The Holy See
back up
Search
riga

VISITA-PELLEGRINAGGIO
DEL CARDINALE ENNIO ANTONELLI
A LISIEUX

CELEBRAZIONE EUCARISTICA AL CARMELO DI LISIEUX

OMELIA DEL CARDINALE ENNIO ANTONELLI,
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

Lunedì, 12 luglio 2010

 

Saluto con affetto fraterno nel Signore tutti voi che partecipate a questa santa liturgia. Nell’aprile scorso ho avuto la grazia di celebrare la messa al monastero dell’Incarnazione di Avila e oggi ho la grazia di celebrarla nel Carmelo di Lisieux. Nello stesso anno mi è dato di visitare prima la casa di Santa Teresa di Gesù, poi quella di Santa Teresa di Gesù Bambino. Per me è un invito a mettere sempre più Gesù al centro di tutta la mia vita: pensieri, affetti, relazioni, sofferenze e attività. Prego perché questo sia concesso sia a me che a tutti voi.

Mettere Gesù al primo posto è anche l’appello che Egli stesso ci rivolge nel vangelo di oggi. “Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 10, 37-39). Essere pronti a sacrificare gli affetti più cari, a lasciare i genitori e i figli, a soffrire e a portare la croce per amore di Gesù; essere pronti a perdere perfino la vita per lui: queste sono pretese inaudite che solo Dio fatto uomo può avanzare nei confronti degli altri uomini; questo è l’atteggiamento che egli si attende da noi, se vogliamo essere veri cristiani.

La parola del vangelo che abbiamo ascoltato è stata vissuta con meravigliosa radicalità da Santa Teresa di Gesù Bambino e dai suoi santi genitori Luigi e Zelia Martin.

Teresa, attraverso un percorso di gioie e di sofferenze in famiglia e in monastero, è giunta in breve tempo ad essere libera da tutti e da tutto, per amare con tutte le sue energie Cristo, suo sposo. Pur desiderando spontaneamente compiere grandi cose per il Signore, per la Chiesa e per la salvezza di tutti gli uomini, era felice di poter fare solo piccole cose, di non avere meriti, di essere un nulla, per confidare unicamente nell’Amore misericordioso. In ogni situazione cercava solo la volontà del Signore. Non le importava vivere o morire, avere consolazione o angoscia, gioia o sofferenza. Con meravigliosa fortezza affrontò la duplice e terribile prova, dell’ultima malattia fisica e della fitta tenebra spirituale, condividendo la passione esteriore e interiore di Gesù e il suo folle amore per i peccatori, specialmente per gli increduli e gli atei.

Chi ama padre o madre più di me non è segno di me”. Distaccata da tutti, ma divenuta una sola cosa con Gesù, Teresa poteva amare con il suo stesso amore, e quindi più intensamente, ogni persona vicina o lontana e specialmente i suoi stessi familiari, vivi o defunti: il padre, la madre, le sorelle, i fratelli.

Riguardo ai suoi genitori, Teresa scrive: “Le bon Dieu m’a donné un père et une mère plus dignes du Ciel que de la terre” (LT 261). La santa aggiunge che il loro desiderio di avere molti figli per poterli donare al Signore fu esaudito in modo completo, poiché quattro di essi furono accolti in cielo ancora bambini e cinque figlie rimaste sulla terra si consacrarono allo sposo divino (cfr. LT 261).

Chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me (…) Chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà”. Zelie amava intensamente i suoi figli, tanto da non sentire il peso della maternità. In una sua lettera scriveva: « J’aime les enfants à la folie; j’étais née pour en avoir» (CF 83). E ancora in un’altra lettera: « C’est un travail si doux de s’occuper de ses petits enfants! Si je n’avais que cela à faire, il me semble que je serai la plus heureuse des femmes » (CF 31). Viveva per suo marito e per le sue figlie. Quando la gravissima malattia le fece percepire la vicinanza della morte, ciò che le procurava afflizione era il pensiero di doverli lasciare. Comunque era prontissima ad accettare la volontà di Dio, ad accettarla cantando e rendendo grazie a lui. « Si le bon Dieu veut me guérir, je serais très contente, car, dans le fond, je desire vivre; il m’en coûte de quitter mon mari et mes enfants. Mais, d’autre part, je me dis: Si je ne guéris pas, c’est qu’il leur sera peut-être plus utile que je m’en aille (…) je compte sur le pélerinage de Lourdes; mais, si je ne suis pas guérie, je tâcherais de chanter tout de même au retour» (CF 189). Zelie, come sua figlia Teresa, credeva fermamente nell’Amore di Dio e ad esso consegnava se stessa e la sua famiglia con totale fiducia. « Nous devons – ella scriveva – nous mettre dans la disposition d’accepter généreusement la volonté du bon Dieu, quelle qu’elle soit, car ce sera toujours ce qu’il peut y avoir de meilleur pour nous » (CF 204). Nella sua vita e davanti alla morte Zelie ha testimoniato concretamente il primato assoluto di Dio e di Cristo.

Suo marito Luigi non è stato da meno. “Chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me (…) Chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà”. Il signor Martin amava con immensa tenerezza le sue figlie. Dopo la morte della sua sposa, ricorda Teresa, « Le cœur si tendre de papa avait joint a’ l’amour qu’il possédait déjà un amour vraiment maternel » (Ms A, 12 r°). Per il bene delle sue figlie, non esitò a trasferire la famiglia da Alençon a Lisieux, rinunciando al suo ambiente, ai suoi amici, alle sue abituali relazioni e occupazioni. Successivamente non solo accettò, ma favorì la vocazione religiosa di tutte le sue figlie. Fu per lui, dice Teresa, un sacrificio simile a quello che fece Abramo nell’offrire a Dio il figlio Isacco (cfr. LT 261). In occasione della partenza di Teresa per il Carmelo il padre scriveva a un suo amico di Alençon: « Dieu seul peut exiger un tel sacrifice; mais il m’aide si puissamment qu’au milieu de mes larmes, mon coeur surabonde de joie ». Infine egli offrì a Dio anche se stesso come vittima (LT 261) e Dio accettò l’offerta. Quest’uomo di nobile aspetto, stimato, ammirato, onorato fu colpito da una malattia circolatoria e subì la perdita umiliante della ragione tanto da essere ricoverato per tre anni e tre mesi in un ospedale per malati mentali. Nelle parentesi di lucidità era pienamente consapevole della sua situazione umiliante; eppure l’accettava dalla mano di Dio. Dalla sua bocca uscivano parole come queste: « Je suis très bien ici et j’y suis par la volonté de Dieu. J’avais besoin de cette épreuve. Je crois que c’est pour abattre mon orgueil (…) Puis, je fais de l’apostolat autour de moi. Combien ont besoin de conversion » (CG 1). Teresa aveva ragione di dire a proposito di suo padre: « Il ne vivait que pour Dieu seul » (LT 261).

Santa Teresa e i suoi santi genitori ci ripetono con la forza della loro testimonianza vissuta la parola di Gesù: “Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà”.

Non si tratta di assumere un atteggiamento di indifferenza o addirittura di disprezzo nei confronti dei familiari, dei beni e delle gioie di questo mondo, della propria vita terrena; ma di mettere al primo posto la persona di Gesù e di subordinare ogni cosa all’amore per lui. Quando questo si realizza, diventiamo liberi da affetti, piaceri, interessi, paure, angoscia della morte; dalla ricerca affannosa di sicurezza, potere, ricchezza; dalle abitudini, dai pregiudizi, dal conformismo sociale. Da una parte le rinunce e i sacrifici ci rendono liberi per crescere nella vera vita, cioè nella comunione con Dio e con gli altri. D’altra parte però è soprattutto la scoperta di Gesù, con il suo fascino e la sua bellezza incomparabile, che consente di fare le rinunce, le fatiche e i sacrifici più ardui, e di farli perfino con gioia. E’ per seguire lui che si prende la croce; è per causa di lui che si perde la vita. Il bracciante agricolo che zappando ha scoperto un tesoro corre a vendere tutti i suoi averi per acquistare il campo e impadronirsi del tesoro; il mercante che ha trovato una perla di grande valore, vende tutto quello che possiede per poterla comprare (cfr. Mt 13, 44-46). La libertà interiore dispone alla comunione con il Signore e viceversa la comunione con il Signore rende interiormente liberi. Liberi per amare a motivo di Cristo e insieme a Cristo tutti gli uomini e tutto ciò che è autenticamente umano.

 

top