si dividono: o credono in lui o rifiutano di credere, o lo accolgono o lo respingono. “Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3, 19-21). Il giudizio riguardo agli uomini è sempre in atto, così come è continuo il processo che essi fanno a Gesù.

Perché i capi dei Giudei non credono a Gesù e lo vogliono lapidare? Perché, secondo loro, Egli bestemmia, presentandosi come figlio di Dio, come una persona divina. “Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio” (Gv 10, 33). Secondo loro, Gesù bestemmia e perciò è un falso profeta e i miracoli che compie li fa con il potere di Satana.

E Gesù, come si difende? Egli risponde che le sue opere non possono venire da Satana, ma soltanto da Dio. “Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre” (Gv 10, 37-38). Ma perché le opere di Gesù sono opere di Dio e non di Satana? Precisamente perché sono opere buone, opere di vita e non di morte. “I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo” (Lc 7, 22-23). Il ministero pubblico di Gesù è la manifestazione di una meravigliosa potenza di bene e di vita. “Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (At 10, 38). Satana è “omicida fin da principio … e padre della menzogna” (Gv 8, 44), è il “maligno” (1Gv 5, 19). Le opere di Gesù rivelano invece una potenza benefica che dona la vita; vengono dunque da Dio che è “amante della vita” (Sap 11, 26). Tutta la missione di Gesù è una missione di amore, per abbattere il potere di Satana e instaurare il regno di Dio: “Se io scaccio i demoni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio” (Mt 12, 28). A sua volta il regno di Dio è vita integrale e sovrabbondante per l’uomo, vita spirituale, fisica, sociale, temporale ed eterna. “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10).

La missione di Gesù corrisponde all’attesa profonda di ogni cuore umano, all’anelito originario verso la pienezza della vita. Tuttavia non è facile credergli, perché egli pretende di essere accolto come la presenza personale di Dio tra gli uomini: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14, 9). Non solo fa vivere, ma è lui stesso la Vita. “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6). “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11, 25). Una pretesa indubbiamente inaudita! Una pretesa però che apre una prospettiva meravigliosa sull’amore di Dio per noi e sul nostro futuro. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). Nel suo amore, Dio arriva a comunicare personalmente se stesso; non solo ci fa i suoi doni; ma ci dona se stesso, fino alla morte in croce per i nostri peccati, fino alla risurrezione per la nostra giustificazione (cfr Rm 4, 25), fino alla gloria celeste quando sarà “tutto in tutti” (1Cor 15, 28). Chi crede in Gesù, non finisce mai di stupirsi e di ringraziare. Davvero Egli “ha fatto risplendere la vita” (2Tm 1, 10): un amore nuovo, una speranza nuova, un’energia nuova, una gioia nuova.

Noi che, per grazia, siamo stati chiamati a credere in Gesù Cristo e a costituire la Chiesa, “popolo della vita”, dobbiamo impegnarci a servire la vita come Gesù, pronti alla fatica e al sacrificio. L’attuale conflitto tra la cultura della vita e la cultura della morte fa parte anch’esso del processo permanente a Gesù Cristo. Noi vogliamo essere testimoni a suo favore, testimoni convinti e coerenti, perché siamo stati raggiunti dalla luce di Pasqua: “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa” (Dom. di Pasqua, Sequenza).

 

Cardinale Ennio Antonelli
Presidente

  

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