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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE
DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 2010

INTERVENTO DEL CARD. RENATO RAFFAELE MARTINO,
PRESIDENTE EMERITO
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

Aula Giovanni Paolo II
Martedì, 15 dicembre 2009

 

Una "visione cosmica" della pace

Emerge allora un primo essenziale aspetto del Messaggio di Benedetto XVI, il quale ci propone una visione cosmica della pace, intesa cioè come tranquillitas ordinis (tranquillità dell’ordine stabilito da Dio), che si realizza in uno stato di armonia tra Dio, l’umanità e il creato.

In tale prospettiva il degrado ambientale esprime, non solo, una rottura dell’equilibrio tra l’umanità e il creato, ma un più profondo deterioramento dell’unione tra l’umanità e Dio. Riflettere sulla crisi ecologica, significa allora riflettere su una "crisi interiore" al creato che interpella direttamente l’uomo, al quale Dio ha affidato il mandato di "custodire e coltivare" il creato (Gen 2,15).

 

L’urgenza di agire

Nel solco della dottrina sociale della Chiesa e, in particolare, del Magistero di Paolo VI e di Giovanni Paolo II - il quale nel 1990 dedicò il Messaggio della Giornata Mondiale della Pace al tema: "Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato" - Benedetto XVI denuncia una vera e propria crisi ecologica: «Come rimanere indifferenti di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti "profughi ambientali": persone che, a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono, lo devono lasciare - spesso insieme ai loro beni - per affrontare i pericoli e le incognite di uno spostamento forzato? Come non reagire ai conflitti in atto e a quelli potenziali legati all’accesso alle risorse naturali? Sono tutte questioni che hanno un profondo impatto sull’esercizio dei diritti umani, come ad esempio il diritto alla vita, all’alimentazione, alla salute, allo sviluppo» (n. 4).

Dinanzi a tali sfide, il Santo Padre non propone tuttavia soluzioni tecniche e non si intromette nelle politiche governative. Egli richiama piuttosto l’impegno della Chiesa nella difesa della terra, dell’acqua e dell’aria, che sono doni del Creatore all’umanità, ed esorta ad un riequilibrio del rapporto tra il Creatore, l’umanità e il creato (n. 4).

 

Prospettive per un "comune cammino" dell’umanità

Benedetto XVI indica perciò alcuni punti essenziali di un possibile cammino per la costruzione della pace nel rispetto del creato.

a) Una visione non riduttiva della natura e dell’uomo

Il Santo Padre invita anzitutto a coltivare una visione non riduttiva della natura e dell’uomo: «Quando la natura e … l’essere umano vengono considerati semplicemente frutto del caso o del determinismo evolutivo, rischia di attenuarsi nelle coscienze la consapevolezza della responsabilità. Ritenere, invece, il creato come dono di Dio all’umanità ci aiuta a comprendere la vocazione e il valore dell’uomo» (n. 2). La bellezza del creato è un permanente invito a riconoscere l’amore del Creatore, quell’Amore che "move il sole e l’altre stelle" (n. 2). «Quando l’uomo» - prosegue Benedetto XVI - «invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio, a Dio si sostituisce, finisce col provocare la ribellione della natura, "piuttosto tiranneggiata che governata da lui"» (n. 6).

Ciò spiega la perplessità della Chiesa dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo, poiché «tale concezione elimina la differenza ontologica e assiologica tra la persona umana e gli altri esseri viventi. In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l’identità e il ruolo superiore dell’uomo, favorendo una visione egualitaristica della «dignità» di tutti gli esseri viventi» (n. 13).

b) Un profondo rinnovamento culturale

Il Messaggio pontificio esorta poi ad un profondo rinnovamento etico e culturale. «Le situazioni di crisi» - afferma Benedetto XVI - «siano esse di carattere economico, alimentare, ambientale o sociale -, sono, in fondo, anche crisi morali» (n. 5). Esse - prosegue il Santo Padre - «chiamano in causa i comportamenti di ognuno di noi, gli stili di vita e i modelli di consumo e di produzione attualmente dominanti, spesso insostenibili» (n. 11). «Solo così la crisi diventa occasione di discernimento e di nuova progettualità» (n. 5).

c) Tutti siamo responsabili della cura del creato

«Tutti siamo responsabili della protezione e della cura del creato. Tale responsabilità non conosce frontiere. Secondo il principio di sussidiarietà, è importante che ciascuno si impegni al livello che gli corrisponde» (n. 11). In tale contesto riveste una fondamentale importanza l’educazione all’ecologia, da svolgere anzitutto nel contesto della famiglia (n. 12). Il Santo Padre sottolinea inoltre il prezioso contributo delle Organizzazioni non governative: «che si prodigano con determinazione e generosità per la diffusione di una responsabilità ecologica» (n. 11).

d) Una revisione profonda del modello di sviluppo

Una speciale responsabilità grava tuttavia sui responsabili a livello nazionale e internazionale. L’invito del Santo Padre è perciò quello di: «operare una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell’economia e dei suoi fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni» (n. 5).

Già nella Caritas in veritate, Benedetto XVI ha sottolineato che: «Ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale» [1]. Egli auspica perciò: «l’adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell’essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, e … sulla prudenza» (n. 9).

Nel fare ciò, «l’uomo è chiamato a impiegare la sua intelligenza nel campo della ricerca scientifica e tecnologica» (n. 10). La scienza e la tecnica non sono tuttavia capaci, da sole, a risolvere la crisi ecologica, che ha profonde radici culturali ed etiche. Anche esse vanno collocate nel contesto del «mandato di «coltivare e custodire la terra» (cfr Gen 2,15), che Dio ha affidato all’uomo, e va orientata a rafforzare quell’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio» [2].

e) Coerenza alla destinazione universale dei beni

«Purtroppo» - osserva Benedetto XVI - «si deve constatare che una moltitudine di persone, in diversi Paesi e regioni del pianeta, sperimenta crescenti difficoltà a causa della negligenza o del rifiuto, da parte di tanti, di esercitare un governo responsabile sull’ambiente» (n. 7). «L’eredità del creato appartiene» - prosegue il Santo Padre - «all’intera umanità. Invece, l’attuale ritmo di sfruttamento mette seriamente in pericolo la disponibilità di alcune risorse naturali non solo per la generazione presente ma soprattutto per quelle future» (n. 7).

f) Necessità di una rinnovata solidarietà inter- ed intra-generazionale

La crisi ecologica mostra allora la necessità di una solidarietà che si proietti nello spazio e nel tempo: «i costi derivanti dall’uso delle risorse ambientali comuni non possono essere a carico delle generazioni future. … Si tratta di una responsabilità che le generazioni presenti hanno nei confronti di quelle future» (n. 8). In maniera speculare vi è inoltre l’urgente necessità di una solidarietà intra-generazionale, specialmente nei rapporti tra i Paesi in via di sviluppo e quelli altamente sviluppati, senza alimentare visioni parziali che tendano ad estremizzare alcune responsabilità rispetto ad altre.

Come afferma Benedetto XVI, «è infatti importante riconoscere, fra le cause dell’attuale crisi ecologica, la responsabilità storica dei Paesi industrializzati. I Paesi meno sviluppati e, in particolare, quelli emergenti, non sono tuttavia esonerati dalla propria responsabilità rispetto al creato, perché il dovere di adottare gradualmente misure e politiche ambientali efficaci appartiene a tutti» (n. 8).

g) Uno utilizzo equilibrato delle risorse energetiche

«Uno dei principali nodi da affrontare, da parte della comunità internazionale», afferma il Santo Padre, «è quello delle risorse energetiche, individuando strategie condivise e sostenibili per soddisfare i bisogni di energia della presente generazione e di quelle future» (n. 9). A tale scopo: «occorre promuovere la ricerca e l’applicazione di energie di minore impatto ambientale e la «ridistribuzione planetaria delle risorse energetiche, in modo che anche i Paesi che ne sono privi possano accedervi» (n. 9).

 

Speranza nell’intelligenza e nella dignità nell’uomo

In sintesi, Benedetto XVI ci offre una lettura realistica e assai problematica, eppure mai catastrofica della realtà e dell’attuale crisi ecologica. Il Santo Padre sottolinea gli effetti negativi della condotta umana, ma senza mai perdere la speranza nell’intelligenza e nella dignità dell’uomo, che, insegna Tommaso d’Aquino, «significa quanto di più nobile c’è nell’universo» [3].

In maniera illuminante, Benedetto XVI osserva che: «La questione ecologica non va affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila all’orizzonte; a motivarla deve essere soprattutto la ricerca di un’autentica solidarietà a dimensione mondiale, ispirata dai valori della carità, della giustizia e del bene comune» (n. 10).

Il Santo Padre rigetta quindi i due estremi dell’ego-centrismo, che consentirebbe all’uomo di tiranneggiare sul creato, e dell’eco-centrismo, che priverebbe l’uomo della sua trascendente e superiore dignità. Quello indicato dal Santo Padre è un percorso di profondo equilibrio, interiore ed esteriore, tra il Creatore, l’umanità e il creato.

 

San Francesco d’Assisi testimone di armonia nel creato

La scelta di Benedetto XVI di dedicare il Messaggio al tema dell’ecologia non è casuale. Quest’anno ricorre infatti il 30° anniversario della proclamazione di San Francesco d’Assisi a Patrono dei cultori dell’ecologia [4]. «Amico dei poveri, amato dalle creature di Dio», affermò Giovanni Paolo II, «Egli invitò tutti - animali, piante, forze naturali - a onorare e lodare il Signore. Dal Poverello di Assisi ci viene la testimonianza che, essendo in pace con Dio, possiamo meglio dedicarci a costruire la pace con tutto il creato, la quale è inseparabile dalla pace tra i popoli» [5].

Il Cantico delle creature di San Francesco offre una testimonianza attuale anche nella complessità di oggi. L’amore per il creato, se proiettato in un orizzonte spirituale, può condurre l’uomo alla fratellanza con il prossimo e all’unione con Dio.

Guardando all’esempio del Poverello di Assisi, impariamo ad amare il creato, ed a scorgere in esso l’amore infinito del Creatore: «Laudato sie, mi’ Signore cum tucte le Tue creature; Laudato si’, mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore; Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate».

Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato!

 


[1] BENEDETTO XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 37.

[2] Id. supra nota 1, 69.

[3] TOMMASO D’AQUINO, S. Th., I, q. 29. a. 3.

[4] GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Inter Sanctos.

[5] GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, 1990, 16.

 

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