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Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace 

Commercio, sviluppo e lotta alla povertà.

 

Nel corso degli anni il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha elaborato delle riflessioni sui più rilevanti eventi della vita internazionale alla luce dei principi della Dottrina sociale della Chiesa.

Le riflessioni che seguono sono presentate in occasione della Conferenza Ministeriale di Seattle dell’Organizzazione Mondiale del Commercio; tuttavia, esse trattano questioni relative al commercio mondiale la cui importanza va al di là delle specifiche discussioni della Conferenza. Sono offerte come contributo alla ricerca di nuove vie per rafforzare un sistema mondiale basato su regole in cui commercio e sviluppo siano posti al servizio della comunità umana e specialmente della lotta alla povertà.

Sebbene le osservazioni espresse non costituiscano un documento formale del Pontificio Consiglio, sono molto lieto di presentarle come stimolo alla riflessione e di conoscere le eventuali reazioni dei lettori al riguardo.

Mons. Diarmuid Martin
Segretario

18 novembre 1999

 

______________________

Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
00120 Città del Vaticano
Tel.          +39.06.6988.7191
Fax.         +39.06.6988.7205
E-mail       pcjustpax@justpeace.va

 

 

Alcune riflessioni del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sul  Millennium Round.

 

Alla vigilia della terza Conferenza Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (“World Trade Organization”, WTO), il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace desidera esprimere il proprio apprezzamento per l’opera della WTO, tesa a liberalizzare il commercio internazionale nel contesto di un sistema basato su regole certe. In qualità di Osservatore, la Santa Sede ha seguito con grande interesse il dibattito in corso sulle finalità e gli obiettivi dei negoziati dell’imminente Millennium Round e approfitta di quest’occasione per porre all’attenzione alcune considerazioni e suggerimenti riguardo ai temi in discussione.

L’iniziale attuazione degli accordi dell’Uruguay Round ha evidenziato che i Paesi in Via di Sviluppo (PVS) hanno fatto progressi significativi nell’adozione di politiche di liberalizzazione del mercato. Tuttavia, povertà ed emarginazione non sono state sconfitte e la maggior parte dei PVS, come pure le economie in transizione, hanno ancora bisogno di tempo e assistenza per integrarsi pienamente nel sistema del commercio mondiale. Colpisce in particolare che la quota di partecipazione percentuale al commercio mondiale da parte dei Paesi Meno Avanzati (PMA) – in diminuzione dal 1990 - sia solo dello 0,5%. Sono necessari dunque ulteriori sforzi per assicurare a tutti i partners l’opportunità di trarre beneficio dall’apertura dei mercati e dalla libera circolazione dei beni, dei servizi e dei capitali. Come ha scritto il Papa Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Centesimus annus: “I poveri chiedono il diritto di partecipare al godimento dei beni materiali e di mettere a frutto la loro capacità di lavoro, creando così un mondo più giusto e per tutti più prospero. L’elevazione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale, culturale e anche economica dell’intera umanità” (n. 28).

 Nel suo messaggio al Forum mondiale per lo sradicamento della povertà, il Direttore generale della WTO, Mike Moore, ha affermato con grande chiarezza che, a suo avviso, “gli obiettivi del commercio, dello sviluppo e dell’alleviamento della povertà sono inestricabilmente connessi”. “Il fine del commercio”, ha scritto, “deve essere l’innalzamento dei livelli di vita”. Il fatto che nel mondo di oggi commercio, sviluppo e lotta alla povertà siano così strettamente collegati richiede che la WTO stabilisca più intensi rapporti operativi con tutte le organizzazioni impegnate nella realizzazione di un contesto di sviluppo integrale.

Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace invita quindi i partecipanti alla Conferenza a prendere in considerazione le necessità dei PVS e le difficoltà che essi incontrano per accedere ai mercati internazionali. Un passo in questa direzione può essere costituito da un trattamento speciale e differenziato in favore dei PVS, accompagnato da assistenza tecnica, legale e finanziaria. Considerato nel suo complesso, il trattamento speciale e differenziato non si limita alle sole tariffe preferenziali e a periodi transitori, ma riguarda elementi chiave della crescita economica e dello sviluppo: la conoscenza, le competenze tecnologiche e l’informazione. In particolare, l’assistenza diretta a formare competenze è necessaria in ambiti quali il commercio elettronico, le politiche ambientali, le politiche sulla concorrenza e i servizi finanziari e delle telecomunicazioni.

Alcuni Membri hanno proposto di estendere i negoziati del prossimo Round della WTO a nuovi campi quali le politiche sulla concorrenza, gli investimenti e le questioni riguardanti la tutela ambientale e i diritti dei lavoratori collegate al commercio. Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace condivide l’idea che l’attenzione dei negoziati debba essere concentrata prima di tutto sull’applicazione piena ed effettiva degli accordi dell’Uruguay Round e sulle norme che riguardano in special modo i PVS ed i PMA. Dovrebbe essere data priorità anche a problemi tuttora irrisolti concernenti l’attuazione degli accordi in fase di revisione.

Con riferimento ai nuovi temi proposti, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace considera più opportuno intraprendere un’accurata analisi e una preparazione adeguata, in modo che tutti gli Stati Membri possano svolgere un ruolo attivo nel processo negoziale. Profondamente preoccupato per i bisogni dei Paesi più poveri, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace presenta alcune proposte per il soddisfacimento di questi bisogni fondamentali.

  

1.   Agricoltura

Background

L’agricoltura rappresenta tuttora un settore chiave nelle economie dei PVS. Nella maggior parte di questi Paesi le attività agricole sono la principale fonte di sostentamento, fattore di coesione sociale e dimensione essenziale della cultura locale. Esse sono condotte da piccoli agricoltori, in molti casi con grandi difficoltà (insufficiente accesso alle risorse, alle infrastrutture, al credito, all’informazione e alla tecnologia). Ciononostante, mentre due terzi delle esportazioni mondiali di beni primari, escluso il petrolio, provengono dai Paesi sviluppati, i PVS sono i maggiori esportatori di un’ampia gamma di materie prime nel mercato mondiale. La maggior parte dei PVS ottengono ancora due terzi delle entrate del loro export dalla vendita di prodotti di base, escluso il petrolio. In alcuni Paesi più del 75% dei proventi da esportazione deriva da uno o due prodotti di base, mentre la maggior parte dell’esportazione di prodotti lavorati resta ampiamente concentrata in un numero piuttosto ristretto di PVS.

Purtroppo, come ha notato il Papa Giovanni Paolo II negli anni Ottanta, “il sistema internazionale del commercio oggi discrimina frequentemente i prodotti delle industrie incipienti dei Paesi in Via di Sviluppo, mentre scoraggia i produttori di materie prime” (Lettera Enciclica Sollicitudo rei socialis, 43). Tenuto conto dell’inflazione, l’indice dei prezzi dei prodotti diversi dal petrolio è diminuito di oltre il 60% dal 1960. Le popolazioni dei PVS che dipendono fortemente da una o due colture da esportazione hanno visto il loro reale potere di acquisto diminuire di quasi due terzi nell’arco di una generazione. Queste tendenze nel commercio delle materie prime, così come l’accesso ai mercati mondiali e la diversificazione della produzione, hanno un impatto decisivo sui PVS, poiché influenzano la bilancia dei pagamenti, il debito estero, il bilancio statale e il successo delle politiche di risparmio e d’investimento.

L’Uruguay Round ha rappresentato una tappa molto importante nella liberalizzazione del settore agricolo. L’agricoltura è stata inserita in una regolamentazione globale e multilaterale del commercio diretta ad aumentare l’accesso ai mercati e a ridurre il sostegno interno e i sussidi all’esportazione. Ma l’applicazione dell’Accordo non ha condotto ad un miglioramento significativo dell’accesso ai mercati da parte delle esportazioni dei PVS. La liberalizzazione è stata troppo lenta in settori produttivi nei quali i PVS sono più competitivi. Le tariffe doganali sono molto alte su beni quali i prodotti agricoli tropicali (cacao, caffè ecc.) ed anche maggiori su prodotti lavorati di particolare importanza per i PVS, ad esempio il cuoio, i semi oleosi, le fibre tessili e le bevande. Il ricorso a misure  anti-dumping è aumentato negli ultimi dieci anni, da parte sia dei Paesi sviluppati sia di quelli in via di sviluppo. Accanto all’aumento delle tariffe doganali, le persistenti elevate sovvenzioni alla produzione e alle esportazioni da parte di alcuni Paesi industrializzati hanno prodotto delle distorsioni nei mercati internazionali, mettendo in pericolo le piccole aziende agricole, l’autosufficienza e la produzione alimentare locale dei Paesi poveri mediante l’importazione da parte di questi ultimi di prodotti alimentari sovvenzionati.

Il carattere multifunzionale dell’agricoltura è stato menzionato come un tema rilevante sia per i Paesi sviluppati che per quelli in via di sviluppo. Tuttavia, una sleale competizione mediante esportazioni fortemente sovvenzionate non deve servire a proteggere alcuni Paesi ricchi a scapito delle regioni più povere del mondo. Inoltre, nei Paesi sviluppati le sovvenzioni favoriscono generalmente le grandi aziende piuttosto che i piccoli agricoltori non abbienti.

I sussidi possono avere ancora importanza per lo sviluppo agricolo dei Paesi più poveri, come aiuto provvisorio per acquisire competitività sui mercati internazionali, ma non sono ulteriormente accettabili ai loro attuali livelli per i Paesi sviluppati. In questi Paesi altre misure potrebbero essere adottate per proteggere la vita rurale e i suoi valori; ad esempio, l’aumento della produzione di qualità, la promozione di una gestione sostenibile dell’ambiente e altre attività rurali collegate con l’agricoltura.

 

Proposte

•         I negoziati sull’agricoltura dovrebbero condurre ad un rinnovato impegno a ridurre significativamente gli ostacoli – tariffe doganali, sussidi interni e sovvenzioni alle esporta-zioni – che impediscono ai prodotti agricoli e lavorati provenienti dai PVS l’accesso ai mercati. Ai PMA dovrebbe essere garantito un accesso ai mercati diretto ed esente da dazio. Il trattamento speciale e differenziato dovrebbe essere applicato in modo più efficace, tenendo conto delle diverse condizioni in cui versa il settore agricolo nei Paesi sviluppati e nei PVS e con l’intento di accelerare le riforme e l’integrazione commerciale di questi ultimi. Alcune disposizioni dell’Accordo Anti-Dumping dovrebbero essere migliorate: in particolare, la possibilità di un trattamento differenziato in caso di importazioni dai PVS (articolo 9.1 sui dazi anti-dumping inferiori al margine di dumping; articolo 5.8 sulla clausola de minimis). Si dovrebbe inoltre arrivare ad una maggiore trasparenza nella definizione delle nozioni chiave di “prodotto similare” e di “prezzo d’esportazione”.

•          Grazie all’aumento della domanda, ma anche alle riduzioni tariffarie a seguito dell’Uruguay Round, si sono aperte nuove opportunità commerciali per i PVS, specialmente per i più piccoli e arretrati, in relazione a prodotti per loro non tradizionali, quali la frutta o i legumi. L’erosione del trattamento preferenziale accordato a tali Paesi da accordi commerciali (per esempio la Convenzione di Lomé) rende ancora più urgente per essi raggiungere la competitività nei prodotti agricoli non tradizionali. A questo fine i PVS hanno bisogno di intensificare processi di diversificazione, di creare infrastrutture e di impiegare tecnologie per aumentare la produttività agricola in modo sostenibile. Senza la cooperazione internazionale e il contributo del settore privato sarà molto difficile per essi conseguire tali obiettivi. Il Programma di Azione della FAO, approvato nel corso della Speciale Conferenza Ministeriale del 12 marzo 1999 sullo Sviluppo sostenibile dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo (Small Island Developing States, SIDS), ha tra i suoi obiettivi e programmi la diversificazione agricola. Nel 1979 la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (United Nations Conference on Trade and Development, UNCTAD), ha deciso di creare, nel contesto del Fondo Comune, un secondo sportello per finanziare programmi di diversificazione agricola. Il Fondo Comune è entrato in vigore solo nel 1989. Da allora, i contributi finanziari al Fondo Comune sono stati molto scarsi. I negoziati potrebbero offrire a tutti gli Stati Membri della WTO un’occasione unica per rafforzare il loro impegno a sostenere gli sforzi dei Paesi più poveri al fine di diversificare la produzione agricola, in conformità con l’Art. 2v) della Decisione su Misure a Favore dei Paesi Meno Avanzati (Decision on Measures in Favour of Least-Developed Countries).

  

2.   Misure sanitarie e fitosanitarie e barriere tecniche al commercio

 

Background

L’Accordo sull’Applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie(Sanitary and Phitosanitary Measures Agreement, SPS) e l’Accordo sulle barriere tecniche al Commercio (Technical Barriers to Trade, TBT) hanno sostanzialmente migliorato il commercio dei prodotti agricoli. Lo hanno fatto incoraggiando l’approvazione di standard internazionali e di misure dirette alla protezione della salute e alla sicurezza dei prodotti agricoli e alimentari così come di misure per combattere le frodi produttrici di conseguenze dannose per la salute umana e l’ambiente naturale.

Nel caso dell’Accordo SPS, il rispetto di norme trasparenti e scientificamente fondate (in particolare quelle contenute nel Codex Alimentarius e nella Convenzione sulla Protezione delle Piante [International Plant Protection Convention, IPPC] oppure quelle fissate dall’Ufficio Internazionale di Epizootica [International Office of Epizootics, IOE]), potrebbe ridurre drasticamente l’uso indiscriminato di misure non tariffarie e di barriere poste al commercio allo scopo di garantire salute e sicurezza e potrebbe anche facilitare gli investimenti privati nelle aziende alimentari dei PVS. Tuttavia, poiché la qualità dei prodotti alimentari dovrebbe essere controllata e assicurata nell’intera catena produttiva secondo standard internazionali in evoluzione, l’applicazione dell’Accordo potrebbe determinare un aumento considerevole dei costi di produzione delle industrie nei PVS. Solo con gran difficoltà i Paesi poveri possono sostenere i costi per la specializzazione e per adeguate tecnologie necessarie a soddisfare gli standard internazionali.

 

Proposte

•         L’Accordo SPS, all’articolo 9.1, statuisce che gli Stati Membri convengono di fornire assistenza ai PVS per aiutarli a soddisfare le richieste dell’Accordo stesso. In questo senso ci si dovrebbe sforzare di intensificare e coordinare meglio l’assistenza tecnica, in modo che organizzazioni internazionali quali la FAO, l’IFAD, la Banca Mondiale, le banche regionali e altri finanziatori multilaterali o bilaterali possano cooperare con i governi e i privati al fine di sviluppare una struttura nazionale di controllo sui prodotti alimentari.   

•         Ai sensi dell’articolo 10.4 dell’Accordo SPS i Membri dovrebbero incoraggiare i PVS a prendere parte alle “organizzazioni internazionali più importanti” - con speciale riferimento al processo di definizione degli standard del Codex Alimentarius - dando loro la possibilità, previa adeguata assistenza tecnica, di svolgervi un ruolo più attivo.

•         Nel suo discorso al Congresso su Ambiente e Salute (24.03.1997), il Papa Giovanni Paolo II ha affermato: “La difesa della vita e la conseguente promozione della salute, specialmente tra le popolazioni più povere dei Paesi in via di sviluppo, deve essere il metro di valutazione e il criterio fondamentale dell’orizzonte ecologico a livello sia regionale sia globale”. Alla luce di questo criterio fondamentale, nella formulazione degli standard internazionali nonché nel processo di revisione dell’IPPC, le esigenze commerciali non dovrebbero mai avere la priorità sulla protezione della salute umana e dell’ambiente. Gli standard devono essere scientificamente fondati. Questo è molto importante quando si formulano parametri sugli organismi geneticamente modificati (OGM), il cui commercio è aumentato in modo significativo negli ultimi decenni e il cui impatto su piante, animali e salute umana non è stato ancora testato in modo definitivo secondo standard riconosciuti internazionalmente. A tale scopo vanno applicati il principio di precauzione, contenuto nella Convenzione sulla Biodiversità, e valutazioni dei rischi.

  

3.     L’impatto della liberalizzazione agricola sui Paesi Meno Avanzati e sui Paesi in Via di Sviluppo importatori netti di prodotti alimentari

 

Background

Il processo di liberalizzazione del settore agricolo può avere un impatto negativo sull’economia dei PMA e sui PVS importatori netti di prodotti alimentari. La spesa di questi Paesi per le importazioni alimentari è aumentata dagli inizi degli anni Novanta, dati gli alti prezzi delle materie prime (per esempio il frumento) causati in parte da una riduzione del volume delle esportazioni sovvenzionate. L’instabilità dei prezzi dei prodotti alimentari e il crollo delle scorte disponibili per gli aiuti alimentari costituiscono un motivo di crescente preoccupazione. Nel 1997-98 l’aiuto alimentare in cereali rappresentava il 23% dell’importazione di cereali dei PMA contro il 36% del 1993-94 e il 64% della metà degli anni Ottanta. La riduzione dell’aiuto alimentare in cereali è stata ancora più drammatica per i PVS importatori netti di prodotti alimentari: 22% a metà degli anni Ottanta; 7,6% nel 1993-94 e 2% nel 1997-98 (FAO – Comité des Produits, Evaluation de l’incidence du Cycle d’Uruguay sur les marchés agricoles, novembre 1998, doc. CCP 99/12, p. 14).

In molti di questi Paesi i piccoli coltivatori potrebbero aumentare la produzione e migliorare il livello di vita se fosse loro permesso un maggior accesso alle risorse, al credito, all’informazione e alle tecnologie. A lungo termine i problemi di sicurezza alimentare non si risolveranno aumentando semplicemente la dipendenza di interi popoli dagli aiuti alimentari. Infatti, l’aiuto alimentare viene usato sempre più per situazioni di emergenza piuttosto che per affrontare i problemi dei Paesi con un deficit alimentare strutturale. Nel suo discorso alla Conferenza Internazionale sull’Alimentazione, il Papa Giovanni Paolo II ha affermato: “Per quanto riguarda le risorse alimentari, (…) è pure importante per le popolazioni schiacciate dalle conseguenze della cattiva nutrizione e della fame ricevere un’istruzione che le metta in grado di provvedere da se stesse ad un’alimentazione sana e sufficiente” (FAO, Roma, 5 dicembre 1992, n. 4).

 

Proposte

•     Nel corso dell’Uruguay Round i ministri hanno affrontato alcune questioni relative alla sicurezza alimentare mediante la Decisione di Marrakech su Misure concernenti i possibili effetti negativi del Programma di Riforma sui Paesi Meno Sviluppati e sui Paesi in Via di Sviluppo importatori netti di prodotti alimentari (Marrakesh Decision on Measures Concerning the Possible Negative Effects of the Reform Programme on Least-Developed and Net-Food-Importing Developing Countries). Grazie a questo strumento normativo sono stati fatti dei progressi nel monitorare i livelli di aiuto alimentare ai sensi della Convenzione sull’Aiuto Alimentare (Food Aid Convention), nonché nell’adottare direttive per garantire un sufficiente livello di aiuto alimentare sotto forma di concessione gratuita. Negli attuali negoziati dovrebbe essere posta attenzione anche su un terzo obiettivo molto importante: l’aumento della produttività e delle infrastrutture agricole, la diversificazione della produzione e l’autosufficienza negli stessi PMA e PVS importatori netti di prodotti alimentari. Ci si dovrebbe sforzare di stabilire meccanismi coordinati diretti a promuovere assistenza tecnica e finanziaria per i Paesi interessati, come ha sottolineato il punto 3 (iii) della Decisione di Marrakech.

 

4.   Tessile e abbigliamento

Background

Il settore tessile e dell’abbigliamento rappresenta un importante primo livello di industrializzazione per i PVS. Prima dell’Uruguay Round i Paesi esportatori di prodotti tessili e d’abbigliamento erano costretti dall’Accordo Multifibre (Multi-Fibre Agreement, MFA) del 1961 e dai quattro accordi successivi a limitare le loro esportazioni entro specifiche quote, al di sopra delle quali venivano applicate alte tariffe doganali. L’Accordo dell’Uruguay Round sui prodotti tessili e l’abbigliamento (Agreement on Textile and Clothing) prevede l’eliminazione graduale delle quote stabilite dall’Accordo Multifibre e la riduzione delle tariffe esistenti nel giro di dieci anni, ma solo ad una media tariffaria del 12% – tre volte maggiore della media che grava sulle importazioni provenienti dai Paesi industrializzati. Negli ultimi anni, molti PVS hanno manifestato le loro preoccupazioni per la lenta attuazione dell’Accordo.

Lo sviluppo industriale nel settore tessili e abbigliamento è per alcuni PVS una delle più importanti armi per combattere la povertà e il sottosviluppo. Va anche notato che oltre il 90% dei lavoratori nelle industrie di abbigliamento sono donne. Tramite questo loro lavoro le donne assicurano alla famiglia la fonte principale di reddito.

 

Proposte

·         Si chiede ai Paesi sviluppati maggiori importatori di abolire le restrizioni su quei prodotti provenienti dai PVS che sono tuttora esclusi dai programmi di liberalizzazione del settore.

  

5.   Trasferimento di tecnologia e diritti di proprietà intellettuale

Background

Nel lungo periodo il commercio tende a spostarsi verso prodotti e servizi ad alta specializzazione. Come si legge nel Rapporto sullo sviluppo umano dell’UNDP (United Nations Development Programme) del 1996, “Generalmente, i manufatti esportati dal Nord al Sud hanno un contenuto di specializzazione maggiore rispetto ai prodotti esportati dal Sud al Nord. Anche nel settore dei servizi il Nord tende ad esportare prodotti ad alto valore aggiunto, come assicurazioni, design e terapie mediche, mentre il Sud esporta servizi ad alto impiego di forza lavoro, come il trasporto marittimo, il turismo e il trattamento routinario dei dati”. Le innovazioni tecnologiche e la conoscenza stanno diventando le chiavi dell’integrazione nel commercio mondiale.

Il libero scambio, tuttavia, non è in grado di assicurare da solo uno sviluppo diffuso, che può essere conseguito solo mediante un forte investimento nelle risorse umane dei PVS. Negoziati commerciali che difettino di obiettivi politici e sociali a lunga scadenza e che si basino su una strategia che non ricerca un diffuso e integrale sviluppo umano sarebbero destinati a fallire. La terza Conferenza Ministeriale della WTO costituisce un’occasione unica per porre al centro dei negoziati la preoccupazione per un diffuso avanzamento umano e tecnologico.

In un documento pubblicato in vista della Conferenza di Rio sull’ambiente, la Santa Sede sottolineava che “Nel campo tecnologico, gli Stati, tenuto conto del dovere di solidarietà e considerando adeguatamente i diritti di chi ha sviluppato tale tecnologia, hanno l’obbligo di assicurare un giusto ed equo trasferimento di tecnologie appropriate atto a sostenere il processo di sviluppo e a salvaguardare l’ambiente” (Memorandum sulla posizione della Santa Sede su Ambiente e Sviluppo, L’Osservatore Romano – edizione inglese, n. 23, 10 giugno 1992, Punto 6).

Alcuni articoli dell’ Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale collegati al commercio (Agreement on Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights, TRIPS) si riferiscono esplicitamente al trasferimento di tecnologia (Art. 8, par. 2), soprattutto verso i PMA (Art. 66, par. 2). In particolare, l’articolo 7 stabilisce che: “ La protezione e l’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale dovrebbero contribuire alla promozione dell’innovazione tecnologica e al trasferimento e alla diffusione della tecnologia a vantaggio reciproco dei produttori e dei fruitori della conoscenza tecnologica, in modo da favorire il benessere sociale ed economico e equilibrare diritti e doveri”.

La portata di quest’articolo è comunque limitata dall’impianto generale dell’Accordo, che mira a rafforzare la protezione della proprietà intellettuale per ridurre drasticamente il commercio di prodotti contraffatti. Ciò rende l’articolo una norma a carattere programmatico, cui non hanno fatto seguito, sinora, azioni concrete ed efficaci.

 

Proposte

·         E’ urgente riflettere, nel corso dei negoziati, su come rafforzare gli strumenti giuridici e operativi per favorire il trasferimento di tecnologie e dei diritti di proprietà intellettuale a condizioni ragionevoli verso i PVS e specialmente i PMA. Questi Paesi dovrebbero essere aiutati inoltre a creare le infrastrutture tecniche e amministrative necessarie a soddisfare gli obblighi posti dall’Accordo.

·         Il trasferimento di strumenti tecnici non è sufficiente; occorre anche il trasferimento di capacità e competenze tecnologiche. Il rapido sviluppo tecnologico richiede una nuova comprensione del concetto di “trattamento speciale e differenziato” tale da offrire ai PMA gli strumenti per ridurre il loro gap informativo e tecnologico. Come ha affermato Rubens Ricupero nel suo discorso al Simposio di Alto Livello sul Commercio e lo Sviluppo (High Level Symposium on Trade and Development, WTO, Ginevra, 17 marzo 1999), “Nel passato la tecnologia era incorporata nelle macchine, oggi lo è nella persona umana. Abbiamo bisogno quindi di un maggiore sforzo per insegnare ai Paesi, specialmente i meno sviluppati, deboli e vulnerabili, come produrre e ampliare la loro capacità di fornire beni e servizi; come competere efficacemente e come usare i moderni strumenti elettronici in un contesto sempre più esigente e come trarre vantaggio dalle opportunità offerte dal sistema commerciale”.

·         A questo scopo, durante la Conferenza della WTO, si dovrebbe trovare un consenso intorno alla promozione e al rafforzamento del sostegno finanziario per un “massiccio programma di cooperazione tecnica in campo commerciale”. Le iniziative assunte nel contesto dell’assistenza tecnica della WTO, in coordinamento con altre istituzioni internazionali quali l’UNCTAD, l’ITC, l’UNDP, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, costituiscono un buon avvio per un tale programma.

·         Senza un aumento sostanzioso del bilancio ordinario della WTO e dei contributi per l’assistenza tecnico-commerciale, ogni impegno per una più completa integrazione dei PVS nel commercio mondiale perde di credibilità e di efficacia. Sarebbe contraddittorio che la comunità internazionale sottolineasse l’importanza del commercio per lo sviluppo dei Paesi poveri e nello stesso tempo continuasse ad allocare solo il 2% della cooperazione tecnica in attività collegate al commercio.

·         L’aiuto finanziario dovrebbe essere anche finalizzato ad assistere i Paesi più poveri nei loro sforzi per creare un contesto normativo e infrastrutturale in grado di attrarre investimenti esteri, specialmente se diretti all’istruzione, alla specializzazione tecnologica e alla ricerca. 

 

6. Diritti di proprietà intellettuale, biotecnologia e diritti degli agricoltori

Background

Nel processo di revisione dell’Accordo TRIPS, preparato dal Consiglio TRIPS, verrà prestata ampia attenzione al complesso problema della protezione delle varietà vegetali. L’Articolo 27.3(b) prevede la revisione nel 1999 delle disposizioni riguardanti la brevettabilità di piante e animali diversi dai microorganismi e la protezione delle varietà vegetali. Nella stessa norma è contemplato anche che gli Stati Membri provvedano a proteggere le varietà vegetali mediante brevetti, un efficace sistema sui generis, o una combinazione dei due.

L’impatto di questa norma è cruciale per milioni di agricoltori del Sud. Storicamente, le varietà vegetali sono state esentate dal regime internazionale dei brevetti nel rispetto della pratica degli agricoltori di conservare e incrociare le sementi. Dopo la II guerra mondiale, la situazione è mutata e si è introdotta una certa forma di protezione, in particolare attraverso la Convenzione Internazionale sulla protezione di nuove varietà di piante (International Convention on the Protection of New Varieties of Plants, UPOV), e più recentemente attraverso l’Accordo TRIPS. 

Molti soggetti (piccoli agricoltori, allevatori, piccoli pescatori) svolgono un ruolo centrale nel preservare e nel migliorare la biodiversità mediante l’utilizzo di semi e la pratica di colture adattate ai diversi ambienti. In tempi recenti la ricerca biotecnologica, portata avanti da imprese biochimiche e agroalimentari dei Paesi sviluppati, ha prodotto sementi e varietà vegetali geneticamente modificati, usando in parte le tradizionali conoscenze delle comunità locali e la biodiversità del Sud. Ne è conseguita la tendenza a limitare il flusso di queste conoscenze mediante forme di protezione legale. Il risultato è che il prezzo delle sementi brevettate è aumentato rispetto alle altre e gli agricoltori si sono resi maggiormente dipendenti dalle aziende private. Tale trend  sta ora interessando anche i pesticidi e i fertilizzanti. Si sta andando verso una privatizzazione della ricerca agraria incentrata sulla ricerca biotecnologica e connessa ad un’agricoltura industriale, ad alto contenuto di capitale e con effetti fitosanitari, zoosanitari e commerciali da valutare attentamente. I brevetti sulle varietà vegetali possono avere un impatto negativo anche sulla conservazione della biodiversità, dato che le varietà brevettate tendono a sostituire le varietà locali e ad aumentare la monocoltura.

Nel suo discorso alla Delegazione della “Campagna Giubileo 2000 sul debito” (Jubilee 2000 Debt Campaign) del 23 settembre 1999, il Papa Giovanni Paolo II ha messo in evidenza che “Troppo spesso i frutti del progresso scientifico, invece di essere messi al servizio dell’intera comunità umana, sono distribuiti in modo tale da aumentare o addirittura rendere permanenti le ingiuste disuguaglianze (…). La Chiesa Cattolica ha sempre insegnato che vi è una ”ipoteca sociale” su tutta la proprietà privata, concetto che oggi deve essere applicato anche alla “proprietà intellettuale” e alla “conoscenza”. Non si può applicare la sola legge del profitto a ciò che è fondamentale per la lotta contro la fame, la malattia e la povertà”. 

Proposte

•         Nella revisione dell’ Art.27.3(b) il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace desidera sottolineare alcune preoccupazioni etiche collegate al principio per cui la terra è un patrimonio comune, i cui frutti sono destinati al bene di tutti. La Chiesa ha sempre sottolineato che “Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all’uso di tutti gli uomini e popoli, così che i beni creati debbono secondo un equo criterio essere partecipati a tutti, avendo come guida la giustizia e compagna la carità. Pertanto, quali che siano le forme della proprietà, adattate alle legittime istituzioni dei popoli, in vista delle diverse e mutevoli circostanze, si deve sempre ottemperare a questa destinazione universale dei beni” (Gaudium et spes, 69).

a)    Un sistema di diritti di proprietà intellettuale dovrebbe bilanciare la necessità di incentivare l’innovazione con la necessità dei Paesi poveri di partecipare ai benefici di queste innovazioni. Gli agricoltori dei Paesi poveri non devono sopportare costi di produzione sproporzionati che minacciano i loro mezzi di sostentamento e l’attività agricola.

b)    Poiché le generali e specifiche eccezioni già previste dall’ Accordo TRIPS (Artt. 7 e 8) non proteggono sufficientemente le conoscenze delle comunità locali e poiché i brevetti appaiono inadeguati a garantire i diritti di proprietà intellettuale delle comunità, si dovrebbe prendere in considerazione un sistema sui generis, come contemplato dall’ Art. 27.3(b).

Il suo obbiettivo generale dovrebbe essere quello di promuovere la gestione sostenibile delle risorse biologiche, mediante il riconoscimento dei diritti delle comunità locali, la protezione delle tecniche applicate dagli agricoltori per migliorare la biodiversità e aumentare le varietà vegetali e la partecipazione ai benefici derivanti da questo lavoro. Un sistema sui generis dovrebbe basarsi su diritti non monopolistici. Nello sviluppo di un tale sistema di diritti di proprietà delle varietà vegetali si dovrebbe tenere debito conto della Convenzione sulla Biodiversità.

c)  Dovrebbe essere accolta favorevolmente la richiesta dei PVS di disporre di maggior tempo per mettere in atto una legislazione sui generis che risponda agli interessi e ai bisogni locali.

d) Il diritto alla sicurezza alimentare e ad un’alimentazione sana e di qualità dovrebbe avere sempre la priorità rispetto ad obiettivi commerciali. Sostanziosi aiuti finanziari dovrebbero essere inoltre destinati ad altri tipi di ricerca agraria, ad esempio la ricerca sui sistemi di agricoltura biologica, già applicati con successo in molte comunità locali.

   

7. Servizi

Background

I negoziati relativi alla revisione degli impegni stabiliti dall’ Accordo Generale sul Commercio dei Servizi (General Agreement on Trade in Services, GATS) saranno un tema rilevante dell’imminente Round. Lo stesso Accordo GATS (nell’articolo XIX) prevede successivi Rounds  negoziali per raggiungere una maggiore liberalizzazione.

Oggi il commercio internazionale dei servizi è sbilanciato, in quanto la maggior parte dei PVS sono lasciati ai margini e fungono più da importatori di servizi che da esportatori. Ciò vale soprattutto per servizi ad alto contenuto tecnologico. D’altro canto, i PVS sono spesso competitivi nei servizi ad alto impiego di manodopera.

 

Proposte

•         Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ritiene che i negoziati dovrebbero seguire le linee guida offerte dall’articolo XIX, paragrafo 2. Esso garantisce ai PVS un’adeguata flessibilità, cioè trattamenti speciali e differenziati.

•         Nel contesto attuale è essenziale ottenere ulteriori impegni degli Stati Membri sui servizi forniti mediante il movimento delle persone, in particolare dei lavoratori specializzati o semispecializzati. Sebbene questa modalità di servizi sia di grande importanza per i PVS, l’Uruguay Round e i successivi negoziati hanno conseguito solo modesti risultati in tale campo.

•         Il “servizio universale” è un’altra nozione, ben nota alle economie nazionali, che potrebbe essere particolarmente importante nei negoziati su settori quali i servizi finanziari, le telecomunicazioni e i trasporti. E’ essenziale che le regioni economicamente e geograficamente ai margini rispetto ai centri del commercio abbiano accesso a tali servizi. La WTO potrebbe promuovere iniziative dirette a sostenere quei fornitori privati di servizi che si impegnano a fornire servizi essenziali nelle aree rurali e sottosviluppate, incoraggiandoli a provvedere in tali aree alle infrastrutture necessarie. Ciò vale particolarmente per il commercio elettronico, perché i PVS abbisognano di infrastrutture e strumenti tecnologici, specialmente nelle aree più povere, per partecipare pienamente ai benefici di questa modalità di commercio.

•         Nella liberalizzazione dei mercati dei prodotti audiovisivi si dovrebbe sfruttare appieno l’opportunità di incoraggiare la diffusione e la tutela delle identità culturali di tutti i popoli. La produzione locale di audiovisivi dovrebbe perciò essere sostenuta e protetta, mediante regole internazionali, per il contributo fondamentale che essa dà alla circolazione delle idee e alla diversificazione delle culture. Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ribadisce che la pluralità delle culture e delle idee fa parte del patrimonio comune dell’umanità.

•         Nel campo dei servizi finanziari si possono trarre alcune lezioni dalle crisi finanziarie del passato. Per assicurare la stabilità dei sistemi finanziari nazionali, la liberalizzazione del commercio dei servizi finanziari deve essere accompagnata da norme efficaci e prudenziali nonché da misure dirette a raggiungere una maggiore trasparenza e affidabilità nei settori sia pubblico sia privato. Data la sensibilità dei mercati finanziari, supervisori dei PVS dovrebbero poter collaborare con analoghe autorità di altri Paesi. Per realizzare questo compito, i PVS abbisognano di consulenza e assistenza legale e amministrativa, che può essere sostenuta dalle istituzioni finanziarie internazionali (per esempio il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale).

 

8. Concorrenza 

Background

Per quanto riguarda le politiche sulla concorrenza, è spesso difficile affrontare a livello nazionale comportamenti anticompetitivi che hanno dimensione transnazionale. La stessa WTO fatica a trattare questo problema. Innanzi tutto, la maggior parte dei comportamenti suddetti riguarda attori privati, mentre la WTO può obbligare solo gli Stati. La cooperazione tra autorità antitrust nazionali sembra dare risultati positivi nello scambio di informazioni e di procedure di notifica.

In secondo luogo, la maggior parte dei PVS non ha una forte legislazione antitrust e una Authority che ne controlli l’applicazione. A livello internazionale, il controllo sulla concorrenza globale sarebbe oggi gestito, di fatto, da poche autorità  antitrust e dalla cooperazione tra autorità antitrust unicamente dei Paesi sviluppati. Questo non garantirebbe una protezione adeguata a livello mondiale.

 

Proposte

•         Un quadro multilaterale su un nucleo di principi basilari in materia di concorrenza potrebbe creare maggiore stabilità e trasparenza nel commercio internazionale. La cooperazione tra autorità antitrust nazionali potrebbe venire incoraggiata e migliorata per regolamentare i comportamenti anticoncorrenziali delle imprese multinazionali ed evitare conflitti sulla applicazione extraterritoriale delle regole antitrust nazionali.

•         Come primo passo verso la realizzazione di un insieme di regole internazionali sulla concorrenza, i PVS dovrebbero essere forniti di consulenza legale e amministrativa, per sviluppare, in tempi ragionevoli, le loro politiche sulla concorrenza a livello nazionale o in alcuni casi più efficacemente a livello regionale. Nel frattempo, dovrebbe proseguire l’attività del Gruppo di lavoro sull’interazione tra commercio e concorrenza, posto in essere a seguito della Conferenza Ministeriale di Singapore nel 1996.

 

9. Investimenti

 

Background

L’Uruguay Round ha condotto all’ Accordo su misure di investimento collegate al commercio (Agreement on Trade-Related Investment Measures, TRIMs). Esso stabilisce una graduale eliminazione delle misure che violano l’Art. III o XI del GATT, migliorando in tal modo l’accesso e la protezione degli investimenti stranieri, ma tenendo allo stesso tempo conto di alcune legittime preoccupazioni dei PVS.

Negli ultimi decenni hanno svolto un intenso lavoro non solo i governi, mediante accordi bilaterali sugli investimenti, ma anche organizzazioni internazionali quali la Banca Mondiale, l’OCSE (Organization for Economic Cooperation and Development, OECD) e, più recentemente, la WTO.

La rilevanza di questo problema sul piano del commercio e dello sviluppo ha indotto gli Stati Membri della WTO, in occasione della prima Conferenza Ministeriale a Singapore, a richiedere la creazione di un Gruppo di lavoro sulle relazioni tra commercio e investimenti. Questo Gruppo di lavoro ha prodotto una serie di interessanti analisi su vari aspetti di tale complessa questione.

Alcuni Stati Membri della WTO hanno proposto di negoziare i temi relativi agli investimenti nel corso del Millennium Round al fine di raggiungere un accordo internazionale più completo in materia.

 

Proposte

•         Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace riconosce che è necessaria un’azione sovranazionale al fine di facilitare i flussi di investimenti e di definire un quadro giuridico per il mondo del commercio e delle società multinazionali.

Molti degli Stati destinatari di investimenti sono PVS, che trarrebbero ampiamente beneficio dal flusso di capitale produttivo.

•         Tuttavia, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace condivide l’opinione, già espressa da alcuni Paesi, che debbano essere accuratamente analizzate, prima di dare inizio ai negoziati, le complesse implicazioni di un eventuale accordo internazionale sugli investimenti. Ai PVS si dovrebbe concedere più tempo e assistenza tecnica per elaborare una posizione negoziale globale circa il campo di applicazione e gli obiettivi di un tale accordo, in quanto esso avrebbe un enorme impatto sulle loro politiche nazionali di sviluppo.

•         In caso di negoziati sugli investimenti, sarebbe importante affrontare prima di tutto la questione degli investimenti stranieri diretti, distinguendoli da quelli di portafoglio.

•         Sarebbe inoltre fondamentale permettere ai PVS di mantenere, per lo meno in una fase transitoria, il diritto a porre alcuni obblighi di performance al fine di sostenere il loro sviluppo: per esempio, l’obbligo di usare prodotti locali nei processi produttivi, l’obbligo per le aziende multinazionali di fornire un periodo di addestramento per aumentare la specializzazione tecnica dei cittadini del Paese ospitante e la partecipazione a joint-ventures al fine di facilitare il trasferimento di tecnologia.

•         Migliore accesso e maggiore protezione degli investimenti stranieri diretti da parte degli Stati destinatari dovrebbero essere accompagnati da paralleli obblighi in capo agli investitori. A questo riguardo, sebbene non vincolanti, dovrebbero essere tenute in considerazione le Linee Guida per le Imprese Multinazionali dell’OCSE (Guidelines for Multinational Enterprises, OECD). Un accordo internazionale non dovrebbe riguardare solo l’applicazione dei principi del trattamento nazionale e della nazione più favorita agli investimenti stranieri, ma anche meccanismi per la regolamentazione e la responsabilizzazione (“accountability”) delle potenti corporazioni transnazionali e mondiali. Nonostante la WTO non abbia il potere di imporre obblighi ai privati, siano essi individui o persone giuridiche, dovrebbero essere studiate con cura norme che obblighino gli Stati degli investitori a far applicare regole di corretto comportamento e che attribuiscano agli Stati destinatari degli investimenti piena giurisdizione sulla violazione della legislazione locale da parte di investitori stranieri. 

 

10. Commercio e ambiente

Background

Negli ultimi anni si è registrata una crescente preoccupazione per i temi ambientali. Ciò ha aperto un dibattito sulla relazione tra i negoziati multilaterali sul commercio e la promozione di uno sviluppo sostenibile.

Il Papa Giovanni Paolo II ha affermato: “La crisi ecologica rivela il bisogno urgente di una nuova solidarietà, specialmente tra le nazioni in via di sviluppo e quelle altamente industrializzate” (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 1990, n. 10).

 

Proposte

•         I PVS vanno assistiti nei loro sforzi di attuazione di politiche di protezione ambientale. Si dovrebbe quindi proporre di eliminare le restrizioni sul commercio di beni e servizi ambientali al fine di promuovere il trasferimento di tecnologie ambientali verso i PVS a costi inferiori.

•         La fissazione di standard ambientali internazionali non è comunque compito della WTO; inoltre, l’abuso di misure commerciali unilaterali dirette a imporre l’applicazione di standard ambientali nazionali può avere pericolosi effetti protezionistici dannosi per l’economia dei PMA. Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace invita i membri della WTO a rafforzare la cooperazione tra la WTO e le organizzazioni internazionali che si occupano di ambiente, ad esempio l’UNEP (United Nations Environmental Programme), e le organizzazioni non governative (ONG). Il modo più efficace di affrontare i problemi ambientali, che per loro natura non conoscono confini, consiste nella stipulazione di accordi ambientali multilaterali (Multilateral Environmental Agreements, MEAs). Sebbene simili accordi possano sollevare problemi di incompatibilità con le disposizioni degli accordi della WTO sul commercio, dato che introducono ulteriori restrizioni al commercio stesso, dovrebbero essere compiuti sforzi per coordinare entrambi i tipi di accordi tra loro.

 

11. Clausole sociali

Background

La relazione tra commercio e tutela dei diritti dei lavoratori è un tema cruciale rispetto al quale si è registrato un aumento di interesse a tutti i livelli, nei diversi consessi internazionali, regionali e nazionali. L’argomento è emerso anche alla II Conferenza Ministeriale della WTO ed è stato proposto come uno dei nuovi temi da affrontare nel corso del Millennium Round.

Proposte

•         E’ essenziale che il rispetto per la dignità della persona umana sia condiviso da tutti i Paesi, sia sviluppati che in via di sviluppo. A questo scopo, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sostiene con forza l’opera dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (International Labour Organization, ILO), l’organismo internazionale competente in questo campo. Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace accoglie favorevolmente l’adozione della Dichiarazione dell’ILO del 1998 sui principi e diritti fondamentali sul lavoro, nonché la Convenzione del 1999 sulla proibizione e la progressiva eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, e invita gli Stati Membri dell’ILO ad aderire a questi impegni internazionali. Al contempo, come ha precisato il Capo Delegazione della Santa Sede nel suo discorso all’86a Sessione della Conferenza Generale dell’ILO, “La Dichiarazione non stabilisce l’esclusione automatica dal mondo degli scambi commerciali dei Paesi che ancora non rispettano gli standard stabiliti dalla Dichiarazione. In realtà, le sanzioni economiche ed i blocchi, se non proporzionati agli obiettivi previsti, come la Santa Sede ha più volte affermato, penalizzerebbero soltanto coloro che vivono in condizioni di estrema povertà”.

•         Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace è molto favorevole ad una stretta collaborazione istituzionale tra l’ILO e la WTO e a un più forte sostegno a programmi di assistenza che coinvolgano il settore privato (imprese nazionali e multinazionali) nella promozione dei principi e dei diritti fondamentali sul lavoro e nella lotta contro lo sfruttamento del lavoro minorile.

•         Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace invita il Gruppo di Lavoro sulla dimensione sociale della liberalizzazione del commercio internazionale, creato nel 1994 dal Consiglio dell’ILO, a proseguire i suoi studi e a continuare a formulare proposte in materia.

 

   

12. Ostacoli istituzionali per i Paesi in Via di Sviluppo
(specialmente i Paesi Meno Avanzati)

Background

L’incapacità dei PVS, specialmente i meno avanzati, di trarre vantaggio dalle opportunità fornite dagli accordi della WTO dipende, tra l’altro, dalla carenza di personale qualificato; dalla complessità delle norme e delle strutture operative della WTO; dalla mancanza di consapevolezza e di completa informazione sulle norme; dall’incapacità di adeguare le normative nazionali e dalla mancanza di infrastrutture istituzionali (specialmente in campi sofisticati quali le leggi sulla proprietà intellettuale); dall’alto costo del mantenimento di missioni a Ginevra.

Finora molti PVS non hanno saputo trarre vantaggio dal meccanismo di soluzione delle controversie a causa della mancanza di risorse finanziarie e di esperienza in campo legale.

“E’ necessario” dunque, come ha scritto il Papa Giovanni Paolo II nell’Enciclica Centesimus annus, “che cresca la concertazione tra i grandi Paesi e che negli organismi internazionali siano equamente rappresentati gli interessi della grande famiglia umana. Occorre anche che essi, nel valutare le conseguenze delle loro decisioni, tengano sempre adeguato conto di quei popoli e Paesi che hanno scarso peso sul mercato internazionale, ma concentrano i bisogni più vivi e dolenti e necessitano di maggior sostegno per il loro sviluppo” (n. 58).

 

Proposte

·         Le difficoltà di ordine umano e istituzionale che incontrano in special modo i PMA in campo commerciale prima, durante e in seguito ai negoziati commerciali, dovrebbero essere affrontate in modo da permettere di sviluppare la capacità negoziale di questi Paesi.

·         In relazione al sistema di soluzione delle controversie della WTO, i “Panels” dovrebbero essere più rappresentativi e dovrebbero includere Membri provenienti dai Paesi sviluppati, in via di sviluppo e meno avanzati. Il proposto Centro di consulenza legale (Legal Advisory Centre) dovrebbe essere creato senza ulteriore ritardo per andare incontro ai bisogni dei PVS, specialmente i PMA, in termini che assicurino i loro diritti mediante l’uso del meccanismo di soluzione delle controversie.

·         Una parte importante negli sforzi di integrazione commerciale dei PMA potrebbe essere l’accesso rapido alla WTO da parte dei PMA non ancora Membri. Potrebbero essere istituite procedure chiare e semplificate per i Paesi che chiedono l’ammissione alla WTO, in modo che la loro candidatura possa essere accettata entro un anno e non venga sottoposta a impegni superiori a quelli richiesti ai PMA già Membri della WTO. I PMA che non sono ancora Membri della WTO si potrebbero fornire di strumenti per migliorare la loro conoscenza del sistema multilaterale del commercio, ivi compresa la partecipazione alle sessioni dei principali organi della WTO.

·         Un ulteriore passo avanti verso il rafforzamento della capacità negoziale dei PVS sarebbe possibile se questi Paesi facessero lo sforzo di coordinare la loro azione nel preparare il processo negoziale.

  

13. La WTO e la società civile

 

Background

La società civile è divenuta un attore importante nel governo globale. La WTO ha intrapreso una serie di iniziative per rendere il proprio operato agli occhi della società civile più trasparente di quanto non sia avvenuto sotto il regime del GATT. Tuttavia, la WTO ha incontrato in questa prima fase di dialogo una serie di ostacoli: tra gli altri, la mancanza di personale, risorse ed informazioni adeguate ad un rapporto sistematico con i gruppi della società civile; la precaria situazione finanziaria di molti gruppi della società civile che rischia di determinare una preponderanza delle maggiori associazioni imprenditoriali e dei più noti centri di ricerca a scapito delle ONG impegnate nello sviluppo e di forze sindacali (la maggior parte dei movimenti di base dei PVS era assente agli eventi più importanti) e, talvolta, un eccesso di enfasi sul principio di sovranità che rende difficile per la società civile svolgere un ruolo attivo nell’attività ordinaria della WTO e nei negoziati commerciali.

 

Proposte

·         Guardando al futuro, sarebbe importante per la WTO costruire un dialogo più sistematico e costruttivo con i gruppi rappresentativi della società civile e mettere a punto meccanismi di accreditamento permanente e di regolare consultazione. La condivisione dell’esperienza fatta in tal senso da molti organismi internazionali, specialmente nel sistema delle Nazioni Unite, potrebbe essere utile a questo proposito. Speciali sforzi dovrebbero essere compiuti al fine di coinvolgere i gruppi della società civile dei PVS e di assicurare la rappresentanza di un maggior numero di organizzazioni. Le ONG potrebbero, da parte loro, stimolare il dibattito sui problemi in discussione presso la WTO e in questo modo favorire uno scambio più fruttuoso a tutti i livelli.

 

 

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