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PENTECOSTE 2000: GIORNATA DI RIFLESSIONE 
SUI DOVERI DEI CATTOLICI  VERSO GLI ALTRI: 
ANNUNCIO, TESTIMONIANZA, DIALOGO

 

MICHAEL L. FITZGERALD, M. Afr.
Vescovo titolare di Nepte 
Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso

Nella festa di Pentecoste noi preghiamo in special modo per il dono dello Spirito Santo. Certamente sappiamo che nella prima Pentecoste lo Spirito Santo discese sugli Apostoli, e da allora lo Spirito non ha mai smesso di animare la Chiesa. Tuttavia preghiamo per una nuova effusione su tutti i membri della Chiesa che li aiuti a compiere la loro missione nei suoi molteplici aspetti.

Dopo aver guarito l'ammalato alla piscina di Betzaetà, Gesù, che era stato giudicato poiché aveva compiuto quel miracolo il giorno di sabato, disse: «Il Padre mio opera sempre e anch'io opero» (Gv 5, 17). Possiamo allora noi dire che lo Spirito non stia continuando ad operare? Fin dall'inizio della creazione lo Spirito che aleggiava sulle acque (cfr Gen 1, 2) è stato attivo nel mondo, e vi continuerà ad operare fino alla fine dei tempi. In questo giorno di Pentecoste siamo invitati a riconoscere le varie maniere in cui la presenza dello Spirito si manifesta, alcune delle quali sono piuttosto sorprendenti.

Nello spiegare alla gente di Gerusalemme che cosa fosse successo agli Apostoli nella Pentecoste, Pietro ricordò le parole del profeta Gioele: «Negli ultimi giorni, dice il Signore, io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno» (At 2, 17-18). La natura universale della promessa era evidente. Tuttavia anche lo stesso Pietro si stupì quando lo Spirito scese sul centurione romano Cornelio e la sua famiglia. Pietro ed i suoi compagni «si meravigliarono che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo» (At 10, 45).

C'è qui un'importante verità che va riconosciuta: non possiamo porre limiti all'azione dello Spirito. Lo Spirito è libero. Come dice Paolo: «Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà» (2 Cor 3, 17). È importante ricordarci di questo nelle nostre relazioni con altre persone, anche se non condividono la nostra fede e anche se appartengono ad altre religioni. Lo Spirito Santo può veramente essere presente nei loro cuori. Ciò significa che quando i cristiani incontrano persone di altre religioni non devono pensare di possedere tutto e che gli altri non abbiano nulla, piuttosto devono essere pronti a riconoscere questa presenza dello Spirito nell'altro. Viene alla mente il motto del Cardinale Newman: cor ad cor loquitor, il cuore parla al cuore; lo Spirito Santo che è in noi raggiunge lo Spirito Santo che è nel cuore di nostro fratello e di nostra sorella di un'altra tradizione religiosa.

È facilmente intuibile quanto questo insegnamento sia importante per la pratica del dialogo interreligioso. Non deve quindi meravigliare che, quando fu istituito l'ufficio del Vaticano per il dialogo, Papa Paolo VI volutamente scelse il giorno di Pentecoste per dare questo annuncio. Paolo VI era un vero Papa di dialogo. Nella sua prima Enciclica, Ecclesiam Suam, tornò su questo tema. «La Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo nel quale esiste e lavora», scrisse. «La Chiesa ha qualcosa da dire; la Chiesa ha un messaggio da dare; la Chiesa ha una comunicazione da offrire» (Es 65). Egli considerò questo come un dialogo di salvezza, un dialogo iniziato da Dio, e che ci dobbiamo assumere senza aspettare di essere chiamati a farlo. Proprio come il dialogo di salvezza di Dio è stato reso accessibile a tutti, «il nostro parimenti dev'essere potenzialmente universale, cattolico cioè e capace di annodarsi con ognuno, salvo che l'uomo assolutamente non lo respinga o insinceramente finga di accoglierlo» (Es 76).

Anche Papa Giovanni Paolo II ha insistito sul ruolo universale dello Spirito. Nella sua Enciclica missionaria, Redemptoris missio, ha scritto: «Così lo Spirito, che ·soffia dove vuoleº (Gv 3, 8) ed ·operava nel mondo prima ancora che Cristo fosse glorificatoº (AG 4), che ·riempie l'universo abbracciando ogni cosa e conosce ogni voceº (Sap 1, 7), ci induce ad allargare lo sguardo per considerare la sua azione presente in ogni tempo e in ogni luogo (cfr DV 53)» (Rm 29).

E continua dicendo come egli stesso abbia tenuto conto di questa visione. «È un richiamo che io stesso ho fatto ripetutamente e che mi ha guidato negli incontri con i popoli più diversi» (ibid.). Il Santo Padre trae quindi una conclusione generale che riguarda il dialogo interreligioso: «Il rapporto della Chiesa con le altre religioni è dettato da un duplice rispetto: ·Rispetto per l'uomo nella sua ricerca di risposte alle domande più profonde della vita, e rispetto per l'azione dello Spirito nell'Uomoº» (ibid.)

Vi sono momenti in cui la presenza dello Spirito Santo può sembrare quasi tangibile. Alle volte incontriamo persone che non sono cristiane e delle quali è tuttavia evidente la bontà. Siamo condotti ad ammirare la loro fede e la loro fedeltà, il loro coraggio e la loro compassione. Siamo incoraggiati a ringraziare Dio per ciò che egli compie in queste persone e attraverso esse.

Tuttavia non si deve pensare che ogni cosa sia perfetta nelle varie tradizioni religiose del mondo. Esse hanno anche i loro lati oscuri. Possono includere riti degradanti o pratiche che sono moralmente discutibili. Questi elementi sono quindi soggetti a giudizio. Quando Gesù promise lo Spirito Santo ai suoi apostoli, disse che: «quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio» (Gv 16, 8). Egli promise anche che lo Spirito avrebbe condotto alla verità completa (cfr Gv 16, 11). Così, nel parlare dell'attività missionaria della Chiesa, il Concilio Vaticano afferma che: «Tutto ciò che di verità e grazia era già riscontrabile, per una nascosta presenza di Dio, in mezzo alle genti, essa lo purifica dalle scorie del male... Perciò quanto di bene si trova seminato nel cuore e nella mente degli uomini o nei riti particolari e nelle culture dei popoli, non solo non va perduto, ma viene sanato, elevato e perfezionato per la gloria di Dio, la confusione del demonio e la felicità dell'uomo» (Ad Gentes 9).

Questa attività missionaria non si limita ai «paesi di missione». Deve essere portata avanti ovunque esiste la Chiesa. Il dialogo è una delle maniere in cui ciò può essere fatto, come ha affermato con molta chiarezza Papa Giovanni Paolo II, «il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa» (Redemptoris missio 55). Questo dialogo può assumere molte forme, ovunque stiano insieme persone di differenti religioni: cercare di vivere in armonia fianco a fianco, lavorare insieme a beneficio della società, chiarire le idee sull'altro attraverso scambi formali, condividere esperienze spirituali. Perché vi siano risultati positivi da tutti questi sforzi, si deve chiedere l'aiuto dello Spirito Santo.

Lo Spirito darà quell'apertura ed accoglienza che sono necessarie quando si incontrano altre persone. I cristiani saranno in grado di rispettare le convinzioni di persone di altre religioni. Saranno più pronti a riconoscere e a superare ogni pregiudizio radicato verso chi è diverso. Allo stesso tempo lo Spirito di Gesù aiuterà il cristiano che entra in dialogo a restare saldo nella propria fede in Gesù Cristo. «Se i cristiani coltivano una tale apertura e se accettano di essere messi alla prova, sarà loro possibile cogliere i frutti del dialogo. Scopriranno quindi con ammirazione tutto ciò che l'azione di Dio, attraverso Gesù Cristo e il suo Spirito, ha realizzato e continua a realizzare nel mondo e nell'umanità intera. Lungi dall'indebolire la loro fede, il vero dialogo la renderà più profonda» (Dialogo e Annuncio 50).

Come sappiamo, le relazioni fra persone di differenti religioni non sempre sono facili. Possono sorgere tensioni. Ai nostri giorni, abbiamo sfortunatamente visto come la religione possa essere usata per far sorgere odio e mettere le persone le une contro le altre. Tuttavia ci sono stati anche momenti di riconciliazione, quando si sono superate le differenze ed i cuori si sono uniti ancor di più. Questo convergere di cuori può avvenire attraverso la preghiera silenziosa comune, dove il silenzio sembra aprire uno spazio allo Spirito. Vi è stato un momento simile all'inizio della Giornata di Preghiera per la Pace, che si svolse ad Assisi nel 1986, quando i rappresentanti delle diverse religioni stettero in silenzio insieme al Santo Padre alla Porziuncola. La stessa impressione si è avuta durante il momento di silenzio della Cerimonia conclusiva a Piazza San Pietro, al termine dell'Assemblea Interreligiosa dello scorso ottobre.

È in momenti come questi che possiamo riconoscere la vera natura del dialogo interreligioso. Non comprende solo la reciproca comprensione e delle buone ed amichevoli relazioni, che pur sono importanti. È chiamato a raggiungere un livello più profondo. «Mediante il dialogo, i cristiani e gli altri sono invitati ad approfondire il loro impegno religioso, e a rispondere, con crescente sincerità, all'appello personale di Dio e al dono gratuito che egli fa di se stesso, dono che passa sempre, come lo proclama la nostra fede, attraverso la mediazione di Gesù Cristo e l'opera del suo Spirito» (Dialogo e Annuncio 40).

È per questa grazia che siamo invitati a pregare nella prossima festa di Pentecoste.

 

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