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PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

SOLENNITÁ DELL'IMMACOLATA

OMELIA DI S.Em. ENNIO CARD. ANTONELLI
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

Basilica di San Francesco
Assisi, 8 dicembre 2010

 

Saluto con affetto e con gioia (il Vescovo S.E. Mons. Domenico Sorrentino), i Frati Francescani, le autorità e tutti voi che partecipate a questa santa liturgia. Sono davvero felice di celebrare con voi la solennità di Maria Immacolata, in questa basilica sopra la tomba di San Francesco, i cui figli spirituali tanto hanno contribuito a far emergere nella coscienza di fede della Chiesa la verità dell’Immacolata Concezione.

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie”. Così il ritornello del salmo responsoriale. Maria, dopo Gesù, è la meraviglia più grande, il capolavoro dell’amore di Dio.

Nel Vangelo dell’annunciazione l’angelo la saluta: “Rallegrati, o piena di grazia, il Signore è con te”. Piena di grazia significa ricolmata dell’amore gratuito di Dio, della sua benevolenza, della sua misericordia, e quindi ricolmata anche di bellezza, di splendore e di fascino. Con il linguaggio della moderna riflessione teologica potremmo dire: ricolma di grazia increata, cioè di Spirito Santo, e di grazia santificante creata.

Progressivamente attraverso i secoli, la fede della Chiesa, illuminata dallo Spirito Santo, è arrivata a interpretare “Piena di grazia” come redenta in modo più sublime, preservata in virtù del Cristo redentore dal peccato originale e da ogni peccato personale, anzi, come insegna il Concilio Vaticano II, “Adornata fin dal primo istante degli splendori di una singolarissima santità” (Lumen Gentium 56), che poi è cresciuta continuamente durante tutta la sua esistenza terrena mediante la sua fede, la sua pronta obbedienza alla volontà di Dio, l’unione perfetta con Cristo specialmente “ai piedi della croce” (Lumen Gentium 58). In Maria contempliamo sia il primato assoluto della grazia, sia l’accoglienza incondizionata e la perfetta cooperazione della libertà umana.

Maria è la tutta santa, la tutta bella, agli occhi di Dio e agli occhi della Chiesa. “Tutta bella sei, o Maria: la macchia originale non è in te. Tu sei la gloria di Gerusalemme; tu la letizia di Israele; tu l’onore del nostro popolo. Tu sei l’avvocata dei peccatori”. Tutta santa e nello stesso tempo protettrice dei peccatori, come Gesù che durante la vita pubblica appariva come il “Santo di Dio” e nello stesso tempo come “l’amico dei peccatori”, perché più uno è santo e più è misericordioso.

Maria è la “rosa mistica”, cioè la regina dei fiori, la regina dei santi. In lei si concentra la santità della Chiesa, la bellezza dell’umanità redenta, come esclama pieno di stupore e commozione il sommo poeta Dante Alighieri:

In te magnificenza, in te pietate,
in te misericordia, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate
” (Par 34)

Contempliamo dunque la santità di Maria e rendiamo grazie a Dio suo creatore e salvatore. Inoltre non possiamo non ricordare che a somiglianza di Maria anche noi siamo chiamati ad essere santi. Noi non siamo stati preservati dal peccato originale, cioè dallo stato originario di alienazione da Dio, ma, sia pure in modo diverso, siamo stati liberati dal potere del demonio, del peccato e della morte e ci è stata data la forza per vincerlo.

Il testo della lettera agli Efesini che è stato proclamato come seconda lettura ci ha ricordato che Dio ci ama da sempre e da sempre ci ha associati al suo Figlio unigenito. “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato” (Ef 1, 4-6). Siamo chiamati a vivere insieme a Gesù Cristo, come suoi fratelli, figli di Dio Padre, animati dallo Spirito Santo. E’ il rapporto vitale con le persone divine che ci rende santi. Questa è la nostra dignità, la nostra vera grandezza. Questa è la nostra comune vocazione. Vocazione significa che si tratta di un dono e di un compito nello stesso tempo, di una possibilità reale che ci è offerta e che si attua se noi ci crediamo, se noi cooperiamo liberamente con la grazia divina.

Nella misura in cui diventiamo uno con Cristo e a lui somigliamo, diventiamo belli davanti a Dio e capaci di irradiare la sua presenza e il suo amore nel mondo, per attrarre e avvicinare gli uomini a lui. Diventiamo, come Maria, cooperatori di Cristo salvatore per la salvezza di tutti gli uomini e di tutto ciò che è autenticamente umano. Per evangelizzare, non basta il Vangelo scritto; occorre anche il Vangelo vissuto. Non basta la santità oggettiva dei sacramenti; occorre anche la santità soggettiva dei cristiani.

In ogni cristiano che ama, è Cristo stesso che ama, perché nessuno è capace di amare da solo, senza la grazia dello Spirito Santo che è dono di Cristo. Perciò nella misura in cui accogliamo nella fede il suo amore gratuito e misericordioso, lo facciamo nostro e lo manifestiamo nell’amore reciproco e verso tutti, consentiamo a Cristo Salvatore di agire nelle relazioni interumane, nelle attività quotidiane, nelle molteplici situazioni esistenziali e sociali con la potenza misteriosa del suo Spirito. Dio ha bisogno di noi, della nostra mente, del nostro cuore, delle nostre parole, delle nostre mani, dei nostri passi. Per credere in Cristo, gli uomini hanno bisogno di incontrarlo e in qualche modo di vederlo. “Gli uomini del nostro tempo – osserva Giovanni Paolo II – magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di parlare di Cristo, ma in certo senso di farlo loro vedere” (NMI, 16).

Si può vedere Cristo nei miracoli; ma ancora di più lo si può vedere nei santi, non solo in quelli eroici e straordinari, ma anche in quelli ordinari, che tendono alla santità” come misura alta della vita cristiana ordinaria” e non si accontentano “di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalista e di una religiosità superficiale” (Giovanni Paolo II, NMI, 31). Oggi più che mai c’è bisogno di cristiani esemplari, di famiglie cristiane unite, di comunità ecclesiali fervorose. Per tenere desta la speranza nell’odierna crisi della famiglia, che è crisi del matrimonio, della natalità e dell’educazione e si ripercuote nella disgregazione e nella stanchezza della società, il compito pastorale più urgente è formare in ogni parrocchia nuclei di famiglie che siano un Vangelo vissuto. Per evangelizzare il nostro mondo secolarizzato e i popoli che ancora ignorano il Cristianesimo, è più necessaria l’autenticità della vita cristiana che non il numero dei cristiani. Anche attraverso i pochi, i molti vengono interpellati e possono orientarsi alla vita eterna anche se su questa terra non riescono a inserirsi pienamente nella Chiesa. Quello che più conta è che ci siano fuochi accesi, che illuminano e riscaldano la notte.

La parola di Dio, che abbiamo ascoltato, mentre ci invita a contemplare la santità di Maria, ci chiama anche all’impegno serio di conversione e di evangelizzazione.

  

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