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PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

CONVEGNO DIOCESANO
DIOCESI DI NOCERA INFERIORE - SARNO

RELAZIONE S.Em. ENNIO CARD. ANTONELLI
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

Nocera, 23 settembre 2010

La Chiesa presenza continua di Cristo nella storia


1. Le sfide del contesto culturale di oggi

a) In forza della globalizzazione si diffondono dall’Occidente in tutto il mondo tendenze culturali e dinamiche sociali sfavorevoli alla vita cristiana e in particolare alla famiglia: relativismo etico (Non c’è bene oggettivo; non c’è legge naturale), soggettivismo libertario (Ha valore la scelta come tale, non la scelta per la verità e il bene; ad esempio si può scegliere l’orientamento sessuale, il suicidio assistito), egocentrismo (Si cerca la propria autorealizzazione seguendo il principio del piacere e l’onnipotenza del desiderio), utilitarismo (Si strumentalizzano gli altri; si mercifica il sesso), consumismo (Si è vivi nella misura in cui si consumano cose ed esperienze, emozioni e sensazioni soddisfacenti. Anche il matrimonio diventa matrimonio di prova), individualismo (Lavoro e società si organizzano in funzione degli individui, ignorando le esigenze della famiglia), scientismo (In seguito allo sviluppo delle neuroscienze si riduce l’uomo alla sua dimensione biologica, misconoscendo la sua dignità di soggetto personale, specialmente a proposito degli embrioni).

b) L’Europa di oggi si presenta come il continente più secolarizzato. Molto scarsa è la partecipazione alle celebrazioni religiose (in particolare la Messa della Domenica). La religione da moltissima gente viene considerata poco rilevante per la vita. Si diffondono ateismo e nihilismo, negazione di Dio e della dignità trascendente dell’uomo (cfr. Fides et Ratio 90). La chiesa è accusata di essere antimoderna, nemica del progresso, della libertà e della gioia di vivere, perché disapprova i rapporti sessuali fuori del matrimonio, la contraccezione, l’aborto, il divorzio, l’omosessualità.

Alla crisi religiosa si associa un pesante degrado etico: egoismo proteso al profitto, al potere e al piacere, menzogna, conflittualità, violenza, disordine economico, corruzione politica, esercizio esclusivamente ludico della sessualità, dilagante crisi della famiglia (divorzio, convivenze irregolari, aborto, contraccezione, denatalità, carenza educativa).

La sfida indubbiamente è dura e pericolosa; ma può offrire l’opportunità di una scelta di fede e di vita cristiana più personale, consapevole, libera, controcorrente, coraggiosa. Di fatto vediamo una fioritura di movimenti, associazioni, nuove comunità, nuclei impegnati di cristiani e di famiglie cristiane in moltissime parrocchie. Sono un dono dello Spirito Santo, rispondente alle necessità del nostro tempo, e un forte motivo di speranza per il futuro, energie nuove per la nuova evangelizzazione. Costituiscono un valido riferimento per i cristiani mediocri, per le famiglie in crisi e per i non credenti.

Del resto, malgrado la secolarizzazione, rimane nella gente un diffuso bisogno di spiritualità e la devozione popolare continua a prosperare in vari Paesi d’Europa: lo indicano eloquentemente i pellegrinaggi ai santuari, più affollati che mai.

c) Nella cultura dominante si è affermato un processo di privatizzazione della famiglia, considerata soprattutto come luogo di gratificazione affettiva, sentimentale e sessuale degli adulti. Viene pubblicizzato come ideale di vita il benessere individuale, gettando discredito sui legami stabili del matrimonio e della genitorialità. Non si tiene conto dell’importanza del rapporto stabile di coppia e del bene prioritario che sono i bambini. Si percepisce la famiglia non come una piccola comunità, soggetto di diritti e di doveri, ma come una somma di individui che abitano temporaneamente sotto lo stesso tetto per convergenza di interessi; non come una risorsa per la società da valorizzare, ma come un insieme di bisogni e desideri individuali a cui provvedere il più possibile.

E’ in questo contesto che assume proporzioni sempre più preoccupanti la triplice crisi del matrimonio, della natalità e dell’educazione. Il numero annuo dei divorzi nell’Unione Europea è pari alla metà dei matrimoni. Le persone sole sono già 55 milioni corrispondenti al 29% delle abitazioni, ma si prevede che saliranno presto fino al 40%. Si moltiplicano le forme di convivenza: famiglie monoparentali, famiglie ricomposte, convivenze di fatto, convivenze omosessuali. Non manca chi considera la famiglia fondata sul matrimonio un residuo storico del passato e ne auspica la sparizione in un futuro non molto lontano. Nell’Unione Europea i 2/3 delle famiglie sono senza figli; l’indice medio di fecondità per donna è di 1,56, al di sotto della quota di ricambio generazionale (2,1 per donna). L’insufficienza dell’educazione è messa in risalto dalla larga diffusione tra i giovani di atteggiamenti negativi e devianze sociali. Molti di essi, anche se economicamente benestanti, crescono poveri di ideali e di speranze, spiritualmente vuoti, interessati solo al tifo sportivo, alle canzoni di successo, ai vestiti firmati, ai viaggi pubblicizzati, alle emozioni del sesso. Spesso, per uscire dalla noia e dall’insicurezza, si mettono in gruppo e diventano trasgressivi: bullismo, vandalismo, droga, rapine, stupri, delitti. I figli che crescono con un solo genitore hanno doppia probabilità di delinquere rispetto a quelli che vivono insieme con ambedue i genitori. Un quarto dei figli di genitori separati presenta problemi duraturi di equilibrio psichico, di rendimento scolastico e di adattamento sociale in misura doppia rispetto ai figli di genitori uniti, perché i bambini hanno un vitale bisogno di essere amati da genitori che si vogliono bene innanzitutto tra loro.

Alla crisi del matrimonio, della natalità e dell’educazione corrisponde la crisi della società europea, che appare piuttosto stanca e decadente. L’opinione pubblica è sensibile soprattutto al mercato e ai diritti individuali. Mancano ideali, speranze, progetti condivisi. Mancano la gioia di vivere e la fiducia verso il futuro. Con il progressivo invecchiamento della popolazione si prospettano anche gravi problemi economici: diminuiranno le forze produttive e aumenteranno le spese per le pensioni, la sanità e l’assistenza, dato che nel 2050 per ogni 100 lavoratori ci saranno 75 pensionati e ogni lavoratore dovrà provvedere a circa del sostentamento di un pensionato.

Per lo sviluppo sono necessari l’equilibrio demografico e la formazione del cosiddetto capitale umano. Occorre trattare le questioni della famiglia a partire dalla prospettiva dei figli. Se si privilegiassero gli interessi dei bambini, cambierebbe la percezione del divorzio, della procreazione artificiale, della pretesa all’adozione da parte di singles e coppie omosessuali, della corsa alla carriera professionale, dell’organizzazione del lavoro; si riscoprirebbe che la famiglia fondata sul matrimonio è davvero una risorsa per la società, un soggetto di interesse pubblico non equiparabile ad altre forme di convivenza di carattere privato.

 

2. Il popolo di Dio nella storia: la tradizione vivente

Fin dall’inizio i seguaci di Gesù hanno la consapevolezza di essere Israele escatologico, la forma definitiva del popolo di Dio nella storia, compimento delle antiche profezie e di una lunga preparazione. Come l’antico Israele fu liberato dalla schiavitù in Egitto, ricevette da Dio il dono dell’alleanza al monte Sinai, peregrinò nel deserto per un lungo periodo di tempo e giunse infine alla terra promessa, così la comunità cristiana nasce dalla vittoria pasquale di Cristo sul peccato e sulla morte, riceve lo Spirito Santo, dono della nuova alleanza, è peregrinante nel mondo attraverso i secoli, si protende verso la perfezione assoluta del regno di Dio oltre la storia.

La comunità cristiana è consapevole di essere un popolo speciale, consacrato per l’evangelizzazione di tutte le genti, per dare testimonianza a Cristo davanti a tutti gli uomini. “Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1Pt 2, 9). “Essa (la Chiesa) esiste per evangelizzare” (Paolo VI, Evangelii Nuntiandi”, 14).

Questo popolo è esposto a prove, tentazioni, difficoltà, tribolazioni e persecuzioni come Gesù stesso. Inoltre i suoi membri possono cadere nell’errore e nel peccato, dando luogo a eresie, scismi, corruzione morale, compromessi mondani. Malgrado ciò la Chiesa rimarrà indistruttibile e viva per tutti i secoli: “Le potenze degli inferi non prevarranno su di essa” (Mt 16, 18). Gesù crocifisso e risorto l’accompagnerà e le darà sostegno in ogni tempo: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20); “Riceverete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (At 1, 8). Comunicando lo Spirito Santo ai suoi discepoli Cristo stesso sarà presente in loro e tra loro. Gli apostoli e i primi cristiani sono consapevoli che stanno dando testimonianza a Cristo, non come a un personaggio defunto, ormai relegato nel passato, ma al Messia risuscitato dalla morte, vivente e presente nella storia in un modo reale e concreto, anche se diverso da come lo era prima durante la sua vita terrena. Ripetono che attraverso i suoi inviati è lui stesso il protagonista della missione, che viene a offrire la salvezza a tutte le nazioni (cfr. At 13, 47; 26, 23). Lo Spirito Santo non supplisce la sua assenza, ma attua la sua nuova presenza.

Il Signore Gesù mediante il suo Spirito unisce a sé i credenti e alimenta in loro la vita nuova (la vita di Dio), li rigenera incessantemente con la sua parola e i suoi sacramenti, infonde in loro la fede, la speranza e la carità, dà a loro, se sono disponibili, la capacità di vivere il Vangelo, assicura per tutti i secoli la trasmissione della verità salvifica e della grazia, come una tradizione vivente, fedele e creativa, sempre nuova nella continuità.

Ogni civiltà è tradizione: un patrimonio culturale (a cominciare dalla lingua) che passa da una generazione all’altra. Ogni religione è tradizione che trasmette la memoria del fondatore e il suo messaggio, la professione della fede, le preghiere e i riti religiosi, gli esempi e le regole di vita, gli ordinamenti e le istituzioni. L’Antico Testamento è la rivelazione di Dio a Israele trasmessa e sviluppata attraverso la tradizione comunitaria. Il Nuovo Testamento e la Chiesa sono tradizione vivente, iniziata da Gesù durante la sua esistenza terrena, animata da lui stesso mediante lo Spirito dopo la sua glorificazione presso il Padre. I primi discepoli consegnano alle successive generazioni cristiane la sua memoria e il suo messaggio, l’esperienza che essi hanno fatto con lui, la loro testimonianza viva e anche scritta nei libri del Nuovo Testamento. Solo condividendo l’esperienza di fede originaria si entra in comunione spirituale e visibile con Cristo e con la sua Chiesa. Quella esperienza iniziale è da rivivere in ogni epoca, cioè da custodire fedelmente con lo stesso significato, da approfondire ed esplicitare, da vivere creativamente secondo le situazioni sempre nuove (fecondità inesauribile della verità evangelica).

La tradizione apostolica originaria (comprendente la Sacra Scrittura) si prolunga nella tradizione ecclesiale posteriore, con il sostegno incessante dello Spirito di verità promesso da Gesù (Gv 14, 17). La grande tradizione della fede professata, annunciata, celebrata e vissuta è infallibile, mentre possono essere caduche o anche devianti le particolari tradizioni umane di tipo teologico, culturale, disciplinare, liturgico, devozionale.

La tradizione vivente della fede cristiana si attua nella dottrina, nel culto e nella prassi della Chiesa; si serve di vari canali concreti: insegnamento del Papa e dei Vescovi che garantisce l’autenticità e la verità, predicazione, catechesi, liturgia, arte, comportamento esemplare dei cristiani, soprattutto dei santi, comunità fervorose, opere esemplari di promozione umana, difesa della persona e dei suoi diritti fondamentali, riconciliazione e pace. Tutti i cristiani partecipano attivamente alla tradizione, ricevendo dagli altri e comunicando agli altri, in uno scambio incessante. In tutto questo processo storico il Papa e i Vescovi, successori rispettivamente di Pietro e degli apostoli, hanno un compito e un carisma di guida, che li rende immagine e presenza di Cristo Pastore. Così il Papa è infallibile anche da solo, quando parla ex cathedra; i Vescovi lo sono in unione con il Papa, quando unanimi propongono a credere fermamente; tutto il popolo di Dio lo è nella misura in cui è concorde con il Papa e i Vescovi. Per il ministero dei Pastori e per la presenza dello Spirito Santo viene assicurata la permanenza fedele e feconda della grazia e della verità salvifica, cioè la coerenza nello sviluppo incessante, un po’ come un corpo vivo rimane se stesso mentre cresce e si trasforma.

Quando si parla di popolo di Dio e di tradizione nella storia, bisogna fare attenzione a non assimilare del tutto la Chiesa ai popoli di questo mondo e alle loro tradizioni culturali. Si corre il pericolo di considerarla una democrazia e soprattutto di relegare Cristo nel passato.

Non si può credere a un personaggio lontano duemila anni, se non continua a dare sempre nella storia fino ad oggi segni trasparenti della sua presenza viva e personale. Abbiamo bisogno, specialmente oggi, di Cristo presente e in qualche modo visibile. Egli è in mezzo a noi e si manifesta attraverso il suo corpo ecclesiale: è lui che mediante la grazia dello Spirito Santo ama attraverso ogni cristiano che ama (soprattutto attraverso i santi eroici); è lui che unisce le comunità ecclesiali e le famiglie cristiane nella fede e nell’amore reciproco; è lui che compie in ogni tempo i miracoli come faceva durante il suo ministero pubblico in Palestina.

La Chiesa è un popolo speciale, il popolo di Dio. Esiste non come una democrazia, ma come una fraternità ordinata, cioè come una partecipazione di tutti sotto la guida dei Pastori che sono segno di Cristo Pastore. Esiste come Corpo di Cristo, sacramento della sua presenza, visibilità dell’invisibile attraverso la convergenza di molteplici segni, più o meno trasparenti (messaggio evangelico, sette sacramenti, testimonianza vissuta dei cristiani, famiglie e comunità fervorose, santi eroici, miracoli, apparizioni). La prospettiva sociologica e storica deve essere integrata nella prospettiva sacramentale.

 

3. La Chiesa sacramento di Cristo Salvatore.

In un tempo di crisi delle ideologie e di sfiducia nelle dottrine, il fascino della santità vissuta rimane intatto. Nella lettera apostolica Novo Millennio Ineunte a conclusione del grande Giubileo, Giovanni Paolo II affermava: “Gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di parlare di Cristo, ma in un certo senso di farlo loro vedere” (NMI, 16). In questo contesto è particolarmente appropriata una visione sacramentale della Chiesa come comunione missionaria e segno trasparente della presenza di Cristo crocifisso e risorto, salvatore di tutti gli uomini e di tutto ciò che è autenticamente umano.

Gesù Cristo ha voluto la Chiesa come luce del mondo, città sul monte, luce sul candelabro, sale della terra (cfr. Mt 5, 13-14), suo corpo (cfr. 1Cor 12, 27), cioè sua espressione visibile, per continuare a manifestare la sua presenza nella storia e attrarre a sé gli uomini e disporli alla salvezza eterna.

Gli uomini si avvicinano a lui e alla sua Chiesa in diversa misura e in varie modalità, secondo la storia personale di ognuno. Anche quando non arrivano alla piena comunione, invisibile e visibile, possono entrare in qualche forma di appartenenza. Solo Dio conosce il cuore delle persone. Alla Chiesa è chiesto solo di dare la sua cooperazione con la preghiera, il sacrificio, la testimonianza, l’annuncio del Vangelo, l’animazione cristiana delle realtà terrene. E’ chiesto di essere sacramento di salvezza.

Bisogna pensare la Chiesa a partire da quello che è il suo centro e vertice, “culmen et fons”, l’Eucaristia. Nella celebrazione eucaristica Cristo si rende presente nell’atto del suo sacrificio pasquale, per far vivere la Chiesa come suo corpo e sua sposa (cfr Giovanni Paolo II, FC 57). L’Eucaristia è il sacramento della nuova ed eterna alleanza, il sacramento che significa e attua l’unione nuziale di Cristo con la Chiesa (cfr Giovanni Paolo II, FC 84). Noi riceviamo Cristo e Cristo riceve noi, secondo quello che egli stesso ha detto: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6, 36; cfr Giovanni Paolo II, Eccl. De Eucar. 22). Come l’uomo che si unisce alla donna forma con lei una sola carne, così “chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito” (1Cor 6, 17).

Far comunione con Cristo nell’Eucaristia significa anche condividere il suo amore salvifico per tutti gli uomini. La comunione con lui è essenzialmente missionaria. Si intuisce come la prospettiva eucaristica possa illuminare tutta la vita ecclesiale, oltre che vari aspetti particolari di essa (ad es. immanenza dell’unica Chiesa universale nelle molte Chiese particolari, come l’unico Cristo con l’unico sacrificio pasquale è presente nelle molte celebrazioni eucaristiche).

Il Sinodo straordinario convocato da Giovanni Paolo II a vent’anni dalla conclusione del Concilio ne sintetizza l’insegnamento ecclesiologico con i tre concetti di mistero, comunione e missione, intimamente collegati tra loro, come triplice scansione di una sola dinamica vitale (cfr. documento Exeunte coetu secundo, 07.12.1985). La Chiesa è dunque una comunità di uomini convocata e vivificata da Cristo risorto per essere la sua espressione visibile, il suo corpo nella storia. “Comunicando il suo Spirito, egli costituisce misticamente suo corpo i fratelli, che raccoglie da tutte le genti” (Lumen Gentium, 7). Primariamente la Chiesa è opera di Dio Padre mediante Cristo nello Spirito Santo e solo secondariamente è opera dei credenti, in quanto accolgono la grazia divina e cooperano con essa. La comunione con le persone divine viene vissuta e manifestata dentro la comunione tra le persone umane nella concretezza della storia, mettendo in circolazione beni spirituali, culturali, materiali. Si tratta di una misteriosa realtà, spirituale e sociale, invisibile e visibile nello stesso tempo (cfr. LG 8), sacramento, cioè segno e strumento, “per rivelare e comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini e a tutte le genti” (Ad Gentes 10).

La Chiesa coopera con Cristo Salvatore, trasmettendo l’amore e manifestando la presenza di lui in molti modi: con la Parola creduta e annunciata, con l’Eucaristia e i sacramenti, con il ministero dei pastori e la varietà dei carismi, con la vita santa dei credenti, con la preghiera, il servizio e il sacrificio, con la comunione fraterna, con il rinnovamento delle realtà terrene coerente con il Vangelo. La sua sacramentalità comprende sia la santità oggettiva dei beni salvifici sia la santità soggettiva dei credenti, nella misura in cui questi accolgono l’amore di Cristo, lo vivono, lo portano e lo manifestano agli altri.

Noi siamo Chiesa nella misura in cui siamo uno con Cristo in modo spirituale e visibile, cioè nella misura in cui accogliamo la verità della fede e la professiamo, in cui facciamo nostra la carità divina e la manifestiamo nell’amore reciproco e verso tutti, nelle relazioni, attività, istituzioni, opere. Noi siamo Chiesa in misura maggiore o minore, secondo i doni di Dio e la nostra risposta, scendendo dai grandi santi fino ai peccatori che sono ancora inseriti nella Chiesa mediante legami parziali di comunione. Non tutto ciò che è nella Chiesa è Chiesa, ma solo la grazia offerta, accolta, vissuta e manifestata. Invece i peccati dei credenti sono nella Chiesa, ma non sono Chiesa, né sono della Chiesa. La Chiesa è deturpata dai peccati dei suoi membri e perciò è bisognosa di purificazione. Essa si fa carico di tali peccati, fa penitenza, chiede perdono a Dio e agli uomini. Ma in se stessa la Chiesa è santa e santificatrice; è “la santa Chiesa dei peccatori”, per la loro conversione. Parlando con linguaggio sociologico si può dire che la Chiesa è peccatrice; ma parlando con linguaggio teologico appropriato non è corretto (come non si può dire che la Messa è peccatrice, per il solo fatto che i partecipanti sono peccatori).

 

4. La sacramentalità della famiglia cristiana.

Dentro il sacramento generale della salvezza, che è la Chiesa, la famiglia cristiana è sacramento particolare della comunione con Dio e tra gli uomini.

Secondo l’insegnamento di Giovanni Paolo II, la famiglia, già come realtà semplicemente naturale, trova la sua sorgente e il suo modello nella Trinità divina. “L’immagine divina si realizza non soltanto nell’individuo, ma anche in quella singolare comunione di persone che è formata da un uomo e da una donna, uniti a tal punto nell’amore da diventare una sola carne. E’ scritto infatti: a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò (Gen 1, 27)” (Messaggio per la giornata della pace 1994, n. 1). “Il noi divino costituisce il modello eterno del noi umano; di quel noi innanzitutto che è formato dall’uomo e dalla donna, creati a immagine e somiglianza di Dio” (Giovanni Paolo II, Gravissimam Sane, 6). Dunque ogni comunione di persone fondata sull’amore è in qualche modo un riflesso di Dio amore, uno e trino. Ma la famiglia lo è in modo specifico. “Il fatto che l’uomo, creato come uomo e donna, sia immagine di Dio non significa solo che ciascuno di loro individualmente è simile a Dio, come essere razionale e libero. Significa anche che l’uomo e la donna, creati come unità dei due nella comune umanità, sono chiamati a vivere una comunione di amore e in tal modo rispecchiare la comunione di amore che è in Dio, per la quale le tre Persone si amano nell’intimo mistero della vita divina (…) Nell’unità dei due l’uomo e la donna sono chiamati sin dall’inizio non solo ad esistere uno accanto all’altra oppure insieme, ma sono chiamati anche ad esistere reciprocamente l’uno per l’altro” (Mulieris Dignitatem, 7). Per questa reciprocità ogni matrimonio autentico di un uomo e di una donna merita la qualifica di sacramento primordiale della creazione. Fin dall’inizio della storia “si costituisce un primordiale sacramento, inteso quale segno che trasmette efficacemente nel mondo visibile il mistero invisibile nascosto in Dio dall’eternità. E’ questo il mistero della Verità e dell’Amore, il mistero della vita divina, alla quale l’uomo partecipa realmente” (Catechesi  20.02.1980, n. 3). Inoltre ogni matrimonio autentico è di per se stesso segno “dell’amore che Dio nutre verso l’essere umano” (Angelus 6 febbraio 1994).

Il matrimonio, già realtà sacramentale in virtù della stessa creazione, è stato elevato da Gesù Cristo a sacramento della nuova ed eterna alleanza. Come alle nozze di Cana l’acqua fu cambiata in vino, così il legame coniugale dell’uomo e della donna è diventato una “comunione nuova d’amore”, segno e partecipazione della comunione nuziale di Cristo con la Chiesa, per rivelare e irradiare in modo visibile e trasparente nel mondo l’unità trinitaria delle persone divine (cfr FC 19; Omelia a Rio de Janeiro 4 ottobre 1997). Il Signore Gesù, sposo della Chiesa, comunica ai coniugi il suo Spirito, il suo amore per la Chiesa, maturato fino al sacrificio supremo della croce, in modo che il loro amore reciproco sia alimentato dal suo stesso amore sponsale, sia elevato a carità coniugale e prefiguri le nozze eterne dell’amore e della gioia, quando Dio sarà “tutto in tutti” (1Cor 15, 28). “Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi come Cristo ci ha amati” (FC 13), anzi capaci di amarsi con l’amore stesso di Cristo, al quale partecipano realmente (Discorso 13 settembre 1982), in quanto l’autentico amore coniugale è assunto dall’amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva di Cristo” (Concilio Vaticano II, GS 48). Nella famiglia cristiana il sacramento della nuova alleanza porta a compimento il sacramento primordiale della creazione; perfeziona la partecipazione e la manifestazione della comunione trinitaria.

Secondo Giovanni Paolo II, la famiglia cristiana “piccola Chiesa” (o chiesa domestica) non è un modo di dire, una metafora, per suggerire una vaga somiglianza. Si tratta, invece di una attuazione della Chiesa, specifica e reale; di una comunità evangelizzata ed evangelizzante; di “una piccola chiesa missionaria” (Angelus 4 dicembre 1994). “(I coniugi) – egli spiega – non solo ricevono l’amore di Cristo, diventando comunità salvata, ma sono anche chiamati a trasmettere ai fratelli il medesimo amore di Cristo, diventando comunità salvante” (FC 49). Essi ricevono “la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa” (FC 17). Perciò la famiglia cristiana partecipa alla sacramentalità della chiesa, è anch’essa sacramento della presenza di Cristo. Come la Chiesa, la famiglia cristiana evangelizza innanzitutto con quello che è e poi con quello che fa e dice; prende parte alla missione evangelizzatrice impegnando “se stessa nel suo essere e agire, in quanto intima comunità di vita e di amore” (FC 50). Il suo essere in Cristo comunità di vita e di amore si ripercuote in tutto il suo agire: prestazione di aiuto reciproco, procreazione generosa e responsabile, educazione dei figli, contributo alla coesione e allo sviluppo della società, impegno civile, servizio caritativo, impegno di apostolato e partecipazione alle attività ecclesiali (cfr. FC 17).

La famiglia cristiana è stata da sempre la prima via di trasmissione della fede e anche oggi ha grandi possibilità di evangelizzazione. Può evangelizzare nella propria casa con l’amore reciproco, la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio, la catechesi familiare, l’edificazione scambievole. Può evangelizzare nel suo ambiente mediante le relazioni con i vicini, i parenti, gli amici, i colleghi di lavoro, la scuola, i compagni di sport e divertimento. Può evangelizzare in parrocchia mediante la fedele partecipazione alla Messa domenicale, la collaborazione al cammino catechistico dei figli, la partecipazione a incontri di famiglie, movimenti e associazioni, la vicinanza alle famiglie in difficoltà, l’animazione di itinerari di preparazione al matrimonio e di preparazione dei genitori al battesimo dei figli (molti spazi pastorali si possono aprire alle coppie animatrici). Può evangelizzare nella società civile dandole nuovi cittadini, incrementando le virtù sociali, aiutando le persone bisognose, aderendo alle associazioni familiari per promuovere una cultura e una politica più favorevole alle famiglie e ai loro diritti (cfr. FC  44).

Per evangelizzare non basta essere battezzati; non basta neppure essere praticanti della domenica, se non si ha uno stile di vita coerente col Vangelo. Occorre una robusta spiritualità. “Le sfide e le speranze che sta vivendo la famiglia cristiana – dice Giovanni Paolo II – esigono che un numero sempre maggiore di famiglie scopra e metta in pratica una solida spiritualità familiare nella trama quotidiana della propria esistenza” (Discorso, 12.10.1988). La solida spiritualità, di cui parla il Papa, va intesa come rapporto vivo con Cristo vivo e presente, in virtù dello Spirito; rapporto coltivato con l’ascolto della Parola, la partecipazione all’Eucaristia, la frequenza al sacramento della penitenza; rapporto vissuto concretamente nelle relazioni e attività quotidiane, sia all’interno che all’esterno della famiglia, in atteggiamento permanente di conversione; rapporto da cui attingere un di più di amore e unità, generosità e coraggio, sacrificio e perdono, gioia e bellezza.

Per avere famiglie di “solida spiritualità”, evangelizzate ed evangelizzanti, occorre una seria preparazione al matrimonio, come cammino teorico e pratico di sequela del Signore Gesù e di conversione. “La preparazione al matrimonio – dice Giovanni Paolo II – va vista e attuata come un processo graduale e continuo. Essa, infatti, comporta tre principali momenti: una preparazione remota, una prossima e una immediata” (FC 66), rispettivamente destinate a bambini e adolescenti, ai fidanzati, ai prossimi sposi. Inoltre Giovanni Paolo II auspica che la preparazione prossima, quella dei fidanzati, tenda sempre più a diventare “un itinerario di fede” (FC 51) simile a “un cammino catecumenale” (FC 66). Questa indicazione merita di essere presa in seria considerazione, cercando di offrire almeno opportunità differenziate, corsi brevi o itinerari prolungati, secondo il bisogno e la disponibilità delle coppie. Si potranno così avere famiglie più stabili (la appropriata preparazione al matrimonio abbassa del 30% le probabilità di divorzio), famiglie capaci di testimoniare la fede, di svolgere servizi a favore di altre famiglie, di animare le attività catechistiche, caritative, culturali, sociali.

Una seria preparazione al matrimonio è necessaria, ma non è sufficiente. Giovanni Paolo II raccomandava anche l’accompagnamento delle coppie dopo il matrimonio, “la cura pastorale della famiglia regolarmente costituita” (FC 69). Anche questa indicazione, peraltro confermata anche da Benedetto XVI (Discorso 8 luglio 2006), deve entrare sempre più nella pastorale ordinaria delle comunità ecclesiali mediante una varietà di iniziative: proposta della preghiera in famiglia con sussidi adatti per ascoltare insieme e vivere la Parola di Dio; incontri periodici tra famiglie per costruire una rete di amicizia e solidarietà, umanamente e spiritualmente significativa; piccole comunità familiari di evangelizzazione; coinvolgimento sistematico delle famiglie nel percorso di iniziazione cristiana dei figli dal battesimo, alla cresima, alla comunione eucaristica; promozione delle associazioni, dei movimenti e delle nuove comunità ecclesiali, realtà preziose per la formazione spirituale, l’apostolato e la stessa pastorale ordinaria; sostegno alle associazioni familiari di impegno civile (cfr. FC 22).

 

5. Rinnovata coscienza missionaria.

La novità forse più appariscente del pontificato di Giovanni Paolo II sono i suoi numerosissimi viaggi apostolici a servizio del Vangelo. Scelta programmatica e convinta: “Già dall’inizio del mio pontificato ho scelto di viaggiare fino agli estremi confini della terra per manifestare la sollecitudine missionaria” (Rmi 1). Scherzosamente un giorno disse che non gli bastava essere Pietro, voleva essere anche Paolo, l’apostolo delle genti. Il suo intento, in gran parte realizzato, era di visitare tutte le nazioni della terra, tutte le diocesi italiane, tutte le parrocchie di Roma, per onorare la sua triplice responsabilità di pastore universale, di primate d’Italia e di Vescovo di Roma.

Secondo il suo insegnamento, la missione evangelizzatrice è essenziale e costitutiva della Chiesa e perciò “riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e parrocchie, le istituzioni e associazioni ecclesiali” (Rmi 2). Oggi essa è più urgente che mai: “Il nostro tempo con l’umanità in movimento e in ricerca esige un rinnovato impulso nell’attività missionaria della Chiesa. Gli orizzonti e le possibilità della missione si allargano, e noi cristiani siamo sollecitati al coraggio apostolico, fondato sulla fiducia nello Spirito. E’ lui il protagonista della missione” (Rmi 30). “Gli uomini che attendono Cristo sono ancora in numero immenso: gli spazi umani e culturali, non ancora raggiunti dall’annunzio evangelico o nei quali la Chiesa è scarsamente presente, sono tanto ampi, da richiedere l’unità di tutte le sue forze (…) Dobbiamo nutrire in noi l’ansia apostolica di trasmettere ad altri la luce e la gioia della fede, e a questo ideale dobbiamo educare tutto il popolo di Dio. Non possiamo restarcene tranquilli, pensando ai milioni di nostri fratelli e sorelle, anch’essi redenti dal sangue di Cristo, che vivono ignari dell’amore di Dio. Per il singolo credente, come per l’intera Chiesa, la causa missionaria deve essere la prima, perché riguarda il destino eterno degli uomini e risponde al disegno misterioso e misericordioso di Dio” (Rmi 86).

Nel compito e nella dinamica missionaria della Chiesa Giovanni Paolo II assegna un ruolo di primissimo piano alla famiglia cristiana e lo fa con un linguaggio straordinariamente incisivo. “(Tra le vie della missione) la famiglia è la prima e la più importante; su di essa la Chiesa conta, chiamandola ad essere un vero soggetto di evangelizzazione e di apostolato” (Omelia 21 ottobre 2001, citando Gravissimam Sane, 2,16). “(Costatiamo) quanto sia urgente perseverare in una intelligente pastorale familiare, che veda come suoi agenti principali gli stessi componenti della famiglia” (Angelus 28 dicembre 1997). “Un’autentica famiglia, fondata sul matrimonio, è in se stessa una ‘buona notizia’ (un Vangelo) per il mondo. Nel nostro tempo, inoltre, sono sempre più numerose le famiglie che collaborano attivamente all’evangelizzazione, sia nella propria parrocchia e diocesi, sia condividendo la stessa missione ad gentes. Sì, care famiglie, è maturata nella Chiesa l’ora della famiglia, che è anche l’ora della famiglia missionaria” (Angelus 21 ottobre 2001). “Chiesa santa di Dio, tu non puoi fare la tua missione, non puoi compiere la tua missione nel mondo, se non attraverso la famiglia e la sua missione” (Discorso alle famiglie neocatecumenali 30 dicembre 1988). “La famiglia resta una priorità e la più importante sollecitudine della vita e del ministero della Chiesa. Come va la famiglia, così va la Chiesa, e così va la società umana nel suo insieme” (Angelus 5 ottobre 1997).

Sulla stessa linea di Giovanni Paolo II si muove anche il suo successore Benedetto XVI. Egli sottolinea il ruolo della famiglia cristiana come soggetto di evangelizzazione in rapporto di reciproca edificazione con la Chiesa, grande famiglia dei figli di Dio. “L’edificazione di ogni singola famiglia cristiana si colloca nel contesto della più grande famiglia della Chiesa, che la sostiene e la porta con sé. E reciprocamente la Chiesa viene edificata dalle famiglie, piccole chiese domestiche” (Discorso 6 giugno 2005). “Solo la compartecipazione della fede della Chiesa salva la famiglia e, d’altra parte, solo se viene salvata la famiglia anche la Chiesa può vivere” (Discorso 2 marzo 2006).

Nella direzione indicata dal magistero dei due Papi si colloca l’attività del Pontificio Consiglio per la Famiglia. E’ stato avviato un progetto dal titolo significativo “La famiglia cristiana soggetto di evangelizzazione”. Vorrebbe essere un servizio alla comunione ecclesiale e alla pastorale familiare. In molti Paesi si stanno attuando esperienze pastorali assai belle e fruttuose, che valorizzano le famiglie come soggetti di evangelizzazione nella loro vita quotidiana, nelle relazioni con l’ambiente, nelle attività ecclesiali e sociali. Vorremmo attivare un processo prolungato nel tempo di raccolta e messa in circolazione, dopo adeguato discernimento, delle esperienze che saranno ritenute più significative e più idonee a ispirare e stimolare nuove esperienze. Dopo un Seminario internazionale di studio nello scorso settembre, è cominciato il lavoro di raccolta e di valutazione. Il prossimo novembre, nei giorni 25, 26 e 27, terremo un Convegno internazionale a Roma sulla famiglia cristiana soggetto di evangelizzazione nella vita quotidiana, nella pastorale e mediante l’impegno nella società. Necessariamente verranno toccate molte tematiche: spiritualità e responsabilità missionaria, preghiera comune, stile di vita, formazione di coppie leader, educazione dei ragazzi all’amore, preparazione dei fidanzati al matrimonio, incontri di famiglie, vicinanza alle coppie irregolari e a quelle in difficoltà, affidamento e adozione, reti di solidarietà, impegno sociale, culturale e politico mediante le associazioni familiari. Ogni giorno ci sarà una relazione di orientamento, l’esposizione di alcune esperienze selezionate, la messa a disposizione di altre più numerose esperienze mediante un dossier, la discussione in assemblea ed eventualmente anche in gruppi di studio. Il Convegno culminerà con la Veglia di preghiera per la vita nascente presieduta dal Santo Padre nella basilica di San Pietro ai primi vespri della prima domenica di Avvento. Dopo il Convegno metteremo in circolazione un primo lotto di esperienze come inizio di un nostro particolare e continuativo servizio alla comunione e alla comunicazione tra le Chiese. Riguardo alla preparazione dei fidanzati al matrimonio e all’accompagnamento delle famiglie costituite, tenendo conto delle esperienze raccolte e di una specifica e ampia consultazione in parte già realizzata, elaboreremo un Vademecum che confidiamo di poter portare a termine per il VII Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano nel 2012.

   

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