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L'attenzione al malato nei Padri della Chiesa

1. D'onde il male
L'argomento da trattare ci spinge a riflettere su eventi tanto lontani, dove la nostra memoria e la storia umana non arrivano; e il racconto che ce ne perviene, oltre il dramma congenito di ogni uomo, è di carattere religioso o mitologico.
L'uomo, per naturale istinto, tende ad una felicità integrale e stabile; continua a sperarla; ma, nonostante questa connaturale vocazione, questo sogno divino, è l'essere sulla terra che più soffre, spiritualmente e fisicamente.
Conciliare queste due reali e concrete tendenze, bisogno di felicità e negazione di essa, è il permanente dramma dell'uomo.
Chi poi, nella concezione dell'esistenza professa una fede in un Essere assoluto, trascendente, infinitamente perfetto, causa unica dell'universo e di tutte le creature, quando si trova dinanzi al dolore, non può fare a meno di interrogarsi su un problema fondamentale; la fatica di varcare una frontiera per entrare nella zona metafisica e misteriosa che tocca la responsabilità di Dio: "Donde il male di cui l'uomo, contraddetto da un istinto di felicità, è la vittima principa le? Eppure, la ditta che lo ha fabbricato offre tutte le garanzie!".
Vorrei saper tradurre in due affreschi michelangioleschi la descrizione del mondo, e dell'uomo (che ne è il principale e più responsabile inquilino) che Sant'Agostino fa nella Città di Dio sul contrasto tra bellezza e orrore del mondo, cui l'uomo è soggetto.
Il mondo (dove si svolge questa nostra vita!), osservato nel regno minerale, vegetale, animale, spirituale, è in sé di una incantevole armonia e bellezza...
E l'uomo avrebbe dovuto goderne con tranquillità nell'amicizia con Dio, fino al suo volontario accoglimento nella patria celeste.
Agostino parla del corpo umano: "Tale sarebbe il diletto della bellezza razionale persino della parti interiori e meno nobili del corpo umano, a conoscerle - scrive -, da farle giudicare piacevoli e preferirle a qualsiasi altra forma visibile a giudizio della spirito che degli occhi si serve. Con solerzia, alcuni medici detti anatomisti hanno sezionato le membra umane, da non sapere se esse, per l'armonia dell'insieme, sono state fatte per una funzionalità oppure per la bellezza. Nessuna di queste p arti è destinata ad una funzione utile senza possedere anche una sua bellezza..."
Parla, infine, delle meraviglie dell'ingegno, delle sue realizzazioni tecniche (già ai suoi tempi); delle sue produzioni artistiche nella letteratura, nell'arte pittorea e scultorea... "Verrà un giorno - dice - in cui godremo l'un l'altro della nostra sola bellezza..." (cfr. Città di Dio, XXII, 24,22).
Ma tale bellezza e il suo godimento ha un contrasto permanente con la realtà storica che soprattutto l'uomo avverte e soffre. Colpisce la contraddizione tra la bellezza profusa nel creato, data in godimento all'uomo e l'inquinamento in cui l'uomo è immerso, artefice obbligato e vittima di essa. Per quanto materialisti, non possiamo accettare d'essere solo giocattoli che si sfasciano...
"Res sacra miser!", esclama Seneca: colui che soffre, nell'anima o nel corpo, è un essere sacro; cioè degno di rispetto, di pietà, di solidarietà...
Donde il male?
Interrogativo di difficile risposta; travaglio insormontabile di molti spiriti; non solo di sant'Agostino che per questo abbracciò per lunghi anni la dottrina manichea: due principi in lotta, il principio del bene e il principio del male; della luce e della tenebra; dello spirito e della materia; concludendo, poi, nella disperazione di trovare la verità se si parte dell'esperienza del male del mondo, si finisce pessimisti o scettici.
Se Dio è un essere di infinita bontà, un oceano da cui tutto nasce e che tutto avvolge, e se la creatura vi è immersa come una spugna - ragionava Agostino - come mai questa spugna è tutta impregnata d'inquinamento? Dove lo ha assorbito? Si avvicinò una prima volta alla Bibbia (il peccato dell'uomo libero contro Dio creatore, ribellione della sua libertà per essere padrone di una felicità autonoma, senza Dio); razionalismo, orgoglio; mancanza di umiltà; e di ragionevolezza; rifiuto del soprannaturale e della grazia, lo indussero ad accantonare la Bibbia come un libro di favole di bassa letteratura! Abbandonò giovanissimo la fede cristiana di sua madre Monica.
Il ricupero di questi valori avvenne in lui faticosamente; e per merito di filosofi non cristiani: Cicerone (che nell'Ortensio dimostrava la vanità dei valori terreni, immanenti a favore dei valori spirituali, immutabili, trascendenti); Plotino che, basandosi su Platone, dimostrava la spiritualità, l'assoluto, la bontà infinita di Dio. E spiegava il male, Plotino, non come una sostanza, ma come un vuoto di sostanza, precisamente una mancanza indebita della presenza di Dio (cfr. VII, 10 , 16: "E vidi una luce...").
Poi Ambrogio (prima ascoltato per il solo gusto letterario, della sua eloquenza latina, novello Cicerone; in seguito per l'interesse sostanzioso delle sue prediche bibliche); infine, le Lettere di Paolo; l'epistola ai Romani (il dolore e la morte sono entrati nel mondo attraverso il peccato dell'uomo libero) che la misteriosa voce del fanciullo lo invitò a leggere ("Prendi e leggi") e provocò in lui la folgorazione della grazia e della conversione immediata al cristianesimo, nel giardino della sua casa a Milano.
Come dicevo, il dramma di Agostino è stato il dramma di tanti spiriti, anche intellettualmente e moralmente eletti; ma direi, anche il dramma di ognuno di noi.
Quella ribellione originale, che nei progenitori fu colpa personale grave, un test per valutare se la libera volontà dell'uomo avesse accettato la supremazia di un Dio personale e liberale, il suo dono gratuito, se avesse scelto di restare definitivamente dalla parte di Dio.Quella ribellione, nei discendenti arriva, come un vuoto, un'eredità patologica, una ricchezza perduta che non può più essere trasmessa e che ha lasciato una profonda ferita in tutto l'organismo generando or goglio, ignoranza, superficialità, disattenzione nell'indagare la lontana causa reale dell'impoverimento e dell'infelicità.
Se l'uomo è creatura di Dio, non poteva non essere creato nella felicità e per la felicità.
Onde, bisogna fare la diagnosi di questo male originale, come si fa per ogni male; attraverso una ricerca filosofica, accettando il lume di una rivelazione soprannaturale. (Platone e la navigazione umana: la vela, il remo..., "a meno che non si disponga di un trasporto più sicuro che sarebbe una rivelazione divina..." cfr. Fedone, 85A/86B).
Che il male radicale di cui soffre l'uomo sia stata una colpa di orgoglio iniziale, non è dottrina solo della Bibbia ove c'è il racconto della nostra misteriosa condizione; è di tutte le culture, di tutte le religioni, di tutte le mitologie.
Agostino, nell'autunno del 385, decise di riprendere in mano, una seconda volta, la Sacra Scrittura, che aveva accantonata come indegna della sua estetica letteraria.
Fu costretto a riprenderla a causa della sua crisi morale religiosa, con più umiltà; e la definì, allora, un capolavoro di pedagogia; una pinacoteca dall'ingresso povero; ma ad entrarvi, che splendore di arte!
La Genesi espone il fatto della proibizione di mangiare dell'albero della scienza del bene e del male: Adamo, con Eva, disobbedirono. San Paolo commenta: "Per il peccato di uno solo, il disordine, i mali, la morte sono entrati nel mondo [...]. C'è una legge nella mia carne che contrasta con la legge del mio spirito; per cui non faccio quel che vorrei, ma quel che non vorrei [...] Misero me! Chi mi potrà liberare da questo corpo di morte?".
Gli fu risposto: "La grazia! Ti basti la mia grazia [...] ".
L'uomo fu creato in grazia.
E la grazia soprannaturale e santificante è amicizia con Dio: ma tale amicizia da determinare un'intimità amorosa, una condivisione di natura.
Doveva essere confermato da una prova: perché l'uomo, creato ad immagine di Dio, con una volontà libera che potesse scegliere e un'intelligenza chiara per scegliere giusto, diventasse padrone stabile della sua felice condizione, insieme a Dio.
Invece si illuse di essere felice senza Dio; perdette la scommessa, da dignità di amico e precipitò... E perdette non solo la grazia, ma anche dell'altro.
Per esempio, l'integrità: l'armonia tra il sensibile e l'intellegibile, tra i sensi e la volontà... Donde la contraddizione interiore in ogni uomo: legge della carne contro la volontà dello spirito... (San Paolo).
Perdette l'immortalità fisica, della sua vita corporale: (il nostro corpo, un edificio costruito di materia per sua natura destinata a distruggersi...)
Cari amici: se non ci convinciamo di questa diagnosi, se non si riparte da queste verità, da questa lontana ma sempre luminosa rivelazione, della vita non si capisce più nulla: si fa buio! E l'umanità, oggi, cammina nel buio: rifiuto del soprannaturale, della grazia; autosufficienza!
Bisogna curare insieme le anime e i corpi. Da quel che succede nel mondo, per mancanza di valori morali, dubitiamo, talvolta, di voler sapere curare almeno i corpi: mala sanità!
La sostanza del racconto biblico, non è giudaesimo o cristianesimo; non è confessionalismo. È verità, che costringeva anche i pagani ad interrogarsi:
"Video meliora proboque, deteriora sequor..." (Ovidio)
"Veggio 'l meglio ed al peggior mi appiglio..." (Petrarca)
La stessa tesi della Bibbia e di Paolo.
Il peccato: la fonte da cui è iniziato a scorrere il fiume del nostro male morale e anche del dolore fisico e delle malattie corporali. La morte entrò con il dolore e fu protagonista...
"L'immensa corruzione da cui ci vediamo sopraffatti per quella trasgressione; l'agitazione di molti sentimenti forti contrastanti tra loro, non dovrebbe farci pensare che fu atto morale piccolo e lieve, quello..." (Città di Dio, l. 14, c.12).

2. La Redenzione nella Incarnazione
Ma proprio da questo abisso nacquero la rinascita e l'ottimismo cristiano. Doveva essere una dramma irreversibile.
Ma Dio accettò la sfida dell'uomo e si prese la sua rivincita con un evento di misericordia, più grandioso della creazione dell'universo; anche se rischioso.
"Tanto Dio ha amato il mondo, fino a dare il suo Figlio unigenito per la salvezza del mondo...".
Il mistero di fede che, ammetterlo o non, lega l'uomo a Dio anche quando è ribelle e lo fugge, ci offre il mistero della Incarnazione del Figlio di Dio che si riveste della natura umana, prende su di sé i nostri peccati e i nostri dolori, accetta la morte per la redenzione dell'uomo. Paradossale!
"Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia...".
L'incarnazione di Cristo, Verbo di Dio, è un dogma sconvolgente, accettabile solo per una esplicita e insistente rivelazione di Dio, iniziata e legata proprio al peccato dell'uomo. Perché sconvolgente?
Perché la ragione umana (vedi Platone e Aristotele) arriva a conoscere la natura di Dio: spirituale, immutabile, assoluto, trascendente, infinitamente buono, fonte dell'essere... Arriva a scoprire persino il Verbo di Dio.
Ma se io dicessi a Platone: "Quel Dio di cui mi stai parlando e che definisci il sommo bene dell'uomo, io l'ho incontrato per le vie della Palestina, l'ho visto soffrire, morire per la salvezza dell'uomo; è risorto da morte e ci guida alla vita eterna, anime e corpi", ebbene, Platone mi riderebbe in faccia come se proferissi un'eresia filosofica. L'assoluto non può diventare contingente, l'eterno non può diventare temporale, lo spirituale per essenza, l'atto puro non pu&o;grave; diventare corporale e sensibile... L'Incarnazione, il dogma più ineffabile del cristianesimo, ma il più difficile, apre l'intelletto umano come una finestra ad accogliere la luce solare dell'intimità di Dio: "Credi per poter ragionare; ragiona per poter credere....".
Il dogma dell'incarnazione ha tale portata per l'umanità, che non si restringe nei limiti di una confessione religiosa: ha il valore di universalità.
La persona del Verbo che rimane di natura divina, non solo si unisce storicamente alla natura umana, ma ne condivide l'umiliazione, il dolore fisico e morale, la morte; in una dimensione che è la somma di tutte le umiliazioni, di tutti i dolori, di tutte le morti della storia.

3.Cristo, l'uomo del dolore
- Isaia: Servo di Javéh (Is, cap. 42-53)
- Agonia di Cristo nel Getsemani: la tragedia umana universale, in prima visione tridimensionale; da Adamo, Abele... fino al rantolo dell'ultimo uomo;
- essudazione di sangue: fenomeno che i medici chiamano ematidrosi, connesso a gravi turbamenti del sistema nervoso: "Triste la mia anima, fino a morire...".
Da quando nacque, Cristo non desiderò altro che morire per amore dell'uomo: "Debbo ricevere un battesimo; sono angosciato finché non l'abbia ricevuto...".

4. L'attenzione al malato nei Padri della Chiesa
I Padri della Chiesa rappresentano la continuità e l'interpretazione autentica del messaggio di Cristo e della dottrina della Chiesa. Uomini di santità e di ingegno.
Grandi filosofi che hanno recuperato e rielaborato il pensiero dei filosofi greci precristiani; grandi teologi ed esegeti esperti del linguaggio di Dio e delle antiche civiltà umane. Qui entriamo nel nostro argomento.
Attenzione al malato è un aspetto sensibile della Redenzione, apparentemente secondario: si tratta di curare i corpi, mentre a Dio interessano le anime; ma l'uomo è un unum integrale nel suo complesso: se non ami l'uomo che si vede, come puoi amare Dio che non si vede? Quindi, aspetto non secondario, ma almeno aeque principalis. L'amore di Dio è per l'uomo integrale; inscindibile nel suo valore spirituale e corporale; un amore gratuito, non meritato che lo reintegr a nell'amicizia reciproca tra uomo e Dio; tra uomo e uomo; nuovo diritto ad una vita di felicità infinita condivisa con Dio stesso. Dio è amico leale per l'uomo: animae dimidium meae! Chi è il mio Prossimo? Il vicario di Dio!
La redenzione cristiana ci ha donato la Chiesa madre, maestra, esperta di umanità; come l'umanità potrebbe fare a meno della Chiesa di Cristo, anche se, sapendola esistente e operante, la disattende, le volta le spalle, ascolta altri magisteri?
La redenzione ci ha donato il sacerdozio (quello ministeriale e quello di ogni battezzato); ci ha donato la grazia; più abbondante di quella originale, anche se nel nuovo ordine siamo rimasti soggetti al dolore, alla malattia, alla morte e alla lotta per il bene.
Ed ecco che tutto cambia. Il dolore e la morte non è più castigo, ma motivo di espiazione, di merito (pensate alla sofferenza innocente!); diventa capitale (da parte di Cristo interamente versato, da parte dell'uomo: partecipazione).
Bellissima la frase di S. Paolo: (con le mie sofferenze... "Completo ciò che manca alla passione di Cristo nel corpo...", nella Chiesa, in me) (Col. 1,24).
Altro miracolo: il dolore (fisico e morale): può diventare motivo di grande gioia: "Sovrabbondo di gioia in ogni tribolazione [...] Non sono proporzionate le sofferenze di questo mondo riguardo alla gloria futura che ci spetta..." (San Paolo).
La croce, da segno di ignominia, a vessillo di trionfo. "Chi non prende ogni giorno la sua croce e mi segue, non sarà dei miei..."
Attenzione al malato, alla sventura fisica, segno visibile della messianità: "Andate e riferite a Giovanni: i ciechi vedono, i sordi odono, i muti parlano, gli storpi camminano, i lebbrosi sono mondati; e ai poveri è annunziata la buona novella...".
La carità, l'amore, la solidarietà! Senza barriera, anche il nemico: il buon Samaritano che si ferma presso il malcapitato, lo cura, e sul suo giumento (autoambulanza del tempo) lo ricovera a proprie spese in una locanda, primo Hotel-Dieu, come in Francia si chiamarono gli ospedali.

5.Chiesa - Padri - Malati
Cristo fonda la Chiesa e ne è la pietra angolare; da venti secoli essa, con il suo magistero garantito, vigila sull'umanità e la guida. Qualche Domenica fa, Giovanni Paolo II ha rievocato i 30 anni dalla Costituzione Conciliare Gaudium et Spes che affronta - ha detto - "i problemi dell'epoca contemporanea: il matrimonio e la famiglia, la cultura, la realtà economico-sociale, la politica, la promozione della pace e la solidarietà tra i popoli...".
Chiesa, sposa... senza macchia o ruga...: Corpo mistico e visibile del Cristo nei secoli ("Cristo-Totale...").
La radice è lui, l'albero buono non può produrre frutti cattivi: "Radicati e fondati nella carità...".
Nella Chiesa, come in una miniera, la vena aurea della carità.
Subito appena nata, non c'è soluzione di continuità tra l'opera di Cristo e della Chiesa nascente.
La Chiesa cerca e raccoglie l'infermo come faceva Cristo: "Portavano (a Pietro) i malati perché almeno la sua ombra li guarisse...".
Eucarestia: sacramento di pietà, segno di unità, o vincolo di carità! Ai malati: guarire, lenire, confortare.... (Giustino).
Chiesa Apostolica e predicazione del Cristo sofferente...
Pietro: "Resistete saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi nel mondo subiscono la stessa vostra sofferenza..." (IPt. 5,9). Solidarietà!
"Cristus... fatto obbediente sino alla morte, e alla morte di croce..." (Fl. 2, 8);
"Cancellando la nostra condanna, lo tolse di mezzo, affiggendolo in croce..." (Col. 2, 14);
"Di nient'altro voglio vantarmi con voi, se non della Croce di Cristo..."
(Gal. 6, 14);
"Altro non conosco se non Cristo; e per giunta, un Cristo crocifisso..."
(1 Cor. 2, 2);
"Coloro che appartengono a Cristo, hanno crocifisso con lui la loro carne..."
(Gal. 5, 24; 1 Cor 1,13);
"Predichiamo Cristo crocifisso, stoltezza per i Romani, scandalo per i Giudei..."
(1 Cor. 1, 23).
Colletta di Paolo tra le Chiese dell'Asia per la Chiesa impoverita di Gerusalemme. La Chiesa e i suoi apostoli, fedeli all'insegnamento del loro Maestro, si interessarono tanto delle anime quanto dei corpi. Unica la religione cristiana: promette al corpo, insieme all'anima, la vita eterna...
Prima di Cristo ci fu lo stoicismo: substine ed abstine... Resistenza al dolore. Cristo ci dà la capacità di superare la sofferenza e sorridere: S. Francesco e la cura degli occhi con lamine arroventate... La malata in un polmone d'acciaio: "La mia Ferrari fuori serie..."
Quanti hanno resistito alla violenza del dolore guardando al Crocifisso per somigliargli... Si rammenti il pensiero di Chataubriand (Genie du Christianisme, passim).
La carità cristiana che distingue i cristiani dal resto degli uomini, sconosciuta agli antichi, è nata con Gesù Cristo e fu, nel suo vangelo, il sigillo del rinnovamento della natura umana.
I primi Cristiani misero in comune i loro beni per soccorrere i bisognosi, i malati, i pellegrini.
Gli ospedali nacquero così! Da quel momento, le opere di misericordia non ebbero più barriere e fu come uno straripare della misericordia sulla miseria, fino allora negletta, un rincorrerla: tanta miseria, altrettanta carità...Ci si chiede: Ma come facevano gli antichi senza ricoveri, senza ospedali? Per disfarsi dei poveri e degli infelici, essi ebbero due soluzioni che il cristianesimo non conobbe: l'infanticidio e la schiavitù! Si trovano rovine di nosocomi tra gli antichi mo numenti di Roma o di Atene? Qualche località termale, dedicata a divinità, aveva appena un'apparenza di struttura sanitaria, come Epidauro.
(Lucrezio: "Mussabat tacito medicina pavore...[peste di Atene]"). (Marziale: "Ero alquanto indisposto; chiamai il medico Eliodoro che venne con il codazzo dei suoi discepoli; quaranta mani fredde mi palparono il ventre: non avevo febbre, ora ce l'ho!").
A mano a mano che la Chiesa acquista libertà di azione, (periodo apostolico; grandi monaci; in seguito, grandi Padri dell'Oriente e dell'Occidente), sorsero ospedali, lebbrosari, lazzaretti (dal nome evangelico il povero Lazzaro della parabola), ove prestavano volontariato monaci e semplici cristiani che con gioia e senza ripugnanza sopportavano la vista di tutte le umane miserie, per servire Cristo in persona nei fratelli malati.
"Ero malato e mi avete visitato, assistito, curato..."
Consideriamo qualche esempio.
San Basilio fondò una città-ospedale nei pressi Cappadocia: la chiamarono Basiliade.
Giovanni Crisostomo, il più grande oratore cristiano, chiamato anche panegirista dell'elemosina; fu spedito in esilio dall'imperatrice Eudossia; da lui denunciata pubblicamente di aver usurpata la vigna di una vedova destinata all'ospedale dei poveri da lui amministrato. Protettore e difensore della povera gente, ebbe da loro il conforto di essere difeso contro i potenti che lo perseguitavano. L'assistenza ai malati dava a Giovanni Crisostomo l'opportunità di conoscere i medici e la lo ro umanità nell'assistere malati terminali (il malato ha una psicologia fragile ed esigente; un nonnulla può deprimerlo). Racconta di un malato alcolista che si struggeva per un sorso di vino. Il medico, comprensivo, fece plasmare un boccale di coccio con creta impastata con vino, lo fece cuocere al forno e, riempitolo d'acqua fresca, serrate le persiane per fare scuro nella stanza, lo porse al malato che, ingannato dall'odore di vino, lo tracannò soddisfatto. Il Crisostomo loda la sen sibilità del medico.
San Gerolamo (Lettera LXXVII a Oceano) non finiva di esaltare una certa Fabiola, chiacchieratissima, ma convertita, che aveva edificato a proprie spese un ospedale per i poveri. "È stata la prima a metter su un ospedale per ospitarvi tutti i malati che trovava per le strade: nasi corrosi, occhiaie vuote, piedi e mani stecchiti, ventri rigonfi, coscie scheletrite, carni putride formicolanti di vermi [...] Quante volte, lei in persona s'è portata a spalle malati affetti da lebbra... L i imboccava lei e faceva sorseggiare a quei cadaveri viventi una tazza di brodo [...]"(Lett. LXXVII).
Agostino d'Ippona, racconta Possidio suo biografo, si recava solo nelle case dov'erano orfani e infermi; nella Regola ai monaci ha tutto un bel capitolo per l'assistenza ai malati; presenta Gesù come il grande medico dell'umanità che non prescrive la ricetta per il farmacista, ma confeziona la medicina con il proprio sangue, nell'officina della sua Umanità. "Venite a me voi tutti affaticati [...]; vi ristorerò".
Si ha un bel sermone sulla Trasfigurazione di Cristo, quando Pietro esclama: "Come è bello per noi star qui, Signore [...] Costruiamo tre tende: una per te, una per Mosè, una per Elia..." (cfr. Mc. 9, 4; Mt. 17, 4). Interviene il santo Dottore: "Ma scendi, Pietro... E bello, sì...! Ma non adesso. Scendi, ci sono poveri da assistere, infermi da curare, vangelo da predicare e testimoniare [...] Scendi subito; la visione verrà dopo...".
Analogo il commento all'episodio di Marta che si affaccenda in cucina a preparare un pranzo all'Ospite e di sua sorella Maria che si è incantata nel salotto per ascoltare la voce di Gesù. L'episodio ha generato la disputa sul primato della vita contemplativa o di quella attiva. Agostino la risolve con una delle sue caratteristiche sintesi:
- Caritas Veritatis (amore per la contemplazione): Maria;
- Necessitas Caritatis (emergenza di intervento): Marta.
Prevale in certi momenti di emergenza l'intervento attivo per i bisogni del prossimo: la miseria, la fame, la malattia. L'intervento che è: Delectatio Caritatis et Veritatis (gioia di amare Dio nel prossimo, riconoscerlo e contemplarlo).
In caritate fundati et radicati! Davvero robusta è la radice di questa carità che da duemila anni anima la Chiesa e ha suscitato figure potenti: Camillo de Lellis, Giovanni di Dio, Cottolengo, Orione Guanella, Giovanna Antida. Ai nostri tempi, Padre Pio, Follereau... e mille mille altri, in ogni luogo, nei lebbrosari missionari.
Per non parlare solo del passato, vogliamo parlare del presente, dei vivi? Madre Teresa, e mille mille altre ignorate tra il fuoco delle guerriglie...
Perché il mondo ufficiale questo sembra sappia fare: non-amare, uccidere!
Tutto il bene di cui l'uomo è capace, è dono esclusivo di Dio; al di fuori non c'è che miseria e peccato.
San Paolo dice: "Non solo l'uomo, ma tutta la creazione geme in attesa del parto...".
E San Pietro: "Ci saranno nuovi cieli e una terra nuova...".
Sant'Agostino, poi, riallacciandosi a Platone che auspica un mezzo sicuro (una rivelazione divina) per raggiungere la spiaggia della felicità, gliela indica: "Affinché ci fosse il mezzo con cui andare, venne di là colui al quale volevamo andare. E che cosa ha fatto? Ha preparato il legno con cui potessimo attraversare il mare. Nessuno può attraversare il mare di questo secolo se non è portato dalla croce di Cristo..." (Comm. Gv. Tratt. 2,2).
Gesù una volta chiese: "Quando il Figlio dell'Uomo tornerà, troverà ancora sulla terra la fede?".
Forse possiamo rassicurarlo: "La fede, Signore; chissà? La speranza! Ci attacchiamo alle capacità degli uomini e ci fanno sempre più disperare... Ma la carità no; non sarà venuta meno; perché la carità sei tu vivente e sofferente con noi; tu che ci hai assicurato di star con noi sino alla fine dei secoli...".
Fides, spes, charitas: tria haec!
Maior autem horum: Charitas!
(1 Cor. 3, 3).
La fede appartiene all'uomo...
La speranza? Pure!
La carità appartiene a Dio.
Non èbiodegradabile!

P. Carlo Cremona
Giornalista Vaticanista della RAI TV Italiana

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