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SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN MEMORIA DEL CARD. FRANÇOIS-XAVIER NGUYÊN VAN THUÂN
NEL V ANNIVERSARIO DELLA MORTE

OMELIA DEL CARD. RENATO RAFFAELE MARTINO

Chiesa di Santa Maria della Scala, Trastevere
Domenica, 16 settembre 2007

 

Carissimi,

il Signore, nel convocarci a questa santa mensa eucaristica, guida i nostri cuori a fare devota memoria del Servo di Dio François-Xavier Card. Nguyên Van Thuân, che ci ha lasciati il 16 di settembre di cinque anni fa per fare ritorno alla casa del Padre celeste. Cinque anni che non sono trascorsi nel vuoto della dimenticanza, ma che sono stati arricchiti dai ricordi edificanti della sua vita di cristiano dalla fede indomita, dalla speranza incrollabile, dalla carità senza frontiere. Cinque anni impreziositi da opere ed iniziative di bene che hanno preso avvio nel nome del Servo di Dio. Cinque anni di trepida attesa - quelli richiesti dalle sapienti leggi della Chiesa - per stampare un santino con una preghiera e per dare avvio al Processo di Beatificazione. Di tutto questo vogliamo ringraziare il Signore che, nella travagliata vita del Card. Van Thuân, ha scritto una pagina mirabile del Vangelo cristiano della speranza e della gioia.

Ringrazia il Signore Mons. Crepaldi che ha avuto la fortuna di vivere e collaborare strettamente con il Card. Van Thuân, ricevendone in dono la grazia dell'amicizia e della confidenza. Ringraziano il Signore i componenti del Pontificio Consiglio che lo hanno avuto Presidente amatissimo, impegnato a diffondere il Vangelo della Giustizia e della Pace. Ringraziano il Signore i suoi parenti - abbiamo tra noi oggi due delle sue sorelle - i suoi amici, i suoi numerosissimi discepoli e tutta la comunità dei vietnamiti che giustamente vedono nella vicenda storica del loro Cardinale una conferma divina per il futuro cammino della Chiesa nel loro amato Paese. Ringrazio il Signore anch'io che ne ho preso l'eredità come Presidente del Pontificio Consiglio e che, in questi cinque anni, ho imparato a conoscerlo e ad amarlo, lasciandomi conquistare dal suo esempio e dai suoi insegnamenti.

La liturgia della Parola di questa domenica è centrata sul mirabile libretto di parabole lucane che costituisce un vero e proprio Vangelo della misericordia, Vangelo che ebbe nel Card. Van Thuân uno degli interpreti più efficaci. Da lui ci arriva l'invito a recuperare il valore della riconciliazione, vivendola con amore e con gioia e non come faticoso atto di timore. C'è un suggestivo apologo nel romanzo Non sparate sui narcisi di Santucci: "La paura picchiò alla porta. La fede andò ad aprire. Non c'era nessuno". L'amore cancella la paura; niente può fermare l'amore di Dio. Tutto questo era stato ben compreso dal Card. Van Thuân che vinse ogni paura perché abbandonò la sua vita nelle mani provvidenti e amorose di Dio. Molte volte mi sono chiesto: "Quale fu il segreto di una vita tanto santa? Nel rileggermi alcuni suoi scritti ne ho trovate alcune chiavi, che oggi desidero condividere con voi, lasciando parlare il più possibile il Servo di Dio.

a) In primo luogo egli seppe distinguere tra Dio e le opere di Dio. Ascoltiamolo: "Nei lunghi e duri anni del carcere, meditavo sulla domanda dei discepoli a Gesù, durante la tempesta: "Maestro, non t'importa che moriamo?" (Mc 4,38), finché una notte, dal fondo del cuore una voce mi parlò: "Perché ti tormenti così? Devi distinguere tra Dio e le opere di Dio, tutto ciò che hai compiuto e desideri continuare a fare - visite pastorali, formazione di seminaristi, religiosi, religiose, laici, giovani, costruzioni di scuole, di centri studenteschi, missioni per l'evangelizzazione dei non cristiani... - tutto ciò è un'opera eccellente, sono opere di Dio, ma non sono Dio! Se Dio vuole che tu abbandoni tutte queste opere, mettendole nelle sue mani, fallo subito, e abbi fiducia in lui. Dio lo farà infinitamente meglio di te; egli affiderà le sue opere ad altri, molto più capaci di te. Tu hai scelto Dio solamente, non le sue opere!". Questa luce mi portò una forza nuova, che cambiò completamente il mio modo di pensare".

b) In secondo luogo egli nutrì la sua fede cristiana con l'Eucaristia. Ne è testimonianza questo insegnamento del Cardinale sull'Eucaristia, pronunciato poco prima di morire: "Ciò di cui abbiamo bisogno ce lo dà Gesù nell'Eucaristia: l'amore, l'arte di amare, amare sempre, amare con il sorriso, amare subito e amare i nemici, amare perdonando, dimenticando di aver perdonato. Penso che Gesù nell'Eucaristia possa insegnarci sette aspetti di questo amore. Nel cenacolo Gesù ci manifesta l'amore sacrificato: "Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi". Quando, dopo la cena, va nel Getsemani è un amore abbandonato: Gesù si sente abbandonato dal Padre, ma invece lui si abbandona completamente e totalmente nelle mani del Padre: "Non sicut ego volo sed sicut tu".

Sulla croce Gesù ha manifestato l'amore consumato perché ci ha amati sino alla fine e ha detto: "Tutto è compiuto". Non rimane niente che egli non abbia fatto per noi. E quando da risorto accompagna i due discepoli a Emmaus e parla con loro spiegando le Scritture e nella frazione del pane si rivela loro come Eucaristia, è un amore intimo. Nella Messa Gesù si offre nelle nostre mani ogni giorno; il suo sacrifico per noi, il suo sangue versato per noi e per tutti è un amore immolato, un amore manducato, come diceva il curato d'Ars: "Il sacerdote, e tutti i cristiani, sono dei manducati". Nel tabernacolo Gesù ci manifesta l'amore nascosto nel silenzio e nell'orazione. Nell'ostensorio Gesù ci mostra l'amore radiante e noi siamo tutti un raggio di Gesù, dobbiamo essere luce come lui ci vuole".

c) In terzo luogo egli visse fino in fondo il mistero cristiano della riconciliazione, perdonando tutto, perdonando tutti. Ascoltiamolo: "In prigione ho vissuto momenti tremendi. Da solo per giorni, mesi, anni. Solo, in una stanza senza finestre, senza nessun contatto con l'esterno; mangiando un po' di riso con verdure e sale; talvolta costretto con la luce accesa in cella per dieci giorni e poi al buio completo per altri dieci. Spesso mi chiedevo se era vero quello che stavo vivendo... Ma cosa mi ha aiutato? Ho deciso di amare e perdonare i miei carcerieri come Gesù mi ama e mi perdona.

Ne è nata una storia di fatti piccoli e grandi che cambiano la vita e il cuore". Fu questo veramente il suo grande segreto. Affermava: "Non si può essere santi a intervalli, ma in ogni minuto, nel momento presente". Così, in mezzo a difficoltà quasi insopportabili, seppe vivere nella gioia del Cristo risorto, nel perdono, nell'amore e nell'unità. E questo suo atteggiamento cambiò i suoi carcerieri che diventarono suoi amici. Lo aiutarono persino, di nascosto, a ricavare una croce da un pezzo di legno e poi a fare anche la catena, col filo elettrico della prigione, che egli portò sempre, perché gli richiamava l'amore e l'unità che Gesù ci ha lasciato nel suo testamento. Quella catena sostenne sempre la sua croce pettorale di Vescovo e poi di Cardinale, quella vecchia croce di legno, ricoperta con un po' di metallo, emblema commovente dei paradossi cristiani perché croce d'amore.

d) Il Servo di Dio amava la Madonna come un bimbo ama la sua mamma. Siamo oggi riuniti in questa bellissima chiesa dedicata a Maria di cui il Card. Van Thuân fu titolare. Il Cardinale confidava con gioia il "ruolo speciale" che la Madonna aveva avuto nella sua vita. Era stato arrestato il 15 agosto 1975, Solennità dell'Assunta. Quando lo portarono via, aveva solo la tonaca addosso e il rosario in tasca. Ricordava così quell'esperienza: "Maria mi aveva preparato alla persecuzione fin dal 1957 quando, giovane e attivissimo sacerdote, davanti alla Grotta di Lourdes, mi ha costretto a meditare su queste parole: "Non ti prometto gioie e consolazioni in questa terra, ma prove e sofferenze". Parole impressionanti che poi ho trovato cucite addosso a me".

Grazie Vescovo Francesco, come amavi semplicemente presentarti! Dal cielo continua ad aiutarci e sostenerci!

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